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19/07/22

In un'epoca senza maestri, un grande tributo a Philip Glass da Woody Allen, Scorsese e tanti altri


Credo sia un'epoca così sbandata perché viviamo in un'era - come dice Zagrebelsky - senza maestri.

I maestri buoni sono spariti (morti, uccisi, ripudiati) e così anche quelli cattivi.
Perché nell'epoca imperante del selfness (che a quanto pare, tra l'altro, sta portando il pianeta all'autodistruzione) ciascuno - secondo la profezia di Nietzsche, ma in modo ahimé assai più radicalmente basso - vuole essere ed è maestro di se stesso.
Così, i pochi maestri che restano vivi e in giro, per chi ancora li apprezza e sa quanto siano essi fari nella notte ormai divorante, sono quanto mai importanti. Ed importante conoscerli, ascoltarli.
Una occasione è data dal magnifico documentario (purtroppo in-tradotto e in-distribuito ancora in Italia, dove Amazon preferisce fare documentari su gianluca vacchi e su wanna marchi) dedicato al maestro, "Glass: A Portrait of Philip in Twelve Parts", diretto da Scott Hicks nel 2007 e nominato agli Emmy Awards e all'AFI Award
Chi ha l'occasione di vederlo, oltre che conoscere la vita, la personalità e la spiritualità di Glass, forse il più celebre compositore vivente, cioè contemporaneo, ha la possibilità di ascoltare l'opinione (su Glass, e sulla sua opera) di Joanne Akalaitis, Woody Allen, Holly Critchlow, Errol Morris, Nico Muhly, Godfrey Reggio, Dennis Russell Davies, Martin Scorsese e Ravi Shankar.
Un meraviglioso viaggio nella musica e nell'intelligenza. Glass, una delle ultime "grandi anime".

Fabrizio Falconi - 2022

14/03/22

The wonderful voice of Danilo Ottaviani for a Message to Humans (not to be missed)

 



This video - just four minutes long - is truly an extraordinary work of art, which not through images and sound, sends a message to the entire human race, the text is written by Kristin Flyntz.  

The images follow one another in frenetic way - as in the famous Koyaanisqatsi, a film by Godfrey Reggio with the music score by Philip Glass (1983), hypnotic, distressing and definitive.  

This heartfelt letter is very well acted by Ottaviani's voice without emphasis, without sleight of hand, simply enhancing  and delivering its ultimate message.  

His warm, welcoming, empathic voice guides us through the nightmare experienced in the last two years on a planetary scale, as if the Covid-19 virus itself were speaking to each one of us to make us realize how our uncontrolled selfishness has put our lives and the life of the entire planet at risk. 

The creation of a video message of this type is so important: the images coordinated with the words and the actor's voice seem to come, in an ancestral way, from our collective subconscious.  

Controlled and honest, Ottaviani does not seek to amaze but rather to give voice to the truth that every human being has been able to verify in the last two years, with the upheaval of our lives, suddenly laid bare.  

Kudos to Danilo Ottaviani, for his professionalism. An example of how art can - and above all must - be placed at the service of a new humanism. A collective rebirth that is not only desirable, but indispensable.


Fabrizio Falconi 


09/09/21

Le geniali opere di Simon Stålenhag che hanno ispirato la bellissima serie "Tales From The Loop"

 


Chi l'ha vista - in Italia su Amazon video/prime - sa che si tratta di uno dei prodotti migliori degli ultimi anni, in assoluto: si tratta di Loop (Tales from the Loop), la serie televisiva statunitense del 2020 creata da Nathaniel Halpern e basata sulle opere illustrate dell'artista svedese Simon Stålenhag. 

Per chi non l'avesse ancora vista diremo, per non rovinare nulla, che la serie è ambientata negli anni ottanta in una zona rurale dell'Ohio, in cui gli abitanti vivono e lavorano in un misterioso luogo chiamato il "Loop".

Si scopre che in effetti venti anni prima, negli anni sessanta, in quella regione è stato costruito un grande acceleratore di particelle nelle profondità della campagna circostante. 

Ogni puntata della serie - valorizzata dalle bellissime musiche di Philip Glass e da una meravigliosa fotografia - racconta in modo straordinario le vicende quotidiane e personali degli abitanti di quel luogo, stravolte da eventi e paradossi legati al Loop.

Ma chi é Stålenhag?

Cresciuto in un ambiente rurale vicino a Stoccolma, l'artista svedese ha cominciato a realizzare opere grafiche di fantascienza solo dopo aver scoperto concept artist come Ralph McQuarrie e Syd Mead; la genialità del suo lavoro è quella di combinare la sua infanzia con temi tratti da film di fantascienza, dando vita a un paesaggio svedese stereotipato con una tendenza neofuturistica

Secondo Stålenhag, questo focus nasce dalla sua percepita mancanza di connessione con l'età adulta, con gli elementi di fantascienza aggiunti in parte per attirare l'attenzione del pubblico e in parte per influenzare l'umore del lavoro. Queste idee si traducono in un corpus di lavori che possono presentare robot giganti e megastrutture accanto a normali articoli svedesi come le automobili Volvo e Saab. 

Man mano che il suo lavoro si è evoluto, Stålenhag ha creato un retroscena per esso, incentrato su una struttura sotterranea governativa.

Stålenhag solitamente per i suoi lavori utilizza un tablet e un computer Wacom, progettato per assomigliare alla pittura ad olio.

La maggior parte del suo lavoro si basa su fotografie preesistenti che scatta; queste vengono quindi utilizzate come punto di partenza per una serie di schizzi prima che il lavoro finale sia completato.

La maggior parte delle opere d'arte di Stålenhag era inizialmente disponibile online, prima di essere successivamente venduta come stampe. 

I risultati sono veramente stupefacenti. 
Qui qualcuna delle sue opere:

Labyrinth 

Vimpelturbiner

Collater.al





02/09/16

Il film del giorno: "Kundun" di Martin Scorsese (1998).




E' la storia dell'attuale Dalai Lama, già vista e già raccontata in molti altri film, l'ultimo dei quali, "Sette anni in Tibet" di Jean-Jacques Annaud (molto più scarso qualitativamente).  

Scorsese invece della Patagonia sceglie il Marocco per ricostruire il Tibet e Dante Ferretti si scatena per rappresentare al meglio e in modo credibile la città di Lhasa e i grandiosi scenari tibetani. 

Scorsese sceglie anche una lingua opposta rispetto ad Annaud - evitando il polpettone narrativo - raccontando con pochi dialoghi e per immagini, il senso di una spiritualità molto lontana dal cattolicesimo dal quale proviene - nella sua storia famigliare - il regista. 

Ma il film funziona solo a metà e molto bene solo nella sua parte puramente cinematografica.  Gli ultimi venti minuti sono da antologia del cinema, con il montaggio straordinario di Thelma Shoenmaker "costruito" sulle iterazioni musicali di Philip Glass e della sua splendida colonna sonora.



11/03/14

La forza (sublime) del cambiamento. Kant & Glass.



Philip Glass ha scritto alcuni meravigliosi Quartetti per archi. 

Dal 1966 (il N.1), quando aveva 31 anni, al 1984 (il N.2, Company, un movimento del quale è proposto nel video qui sopra nella esecuzione del quartetto ReDo), al 1985 (il N.3, Mishima), al 1989 (il N.4, Buczack), al 1991 (il No.5, senza titolo). 

Sono pezzi apparentemente difficili (ciascuno oscillante, in quattro o cinque movimenti, intorno ai venti minuti di durata), diventati però già classici della esecuzione dal vivo da parte dei più affermati complessi da camera contemporanei.

Glass ha fondato la sua teoria artistica sulla variante e sul cambiamento

Mutuando, sulle basi forti della musica occidentale, i principi filosofici della conoscenza orientale: tutto è cambiamento, tutto si trasforma, tutto - l'universo intero, gli atomi e le particelle che ci compongono, il nostro corpo, tutto - fa parte di una danza cosmica

Vi è qualcosa di sublime in questo. La sensazione provata e descritta da Fritjof Capra e che lo spinse a scrivere il suo libro più famoso, Il Tao della fisica.   Capra raccontò che l'ispirazione gli era venuta un giorno, mentre era seduto sulla riva del mare, quando aveva avvertito con tutti i sensi e con la profondità della sua conoscenza interiore, la danza cosmica che si svolgeva intorno a lui e di cui anche lui faceva parte. 

Una sensazione di meraviglia, di fronte al misterioso e al sublime si impadronì di lui.

Il sublime ritorna anche nella apparente oscurità di questi Quartetti, che sembrano riproporre quella danza cosmica davanti ai nostri occhi e per le nostre orecchie. 

Il bello implica direttamente un sentimento di intensificazione della vita, scriveva Immanuel Kant nella Critica del Giudizio nel  1790, il sentimento del sublime è invece un piacere che scaturisce in modo indiretto, venendo prodotto dal senso di un momentaneo impedimento delle forze vitali, seguito da una tanto più forte effusione di queste...


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata   




07/03/12

L'unica cosa che si ripete costante nella vita è il cambiamento.



Mi ha molto colpito leggere oggi una frase del grande drammaturgo (è un po' riduttivo definirlo così)  Bob Wilson, intervistato dal Corriere, a proposito della nuova messa in scena del capolavoro Einstein On The Beach, su musiche di Philip Glass, presentato per la prima volta - con accoglienza stupefatta per la grande carica innovativa di quello spettacolo - ad Avignone esattamente 30 anni fa. 

'L'unica cosa che si ripete costante nella vita è il cambiamento'. 

E' una frase breve ed essenziale nella sua nuda verità - che ciascuno di noi può sperimentare come vera - se soltanto si ferma a riflettere sulla vita, un istante.  E paradossalmente, proprio ciò che dà continuità alla vita, che è sempre costante nella vita, è il suo divenire continuo, il suo non essere mai la stessa cosa

Mi sono tornate in mente le parole di J.Krishnamurti che ha fatto di questo tema una costante del suo pensiero (e della sua vita). 

Credo infatti che proprio da questa 'impermeabilità' al cambiamento (ma anche all'idea stessa di cambiamento) personale, a questo pensare e pensarsi granitico derivino molti dei nostri mali e dei nostri disagi come individui e come collettività.

Allora sia cio che è,  dice Krishnamurti, rispondendo ad una domanda di un visitatore, Quando ne comprende la falsità, l'ideale scompare. Lei è "ciò che é".    Il "ciò che è" è lei stesso: non in un periodo particolare o in un dato stato d'animo, ma come lei è di momento in momento.  Non si condanni o si rassegni a quel che vede, ma sia attento, senza interpretare il movimento di "ciò che è".  Sarà difficile, ma in ciò c'é gioia. La felicità c'è solo per chi è libero, e la libertà giunge con la verità di "ciò che è".