Visualizzazione post con etichetta palmira. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta palmira. Mostra tutti i post

07/10/16

I grandi Tesori di Palmira ferita da oggi in Mostra al Colosseo.





La Sala dell'Archivio di Ebla, dove nel 1975 furono rinvenute 17.000 tavolette cuneiformi, oggi in stato di abbandono, il gigantesco Toro androcefalo alato di Nimrud, finito polverizzato, il tetto del Tempio di Bel a Palmira, di cui restano solo frammenti, rivivono grazie a magistrali ricostruzioni a grandezza naturale nella mostra allestita da oggi all'11 dicembre al Colosseo.

Un messaggio di speranza per i tesori di civilta' andati distrutti a causa del conflitto bellico in Siria e in Iraq, le cui drammatiche conseguenze sono documentate anche da due splendidi altorilievi (da Palmira), violentemente danneggiati dalla furia iconoclasta, che saranno restaurati in Italia.

Intitolata 'Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira', l'importante esposizione e' stata ideata e curata da Francesco Rutelli e Paolo Matthiae, alla guida nel 1964 della spedizione archeologica italiana che riporto' alla luce le meraviglie di Ebla.

160mila euro all'anno per tre anni. E' questo l'esborso sostenuto dalla FondazioneTerzo Pilastro per dare vita a "Rinascere dalle distruzioni. Ebla, Nimrud, Palmira", la mostra inaugurata alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, del Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, e del Ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini.

La mostra e' stata interamente finanziata dalla Fondazione Terzo Pilastro, senza alcun onere per lo Stato.

"Il nostro obiettivo finale - ha dichiarato Emmanuele F.M. Emanuele, Presidente della Fondazione Terzo Pilastro - e' ricostruire i monumenti nel luogo in cui sono stati abbattuti. Siamo pronti, se sara' necessario, anche ad aumentare il volume del nostro sostegno all'iniziativa".

 Emozionato, davanti al riallestimento di quelli che potrebbero essere i resti degli Archivi Reali della citta' siriana, Matthiae ricorda quel giorno di ottobre di 41 anni fa, quando comincio' a riemergere lo straordinario patrimonio di tavolette incise, scoperta che costitui' una vera e propria rivoluzione per l'indagine storiografica.

"La situazione in Siria adesso e' drammatica - ha detto Matthiae - ma questa mostra e' il primo segnale da parte di un paese occidentale che cio' che l'Isis ha distrutto puo' essere ricostruito". Un compito che potra' essere perseguito, ha proseguito l'archeologo, solo in caso che finisca la guerra e sia garantito il massimo livello di sicurezza.

A patto comunque che ogni intervento di recupero del patrimonio sia compiuto nel rispetto della sovranita' dei singoli paesi, in modo coordinato e con una collaborazione "possibilmente universale".

Del resto il dialogo e' gia' iniziato, testimoniato dai due reperti eccezionalmente concessi in prestito dalle autorita' siriane, "feriti dalla guerra", ha spiegato Francesco Rutelli, che l'Italia restaurera' nei prossimi mesi e restituira' nel loro splendore originario.

Non a caso e' proprio Rutelli a parlare di una sorta di "corridoio per la cultura", in quanto la mostra romana e' stata ideata e realizzata con il conflitto ancora in corso, in grado quindi di documentare "la storia, i contrasti, il valore di una civilta"'.

"Il Colosseo e' il sito del nostro paese piu' visitato da italiani e stranieri - ha aggiunto il Soprintendente per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma Francesco Prosperetti - Con questa rassegna lanciamo un messaggio globale sull'importanza del patrimonio culturale e del suo valore identitario, sulla necessita' di proteggerla, curarla, restaurarla, in alcuni casi di ricostruirla".

Ecco quindi il percorso espositivo che si apre con la ricostruzione del Toro alato, con il volto dalle fattezze umane, tra le meraviglie di Namrud, prima capitale dell'impero assiro, andato distrutto nella primavera del 2015 quando il sedicente Stato Islamico ha abbattuto, con cariche di esplosivo, il settore della corte e della sala del trono del palazzo di Assurnasirpal II.

Alto quasi cinque metri e imponente come l'originale (purtroppo polverizzato), quello esposto e' stato realizzato in polistirolo, suddiviso in blocchi (assemblati in loco), induriti con passate di resina e infine rivestiti con finta pietra (in travertino macinato), lavorata e modellata a mano per riprodurre ogni minimo dettaglio (perfino le crepe del tempo) del capolavoro distrutto.

"C'e' voluta una grande ricerca per arrivare a questi risultati di perfezione", sottolinea la storica dell'arte Cristina Acidini, commentando il lavoro di Nicola Salvioli, specializzatosi alla scuola di Alta Formazione dell'Opificio delle Pietre Dure di Firenze, mentre la Sala dell'Archivio di Ebla e' stata messa a punto da Arte Idea e il soffitto del Tempio di Bel a Palmira da Tryeco 2.0. Carica di suggestione, infine, l'installazione immersiva curata da Studio Azzurro, che trasporta il visitatore tra Siria e Iraq, nei luoghi dove le distruzioni sono avvenute.


28/03/16

Palmira è libera ! Una mostra a Mantova "Salvare la Memoria" con i reperti di Palmira e di altre zone di guerra.



Le notizie della liberazione di Palmira da parte delle forze governative di Damasco, hanno riacceso la speranza, in quei luoghi flagellati dalla guerra e dalla occupazione dell'Isis. 

Assume ancora più rilevanza la splendida mostra organizzata a Mantova

È una mostra idealmente dedicata al Direttore del sito archeologico di Palmira Khaled Asaad, quella che si può ammirare al Museo Nazionale Archeologico di Mantova fino al 5 giugno, con il titolo “Salvare la Memoria”. Ma anche al non meno prezioso, e spesso anonimo, esercito di “Monuments Men” che ovunque nel mondo si vota al recupero di un patrimonio di arte che è storia di tutti. 

Un patrimonio violentato da guerre, come quella in Siria appunto, ma anche da terremoti, alluvioni e da tutti quegli eventi che, ferocemente e improvvisamente, si sovrappongono al fisiologico effetto del tempo su ciò che è testimonianza del nostro passato. 

Una grande storia raccontata, nei tre piani dell’Archeologico di Mantova, da immagini originali, documenti, filmati, reperti (simbolicamente preziosi quelli provenienti da Palmira), testimonianze dirette. 

Un laboratorio, aperto al pubblico, mostrerà dei restauratori all’opera su testimonianze di una villa distrutta dal terremoto del 2012 nel mantovano. 

Protagonisti di vicende di salvaguardia e difesa del patrimonio artistico mondiale incontreranno il pubblico nel corso di incontri calendarizzati nel periodo della mostra. Il progetto “Salvare la Memoria” è un’iniziativa del Polo Museale della Lombardia, a cui si affiancano il Comune di Mantova, l’ISCR, l’ICCROM, l’Università degli Studi di Milano, l’Università IULM, Monuments Men Foundation, Palazzo Ducale- Mantova, Diocesi di Mantova, Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Ad affiancare Elena Maria Menotti e Sandrina Bandera, che ne sono curatrici, è un ampio e qualificatissimo Comitato Scientifico.

A contrapporsi alla violenza della distruzione c’è la forza della restituzione. Come racconta questa affascinante mostra e come ricorda, non a caso, il suo sottotitolo. Non caso ad accoglierla è Mantova, città devastata dal terremoto del 2012. Quell’evento causò, tra l’altro, il crollo del cupolino della Basilica di Santa Barbara e produsse seri danni ad uno dei luoghi simbolo della città, la Camera degli Sposi in Palazzo Ducale, rendendolo a lungo non visitabile. E con quello di Mantova, altri terremoti, dal Friuli ad Assisi, a Bam, L’Aquila, sino al Nepal. Come dimenticare poi l’alluvione del 1966 a Firenze e l’esercito degli “Angeli del fango”? O, su altro fronte, l’attentato all’Accademia dei Georgofili?

Le distruzioni scientemente provocate dagli uomini non si sono rivelate meno catastrofiche di quelle naturali. 

Distruzioni ereditate da guerre del passato recuperate molto tempo dopo, come è accaduto per Vilnius dove le distruzioni perpetrate dalle truppe di Pietro il Grande, sono state sanate solo dopo il 1989. 

 Rievocando la Prima Guerra Mondiale, l’attenzione è proposta su Mantova, Milano, il Veneto. Ancora Mantova, nella Seconda Guerra Mondiale, insieme a Milano - con focus sulla sala delle Cariatidi a Palazzo Reale, e su Cenacolo, Brera e Poldi Pezzoli - , le figure e l’azione di Pasquale Rotondi e di Modigliani e Pacchioni per la messa in sicurezza delle grandi opere d’arte italiane. 

Ma anche le vicende dell’obelisco di Axum, con le immagini della traslazione a Roma dall’Etiopia e della sua restituzione. A questa sezione della grande mostra ha collaborato, tra gli altri, la Monuments Men Foundation di Dallas

Tra i troppi conflitti recenti, la mostra propone quelli in Kosovo e in Afghanistan, evidenziando gli interventi di restauro dell’ISCR e la ricostruzione del ponte di Mostar. Le cronache quotidiane documentano le distruzioni in Iraq e Siria.

Le immagini delle distruzioni di Palmira hanno colpito l’opinione pubblica mondiale. Da ricordare che in quell’area archeologica era attivo il progetto “Pal.M.A.I.S.” dell’Università degli Studi di Milano, così come ed Ebla l’Italia era presente con una propria missione archeologica. Per scelta delle curatrici, in questa sezione le immagini saranno esclusivamente “positive”: proporranno le attività di ricerca archeologica svolta. Nessuna immagine di distruzione, ma un puro segnale grafico a simboleggiare la temporanea, forzata interruzione di un percorso di ricerca, recupero e valorizzazione. La grandezza di Palmira sarà testimoniata da reperti originali concessi dai Musei Vaticani. La mostra, inoltre, suggerirà di approfondire la grande storia della Mezzaluna Fertile visitando la Collezione Mesopotamica custodita in Palazzo Te. L’attenzione del visitatore viene attratta anche su altri fenomeni presenti durante i conflitti, quali gli scavi clandestini, evidenziando i casi di Apamea, Umma e Zabalam, con l’utilizzo di foto satellitari.

Mentre scorrono le immagini della “Giornata Unesco di lutto per la distruzione dei beni culturali”, la mostra porta l’attenzione sul farsi strada di una nuova consapevolezza. Citando come esempio la salvaguardia dei monumenti anche nel caso di grandi opere di ingegneria: emblematico è stato l’innalzamento dei templi di Abu Simbel per consentire l’invaso della diga di Assuan. Questa è una mostra che vuole ostinarsi a guardare avanti, a valorizzare il bello dell’uomo: ed ecco l’attenzione sui “blue shields”, il Comitato Internazionale dello Scudo Blu (ICBS) fondato nel 1996, "per lavorare per proteggere il patrimonio culturale mondiale minacciato da guerre e disastri naturali". E sull’attività davvero fondamentale del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, soprattutto in Iraq, i nostri “Caschi blu della cultura”.
Una mostra per non smarrire la memoria e condividere con i nostri cari, con le famiglie, con gli amici, con i compagni di classe significative e potenti immagini da non dimenticare e un patrimonio di cui essere fieri.

Orari: martedì, giovedì e sabato dalle ore 14 alle ore 19 mercoledì, venerdì e domenica dalle ore 8.30 alle ore 13.30

Per informazioni: museoarcheologico.mantova@beniculturali.it 

 Tel. 0376.320003

01/12/15

Sono loro i veri eroi. "Per salvare i reperti in Siria rischiamo la vita ogni giorno".





«Certo che ho paura. Ho paura al mattino, quando accendo la radio. Ho paura quando, se c'è la corrente, mi collego a Internet. Ho paura di tutte le mie giornate».

Eppure, ogni mattina, l'archeologo Maamoun Abdulkarim, direttore generale dei Musei e delle Antichità siriane, si alza, va nel suo ufficio di Damasco e comincia una conta difficile: quanti oggetti preziosi sono scomparsi? Dove si troveranno? Come fare per portare in salvo quelli non ancora trafugati da Daesh (il termine dispregiativo con il quale i musulmani definiscono Isis) o dai «mafiosi», come lui chiama i trafficanti di reperti antichi? 

C'è è anche un?altra domanda che qualche volta si affaccia subdola dietro l'orecchio: riuscirò a tornare a casa stasera? Sì, perché la memoria di Khaled al Asaad, il direttore del sito archeologico di Palmira decapitato dal sedicente Califfato islamico, in lui è vivissima. 

Professore, i reperti del Bardo sono in mostra ad Aquileia. In fondo, è un messaggio di speranza. Che cos'è per lei oggi questa parola?

«È una parola indispensabile. Altrimenti non farei parte di questo mondo in bilico, fatto di circa 2.500 persone (tanti sono i funzionari preposti alla tutela delle antichità siriane) che rischiano la vita tutti i giorni. Sia perché l'integralismo islamico minaccia chiunque voglia elevarsi culturalmente, sia perché siamo costretti a salvaguardare il patrimonio da saccheggi e colpi di artiglieria con le nostre risorse. Lo sa che qualche volta portiamo in salvo oggetti preziosi in siti sicuri senza scorta armata? A mani nude, ecco».

Quando avete cominciato questa difficile operazione di messa in sicurezza?

«Ben prima che distruggessero i templi di Baalshamin e Bel a Palmira. Abbiamo nascosto oggetti e statue in auto insospettabili, li abbiamo portati in luoghi di fortuna, catalogati in segreto e fotografati. Abbiamo salvato qualcosa come 300 mila reperti. Pensi che siamo riusciti a mettere in sicurezza più di 30 mila pezzi archeologici che si trovavano nel museo di Deir el Zor, prima che la città cadesse nelle mani di Daesh. Qualche volta abbiamo usato aerei militari, qualche volta vetture comuni, superando i check point. Non dimentichiamo che la Siria è contesa da diverse forze in campo. Ma il nostro patrimonio oggi va difeso da tre pericoli: dai combattimenti, dai saccheggi illeciti e dalla distruzione puramente ideologica».

Lei ha più volte chiesto aiuto alla comunità internazionale. Che risposte ha avuto?

«Sin dal 2013 chiedo rinforzi, mi appello affinché i nostri archeologi non siano lasciati soli. Alcuni Paesi hanno risposto. In testa sa chi c'è? L?Italia, la vostra meravigliosa Italia. L'ex ministro Rutelli, con il grande archeologo Paolo Matthiae (scopritore della città di Ebla, in Siria, ndr ) hanno promosso una campagna che mi ha commosso. Questione anche di sensibilità: c'è un legame fortissimo tra noi e voi. Io sono un po' curdo e un po' armeno ma ho scelto di occuparmi di archeologia perché mi sento legatissimo all'Impero romano».

Dopo l'assassinio di Khaled al Asaad, nell'agosto scorso, qualcosa è cambiato?

«Certo. Innanzitutto gli occhi del mondo si sono aperti sulla situazione del nostro patrimonio culturale. Poi molti archeologi hanno, in un certo senso, allargato i loro compiti: qui ormai molti non fanno più solo ricerca, ma si trasformano in detective. Però, purtroppo, quasi 300 siti archeologici sono stati danneggiati gravemente. Pensi che in alcuni posti vanno addirittura con le ruspe per scavare e per portare via oggetti dal valore enorme. Non possiamo controllare tutto».

Ha mai pensato di andarsene?

«Ho ricevuto proposte, viaggio molto (Maamoun è stato di recente a Roma, dove ha partecipato a una delle conversazioni legate alla mostra La forza delle rovine , ndr ) ma non me ne vado. Ho una sorta di missione. Però il patrimonio è di tutti: non lasciateci soli».