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22/01/21

Platone esoterico: le incredibili proprietà del numero 5040


Nei Dialoghi di Platone, diversi sono i brani in cui affiora una concezione pitagorica del numero. Il più celebre è quello del Timeo, che, in accordo con l’astronomia pitagorica, vede nella struttura del cosmo un’armonia retta da proporzioni matematiche.

Nel Libro V de Le Leggi, in cui Platone descrive la sua Città Ideale, viene indicato 5040 come numero di abitanti. E così egli giustifica la sua scelta:

“Adottiamo questo numero per le ragioni di convenienza ch’esso ci offre. Territorio e abitazioni siano del pari divisi nel medesimo numero di parti, in modo che ad ogni uomo corrisponda una parte di essi. L’intiero numero si divida dapprima in due parti, poi in tre: esso è divisibile anche per quattro, per cinque, e così di seguito fino a dieci. In fatto di numeri bisogna che ogni legislatore sappia per lo meno quale numero riesca maggiormente utile a tutti gli stati. Orbene questo numero è quello che contiene moltissimi divisori e soprattutto consecutivi. Il numero infinito è pienamente suscettibile di tutte le divisioni; il numero cinquemila e quaranta non può offrire, sia per la guerra sia per ogni sorta di convenzioni e commerci del tempo di pace, così per le contribuzioni come per le distribuzioni, più di cinquantanove divisori, di cui consecutivi quelli da uno fino a dieci.”

(cit. da Platone, Tutte le opere, trad. di G. Pugliese Carratelli, Sansoni, Firenze 1974, pag. 1249).

Il numero 5040 è pari a 7!, il prodotto dei numeri interi da 1 a 7, che poi è anche il numero delle permutazioni di 7 elementi. Platone ne apprezza la divisibilità per tutti i numeri da 1 a 10, che costituisce un grande vantaggio al fine della spartizione dei beni tra gli abitanti

Lo storico E.T. Bell va oltre nell’interpretazione del 5040, che egli chiama un “numero enciclopedico”. 

Egli sottolinea che esso comprende, fra i suoi divisori, il “7 super-sacro, per non parlare del femminile 2, del maschile 3, del giusto 4, dei 5 solidi regolari, e del perfetto 6.” I significati dei numeri sono tratti dal misticismo pitagorico. 

Bell rileva anche che 7 sono i colli che, secondo Platone, devono essere superati per giungere alla sapienza. Ed inoltre “Ogni numerologo cosmico osserverà che 5040 ha esattamente 60 divisori, mentre 60 ne ha esattamente 12, e 12 ne ha il numero perfetto di 6, e 6 ne ha il numero giusto di 4, mentre 4 ne ha esattamente 3, e 3 ne ha esattamente il numero femminile di 2, che ne ha esattamente 2, e così via, 2-2-2…”

Questa sequenza, piena di numeri cari ai Pitagorici, termina con una ripetizione infinita, una “eterna ricorrenza”: la circolarità del tempo, incarnata dal serpente che si morde la coda, apparteneva alla visione babilonese dell’universo, e venne ripresa da Platone. È anche significativo il fatto che la successione numerica descritta sopra si stabilizzi esattamente dopo il quarto passo, in corrispondenza, cioè, del simbolo della giustizia. Il numero 3 rappresenterebbe la Famiglia Ideale della Città Ideale, il 12 sarebbe un’esplicita allusione allo zodiaco.

Bell vuole vedere, inoltre, un riferimento al numero nuziale, che secondo alcuni è da identificare con 12.960.000, cioè la quarta potenza di 60, e di cui 5040 è un divisore. 

Quel numero, che figura anche nella matematica babilonese, possedeva un notevole valore cosmologico, in quanto divisibile per 360 (la durata in giorni dell’anno degli antichi) e per 36.000 (il numero di giorni di 10´10 anni, dove 10 è il sacro numero della tetractys). Secondo l’astronomia pitagorica (e forse già per l'astronomia babilonese), 36.000 anni era la durata dell’anno cosmico, ossia la durata di un ciclo completo di precessione degli equinozi.  

Come osserva il Chambry, inoltre, 60 è il prodotto di 3, 4 e 5, cioè dei numeri della prima terna pitagorica. Come Platone asserisce nella Repubblica, l’altra sua opera a contenuto politico, questi tre numeri governerebbero, secondo un complesso calcolo aritmetico, i periodi favorevoli alla generazione dei figli

Un altro brano dello stesso dialogo descrive la struttura del cosmo, che Platone immagina formata da una serie di sfere cave, che si incastrano perfettamente l’una nell’altra, e rappresentano i cieli dei pianeti, secondo l’ordine stabilito da Pitagora: dall’esterno verso l’interno si trovano le stelle fisse, Saturno, Giove, Marte, Mercurio, Venere, il Sole, la Luna. 

Nel dialogo La Repubblica Platone insiste molto sull’importanza dell’apprendimento della matematica nella formazione della classe politica e militare dello stato ideale. Ecco cosa fa dire a Socrate:

“Sarà perciò conveniente, Glaucone, di rendere obbligatoria questa conoscenza, e persuadere quelli, che nella città dovranno coprire i più alti uffici, di dedicarsi al calcolo e studiarlo non superficialmente, ma fino a pervenire con la pura intelligenza a contemplare la natura dei numeri, non già come i commercianti e i bottegai per servirsene a comperare e vendere, ma in vista della guerra, e per facilitare all’anima stessa la possibilità di volgersi dal mondo sensibile alla verità ed all’essenza.”[…]

E Glaucone:

“Per quanto almeno si riferisce […] alle operazioni guerresche, è evidente che ci conviene, giacché e nel porre gli accampamenti e nell’occupare certe posizioni e nell’ammassare o spiegare le truppe, come in tutte le altre formazioni che può assumere un esercito in battaglia o in marcia, un generale esperto di geometria sarà in miglior condizione di chi la ignora.

Risponde Socrate:

“Veramente […] per questo basterebbe anche una cognizione elementare di geometria e di calcolo. Bisogna però esaminare se la parte maggiore e più alta di questa scienza non tenda in qualche modo a quest’altro fine: a permetterci, intendo, di scorgere più facilmente l’idea del bene. E, secondo me, tende a tal fine tutto ciò che costringe l’anima a volgere lo sguardo verso quel luogo ov’è l’essere tra tutti gli altri sovranamente felice, che l’anima deve contemplare ad ogni costo.”

(cit. da Platone, Repubblica, Libro VII (525-527) in: Tutte le opere, trad. di G. Pugliese Carratelli, Sansoni, Firenze 1974, pagg. 1025-1026)



03/04/18

Un VIDEO geniale che mostra in modo mai visto la Meraviglia dei Numeri.

NATURE BY NUMBERS from Cristóbal Vila on Vimeo.

Come non restare affascinati da questi quasi 4 minuti di video che illustrano in modo divertente e geniale le incredibili proprietà dei numeri e la loro stretta relazione con la Natura che abbiamo intorno ?  Buona visione ! 

23/11/16

23 novembre - "Fibonacci day", una giornata dedicata al grande genio matematico pisano.



Oggi, 23 novembre si celebra il Fibonacci day, una giornata dedicata a Leonardo da Pisa, detto Fibonacci,mercante e matematico, che nel 1202 con il suo Liber Abaci introdusse in Europa il sistema numerico decimale e i principali sistemi di computo. 

La data scelta non è casuale. 

Nella scrittura anglosassone si scrive 11.23 e questi quattro numeri sono l`inizio della celebre successione di Fibonacci, in cui ogni cifra, intera e positiva, è la somma dei due precedenti e il rapporto tra un numero e quello che lo precede è un numero irrazionale che tende a 1,618 che è lo stesso della sezione aurea.


La successione di Fibonacci ha trovato applicazioni in ogni ramo delle scienze umane, dalla matematica alla botanica, dall`economia all`arte. 

Alla vita e ai viaggi di Fibonacci, l`uomo che ha portato i numeri arabi in Occidente, è dedicato L`UOMO CHE CI REGALÒ I NUMERI, il nuovo libro di Paolo Ciampi (Mursia, pagg. 192, euro 17,00. In libreria). 

Una biografia in cui la matematica si incrocia con la Storia e le vicende dei mercanti del Medioevo con una riflessione sulla diffusione delle idee e la magia dei numeri, linguaggio segreto della natura e della vita. 

 Paolo Ciampi, scrittore e giornalista, si muove tra le poche e frammentarie notizie sulla vita di Fibonacci, del quale per secoli si è perso il ricordo e restituisce al lettore non solo il ritratto di un uomo ma l`affresco di un`epoca, quella a cavallo tra il XII e il XIII secolo, in cui le idee viaggiavano insieme alle merci seguendo itinerari imprevedibili come quello che portò il giovane Fibonacci in Cabilia dove vide un maestro che tracciava nella sabbia alcuni strani segni: erano i numeri che arrivavano dall`India e che un giorno noi avremmo chiamato arabi.



03/11/16

Il prossimo 25 novembre conferenza "Le meraviglie dei numeri" a Santa Croce in Gerusalemme.




Il prossimo 25 Novembre, Venerdì alle ore 18, vi aspetto - per chi è interessato - alla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme per Le Meraviglie dei Numeri (l'ingresso è gratuito, con offerta libera per la chiesa ospitante, una delle più belle di Roma), una conferenza che ho già tenuto al Festival di Arte & Essere di Riva del Garda. 

Parleremo, con l'aiuto di molte immagini, della magia dei numeri, del loro significato profondo nella storia dell'Occidente e della cristianità, delle meraviglie della Sezione Aurea inscritta nei grandi monumenti del passato, di Jung e Wolfgang Pauli e dei numeri come misura (o codice) del Cosmo. 

Fabrizio Falconi

01/11/14

Una bellissima mostra sui Numeri al Palaexpò di Roma.

proprio mentre preparavo la mia conferenza a Riva del Garda, il 19 ottobre scorso, integralmente pubblicata su questo blog nei giorni scorsi, ho scoperto che il Palaexpò di Roma allestiva, stava allestendo, una grande mostra sui Numeri.  Che davvero vale la pena di essere vista. 




NUMERI
Tutto quello che conta, da zero a infinito

Al Palazzo delle Esposizioni parliamo di numeri e lo facciamo con l’ambizioso obiettivo di coinvolgere tutti: da chi ha pochissima confidenza con la materia e qualche curiosità, fino al visitatore più preparato ed esigente. Molte attività di laboratorio, studiate appositamente per le diverse età e classi scolastiche e per il pubblico adulto con differenti conoscenze della materia, accompagneranno tutti, proprio tutti, all’interno di un mondo affascinante e fondamentale per comprendere molto di ciò che ci circonda.

L’idea di fondo è mostrare i numeri nella loro duplice essenza: da una parte sono oggetti naturali e utili, che il cervello umano è predisposto naturalmente a trattare e di cui la società ha continuamente bisogno per quantificare; dall’altra sono oggetti artificiali e sociali, costruzioni teoriche con implicazioni linguistiche e culturali che hanno viaggiato nel tempo e nello spazio. I numeri non sono solo l’alfabeto di ogni discorso scientifico ma, da sempre, esercitano un fascino profondo sul pensiero filosofico e teologico, sulle arti, le parole, l’architettura, la musica.

Il nostro racconto segue questa logica. Il percorso di scoperta parte dal cervello, naturalmente predisposto a manipolare numeri e quantità. Dopo aver afferrato l’idea di numero, il passaggio successivo è quello di dare un nome alle cose e di scriverle: mostreremo come “contare” e “registrare” si sono evoluti e come siano diversi da luogo a luogo. Arriviamo, quindi, agli strumenti di calcolo, pensati e costruiti, dagli uomini di ogni epoca, per cercare di superare i propri limiti di comprensione e conoscenza. Passiamo, allora, dai numeri «puri» a quelli «applicati», cioè a quelli che ci consentono di misurare. Partiremo dalle unità di misura (nella vita di ogni giorno, in medicina, in economia) per arrivare alle costanti fondamentali dell’universo. Terminiamo il nostro percorso riflettendo sulla dimensione astratta dei numeri: da sempre, l’uomo ha meditato sulle loro proprietà e sul loro significato. Anche chi sostiene di poterne fare a meno, per riuscirci, deve conoscerli e studiarli.


Per l'immagine di Albert Einstein
Einstein Writing Equation on Blackboard
© Bettmann/CORBIS

28/10/14

I numeri come archetipi e l'Anima. 5. "Il numero come archetipo in architettura. La fortezza di Castel del Monte, in Puglia." (Conferenza Riva del Garda, L'arte di Essere, 19 ottobre 2014)

5. IL NUMERO COME ARCHETIPO IN ARCHITETTURA.  La fortezza di Castel del Monte, in Puglia.

Ma i numeri, sono da sempre considerati archetipi  – nella storia della civiltà umana, per l’architettura.
Come sappiamo, a partire dall’antichità, templi e regge furono infatti costruiti sul presupposto di regole matematiche semplici o complesse, nella consapevolezza che l’adeguamento a criteri numerici avrebbe conferito alla costruzione poteri magici o esoterici. 
Nascondere un numero in una costruzione, edificarla nel nome di quel numero è stata la sfida di geniali costruttori del passato.
Si potrebbero citare innumerevoli esempi.  Qui ne faremo soltanto due, tra i più misteriosi.
Il primo, relativo al celebre Castel del Monte, in Puglia, una costruzione talmente perfetta che – si dice – perfino Umberto Eco l’abbia avuta in mente come ispirazione per concepire la sinistra Abbazia al centro dei delitti e delle indagini di Guglielmo da Baskerville, ne Il Nome della Rosa.



La fama di Castel del Monte, straordinaria apparizione gotica dalle forme perfette e concluse, nel bel mezzo dell’altopiano pugliese delle Murge, è oramai universale.
Non smette di affascinare e di interrogare quella fortezza che sembra obbedire ad una velleità di perfezione assoluta, con la sua singolarissima forma, ottagonale con otto torri (ciascuna di esse ottagonale a sua volta) agli spigoli.


Il castello è definito dall'Unesco un capolavoro unico dell'architettura medievale, che riflette l'umanesimo del suo fondatore: la sua forma fortemente geometrica e unica rispetto ad altri edifici medioevali, l'articolazione su due livelli, la collocazione geografica, ha prodotto almeno 500 ricerche in tutto il mondo, nessuna delle quali però, a quanto pare,  è riuscita a svelare e a convincere fino in fondo i perché di quel castello così' diverso.
Per quali scopi fu costruita ? A quali leggi, a quali simboli risponde la pianta della costruzione ? Quale era la finalità che inseguiva il suo costruttore ?
Per capirlo si è a lungo indagato intorno a colui che intorno all’anno 1240 si fece promotore di questa straordinaria costruzione: l’imperatore Federico II di Svevia, una delle figure centrali del Medioevo italiano.

Federico II nacque a Jesi, nelle Marche nel 1194, discendente della nobile casata degli Hohenstaufen, figlio di Enrico VI – a sua volta figlio di Federico Barbarossa – e di Costanza d’Altavilla (figlia di Ruggero II il Normanno).
Un predestinato, dunque, al quale spettava di diritto l’immenso Regno di Sicilia, che si estendeva dalle Marche, appunto, fino al più remoto angolo della Sicilia.
In soli 4 anni, Federico perse entrambe i genitori. Alla morte della madre Costanza, nel 1198, fu affidato da lei alla tutela di papa Innocenzo III.
Iniziarono da qui i difficilissimi rapporti tra Federico e la Chiesa,  che perdurarono per tutta la sua (per i canoni di allora) lunga vita.
In un primo momento i favori papali, nell’interesse di suddividere l’impero dal regno di Sicilia, si orientarono su Ottone di Baviera, ma quando costui accampò diritti sul Regno di Sicilia, fu colpito da immediata scomunica, cosicchè, alla morte di Innocenzo III, Federico si ritrovò,  a soli 20 anni, libero dalla tutela papale, e titolare di un potere immenso: Re di Germania (essendo decaduto Ottone), di Sicilia e di Puglia e perlopiù designato all’impero.
Federico che era stato educato dalle migliori guide esistenti all’epoca - l’erudito frate francescano Guglielmo Francesco; Gentile dei Paleari, conte di Manoppello;  e un imam musulmano del quale non si conosce il nome – acquisì una vastissima cultura di ispirazione greco-araba e ben presto fu in grado di parlare il latino, il greco, il francese, l’arabo e il tedesco.
Questa voracità intellettuale e culturale, si accoppiava alla passione per i piaceri materiali e alla abilità politica.
Federico – da vero talent scout, come si direbbe oggi – era sempre pronto a percepire ogni grande novità soffiasse dai più diversi campi della conoscenza. Quando sentì che si presentava alla notorietà un grande matematico di trentadue anni, autore di uno stupefacente Liber Abaci, trattato di aritmetica e algebra, decise di convocarlo immediatamente. A Pisa, Fibonacci – lo scopritore di quella straordinaria serie che è alla base di molta scienza moderna -  fu messo a confronto con mastro Giovanni da Palermo, matematico di corte, il quale gli sottopose alcuni problemi numerici considerati all’epoca tra i più difficili da risolvere.
Fibonacci

Fibonacci risolse genialmente tutti i quesiti. Non solo, usò questi problemi nel prologo di un libro – il Liber quadratorum, il libro dei quadrati – che volle dedicare al colto imperatore.
E pur mancando prove certe che Fibonacci sia intervenuto anche soltanto dal punto di vista teorico, o come contributo esterno, alla realizzazione della pianta di Castel del Monte, salta subito agli occhi come il numero 8, che è centrale nella costruzione, e che ricorre in tutta la sua struttura, sia per l’appunto uno dei numeri di Fibonacci.




8 come dicevamo sono le torri esterne, ottagonale è la pianta e ottagonale è ciascuna delle torri, otto metri misurano i lati dell’ottagono che corrisponde alla corte interna e otto metri è il diametro di ogni torre. Anche il cortile, ovviamente, ha pianta ottagonale, otto sono le stanze interne,  e otto è il numero delle diverse decorazioni superstiti che abbellivano la costruzione (i quadrifogli, le foglie di vite, di girasole, di acanto sui capitelli delle colonne), ottagonale anche la vasca al centro del cortile, oggi scomparsa, dove antiche leggende risalenti al mito dei Templari, volevano fosse stato custodito addirittura il Santo Graal, il calice dell’ultima cena di Cristo. 
E infine, ultima delle meraviglie: soltanto due volte all’anno, e cioè l’8 del mese di aprile e l’8 del mese di ottobre (che era considerato l’ottavo mese dell’anno) la luce del sole entra da una delle finestre esterne e si riflette nel cortile interno illuminando una precisa porzione di muro, dove esisteva un bassorilievo, purtroppo scomparso.

Le stranezze di questa costruzione non smettono mai di stupire. Ad esempio: perché le scale a chiocciola delle torri sono disposte – caso unico – in senso antiorario, rendendo impensabile dunque una loro funzione militare ?  A cosa servivano i cinque camini della costruzione, collegati simbolicamente forse alle cinque cisterne o vasche destinate alla raccolta delle acque piovane ? Quei camini, è stato fatto osservare, sono troppo piccoli (rispetto alla estensione dei locali) per pensare ad una loro funzione termica, cioè di riscaldamento dell’edificio. Erano allora strumenti utili per l’infusione, cioè per la realizzazione di procedure alchemiche ?
Di alchimia, astronomia, geometria ed ogni altra scienza capace di avvicinare l’uomo a Dio o alle leggi della trascendenza, Federico aveva fatto il suo mantra.
Ogni cosa che esiste a Castel del Monte porta la firma di questa ricerca dell’assoluto.  Se non era quella una fortificazione militare, né tantomeno una residenza imperiale (nessuna struttura architettonica fa pensare a questo) e neanche un maniero di caccia (pur essendo Federico un appassionato e un cultore di falconeria),  è molto probabile allora che l’edificio fosse per davvero un tempio o una costruzione metafisica, dove la numerosophia – cioè la sapienza dei numeri – giocava un ruolo fondamentale.
Certamente, ad alimentare queste elaborate teorie contribuisce la perfezione enigmatica di Castel del Monte, fondata come abbiamo visto interamente sul numero 8 e sulla figura geometrica dell’ottagono, che rappresenta il punto di passaggio ideale tra il quadrato e il cerchio. 
L’ottagono e il numero 8 sono poi chiari e consolidati simboli, che nella storia dell’architettura hanno avuto grande rilievo. Sette, dice la tradizione giudaico-cristiana, sono i giorni della Creazione secondo la Genesi, sette dunque i giorni della settimana e l'ottavo è il giorno in più, che non esiste, simbolo dell’infinito e dell’altra dimensione, quella dello spirito.
In un trattato, il teologo e filosofo francese Ugo di San Vittore, vissuto solo qualche anno prima di Federico II, esponendo i dati numerici simbolici secondo le Scritture, spiegava il significato delle ineguaglianze tra i numeri: “8 maggiore del 7 è l'eternità dopo la vita terrena”
E non è dunque un caso che l' 8 dell'ottagono si ritrovi ad Aquisgrana, nella pianta della Basilica di San Vitale, a Ravenna, nel Battistero di Parma e in quello di Firenze, come nel Santo Sepolcro, la Gerusalemme Celeste.
E anche Castel del Monte, con caratteristiche tutte proprie, fu pensato e realizzato, evidentemente sotto la suggestione di questo numero, di un ottavo giorno, impensabile per i criteri mortali umani: quello nel quale Cristo risorge dalla tomba e ascende ad una nuova condizione, superiore, perfetta e divina. 


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata (5./ segue) 

30/07/14

L'incredibile proprietà dei "numeri amici". La matematica come archetipo.






C'è da perdere la testa intorno al mistero dei numeri . Uno dei più grandi enigmi dell'avventura umana, tuttora irrisolto, infatti è se i numeri siano stati inventati o siano stati scoperti.

E nel caso siano stati scoperti non si finisce mai di meravigliarsi di questa scoperta. 

Una vera stupefazione inducono anche nel principiante, le proprietà dei cosiddetti numeri amici.

Due numeri sono definiti amici dalla matematica, se ciascuno è uguale alla somma dei divisori dell'altro. 

Sembra difficile, ma tutti possono comprenderlo subito. 

Tutto nasce da un aneddoto, che non si sa se sia vero:  Qualcuno chiese un giorno a Pitagora se avesse un amico. Lui rispose "Ne ho due".   E nominò i numeri amici 284 e 220. 

Questi due numeri sono amici perché i numeri interi per cui 220 può essere diviso senza resto (1,2,4,5,10,11,20,22,44,55 e 110) danno la somma di 284; mentre i numeri interi per cui 284 può essere diviso senza resto (1,2,4,71 e 142) danno la somma di 220. 

I numeri amici possono essere solo un altro appassionante paragrafo della matematica, o avere qualche impiego utile. Per ora, nessuno lo sa. 

"Non è affatto un'impresa facile trovare tutte le coppie possibili di numeri amici, " scrisse Wolfgang Pauli, affascinato dall'enigma, negli anni '50.

Difatti solo poche centinaia di numeri amici furono note fino alla metà del Novecento. Con l'aiuto dei computer ad alta velocità siamo oggi arrivati alla decina di milioni di numeri amici conosciuti

La scoperta di questa coppia da parte di Pitagora è abbastanza stupefacente. Bisogna figurarsi una grande quantità di duro lavoro, culminato in un'ultima, geniale intuizione.

La coppia di numeri amici 284 e 220 è nota da molto tempo.

Nel Medioevo talismani con incisi quei numeri erano portati dagli innamorati a significare il reciproco attaccamento.

Nella Genesi, Giacobbe dà 220 capre a Esaù perché il numero, in quanto preso da una coppia di numeri amici, testimonia l'affetto di Giacobbe per Esaù.   

Cultori arabi della numerologia citano l'usanza di scrivere 220 sulla buccia di un frutto e 284 su quella di un altro, poi cibarsi di uno dei due e offrire l'altro all'amante: una sorta di afrodisiaco matematico. 

I numeri amici, in definitiva, con la loro perfezione simmetrica rappresentano un altro argomento a favore di chi ritiene che i numeri siano indubbiamente degli archetipi, qualcosa cioè che appartiene ad una realtà  simbolica profonda,  preesistente e prescindente dalla intelligenza individuale umana.