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16/08/21

Uno dei caffè più famosi di Roma, "Il Cigno" di Viale Parioli, in una memorabile scena de "I Mostri" di Dino Risi



Come si sa Roma è sempre stata un set ideale per i film italiani - e non solo - in ogni suo angolo storico o non.

A Roma Nord è celebre il caffè Il Cigno, che sorge su Viale Parioli, poco prima di arrivare a Piazza Ungheria (sul marciapiede di sinistra, salendo). 

Questo caffè ospita una scena di uno dei film più celebri e importanti del cinema italiano degli anni '60, I Mostri, il film che Dino Risi realizzò nel 1963 e che raccontava  "L’Italia bella, quella del boom, l’Italia divertente che non c’è più,"  ma anche l'Italia inguaribile dei suoi vizi atavici,  dei suoi comportamenti anarchici, cinici, spietati.

Un mix insomma di commedia e di amaro: si potrebbe riassumere così il meraviglioso lavoro di Dino Risi, conglomerato di ventidue episodi uno più divertente dell’altro che raccontano i vizi del Bel Paese del Dopoguerra. 

Nell’episodio “L’Educazione Sentimentale”, il protagonista è il mitico Ugo Tognazzi, che vediamo  entrare con suo figlio nel bar Il Cigno di viale Parioli e impartire al povero ragazzino una "lezione di vita" sulla furbizia. 

“Due cappuccini e due paste” – esclama alla cassiere del bar. Subito dopo aver pagato il conto, il figlio piccolo però gli sussurra a bassa voce: “Ma papà ne abbiamo mangiati sei…”.

La scena ambientata nel bellissimo caffè Il Cigno - rimasto praticamente come allora - inizia al minuto 1.02 fino al minuto 1.45 

Fabrizio Falconi 




13/08/16

Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei Monti Parioli.



Le catacombe di San Valentino e gli immensi tunnel sotto la collina dei monti Parioli 


Quando si imbocca viale Maresciallo Pilsudski, venendo da viale Tiziano, si lasciano alla sinistra gli impianti sportivi dello stadio Flaminio e del palazzetto dello sport, mentre a destra, all’interno di un muro di cinta, passano del tutto inosservati i ruderi di un’antica basilica romana dedicata da papa Giulio I (nel V secolo d. C) a san Valentino, vescovo di Terni e martire

La basilica, costruita intorno al sepolcro del santo, fu ampliata nell’VIIIsecolo d.C., ma ben presto cadde in rovina e oggi non rimangono che pochi resti. 

Eppure, per tutto il Medioevo, a fianco all’edificio, esisteva anche un monastero nel quale trovarono ospitalità e rifugio i pescatori di fiume e i vignaioli della zona, che erano fuori del recinto cittadino, quando Roma era minacciata dalle scorrerie saracene e dalle guerre baronali.  
Vicino ai ruderi esiste ancora oggi l’ingresso alle antiche catacombe. 



Al di sotto e all’interno della collina dei monti Parioli, infatti, si estende un immenso cimitero sotterraneo che nel corso dei secoli ha restituito una gran quantità di sarcofagi, lapidi funerarie e iscrizioni, alcune delle quali oggi abbelliscono alcuni dei palazzi del quartiere considerato, tradizionalmente, il più ricco della Capitale. 

La galleria più antica di questi sotterranei è stata allargata in forma di cappella e ornata di splendide pitture risalenti al VII secolo d.C., con scene desunte dal protovangelo di Giacomo, scritto nel 150 d.C. 

Le diramazioni delle gallerie delle catacombe di San Valentino sembra siano estesissime

Una conferma indiretta si è avuta qualche anno fa, durante gli scavi per l’erezione di un edificio in viale Parioli, al civico numero 16, quando gli operai si sono imbattuti in cunicoli sotterranei ben tamponati all’interno e asciutti, che secondo gli archeologi sono riferibili alle catacombe di San Valentino. 

Sulla base di queste acquisizioni c’è chi ha teorizzato, non senza validi argomenti, che queste gallerie raggiungano, ricongiungendosi a esse, le catacombe di Priscilla, sulla via Salaria.

A partire dal Cinquecento, comunque, le gallerie sottostanti la collina dei Monti Parioli furono adattate a grotte e utilizzate come deposito per le botti di vino. 

Più prosaicamente, negli ultimi decenni, le stesse grotte sono diventate un ricovero per diseredati di varie nazionalità: emergenza che ha indotto le autorità capitoline a serrarne gli ingressi con antiestetiche cancellate in ferro.


Foto nel post, di proprietà dell'autore.