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31/10/09

Gli altri non sono specchio, ma porta.


Siamo abituati, per forma mentis, a considerare gli altri come mezzo, e non come fine, questo lo sappiamo. Quando abbiamo di fronte qualcuno, anche qualcuno che conosciamo, pensiamo quasi sempre "cosa posso ottenere da lui?" e quasi mai "cosa posso fare io per lui."

Ma gli altri, che noi consideriamo semplicemente in nostra funzione, possono essere anche una enorme risorsa della nostra vita.

Joseph Conrad scriveva: "Vivere secondo le aspettative dei propri amici".

Se provassimo a chiederci ogni giorno: "che cosa si aspetta questo mio caro amico, da me ?" "Cosa si aspetta che io faccia ? Non per lui, ma semplicemente cosa vorrebbe che io facessi della mia vita, nella mia vita ?" come diventerebbe allora la nostra vita ?

E' un rovesciamento ardito. Ma è, niente più e niente meno, che il rovesciamento del cristianesimo. E di quel primo comandamento, quello che viene prima di tutti gli altri, che il Nazareno offrì nel Discorso della Montagna, per tramutare l'inferno della vita reale quotidiana in possibile paradiso in terra (stante che il vero paradiso lo troveremo soltanto oltre).

Scriveva Dag Hammarskjold - di cui abbiamo già parlato in questo blog: "Il mio incontro con gli altri è forse qualcosa di più di uno specchio ? Chi, che cosa, mi darà l'occasione di tramutarlo in porta ? L'occasione o la necessità ? Non sono io forse troppo "razionale ed equilibrato", ossia troppo egocentrico, per cedere dinnanzi ad altro che la necessità ? Una necessità di cui render conto !"

Ecco, se riuscissimo a tramutare l'incontro con gli altri come porta e non come specchio, non solo e soltanto sotto la spinta della necessità, ma anche e soprattutto come occasione personale di crescita, forse la nostra vita sarebbe più piena e più degna.
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