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24/05/17

Esce un libro tutto dedicato ai segreti di uno dei quadri più belli (ed enigmatici) del mondo: "I coniugi Arnolfini" di Jan Van Eyck




È uno dei dipinti piu' famosi al mondo e attira migliaia di visitatori nella sala della National Gallery di Londra dove e' esposto

Ma il "Ritratto dei coniugiArnolfini" di Jan Van Eyck potrebbe nascondere una storia molto diversa da quella, apparentemente ordinaria, che per secoli abbiamo accettato. 

Jean-Philippe Postel, medico e scrittore parigino, ha sottoposto il quadro a una sorta di analisi clinica che lo ha portato a risultati sorprendenti, raccontati nel godibilissimo libro "Il mistero Arnolfini", che in Italia esce per Skira. 




E tutto e' successo per colpa del celebre specchio al centro del dipinto. "Ho osservato un ingrandimento dello specchio - ci ha raccontato Postel nel corso di una conversazione a Milano - e ho notato che c'erano molte discordanze con la scena della stanza, c'erano molte anomalie. E siccome Van Eyck era un pittore estremamente meticoloso, estremamente attento a qualunque dettaglio, queste anomalie mi sono sembrate volute"



Una di tali discrepanze, forse la piu' evidente, e' che il cagnolino che si trova tra i due coniugi nello specchio non si riflette, ma, guardando molto da vicino, si scopre una serie di altri elementi misteriosi che riguardano la posizione della donna, le mani dei due protagonisti, una sorta di strana nuvola che sembra avvolgere l'uomo. 

E dallo studio di queste tracce, Postel arriva a formulare una affascinante ipotesi che riguarda lo stesso Van Eyck, visite di spettri, giuramenti infuocati e altre macabre situazioni. "Lo specchio dice la verita', come raccontano anche le favole - ha aggiunto lo scrittore - e se l'immagine nello specchio e quella nella stanza non sono piu' sovrapponibili... allora e' lo specchio a cui dobbiamo credere. E partendo da questo il dipinto racconta una storia diversa, che mi sono appassionato a ricostruire". Ricostruzione che, lo stesso Postel e' consapevole di avere portato a un punto in cui l'opinabilita' e' massima, seppur l'ipotesi sia comunque documentata. 

Ma quello che piu' conta, considerando il fatto che e' di un libro che stiamo parlando, e' la resa di questa storia, e' il meccanismo narrativo che la sostiene, il quale, fatti salvi pochi salti logici meno giustificati, funziona ed e' estremamente godibile. 

"Ci sono due dipinti in uno - ha concluso Jean-Philippe Postel - che mostrano due cose diverse, ma l'insieme dei due dipinti funziona, portando con se' un doppio significato". 

E una cosa e' certa, dopo aver letto il libro non si potra' piu' guardare agli Arnolfini, chiunque essi siano, con gli stessi occhi. 

01/05/15

Il ritratto del Doge Loredan, uno dei 5 dipinti più belli al mondo.

Giovanni Bellini, Ritratto del Doge Loredan, 1501-2 National Gallery, London


Sottoscrivendo il mantra secondo cui il gusto estetico è quanto mai soggettivo, il quadro di Giovanni Bellini, ammirabile alla National Gallery di Londra (61,6 x 45 cm.) rientra nella mia personale cinquina dei dipinti più belli del mondo, insieme alla Veduta di Delft di Vermeer, al Cristo crocefisso di Velazquez, L'incredulità di San Tommaso di Caravaggio e La notte stellata di Van Gogh.

Firmato sul cartiglio posto sul davanzale in primo piano - Ioannes Bellinus - il quadro raffigura Leonardo Loredan, eletto doge nel 1501 e rimasto in carica fino al 1521. 

Inusualmente e con genio, il doge non è presentato di profilo - come voleva la ritrattistica in voga in quegli anni - ma di fronte, con la testa leggermente rivolta verso destra e lo sguardo fisso su un punto indefinito, verso la sorgente luminosa.

L'abito meraviglioso è in prezioso broccato bianco ed oro, il corno ducale da cerimonia rivestito dello stesso tessuto,  una fitta serie di bottoni dorati, simili a noci, il volto dai lineamenti impassibili e fieri, il dipinto sembra ammantato in una atmosfera surreale, fuori dal tempo, scolpito con ogni minuzia sullo sfondo dell'azzurro sfumato (più denso in alto, più chiaro in basso) come davanti a un maestoso cielo veneziano. 

E' difficile dire perché questo quadro susciti un magnetismo così irresistibile. E' il segreto delle più alte opere d'arte.  Il soggetto conta, ma non conta.  E' la prospettiva atemporale - eterna ? - dell'arte che (ci) consegna un frammento di vita immortale. 

Un ritratto asettico, senza compiacimento, senza empatia, freddo come lo sguardo di un entomologo. Che racconta tutto quel che esiste davanti al nostro occhio (e oltre).

Fabrizio Falconi