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22/06/14

"Ogni persona nasce dalla lode." Elias Canetti.




Sarebbe possibile dimostrare come una persona nasca dalla lode. 

Bisognerebbe annotare le parole di lode che penetrano in una persona sin dai suoi primi anni, e lasciar perdere tutto il resto. Ne verrebbe fuori quel terribile corpo, fatto di lodi, che in definitiva è la persona stessa.

Certe parole di lode diventano indispensabili come l'aria e il cibo. Che cosa non fa un uomo per riaverle quando la fonte abituale è inaridita, quando da essa non viene più nulla. Scoprire una forma di pazzia che ha la sua radice soltanto nella lode. Un metodo con cui annullare gli effetti della lode neutralizzandoli lì per lì con un antidoto.

Una persona che non è mai stata lodata una volta: che aspetto ha ? Come cammina ? Come vive ?

Una persona che è bravissima a vomitare lodi.
Uno che fa il bagno in pozze di lodi e ne esce sporco.
Uno che come un criceto accumula lodi nelle borse mascellari.
Uno che con le lodi avvelena ogni cosa intorno a sè.
Uno che è sensibile soltanto alle lodi collettive e non recepisce nulla di ciò che dicono i singoli.
Uno specialista nella conservazione delle lodi.
Uno che le lodi le digerisce.
Uno specialista nella trasformazione delle lodi: tutto quello che gli viene all'orecchio si trasforma in un'unica parola che lui continua a udire finché gli scoppia il timpano; da quel momento riesce ancora a sentire soltanto con la pelle e il naso.
Una brigata di gaudenti che si scambiano lodi.
Uno che, vergognandosi delle lodi, deperisce e muore.
Uno che è convinto della falsità in ogni lode e non ne aspetta più una autentica. Ma non sa decidersi e non prestare orecchio.
Uno che si trasforma di volta in volta secondo la lode: ora è questo, ora è quello, e senza una parola di lode è niente.
Uno che per lodarsi indossa il suo vestito migliore.
Uno che non fa niente perché non vuole lasciarsi sfuggire una sola parola di lode. Alla fine non osa più aprire bocca, temendo di perdere una lode, e muore di fame.
Lui, ormai, si limita a dire ciò che è stato detto di lui. Da quando la memoria gli si è affievolita, non parla a braccio: legge.
Uno che classifica i suoi amici secondo l'intensità con cui lo lodano.
Uno che cita in giudizio quelli che lodano anche altri.
Uno che accetta solo lodi telefoniche affinché nulla possa distrarlo.
Uno che ruba agli altri telegrammi di lode.
Uno che vuole soltanto lodi che spetterebbero ad altri.
Uno che si aumenta di peso in proporzione alle lodi.
Uno che crede alla lodi solamente se significano soldi.
Uno che detesta le lodi a tal punto che chi vuole qualcosa da lui gli si accosta con parole di biasimo.
Uno che sfregia tutte le fotografie che lo ritraggono.
Una che riesce a lodare solo mentre fa l'amore.
Uno che crede in Dio solo mentre lo lodano.
Uno che odia furiosamente le lodi poiché altri vengono lodati.
Basta con le lodi, e ancora non basta: continuare.

Elias Canetti, La rapidità dello spirito, Adelphi 1994, traduzione di Gilberto Forti, pag. 157.


29/09/11

RI-COMINCIARE. Da dove ? (12 cose da cui ripartire): 11. DIGNITA'



Dovrò ricordarmi della dignità dei poveri e della dignità degli oppressi, cioè della vera dignità.  Poveri e oppressi, perseguitati e derelitti dimenticano spesso la dignità per causa di forza maggiore. Perché spesso è più importante sopravvivere. 

Ma qualche volta anche per i poveri, anche per gli oppressi e anche per i perseguitati e i derelitti, la dignità E'  PIU' IMPORTANTE del sopravvivere. 

Dovrò ricordarmi che nella stessa etimologia della parola dignità vi è la parola degno. Degno significa essere meritevole di rispetto nell'opinione comune.
Ma è fin troppo ovvio che nessuno avrà rispetto di me, nessuno avrà vero rispetto di me, se io per primo non avrò rispetto di me.   Se io non riuscirò a sentirmi intimamente degno.

Sentirsi intimamente degno NON dipende dal riconoscimento altrui. Gli altri, questo dovrò ricordarlo sempre, mi conoscono SOLO in parte. SOLO in parte sanno chi io sono. E chi io sono per loro, dipende da troppi fattori: principalmente da ciò che io decido di mostrare, più o meno inconsapevolmente.

E gli altri, per i motivi anche più leciti o giusti, o illeciti od opportunisti, sono sempre pronti a riconoscere un merito che non c'è, anche quando non c'è.

Non dovrò basarmi su questo, dunque, per riconoscere la mia dignità.

Dovrò sentirmi degno SOLO di quel che io sono.   

E per farlo dovrò necessariamente: 1. conoscere me stesso (conoscere ed essere consapevole di me) e 2. possedere capacità di giudizio su me stesso, in base a quel che io so che è giusto, in base a quel che so essere giusto. 

Se io non sarò capace di essere una persona degna, e quindi se non sarò capace di possedere dignità consapevole, nessun onore e nessun rispetto degli altri saprà rendermi davvero felice. E ogni volta che calpesteranno la mia dignità, non potrò davvero reagire con i diritti e l'interezza che derivano dalla mia persona umana.

Come scrisse Aristotele, La dignità non consiste nel possedere onori, ma nella coscienza di meritarli. 
 E invece sembra proprio che - come scrisse due millenni più tardi R.Chandler - la maggior parte della gente consumi metà delle proprie energie cercando di proteggere una dignità che non ha mai posseduto. 


Fabrizio Falconi