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28/02/21

La Poesia della Domenica: "L'accenno di un canto primaverile" di Aleksandr Blok

 


 L’accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l’accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.


 Aleksandr Blok

 

09/10/20

In Sicilia l'albero più vecchio d'Italia e forse d'Europa (3.000 anni)



E' un meraviglioso Castagno, che ha anche un nome: "Castagno dei Cento Cavalli" e si trova a Sant'Alfio, in provincia di Catania, alle pendici dell'Etna.

Secondo il botanico Bruno Peyronel potrebbe essere l'albero più antico d'Italia e d'Europa.

La sua età è stimata intorno ai 3.000 anni.

Era già centenario quando in Sicilia imperversavano le guerre puniche tra romani e cartaginesi.

Deve il suo nome al fotto che Giovanna d'Aragona fece riparare sotto le ampie chiome i suoi cento cavalli durante un temporale.

Con questo meraviglioso esemplare, rivaleggia in antichità, "S'Ozzastru", un ulivo di Luras, in Sardegna, per il quale si stima egualmente una età vicina ai tremila anni.
 

Fabrizio Falconi - 2020

fonti: Carlo Mercuri, Alberi storici si fa la conta, Il Messaggero 4 agosto 2015 

19/05/20

Libro del Giorno: "Foreste" di Robert Pogue Harrison


Un saggio meraviglioso, pubblicato da Robert P. Harrison nel 1992 e divenuto in breve un classico, dove ecologia, letteratura, filosofia, antropologia e destino umano si fondono mirabilmente.
Riporto qui sotto la recensione/intervista di Enrico Regazzoni per Repubblica: 


"L' ordine delle cose umane procedette: che prima furono le selve, dopo i tuguri, quindi i villaggi, appresso le città, finalmente l' accademie". E' Vico, con la sua Scienza nuova, a far da epigrafe al libro dello studioso americano Robert Pogue Harrison: quel Foreste che è appena apparso da Garzanti (pagg. 273) e che, con una tempestività perfino imbarazzante, fa coincidere il lavoro silenzioso della riflessione storica con gli echi assordanti della cronaca. 

Mentre a Rio de Janeiro i politici promettono pietà per il patrimonio forestale, Foreste ci ricorda che quel patrimonio è anche e soprattutto culturale, che alle radici dei boschi è saldamente ancorato tutto il pensiero dell' Occidente, in un rapporto complesso, fitto di negazioni e riconoscimenti, ma certo così profondo da non poter essere impunemente violato. 

Nato a Smirne trentott' anni fa, da padre americano e madre italiana (che ha fra l' altro una sede a Firenze), Harrison insegna letteratura italiana alla Stanford University e ha una vaga somiglianza fisica con Sam Shepard. 

Fa una certa impressione dissertare con lui delle zone d' ombra che le foreste hanno creato e protetto nel nostro immaginario: non foss' altro perché i docenti anglosassoni ci hanno abituato a una saggistica più attenta alle risposte che alle domande.

Mentre lui - mal celando trascorsi heideggeriani - si è aperto fra i rovi un percorso tutto suo, in un viaggio imperfetto, appassionato, solitario. 

Un viaggio iniziato per caso, sette anni fa, quando le foreste in rovina erano ben lontane dai nostri incubi e dalle prime pagine dei giornali. 

"Tutto è accaduto in modo involontario", spiega con modestia. "Volevo approfondire il ruolo del bosco nella letteratura medievale, e lentamente ho scoperto questo ruolo nella letteratura d' ogni tempo. E mi sono stupito che nessuno, prima di me, se ne fosse occupato"

Come mai ha scelto Vico per nume tutelare? In fondo Vico guarda alle foreste come qualcosa in cui occorre aprirsi un varco, per potersi insediare e piantare l' albero genealogico. 
"Certo, ma proprio per questo Vico mi ha fornito l' idea di un rapporto antagonistico, e non di beneficenza fra l' uomo e la foresta. E poi La scienza nuova è un trattato che si avventura nell' immaginario più primitivo dell' Occidente e cerca di trovare le origini metaforiche del pensiero e della conoscenza poetica. Da qui, ho pensato di fare una storia poetica e non empirica del nostro immaginario". 

Ecco, partiamo dalla parola "primitivo". Il libro esordisce con l' affermazione che la foresta è "prima" di tutto. 

"E' vero, e lo è in senso letterale. Il mondo occidentale è all'origine fitto di boschi, e ogni insediamento umano nasce da un disboscamento. I limiti dell' insediamento restano però affidati al bosco, che circonda la civiltà e le conferisce topograficamente il ruolo di centro". 

Lei scrive che questo confine fra città e foresta viene perfettamente sceneggiato dalla tragedia classica. In che senso? 

"Prima del cristianesimo, e quindi del monoteismo, la tragedia è uno scontro fra diverse leggi, ciascuna con una sua legittimità. Non è il male contro il bene: la natura ha una sua legge, del tutto legittima, e la città ne ha un' altra, altrettanto legittima. Nella mia lettura Dioniso, che è il dio della foresta, esce dal bosco per imporre alla città la legge più antica, che è la sua. E la legge più antica prevale su quella più recente". 

Con la latinità questo antagonismo sembra placarsi. Le Metamorfosi di Ovidio teorizzano un' osmosi fra legge umana e legge naturale, un processo di trasformazione che le accomuna. 

"In Ovidio c' è un materialismo che livella la natura delle cose. Ma io mi domando se ciò non nasconda anche la nostalgia per una natura già perduta. In Virgilio, senz' altro, c' è il rimpianto per una civiltà agricola che è stata spazzata via dalla città. Ma anche nella latinità, l' idea di foresta resta almeno doppia. Romolo, il fondatore della città, è una creatura boschiva per eccellenza. Allattato da una lupa, fa nascere Roma in una radura e i primi romani li chiama "i rifugiati della foresta. Chi decide di diventare romano deve insediarsi nella radura e accettare il confine della foresta, oltre il quale è la res nullius. Quindi la foresta è un' origine continuamente fuggita e ritrovata, in un rapporto molto ambiguo". 

Questo rapporto diventerà più chiaro nell' età medievale. 

"Ma la doppiezza resterà. Allegoricamente, la foresta medievale è la selva oscura di Dante, il luogo del peccato, dell' alienazione da Dio. Ma proprio Dante, alla fine del suo viaggio, si ritroverà in un giardino terrestre, la selva antica che è la stessa selva di prima, ma più umanizzata, liberata dagli animali selvaggi. Prima di Dante, nei romanzi cavallereschi la foresta è invece il luogo dello sconosciuto, del pericolo: il cavaliere deve affrontarla per liberare la città dalla minaccia". 

Ma Robin Hood vive nella foresta... 

"E infatti è un fuorilegge, anche se rappresenta una legge più vera di quella di corte. Con lui, avviene un capovolgimento dei punti di vista che trasforma la foresta nel luogo del comico, dell' ironia. Ma i racconti di Robin Hood hanno comunque un lieto fine, in cui il fuorilegge è perdonato e riaccolto nella città". 

E Boccaccio? C' è una foresta boccaccesca? 

"Certo. Da par suo, Boccaccio vedrà nella foresta il regno del desiderio, il luogo dove tutto può venir sottratto senza tener conto della volontà del soggetto. Nella terza novella della quinta giornata del Decamerone, ci sono due ragazzi che vogliono sposarsi, Pietro e Agnolella. Spinti dal desiderio, fuggono nel bosco. Entrano vergini nella foresta, e quando ne escono non lo sono più, pur non avendo fatto l' amore". 

E quand' è che il bosco diventa l' albergo della follia? 

"Fin dall' inizio. Fin da Gilgamesh, se vogliamo, che è la più antica opera letteraria della storia. Ma soprattutto con l' Ivano di Chrétien de Troyes, con l' Orlando... La foresta come luogo di follia è un tema tipicamente medievale: nel bosco la mente è buia, non raggiunta dalla luce divina. Per Descartes sarà qualcosa di analogo, la foresta come fuga dalla ragione, come ambito supremo della confusione dove il metodo non può aver presa".
Cerchiamo di riassumere. Ci sono come due strade del pensiero: una si fonda sull' antagonismo, l' altra sulla nostalgia. La prima collega Socrate a Descartes, la seconda Virgilio a... 

"A Shakespeare, ai romantici. Di Shakespeare è la prima domanda ecologica della storia. ' Chi può costringer la foresta a prestar servizio come soldato arruolato?' , si chiede Macbeth, il nemico della legge naturale. La foresta che muove contro Macbeth è la vendetta della natura. Shakespeare ci avvisa che se distruggiamo la natura compiamo un' autodistruzione". 

04/05/20

100 film da salvare alla fine del mondo: 64."Into the Wild-Nelle terre selvagge" ("Into the Wild"), di Sean Penn, 2007


Questo blog dedica, ad appuntamenti fissi - ogni lunedì - un catalogo personale dei miei 100 film da salvare "alla fine del mondo". Non saranno ovviamente vere e proprie recensioni, ma un piccolo campionario degli affetti per queste opere che hanno segnato epoche e vite di molti, se non di tutti. 

100 film da salvare alla fine del mondo: 64."Into the Wild-Nelle terre selvagge" ("Into the Wild"), di Sean Penn, 2007

Into the Wild, con l'inutilissima aggiunta italiana nel titolo di "Nelle terre selvagge" - nell'originale solo Into the Wild - è il bellissimo film diretto da Sean Penn - che due anni prima aveva realizzato l'ottimo La Promessa dall'omonimo romanzo di Friedrich Durrenmatt -  uscito nel 2007.

Come è noto, il film è un adattamento dal libro omonimo (Into The Wild, in italiano:Nelle terre estreme), scritto da Jon Krakauer nel 1996 e che racconta la vera storia di Christopher McCandless, anche conosciuto con il soprannome di Alex Supertramp. 

Come si racconta nel film, Christopher McCandless era uno studente americano brillante, appena laureato e con un futuro brillante.

Rifiutando i principi della società moderna, dopo una cena in un ristorante con i suoi genitori, per celebrare il suo diploma, Christopher però decide di andare sulla strada, senza avvisare la sua famiglia.

Rinuncia così al sogno americano preparato per lui, brucia i documenti, invia tutti i suoi risparmi all'organizzazione no-profit Oxfam e parte in macchina per gli Stati Uniti meridionali. 

Scopre l'Arizona, il Grand Canyon, la California arrangiandosi con i lavori più strani attraverso Dakota o Colorado per finanziare il resto del suo viaggio.

Arrivato in Messico, decide di tornare indietro e raggiungere l'Alaska.

Fa tutto il possibile per arrivarci e alla fine raggiunge Fairbanks facendo l'autostop.

Scopre le montagne innevate e si rifugia in un autobus abbandonato. Rimarrà lì per cento giorni. Più di tre mesi di solitudine, dedicato alla comprensione interiore della natura e degli esseri umani.

Scopre in Alaska la felicità sempre cercata, una pace spirituale e una sorta di paradiso puro e salutare.

Dopo due anni di viaggio, decide che è ora di tornare a casa. Ma è bloccato dal fiume ed è costretto a
rimanere sull'autobus, in attesa che l'acqua del fiume scenda.

Esistono poche differenze tra due piante boreali della famiglia delle Fabaceae: Hedysarum mackenzei, che è tossica, e Hedysarum alpinum, la cui radice gonfia è commestibile.

Affamato, si basa sulla sua guida botanica Tanaina Plantflore 2 che interpreta erroneamente e si avvelena accidentalmente mangiando semi di Hedysarum mackenzii.

Nel frattempo, capisce che la solitudine non è l'ideale dell'uomo.

Chris è un giovane amato da tutti, anzi, tutte le persone incontrate durante il viaggio prenderanno da lui amore o amicizia.

Ma, accecato dal suo ostinato sogno dell'Alaska, Christopher non percepisce la felicità che l'amore dell'altro può portare.

Ne prende coscienza leggendo le righe di un'opera di Tolstoj che descrive la perfetta felicità in una micro-società rurale.

Poco prima della sua morte, Christopher McCandless ha scritto con una penna su una pagina di un libro "La felicità è reale solo se condivisa ".

Il film termina con una fotografia di autoritratto di Christopher McCandless scattata poco prima di morire. Un testo esplicativo menziona che i cacciatori lo hanno trovato due settimane dopo la sua morte.


Un film bellissimo e crudo, che analizza a fondo la poesia della natura e il mistero del carattere umano: un'opera che inaugura anche un pensiero ecologico nuovo, in cui la natura e l'uomo non sono sullo stesso piano, perché l'essere umano non ne è semplicemente una parte: oltre a questo, l'uomo è anche dotato di logos, cioè di pensiero e linguaggio.  L'essere umano ha dunque bisogno di entrare-in-dialogo con altri esseri umani, ma anche con la natura che lo circonda e che egli ha per secoli devastato e distrutto concependola come mezzo e non come fine. 

Into The Wild ha vinto moltissimi premi in tutto il mondo ed è ormai diventato un classico, un film amato da diverse generazioni. 

Into The Wild - Nelle Terre Selvagge
(Into The Wild)
di Sean Penn
Usa, 2007
Durata: 148 minuti
con Emile Hirsch, Marcia Gay Harden, William Hurt, Jena Malone, Brian H. Dierker.


29/04/20

2019: Ancora un altro anno "più caldo di sempre". Gli ultimi dati sconvolgenti sul clima


Mentre in tutto il mondo si celebrava il 50esimo anniversario della Giornata della Terra, l'Earth day, dal rapporto sullo stato del clima in Europa, diffuso dal programma dell'Ue Copernicus, emergeva la drammatica situazione nel Vecchio continente. 

Il 2019 e' stato l'anno piu' caldo mai registrato in Europa, oltre 1,2° C sopra la media, seguito da vicino dal 2014, 2015 e 2018

La temperatura della superficie terrestre supera di quasi 2° C quella della seconda meta' del XIX secolo. 

Undici dei 12 anni piu' caldi sono stati dal 2000.

Le maggiori anomalie annuali della temperatura si sono verificate nell'Europa centrale e orientale

Le temperature giornaliere minime e massime medie sono state piu' calde quasi ovunque nel continente. 

Tutte le stagioni sono state piu' calde della media, con l'estate che e' stata la quarta piu' calda almeno dal 1979. 

L'aumento delle concentrazioni atmosferiche di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4) e' tale, rimarcano i ricercatori, che "dovremmo guardare indietro di milioni di anni nella storia per trovare concentrazioni elevate come nel 2019" di gas serra, responsabili del surriscaldamento globale

E notizie preoccupanti arrivano anche dal Polo Nord: il Mar glaciale artico potrebbe ritrovarsi del tutto libero dai ghiacci in estate anche prima del 2050.

Un aiuto potrebbe venire dai gas rinnovabili (biometano e idrogeno); l'immissione di una quota del 10% nelle reti di tutta Europa, insieme all'aumento dell'elettricita' rinnovabile, consentira' al continente di raggiungere la neutralita' climatica nel 2050, abbattendo del 55% le emissioni di CO2 gia' entro il 2030, secondo le stime di uno studio commissionato dal consorzio europeo Gas for climate.

Greta Thunberg ha chiesto ai leader mondiali di agire insieme sulla base delle conoscenze scientifiche per affrontare le situazioni critiche attuali, dalla pandemia di Covid-19 al riscaldamento globale. L'emergenza climatica, ha sottolineato l'ecoattivista svedese, "potrebbe non essere cosi' immediata come la crisi del coronavirus, ma dobbiamo affrontarla ora, altrimenti diventera' irreversibile". Un monito e' arrivato da Papa Francesco, che ha rimarcato come "a causa dell'egoismo siamo venuti meno alla nostra responsabilita' di custodi e amministratori della Terra. L'abbiamo inquinata e depredata, mettendo in pericolo la nostra stessa vita", ma "non c'e' futuro per noi se distruggiamo l'ambiente che ci sostiene".

E' nata intanto 'Stop Global Warming', raccolta firme per chiedere alla Commissione europea di elaborare una proposta legislativa per fermare il riscaldamento globale spostando le tasse dalle persone all'ambiente, e dunque tassando le emissioni di CO2. Un'idea gia' supportata da 27 Premi Nobel e oltre 5200 scienziati.


03/04/18

Un VIDEO geniale che mostra in modo mai visto la Meraviglia dei Numeri.

NATURE BY NUMBERS from Cristóbal Vila on Vimeo.

Come non restare affascinati da questi quasi 4 minuti di video che illustrano in modo divertente e geniale le incredibili proprietà dei numeri e la loro stretta relazione con la Natura che abbiamo intorno ?  Buona visione ! 

20/03/15

'Qualunque cosa succeda agli animali in seguito capiterà anche agli uomini.' La lettera del capo indiano al Presidente USA.


Lettera inviata nel 1855 al presidente degli Stati Uniti Franklin Pierse dal capo Sealth della tribù Duwamish.

Il grande capo di Washington ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra. 

Il grande capo ci manda anche espressioni di amicizia e di buona volontà. Ciò è gentile da parte sua, poiché sappiamo che egli non ha bisogno della nostra amicizia in contraccambio. 

Ma noi consideriamo questa offerta perché sappiamo che se non venderemo, l'uomo bianco potrebbe venire con i fucile a prendere la nostra terra. 

Quello che dice capo indiano Seattle, il grande capo di Washington può considerarlo sicuro, come i nostri fratelli bianchi possono considerare sicuro il ritorno delle stagioni. 

Le mie parole sono come le stelle e non tramontano. 

Ma come potete, comprare o vendere il cielo, il calore della terra? Questa idea è strana per noi. Noi non siamo proprietari della freschezza dell'aria o dello scintillio dell'acqua: come potete comprarli da noi? 

Ogni parte di questa terra è sacra al mio popolo. Ogni ago scintillante di pino, ogni spiaggia sabbiosa, ogni goccia di rugiada nei boschi scuri, ogni insetto ronzante è sacro nella memoria e nella esperienza del mio popolo. La linfa che circola negli alberi porta le memorie dell'uomo rosso. I morti dell'uomo bianco non dimenticano il paese della loro nascita quando vanno a camminare tra le stelle. 

Noi siamo parte della terra ed essa è parte di noi. I fiori profumati, sono nostri fratelli. Il cervo, il cavallo e l'aquila sono nostri fratelli. le creste rocciose, le essenze dei prati, il calore del corpo dei cavalli e l'uomo, tutti appartengono alla stessa famiglia. 

Perciò quando il grande capo che sta a Washington, ci manda a dire che vuole comprare la nostra terra, ci chiede molto. Egli ci manda a dire che ci riserverà un posto dove potremmo vivere comodamente per conto nostro. Egli sarà nostro padre e noi saremo i figli. Quindi noi consideriamo la vostra offerta di acquisto. 

Ma non sarà facile, perché questa terra per noi è sacra. L'acqua che scorre nei torrenti e nei fiumi non è soltanto acqua ma è il sangue dei nostri antenati. Se noi vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare che essa è sacra e dovete insegnare ai vostri figli che essa è sacra e che ogni tremolante riflesso nell'acqua limpida del lago parla di eventi e di ricordi, nella vita del mio popolo. Il mormorio dell'acqua è la voce del padre, di mio padre. 

I fiumi sono i nostri fratelli ed essi saziano la nostra sete. I fiumi portano le nostre canoe e nutrono i nostri figli. Se vi vendiamo la terra, voi dovete ricordare e insegnare ai vostri figli che i fiumi sono nostri fratelli e anche i vostri dovete perciò dovete usare la gentilezza che usereste con un fratello. 

L'uomo rosso si è sempre ritirato davanti all' avanzata dell'uomo bianco, come la rugiada sulle montagne si ritira con il sole del mattino. Ma le ceneri dei nostri padri sono sacre. Le loro tombe sono terreno sacro e così queste colline e questi alberi. 

Questa porzione di terra è consacrata, per noi. Noi sappiamo che l'uomo bianco non capisce i nostri pensieri. Una porzione di terra è la stessa per lui come un'altra, perché egli è uno straniero che viene nella notte e prende dalla terra qualunque cosa gli serve. La terra non è suo fratello, ma suo nemico e quando l'ha conquistata, egli si sposta lascia le tombe dei suoi padre i diritti dei suo figli vengono dimenticati. 

Egli tratta sua madre, la terra e suo fratello, il cielo, come cose che possono essere comprate, sfruttate e vendute, come fossero pecore o perline colorate. Il suo appetito divorerà la terra e lascerà dietro solo un deserto. 

Non so, i nostri pensieri sono differenti dai vostri pensieri. La vista delle vostre città ferisce gli occhi dell'uomo rosso. Ma forse questo avviene perché l'uomo rosso è selvaggio e non capisce. Non c'è alcun posto lieto nelle città dell'uomo bianco. Alcun posto in cui sentire lo stormire di foglie in primavera e il ronzio delle ali degli insetti. Ma forse io sono un selvaggio e non capisco. Il rumore delle città sembra quasi che ferisca le orecchie.

E che cos'è mai la vita, se un uomo non può ascoltare il rumore del succhiacapre o delle rane attorno ad uno stagno di notte ? Ma io sono un uomo rosso e non capisco. 

L'indiano preferisce il dolce sapore del vento che soffia sulla superficie del lago o l'odore del vento stesso, pulito dalla pioggia o dagli aghi di pino. L'aria è preziosa per l'uomo rosso poiché tutte le cose partecipano allo stesso respiro. 

L'uomo bianco sembra non accorgersi dell' aria che respira e come un uomo da molti giorni in agonia, egli è insensibile alla puzza. Ma se noi vi vendiamo la nostra terra, voi dovete ricordare che l'aria ha per noi lo stesso spirito che essa sostiene. Il vento che ha dato i nostri padri il primo respiro, riceve anche il loro ultimo respiro. 

E  il vento deve dare ai nostri figli lo spirito della vita. e se vi vendiamo la nostra terra, voi dovete tenerla da parte e come è sacra, come un posto dove anche l'uomo bianco possa andare a gustare il vento addolcito dei prati. 

Perciò noi considereremo l'offerta di comprare la nostra terra, ma se decideremo di accettarla, io porrò una condizione: l'uomo bianco deve trattare gli animali di questa terra come suoi fratelli. 

Io sono un selvaggio e non capisco altri pensieri. ho visto centinaia di bisonti marciare nelle praterie, lasciati lì dall'uomo bianco dal treno che passava. Io sono un selvaggio e non riesco a capire come un uomo bianco preferisca un cavallo di ferro sbuffante che un bisonte che noi uccidiamo solo per sopravvivere. 

Che cos'è l'uomo senza gli animali? Se non ce ne fossero più gli indiani morirebbero di solitudine. perché qualunque cosa capiti agli animali in seguito capiterà agli uomini. tutte le cose sono collegate. 

Voi dovete insegnare ai vostri figli che la terra sotto i loro piedi è la cenere dei nostri antenati. Affinché rispettino la terra, dite ai vostri figli che la terra è ricca delle vite del nostro popolo. Insegnate ai vostri figli quello che noi abbiamo insegnato ai nostri: LA TERRA E' NOSTRA MADRE. Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano in terra, sputano a se stessi. 

Questo noi sappiamo: la terra non appartiene all'uomo ma è l'uomo che appartiene alla terra.Questo noi sappiamo.Tutte le cose sono collegate, come il sangue che unisce la famiglia. 

Qualunque cosa capiti alla terra, capita anche ai figli della terra.Non è stato l'uomo a tessere la tela della vita, egli è soltanto un filo. Qualunque cosa egli faccia alla tela, lo fa a se stesso. Ma noi consideriamo la vostra offerta di andare nella riserva da voi stabilita per il mio popolo. 

Noi vivremmo per conto nostro e in pace. 

Importa poco dove spenderemo la fine dei nostri giorni. I nostri figli anno visto i loro padri umiliati nella sconfitta. I nostri guerrieri hanno provato la vergogna. E dopo la sconfitta, essi passano i giorni nell'ozio e contaminano il loro corpo con cibi, dolci e bevande forti. Poco importa dove passeremo il resto dei nostri giorni: essi non saranno molti. 

Ancora poche ore, ancora pochi inverni, e nessuno dei figli delle grandi tribù, che una volta vivevano sulla terra e che percorrevano in piccole bande i boschi, rimarrà a piangere le tombe di un popolo, una volta potente e pieno di speranze come il vostro. 

Ma perché dovrei piangere la morte del mio popolo? Le tribù sono fatte di uomini e nient'altro. gli uomini vanno e vengono come le onde del mare. Anche l'uomo bianco, il cui dio cammina e parla con lui da amico ad amico, non può sfuggire al destino comune.  Può darsi che siamo fratelli dopo tutto. Vedremo. 

Noi sappiamo una cosa che l'uomo bianco forse un giorno scoprirà: il nostro dio è lo stesso dio. Può darsi che voi ora pensiate di possederlo, come desiderate possedere la nostra terra. Ma voi non potete possederlo. 

Egli è dio dell'uomo e la sua compassione è uguale sia per l'uomo rosso che per l'uomo bianco. 

Questa terra è preziosa anche per lui. E far male alla terra è come far male al suo creatore. Anche l'uomo bianco passerà, forse prima di altre tribù. Continuate a contaminare il vostro letto e tra qualche notte soffocherete nei vostri rifiuti.


13/05/14

Jung: La nevrosi collettiva.





Più l'uomo è civile, ossia più è consapevole e complicato, meno sa seguire l'istinto;  le sue complesse condizioni di vita e l'influenza dell'ambiente son così forti da soverchiare l'esile voce della natura. 

Allora opinioni e convinzioni, teorie e tendenze collettive si fanno avanti in sua vece e danno il loro appoggio a tutte le aberrazioni della coscienza. 

Igiene e prosperità non bastano perché l'uomo sia sano; altrimenti gli uomini più ricchi e più illuminati starebbero meglio degli altri.

Per quanto riguarda le nevrosi, le cose non stanno così, al contrario. 

La perdita delle radici e l'abbandono della tradizione nevrotizzano le masse e le predispongono all'isteria collettiva.  E questa  richiede una terapia collettiva consistente nella privazione della libertà personale e del terrore. 

Là dove predomina il materialismo razionalistico, gli Stati tendono a diventare non più prigioni, ma manicomi.


Carl Gustav Jung, da Aion, Ricerche sul simbolismo del Sé, Bollati Boringhieri, 1982, citazioni tratte da pag. 20 e da pag.170.  

25/01/14

Nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno.




Fonte di saggezza popolare ripete che si invecchia quando si smette di innamorarsi. Cioè, non si riesce più. Soltanto ampliando lo sguardo, si dovrebbe ammettere che si invecchia, e cioè ci si avvicina, preparandosi, alla morte, quando si smette di meravigliarsi. 
Nulla è infatti più vicino alla meraviglia dell'innamoramento, che della meraviglia è solo una delle manifestazioni. 

L'albero rinnova i colori, si piega sotto il peso della pazienza, non smette di credersi legato indissolubilmente alla terra, anche quando muoiono le radici e il legno vecchio si disperde nell'apparente niente che è la dissoluzione degli atomi, degli amminoacidi, delle diverse variazioni chimiche chiamate 'albero'. 

Così noi, dovremmo essere capaci di rinnovare i colori. Farci nuovi per il riposo degli uccelli, splendenti per le piogge di giugno, nudi per la paura di gennaio, tenui per l'alba nuova d'autunno, intrepidi per l'ultima primavera che verrà a visitarci. 

Lo sguardo è quello che siamo capaci di essere. 

Quando tutto è fermo, senti una madida coperta senza vita che avvolge il tuo corpo. Da sotto, uno scheletro insensibile riesce ancora a sentire.  Ma nessuna meraviglia viene a risvegliare il tuo sonno. 

Vivi da morto, come un morto.  E il vecchio adagio direbbe che sei morto anche se vivi, cioè non sopravvivi, anche se sembra che è quello che fai. 

La meraviglia scardina come un arpeggio le ossa del tuo scheletro.  Quando non vuoi, viene a ricordarti che sei stato vivo, e lo sei, e lo sarai.  Dipende, come in ogni cosa creata dall'universo,  dalla vibrazione.  Sei nato da quella, tornerai ad essere quella, dipendi da quello .  Il silenzio, senza di quella, è vuoto. Come non è mai il silenzio. 




Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata.