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26/10/21

La storia della celebre Statua a Giordano Bruno, in Piazza Campo de' Fiori





La celebre statua di Giordano Bruno in Campo de' Fiori fu inaugurata in un caldo giorno di giugno (il 9, giorno della Pentecoste) dell'anno 1889, tre anni dopo la Statua della Libertà e soltanto tre settimane esatte dopo l'inaugurazione della Tour Eiffel a Parigi. 

Ma le peripezie che ne permisero l'erezione sono talmente complesse e lunghe che ci vollero 13 anni per ultimare il tutto. 

L'omaggio a Bruno proprio nella piazza dove il frate pagò il prezzo più alto per il coraggio e la libertà di pensiero, fu dovuto all'iniziativa politica di quella Italia liberale, laica, massona, radicale che dopo l'unità aveva cominciato a raccogliere sempre più sostenitori contro il potere clericale e papale, e ovunque si celebrava il ricordo di quell'eroe sacrificato in modo inumano. 

La statua era una vera e propria sfida al potere vaticano e suscitò l'indignazione delle università pontificie e dello stesso papa Leone XIII, che stigmatizzò ferocemente l'iniziativa. 

L'eco di questa battaglia asperrima varcò i confini italiani e si spanse fino a Londra e a New York, dove il pensiero di Giordano Bruno era da molto tempo studiato nelle aule di filosofia e di teologia. 

Intorno al 1880 fu costituito un comitato internazionale che si poneva come obbiettivo la realizzazione di un monumento a Roma dedicato al frate di cui furono promotori anche Victor Hugo e Ernest Renan

A gennaio del 1888 la battaglia intorno al monumento si fece talmente virulenta che una manifestazione studentesca venne brutalmente repressa dalla polizia

Solo a seguito di questi fatti il capo del governo di allora, Francesco Crispi, decise di concedere il parere favorevole alla realizzazione della statua, anche per rendere evidente e palese l'emancipazione di Roma, divenuta capitale de Regno d'Italia, dal potere dei papi. 

I lavori vennero affidati a Ettore Ferrari il quale realizzò il ritratto in bronzo di Bruno il cui volto, ricoperto dal cappuccio da frate, fu orientato proprio in direzione del Vaticano e le cui mani incrociate sui polsi (come un condannato) sorreggono con dignità un grosso volume

Il filosofo Giovanni Bovio redasse l'iscrizione da porre sul piedistallo: "A Bruno, il secolo da lui divinato qui dove il rogo arse" 

La stata non ebbe vita facile nemmeno in seguito. Durante il fascismo, movimenti ultracattolici di destra chiesero ripetutamente al duce la rimozione del monumento

Mussolini però, consigliato dal filosofo Giovanni Gentile decise di soprassedere e la statua di Bruno ancora oggi è il punto di ritrovo di militanti del pensiero laico e anticattolico che nel giorno della morte del filosofo 17 febbraio si riuniscono a Campo de' Fiori intorno al grande ribelle per perpetuare la memoria e il sacrificio. 

15/08/21

Ferragosto del 1503 a Roma: la macabra inumazione di Papa Borgia

 


     In una collezione di personaggi famosi maledetti a Roma – intorno ai quali sono sorti racconti di apparizioni post-mortem –  non potevano e non possono mancare i rappresentanti della famiglia Borgia, o meglio Borja come sarebbe più corretto chiamarli visto che Rodrigo de Borja (quarto papa spagnolo della storia) eletto al soglio pontificio col nome di Alessandro VI, apparteneva come lo zio, Callisto III (al secolo Alonso de Borja) ad una potente famiglia originaria di Xàtiva, a 50 chilometri da Valencia.

      Non è certo questa la sede per approfondire i contorni di una vicenda umana e politico/ecclesiastica – quella di Alessandro VI  destinata a segnare, insieme ai figli, Cesare e Lucrezia,  nel bene e nel male – ma soprattutto nel male, anche se oggi non mancano tentativi di riabilitazione del personaggio – la storia della Chiesa di Roma.

      Ci limiteremo quindi a qualche breve cenno, soffermandoci soprattutto sui particolari misteriosi della morte e su quel che avvenne dopo.

      Eletto cardinale giovanissimo, a venticinque anni, grazie ai potenti influssi dello zio, Papa Callisto III, Rodrigo fu eletto papa nella notte tra il 10 e l’11 agosto del 1492 (due mesi esatti prima della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo) , quando aveva già 61 anni.

      All’epoca della sua elezione, Rodrigo era già un personaggio leggendario,  a Roma. Dissoluto e libertino, asservito in ogni modo ai piaceri della carne, il futuro Papa aveva già messo al mondo una schiera di figli, tutti illegittimi, e – cosa ancora più grave per un ecclesiastico, ma certamente non rara all’epoca – si era disinvoltamente prestato alla simonia, cioè alla compravendita di cariche ecclesiastiche e della pratica delle indulgenze e delle assoluzioni.  Queste cattive abitudini peggiorarono, anziché migliorare, una volta ottenuta la nomina papale.  Ebbe altri due figli illegittimi dall’amante, ed esercitò uno spietato nepotismo per garantire ogni sorta di immunità e di potere per il figlio Cesare, detto Il Valentino,  uomo particolarmente avido, violento e senza scrupoli, al quale il padre costruì un regno su misura, permettendogli la conquista di città e signorie in Italia, con l’aiuto perfino del nemico storico del papato, l’imperatore Carlo VIII di Francia.

       In questo modo Rodrigo-Alessandro VI riuscì nell’intento di farsi odiare dal popolo di Roma – arringato dalle piazzate del frate domenicano Girolamo Savonarola, che per la sua pubblica denuncia  finì per essere arso vivo a Firenze nel 1498 -   e dalla corte dei nobili che non vedevano l’ora di sbarazzarsi di un despota di tali dimensioni, sfacciatamente arrogante nella esibizione del lusso e della corruzione, adottata come lingua ufficiale dello Stato, e usata soprattutto per favorire la parte spagnola della corte papale.

      Odio e maldicenza nei confronti del Papa si trasmettevano inevitabilmente anche ai suoi figli, soprattutto a Cesare e a Lucrezia, sul conto della quale – nata a Subiaco nel 1480 dalla relazione clandestina  di Rodrigo con Vannozza Cattanei – cominciò a circolare ogni sorta di leggenda nera, compresa  quella che la vedeva protagonista di vere e proprie orge incestuose, insieme al padre e al fratello.   

      In realtà molti testi recenti hanno riabilitato la figura di Lucrezia, delineando la figura di una donna più vittima degli eventi che realmente depravata: andata in matrimonio a soli tredici anni a un Conte,  e dichiarato il matrimonio nullo, Lucrezia si sposò a diciotto con Alfonso, figlio del re di Napoli. Alfonso fu brutalmente ucciso per ordine di Cesare Borgia, forse geloso della sorella, o forse semplicemente desideroso di utilizzare nuovamente Lucrezia come pedina di scambio per i suoi desideri di conquista: cosa che puntualmente avvenne con un terzo matrimonio, stavolta con Alfonso I d’Este. Il terzo matrimonio fu anche l’ultimo: Lucrezia morì a Ferrara, a soli 39 anni di età, per una febbre infettiva.

      Il grande caos messo in piedi da Alessandro VI, e dalla sua dissoluta famiglia, come si vede, autorizzava pienamente i nemici a tentare di escogitare ogni mezzo possibile per liberarsi del papa-tiranno.

      Ciò che alimentò per molto tempo, e per i secoli a venire – anche se oggi la circostanza è oggetto di forte discussione tra gli storici - la voce che la fine stessa del Papa fosse dovuta ad un avvelenamento. Un avvelenamento che in realtà era stato, secondo il racconto, organizzato dallo stesso Alessandro VI ai danni di un cardinale nemico, durante un convivio, ma che per errore aveva finito per ritorcersi contro lo stesso Papa, e contro il figlio Cesare (miracolosamente sopravvissuto) per un banale scambio di calici.

    Avvelenamento che fosse – o semplice malaria come si sospetta oggi – il Papa cadde malato l’11 agosto del 1503.  L’11 doveva essere il suo numero fatale: l’11 agosto, infatti era stato eletto, 11 agosto il giorno della malattia letale, e 11 anni esatti, dunque, la durata del suo Regno pontificio.

    La malattia del Papa tiranno, come raccontano le cronache dell’epoca, assunse da subito contorni macabri:  vi fu chi affermò recisamente di aver visto distintamente sette dèmoni in guisa di scimmie nere  appollaiate di guardia nel soffitto della camera dove Alessandro moriva, mentre nel delirio invocava proprio il Principe delle Tenebre, il Maligno, affinché – in ossequio al patto maledetto contratto all’epoca della sua elezione -   gli consentisse di regnare ancora per qualche anno, e di sopravvivere alla terribile congestione. L’appello, a quanto pare non venne ascoltato, non solo: i servitori del Papa, i funzionari di curia, perfino le suore che lo accudivano – secondo il racconto del cronachista Jacopo da Volterra – abbandonarono in fretta e furia il papa agonizzante, nel terrore certo che i dèmoni sarebbero presto giunti a impossessarsi dell’anima del defunto. 

      Il corpo di Alessandro VI andò così in fretta incontro ad una spaventosa putrefazione, al punto tale che i falegnami dovettero incassarlo a calci e martellate per come e quanto si era gonfiato, si trattava insomma del « più orribile e mostruoso corpo di defunto mai visto. Un cadavere talmente deforme che non aveva più figura umana » come annotò il diplomatico veneziano Antonio Giustiniani nel suo resoconto ufficiale (1) .

     Ora, se è pur certo che molti di questi particolari furono alimentati necessariamente dall’alone macabro che circondava la figura di Alessandro, resta il fatto che le circostanze della sua inumazione furono particolari, se non altro per il fatto che si svolsero nel caldo torrido di ferragosto: il cadavere del Papa, esposto parzialmente (soltanto i piedi, per l’adorazione dei fedeli) dietro l’inferriata del coro, cominciò ben presto a puzzare orribilmente.  Cosa che consigliò l’immediata inumazione che fu celebrata a mezzanotte (!) nella Rotonda degli Spagnoli (l’antica cappella che fiancheggiava la vecchia Basilica di San Pietro, che venne distrutta nei lavori di riedificazione della Cupola).  

     Narrare le peripezie del sepolcro dei Borgia – di quello di Alessandro che poi divenne anche quello di suo figlio, Cesare – sarebbe impresa ardua: basti dire che per quattro secoli queste spoglie non trovarono mai pace, più volte violate, riassemblate in casse comuni, trasportate da un luogo all’altro fino all’ultima destinazione, la chiesa di Santa Maria di Via Monserrato, alle spalle di Via Giulia, dove furono inumate nel 1881 e dove ancora si trovano, nella prima cappella dal lato dell’Epistola.

      E proprio questo luogo, o meglio questa antica zona di Roma è teatro delle apparizioni del fantasma di Rodrigo de Borja:  per molti anni, le spoglie dei Borgia giacquero nella chiesa del tutto dimenticate, ragione per cui non fu facile mettere in relazione quella misteriosa apparizione di un uomo avvolto da una tunica rossa e dal viso deforme più volte segnalata da terrorizzati passanti che ne riferivano l’incontro a notte fonda nei vicoli intorno a Piazza Farnese,  in Via Giulia o lungo il  Ponte Sisto. 

       Quando dei Borja si ricominciò a parlare -  anche per via della riabilitazione storica che qualche studioso ne tentò, e per l’interesse suscitato dagli spagnoli che vivevano a Roma, e che erano desiderosi di visitare quelle spoglie di cui nemmeno i diretti discendenti (i conti di Gandìa) avevano voluto occuparsi – fu naturale mettere in relazione la leggenda del terrorizzante fantasma che agitava le notti romane con il Papa dissoluto le cui ossa più volte profanate giacevano nella Chiesa di Santa Maria in Monserrato, denominata degli Spagnoli.

       La leggenda nera dei Borja o dei Borgia, non poteva poi coinvolgere anche la bella Lucrezia. Anche il fantasma di colei che aveva soggiogato principi e regnanti, e che così infelicemente si era prestata alle oscure trame famigliari, infatti ha trovato il modo di manifestarsi più volte nella storia:  in particolare un pianto accorato sembra che sia il segnale che del fantasma di Lucrezia Borgia è possibile ascoltare passando sotto il vecchio Forte di Nepi, una cittadina non lontano da Roma, in provincia di Viterbo.  Di Nepi, Lucrezia divenne in vita Signora grazie ad una solenne cerimonia che si svolse nel 1499, e durante le quali le furono affidate le chiavi della città.  Per Lucrezia, il padre Rodrigo fece costruire, alla confluenza di due torrenti, quella grandiosa Rocca, negli appartamenti della quale, la ragazza riuscì a vivere però – insieme allo sposo Alfonso – soltanto per un anno, prima che come abbiamo detto i sicari di Cesare non la resero vedova.

       Ed è nelle sale e nei giardini di questo castello, a quanto pare, che il fantasma di Lucrezia ancora non ha smesso di cercare pace.

 Tratto da: Fabrizio Falconi, I Fantasmi di Roma, Newton Compton, Roma




24/11/18

Ecco la "Roma Enigmistica" di Federico Mussano.



Segnalo oggi l'uscita - per gli appassionati di Roma e non solo - di un libro curioso, che si fa leggere tutto d'un fiato e appassiona e diverte.  L'ha scritto uno dei più brillanti enigmisti italiani, Federico Mussano e si intitola semplicemente: Roma Enigmistica. 

Come giocavano con le parole gli antichi Romani, i figli del popolo e gli uomini eruditi come Cicerone?

Ai tempi del papa re che cosa si dicevano le statue parlanti Pasquino e Marforio?

Questo libro ce lo svela attraverso un lungo viaggio per Roma a livello temporale che parte dalle monete di Giulio Cesare e la ricorrente iscrizione latina del quadrato del Sator, per passare lungo gli stemmi-rebus di casate illustri del Medioevo e del Rinascimento, lungo le sciarade di Pio IX al tempo della breccia di Porta Pia fino a giungere ad anagrammi e acrostici citati da Paolo VI e, più recentemente, da papa Francesco.
Ma è anche un lungo viaggio a livello spaziale che ci porta all'aperto lungo le strade della città eterna quanto nel suo sottosuolo, calandoci nei sotterranei di una basilica e di un antico oratorio, e respirando arte a pieni polmoni quale quella di Bramante, Michelangelo e Piranesi. 
Una carrellata plurisecolare nel mondo dell’enigmistica, tra acrostici, sciarade, bisensi, cambi d’iniziale, anagrammi, palindromi, vignette e rebus. 

05/12/17

Una Mostra a Roma dedicata a Clemente XI, Collezionista e Mecenate Illuminato - dal 7 dicembre.



Apre Giovedì 7 dicembre 2017 presso la Sala Conferenze del Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni, in Piazza di San Salvatore in Lauro, 15 la mostra Clemente XI, Collezionista e Mecenate Illuminato. 


La mostra è promossa dal Pio Sodalizio dei Piceni in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio delle Marche, l’ANCI Marche e la Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù.

Il Cardinale Giovanni Francesco Albani, urbinate, di famiglia facoltosa e riguardevole, salito al soglio Pontificio il 23 novembre del 1700 con il nome di Clemente XI, prima e durante il suo pontificato, rivela un considerevole gusto estetico e collezionistico.

La mostra svela, partendo dal fondo Albani, gli artisti prediletti del Pontefice che risentono del barocco pur non aderendovi in pieno, e racconta la figura del Cardinale e Pontefice Albani come illuminato mecenate e collezionista.

Considerevoli sono le opere e i nomi degli artisti che fecero parte dell’entourage del Pontefice e che la mostra illustra in un bel percorso espositivo e scientifico.



CLEMENTE XI
collezionista e mecenate illuminato
a cura di Claudio Maggini in collaborazione con Stefano Papetti
7 dicembre 2017 – 25 febbraio 2018
Roma, Complesso Monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio Sodalizio dei Piceni

15/08/17

Ferragosto macabro: 1503, la terribile inumazione di Papa Borgia - Alessandro VI.




In una collezione di personaggi famosi maledetti a Roma – intorno ai quali sono sorti racconti di apparizioni post-mortem – non potevano e non possono mancare i rappresentanti della famiglia Borgia, o meglio Borja come sarebbe più corretto chiamarli visto che Rodrigo de Borja (quarto papa spagnolo della storia) eletto al soglio pontificio col nome di Alessandro VI, apparteneva come lo zio, Callisto III (al secolo Alonso de Borja) ad una potente famiglia originaria di Xàtiva, a 50 chilometri da Valencia. 

Eletto cardinale giovanissimo, a venticinque anni, grazie ai potenti influssi dello zio, Papa Callisto III, Rodrigo fu eletto papa nella notte tra il 10 e l’11 agosto del 1492 (due mesi esatti prima della scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo) , quando aveva già 61 anni. 

All’epoca della sua elezione, Rodrigo era già un personaggio leggendario, a Roma. Dissoluto e libertino, asservito in ogni modo ai piaceri della carne, il futuro Papa aveva già messo al mondo una schiera di figli, tutti illegittimi, e – cosa ancora più grave per un ecclesiastico, ma certamente non rara all’epoca – si era disinvoltamente prestato alla simonia, cioè alla compravendita di cariche ecclesiastiche e della pratica delle indulgenze e delle assoluzioni. Queste cattive abitudini peggiorarono, anziché migliorare, una volta ottenuta la nomina papale

Ebbe altri due figli illegittimi dall’amante, ed esercitò uno spietato nepotismo per garantire ogni sorta di immunità e di potere per il figlio Cesare, detto Il Valentino, uomo particolarmente avido, violento e senza scrupoli, al quale il padre costruì un regno su misura, permettendogli la conquista di città e signorie in Italia, con l’aiuto perfino del nemico storico del papato, l’imperatore Carlo VIII di Francia. 

In questo modo Rodrigo-Alessandro VI riuscì nell’intento di farsi odiare dal popolo di Roma – arringato dalle piazzate del frate domenicano Girolamo Savonarola, che per la sua pubblica denuncia finì per essere arso vivo a Firenze nel 1498 - e dalla corte dei nobili che non vedevano l’ora di sbarazzarsi di un despota di tali dimensioni, sfacciatamente arrogante nella esibizione del lusso e della corruzione, adottata come lingua ufficiale dello Stato, e usata soprattutto per favorire la parte spagnola della corte papale

 Odio e maldicenza nei confronti del Papa si trasmettevano inevitabilmente anche ai suoi figli, soprattutto a Cesare e a Lucrezia, sul conto della quale – nata a Subiaco nel 1480 dalla relazione clandestina di Rodrigo con Vannozza Cattanei – cominciò a circolare ogni sorta di leggenda nera, compresa quella che la vedeva protagonista di vere e proprie orge incestuose, insieme al padre e al fratello. 

 In realtà molti testi recenti hanno riabilitato la figura di Lucrezia, delineando la figura di una donna più vittima degli eventi che realmente depravata: andata in matrimonio a soli tredici anni a un Conte, e dichiarato il matrimonio nullo, Lucrezia si sposò a diciotto con Alfonso, figlio del re di Napoli. Alfonso fu brutalmente ucciso per ordine di Cesare Borgia, forse geloso della sorella, o forse semplicemente desideroso di utilizzare nuovamente Lucrezia come pedina di scambio per i suoi desideri di conquista: cosa che puntualmente avvenne con un terzo matrimonio, stavolta con Alfonso I d’Este. 

Il terzo matrimonio fu anche l’ultimo: Lucrezia morì a Ferrara, a soli 39 anni di età, per una febbre infettiva. 

 Il grande caos messo in piedi da Alessandro VI, e dalla sua dissoluta famiglia, come si vede, autorizzava pienamente i nemici a tentare di escogitare ogni mezzo possibile per liberarsi del papa-tiranno. 

 Ciò che alimentò per molto tempo, e per i secoli a venire – anche se oggi la circostanza è oggetto di forte discussione tra gli storici - la voce che la fine stessa del Papa fosse dovuta ad un avvelenamento. 

Un avvelenamento che in realtà era stato, secondo il racconto, organizzato dallo stesso Alessandro VI ai danni di un cardinale nemico, durante un convivio, ma che per errore aveva finito per ritorcersi contro lo stesso Papa, e contro il figlio Cesare (miracolosamente sopravvissuto) per un banale scambio di calici

 Avvelenamento che fosse – o semplice malaria come si sospetta oggi – il Papa cadde malato l’11 agosto del 1503

 L’11 doveva essere il suo numero fatale: l’11 agosto, infatti era stato eletto, 11 agosto il giorno della malattia letale, e 11 anni esatti, dunque, la durata del suo Regno pontificio.

La malattia del Papa tiranno, come raccontano le cronache dell’epoca, assunse da subito contorni macabri: vi fu chi affermò recisamente di aver visto distintamente sette dèmoni in guisa di scimmie nere appollaiate di guardia nel soffitto della camera dove Alessandro moriva, mentre nel delirio invocava proprio il Principe delle Tenebre, il Maligno, affinché – in ossequio al patto maledetto contratto all’epoca della sua elezione - gli consentisse di regnare ancora per qualche anno, e di sopravvivere alla terribile congestione

L’appello, a quanto pare non venne ascoltato, non solo: i servitori del Papa, i funzionari di curia, perfino le suore che lo accudivano – secondo il racconto del cronachista Jacopo da Volterra – abbandonarono in fretta e furia il papa agonizzante, nel terrore certo che i dèmoni sarebbero presto giunti a impossessarsi dell’anima del defunto. 

 Il corpo di Alessandro VI andò così in fretta incontro ad una spaventosa putrefazione, al punto tale che i falegnami dovettero incassarlo a calci e martellate per come e quanto si era gonfiato, si trattava insomma del « più orribile e mostruoso corpo di defunto mai visto. Un cadavere talmente deforme che non aveva più figura umana » come annotò il diplomatico veneziano Antonio Giustiniani nel suo resoconto ufficiale

 Ora, se è pur certo che molti di questi particolari furono alimentati necessariamente dall’alone macabro che circondava la figura di Alessandro, resta il fatto che le circostanze della sua inumazione furono particolari, se non altro per il fatto che si svolsero nel caldo torrido di ferragosto: il cadavere del Papa, esposto parzialmente (soltanto i piedi, per l’adorazione dei fedeli) dietro l’inferriata del coro, cominciò ben presto a puzzare orribilmente. 

 Cosa che consigliò l’immediata inumazione che fu celebrata a mezzanotte (!) nella Rotonda degli Spagnoli (l’antica cappella che fiancheggiava la vecchia Basilica di San Pietro, che venne distrutta nei lavori di riedificazione della Cupola). 

 Narrare le peripezie del sepolcro dei Borgia – di quello di Alessandro che poi divenne anche quello di suo figlio, Cesare – sarebbe impresa ardua: basti dire che per quattro secoli queste spoglie non trovarono mai pace, più volte violate, riassemblate in casse comuni, trasportate da un luogo all’altro fino all’ultima destinazione, la chiesa di Santa Maria di Via Monserrato, alle spalle di Via Giulia, dove furono inumate nel 1881 e dove ancora si trovano, nella prima cappella dal lato dell’Epistola. 

 E proprio questo luogo, o meglio questa antica zona di Roma è teatro delle apparizioni del fantasma di Rodrigo de Borja: per molti anni, le spoglie dei Borgia giacquero nella chiesa del tutto dimenticate, ragione per cui non fu facile mettere in relazione quella misteriosa apparizione di un uomo avvolto da una tunica rossa e dal viso deforme più volte segnalata da terrorizzati passanti che ne riferivano l’incontro a notte fonda nei vicoli intorno a Piazza Farnese, in Via Giulia o lungo il Ponte Sisto. 

Quando dei Borja si ricominciò a parlare - anche per via della riabilitazione storica che qualche studioso ne tentò, e per l’interesse suscitato dagli spagnoli che vivevano a Roma, e che erano desiderosi di visitare quelle spoglie di cui nemmeno i diretti discendenti (i conti di Gandìa) avevano voluto occuparsi – fu naturale mettere in relazione la leggenda del terrorizzante fantasma che agitava le notti romane con il Papa dissoluto le cui ossa più volte profanate giacevano nella Chiesa di Santa Maria in Monserrato, denominata degli Spagnoli. 

 La leggenda nera dei Borja o dei Borgia, non poteva poi coinvolgere anche la bella Lucrezia. Anche il fantasma di colei che aveva soggiogato principi e regnanti, e che così infelicemente si era prestata alle oscure trame famigliari, infatti ha trovato il modo di manifestarsi più volte nella storia: in particolare un pianto accorato sembra che sia il segnale che del fantasma di Lucrezia Borgia è possibile ascoltare passando sotto il vecchio Forte di Nepi, una cittadina non lontano da Roma, in provincia di Viterbo. Di Nepi, Lucrezia divenne in vita Signora grazie ad una solenne cerimonia che si svolse nel 1499, e durante le quali le furono affidate le chiavi della città. 

 Per Lucrezia, il padre Rodrigo fece costruire, alla confluenza di due torrenti, quella grandiosa Rocca, negli appartamenti della quale, la ragazza riuscì a vivere però – insieme allo sposo Alfonso – soltanto per un anno, prima che come abbiamo detto i sicari di Cesare non la resero vedova. Ed è nelle sale e nei giardini di questo castello, a quanto pare, che il fantasma di Lucrezia ancora non ha smesso di cercare pace.

11/05/13

Il sacello della Papessa Giovanna in Via dei Cerqueti - di Fabrizio Falconi



Il sacello della Papessa Giovanna

La leggenda intorno ad un Papa donna, che riuscì ad ingannare tutti i suoi contemporanei, e a insediarsi anche brevemente sul trono di Pietro, è una leggenda che i romani conoscono bene, che prese corpo durante il medioevo, e la cui popolarità continuò ininterrotta nel corso dei secoli.

Ma pochi sanno che nel Rione Monti esiste una testimonianza ancora ben visibile di questa storia straordinaria, che pur essendo nata nel Medioevo, si riferisce però a fatti (presunti o veri) avvenuti intorno all'850 d.C. La memoria storica di questo episodio infatti non solo esiste ancora, nelle forme di una vecchia edicola fatiscente in Via dei Cerqueti, a pochi metri dalla Basilica di San Clemente (che qui vedete fotografata) di fronte alla quale migliaia di romani passano di fronte tutti i giorni senza conoscere lo stranissimo segreto che custodisce.

Ricapitoliamo brevemente la vicenda, come venne tramandata : nel IX secolo d.C. proveniente dalla città tedesca di Magonza (l'antica Moguntiacum, e l'oderna Mainz, in Renania) arrivò a Roma una graziosa giovinetta la quale, però, vestendo sempre abiti maschili fu da tutti ritenuta un uomo. Entrata nella carriera ecclesiastica, data la sua eccezionale cultura ed i suoi irreprensibili costumi, ben voluta da tutti, salì rapidamente tutti i gradi, fino al punto che morto il Papa Leone IV (855), all'unanimità venne eletta al soglio di Pietro. Dopo circa due anni e mezzo di esemplare pontificato (tutti ovviamente continuavano a crederla un uomo), avvenne l'irreparabile: la sacra truffa fu da tutti smascherata, nel modo più scandaloso ed evidente possibile.

Accadde infatti - racconta quella leggenda - che un giorno, dopo circa due anni e mezzo di pontificato, nel corso di uno dei tradizionali cortei in viaggio che si snodavano dal Vaticano (luogo dell'incoronazione) al Laterano (luogo della nomina, e luogo della residenza dei papi, in quel periodo), superato il Colosseo, e imboccata secondo consuetudine la via dei SS. Quattro, mentre cavalcava in quella angusta curva di Via dei Querceti (tutte e due ancora esistenti), il Papa donna cadde rovinosamente da cavallo e tra la stupefatta meraviglia di tutti dette alla luce un bambino ! Esistono numerose riproduzioni grafiche di questo leggendario episodio.

Le versioni, a questo punto (tutte storiche, e tutte più o meno risalenti a due secoli, tra il 1100 e il 1300) differiscono: secondo alcuni la Papessa morì proprio in questo luogo. Secondo altri fu relegata a espiare i suoi imbrogli in un convento (il figlio, narrano alcuni, continuò a vivere fino a diventare vescovo).
Comunque tutti furono d'accordo poi nel dire che il luogo dove essa era caduta era proprio quel tratto preciso di Via dei Querceti, che non a caso, fu ribattezzato vicus Papisse. Ma che valore e che validità ha questo racconto ? Quali sono le sue basi storiche ?

Assai scarse a dir la verità: la leggenda dice infatti che la Papessa (il cui 'vero' nome sarebbe stato Giovanni o meglio, Giovanna Anglico), succedette a Leone IV. E che il suo 'pontificato' durò circa due anni e mezzo.
Noi sappiamo invece con assoluta certezza che dopo Leone IV (centoduesimo Papa dopo S.Pietro, morto il 17 luglio dell'855), venne eletto, nello stesso anno, Benedetto III che fu papa per tre anni fino all'858.

Questa leggenda, dunque - oggi lo sappiamo - non ha alcun fondamento storico. Ma si sa che in epoca medievale era piuttosto arduo affidarsi a testi cronologicamente sicuri. E la leggenda ebbe una così grande diffusione che fu ripresa anche da Petrarca e da Boccaccio (non però nel Decameron, ma nel De mulieribus Claris, cioè dopo il fatidico incontro del 1362 in cui il monaco inviatogli dal certosino Pietro Petroni gli predisse morte imminente e dannazione eterna se non avesse rigettato i suoi scritti, e cambiato subito vita).

foto e testo di Fabrizio Falconi  ©