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04/06/22

* La bellissima e infelice Assia Wevill, poetessa, musa e amante di Ted Hughes, il cui destino si intrecciò al suo e a quello di Sylvia Plath.*



Assia Wevill era nata a Berlino nel 1927 da una famiglia di origine tedesca, russa ed ebrea.
Di bellezza straordinaria, mischiò il suo destino in maniera imprevedibile a quello di Ted Hughes, che all'epoca era il marito di Sylvia Plath. La poetessa americana aveva sposato Hughes nel 1956 e aveva avuto da lui due figli. Il matrimonio durò ben poco. Appena sette anni dopo, la Plath si tolse la vita, a soli trent'anni, infilando la testa nel forno del suo appartamento.
Sulla strada di un matrimonio già di per sé molto problematico, era infatti comparsa anche Assia.
Per sfuggire alla Shoah, Assia da bambina era emigrata a Tel Aviv, ma a sedici anni fuggì a Londra con un sergente della RAF, che divenne il suo primo marito. Il secondo marito era invece stato un intellettuale, professore alla London School of Economics, mentre il terzo, il poeta canadese David Wevill, di otto anni più giovane, l'aveva conosciuto quando lui era ancora studente a Cambridge.
Dal matrimonio, contratto nel 1960, non nacquero figli. David aprì ad Assia le porte dei circoli letterari di Londra, dove ella poté fare la conoscenza, tra gli altri, del poeta Nathaniel Tarn, che diventerà suo intimo confidente durante la frequentazione con Hughes, con cui intraprese una relazione.
Nel 1961 Ted Hughes e Sylvia Plath diedero in affitto il loro appartamento di Londra ad Assia e David e si stabilirono a North Tawton, nel Devon, in una casa chiamata Court Green.
Fu durante una visita agli Hughes, nel maggio 1962, che tra Assia e Ted scoccò la scintilla. Tramite un abbozzo di poesia, che rievoca quella visita, sappiamo che a fine serata Hughes era già succube del fascino della Wevill; il mattino dopo era innamorato.
Forse perché nella morale hughesiana la salvaguardia dell'istinto animale era un'azione etica, Ted si lanciò a capofitto in una nuova storia, e dal luglio di quell'anno, lasciata a Court Green una Plath a conoscenza di tutto e per questo distrutta, si trasferì a Londra, dove cominciò a frequentare Assia regolarmente, inaugurando una relazione di dominio pubblico, con David Wevill al corrente di loro ma per nulla intenzionato al divorzio. Al momento del suicidio di Sylvia, nel febbraio 1963, Assia era incinta di Ted, ma abortì poco dopo.
I primi mesi successivi alla disgrazia, che la videro a fianco del vedovo, le diedero la possibilità di leggere "de visu" gli scritti lasciati dalla Plath, che se la ipnotizzarono, la ferirono anche per una buona misura; la base di quell'ossessione nei confronti della poetessa morta, che in Assia si manifesterà in comportamenti emulatori e di invidia, fino all'ultima tragedia, ha origine in questo periodo.
Passata la tempesta, il 13 marzo 1965, Assia diede alla luce Alexandra Tatiana Elise, detta "Shura": anche se ricevette il cognome da David Wevill, il vero padre era Hughes, e verso la fine dell'anno Assia lasciò definitivamente il marito per Ted, con il quale non si sposò però mai.
Assia che si trovò a rivaleggiare dal punto di vista creativo con la Plath, sentiva che non avrebbe mai potuto prendere il suo posto nella considerazione artistica di Ted e cominciò a soffrirne. Inoltre, incapace di sopportare la disapprovazione di cui era oggetto a Court Green da parte dei genitori di Hughes, Assia traslocò a Clapham, Londra, con la figlia, nell'autunno 1967.
Fin dai primi mesi del 1969, Assia dimostrò i sintomi di "grave depressione" per i quali aveva cominciato a prendere psicofarmaci.
Il 23 marzo 1969, sola e depressa, decise di porre fine alla propria vita, trascinando con sé la figlioletta di quattro anni. Dopo una telefonata a Ted, durante la quale, ricorda lui, non si dissero nulla in più del solito, Assia somministrò del sonnifero alla figlia, ingerendone successivamente anche lei, aiutandosi con del Whisky; girato il rubinetto del gas si distese poi, su un materasso trasportato presso la stufa, abbracciando Shura.
A sei anni dalla morte della Plath, la tragedia per Hughes si ripeteva, con circostanze simili e ancora più gravi.

Fabrizio Falconi - 2022

29/12/21

Libro del Giorno: "E' inutile che io parli" di Ezra Pound

 


La Rapallo cosmopolita e letteraria tra le due guerre, i rapporti con il fascismo, l’instancabile lavoro ai Cantos, gli amici scrittori e filosofi, il pensiero economico, la sua amatissima Italia, la vecchiaia, la Poesia… 

Questo volume, da poco pubblicato dall'editore De Piante è prezioso perché raccoglie le principali interviste rilasciate da Pound e apparse sulla stampa italiana dagli anni Venti agli anni Settanta del Novecento. 

Raccolte per la prima volta in volume, offrono al lettore un ritratto del tutto inedito del poeta americano, non offuscato dalle polemiche, spesso pretestuose, del Dopoguerra. 

Si scoprono così giudizi, ricordi e riflessioni fulminanti di uno dei grandi e controversi protagonisti del secolo scorso: lucido, determinato, consapevole della realtà e soprattutto intenzionato ingenuamente a migliorarla con il suo impegno dalla parte sbagliata della storia

Pound, come è noto, pagò la sua adesione ideologica al fascismo, i suoi strambi proclami lanciati dalla radio italiana, mentre i suoi connazionali americani combattevano sui fronti europei. E pagò duramente, alla fine della guerra, con la cattura, il trasferimento negli Stati Uniti, il processo durante il quale la possibile condanna a morte per tradimento fu tramutata - considerando il soggetto un malato di mente - in reclusione coatta al manicomio di Sant'Elizabeth, dove Pound rimase per 12 anni.

Tornato in Italia, nel 1958, Pound vi rimase fino alla morte avvenuta a Venezia nel 1972 all'età di 87 anni.

Il libro è interessante perché permette di ricostruire l'intero rapporto di Pound  con il nostro paese. Il poeta vi arrivò con spirito esule, disgustato dal potere americano, dopo un periodo londinese e uno parigino. In Italia trovò quella vivacità, quel fervore, quello spirito di cambiamento che cercava e finì per stabilirsi nel golfo del Tigullio, dove soggiornavano molti e grandi intellettuali stranieri, e dove presero a fargli visita giornalisti, poeti, scrittori, giornalisti italiani, attratti dal suo spirito visionario e soprattutto dalla grandezza della sua poesia, da quell'opera - I Cantos - che scrisse in gran parte in Italia e che restano un monumento della poesia di tutti i tempi.

Tra i diversi contributi anche il resoconto fedele, originale, della intervista televisiva che realizzò Pier Paolo Pasolini a casa del poeta, a Venezia. 

L'edizione è curata e ottima, a parte la scelta piuttosto incomprensibile dell'autoritratto di Van Gogh in copertina (forse motivata da una certa somiglianza tra Pound e il pittore fiammingo).

Ezra Pound 

E' inutile che io parli

Curatore: Luca Gallesi 

De Piante Editore, 2021 

Pagine: 240 p., EAN: 9791280362018

Euro: 20,00

14/03/21

Poesia della Domenica: "La piccola stanza" di Raymond Carver

 




LA PICCOLA STANZA


Ci fu una grande resa dei conti.
Le parole volavano come pietre attraverso le finestre.
Lei urlava e urlava, come l'Angelo del Giudizio.

Poi il sole balzò su di colpo, e un scia
apparve nel cielo del mattino.
Nell'improvviso silenzio, la piccola stanza
divenne stranamente derelitta, mentre lui le asciugava le
lacrime.
Divenne come tutte le altre piccole stanze della terra,
che la luce ha difficoltà a penetrare.

Stanze dove le persone urlano e si offendono l'un l'altra.
E dopo provano dolore, e solitudine.
Incertezza. Bisogno di confortare.



Raymond Carver, da Blu Oltremare


THE LITTLE ROOM
—Raymond Carver
There was a great reckoning.
Words flew like stones through windows.
She yelled and yelled, like the Angel of Judgment.
Then the sun shot up, and a contrail
appeared in the morning sky.
In the sudden silence, the little room
became oddly lonely as he dried her tears.
Became like all the other little rooms on earth
light finds hard to penetrate.
Rooms where people yell and hurt each other.
And afterwards feel pain, and loneliness.
Uncertainty. The need to comfort.

27/10/19

Poesia della Domenica - "Felicità" di Raymond Carver




Felicità 

Talmente presto che fuori è ancora quasi buio.
Sto alla finestra con il caffè
E le solite cose della mattina presto
Che passano per pensieri.
A un tratto vedo il ragazzo e il suo amico
Venire su per la strada
Per consegnare il giornale.
Portano il berretto e il maglione
E uno la borsa a tracolla.
Sono così felici
Che non dicono niente, questi ragazzi.
Mi sa che se potessero, si prenderebbero sottobraccio.
Il mattino è appena sorto
E stanno facendo questa cosa insieme.
Avanzano lentamente.
Il mattino si fa più luminoso,
anche se la luna pende ancora pallida sul mare.
Una tale bellezza che per un attimo
La morte e l’ambizione, perfino l’amore
Non riescono a intaccarla.
Felicità. Arriva
Inaspettata. E va al di là, davvero,
di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento.



Raymond Carver, da Orientarsi con le stelle, Minimum Fax



14/07/19

La Poesia della Domenica - "Resumé" di Dorothy Parker


Resumé
I rasoi fanno male;
I fiumi sono umidi;
l’acido lascia tracce;
Le pillole danno i crampi.
Le pistole sono illegali;
i cappi si rompono;
il gas ha una puzza tremenda;
Tanto vale vivere.
Dorothy Parker, (nata Dorothy Rothschild-Long Branch, 22 agosto 1893 – New York, 7 giugno 1967- scrittrice, poetessa e giornalista statunitense, nota anche con i diminutivi di Dot o Dottie) 
La poesia è citata nel film Ragazze interrotte (Girl, Interrupted) del 1999 diretto da James Mangold con Winona Ryder e Angelina Jolie; adattamento del diario di Susanna Kaysen La ragazza interrotta.
Resumé
Razors pain you;
Rivers are damp;
Acids stain you;
And drugs cause cramp.
Guns aren’t lawful;
Nooses give;
Gas smells awful;
You might as well live.

Dorothy Parker, “Resumé” from The Portable Dorothy Parker, edited by Brendan Gill. (Penguin Books, 2006)

18/06/19

Libro del Giorno: "Silenzi" di Emily Dickinson


Arrivata in Italia soltanto con la prima edizione critica del 1955, l'opera di Emily Dickinson ha conosciuto un crescente successo cui ha certamente contribuito il lavoro di divulgazione e di traduzione di Barbara Lanati, innanzitutto con questo fortunato libro, uscito per la prima volta nel 1990 che raccoglie una meditata selezione dell'opera della grande poetessa di Amherst. 

Con l'interesse per l'opera è parimenti cresciuto in Italia quello per il personaggio Emily, per la sua vicenda biografica interessantissima nella sua particolarità unica.  Una vita vissuta in autoreclusione, in perenne ombra, al riparo della stanza al secondo piano della Mansion in perfetto stile New England dove la Dickinson visse praticamente i 56 anni della sua vita, con la misera eccezione di qualche rarissimo viaggio nelle città vicine.  

Come è noto, la Dickinson visse una vita di totale anonimato - in tutta la sua esistenza non pubblicò che sette poesie, in alcune riviste letterarie dell'epoca - anche se per la eccentricità della sua scelta di vita, per il riserbo assoluto con cui visse, per la maniacalità con cui per molto tempo evitò perfino di farsi vedere dagli ospiti nella sua stessa casa - sembra che per quindici anni non uscì mai dalla sua stanza, se non una sola volta per partecipare ai funerali di uno dei suoi nipoti morto prematuramente - per la fitta e corposissima corrispondenza che curò - più di duemila lettere - con interlocutori diversi, anche uomini con cui tessé amori platonici, per la sua straordinaria conoscenza della poesia classica, era già soprannominata dai vicini Il Mito

Barbara Lanati nella bella prefazione al volume ricostruisce in parte questa vicenda biografica, scandagliando le pieghe misteriose di una poesia metafisica e crepuscolare: estasi e passione, dolore e morte nutrono i versi della Dickinson che a dispetto della sua immagine di vergine riservata, chiusa e timida del Massachussets, vittima dell'autorità morale paterna e del vittorianesimo imperante, seppe esprimere una scrittura inquieta e inquietante, "astratta e insieme raffinatamente sensuale sgorgata da una vita fatta di reclusione, silenzio, attesa."

Eremita moderna fuori dalla religiosità dogmatica o confessionale, la Dickinson continua a interrogarci con i suoi meravigliosi, enigmatici, affascinanti versi immortali. 


Silenzi
cura e traduzione di Barbara Lanati 
Feltrinelli, 2014 
Pagine: 240 Prezzo: 9,50€ 
ISBN: 9788807900853 

21/04/19

Poesia della Domenica. "Buonanotte a te" di Charles Bukowski



Buonanotte a te che in questo momento 
dovresti essere qui e non chissà dove. 
Buonanotte a chi anche stanotte 
si perderà tra le lacrime e i pensieri. 
Buonanotte a chi ha sperato, lottato 
a chi ha tirato fuori le unghie ma comunque ha perso. 
Buonanotte a me, che ti aspetto 
e prego ogni sera per vederti tornare. 
Buonanotte ai codardi, ai “lo faccio per te”, 
a chi ha deposto i sogni nel cassetto, 
a chi è caduto ma ha avuto la forza e il coraggio di rialzarsi. 
A chi non vuole occhi diversi. 
A chi non ci riesce, a chi ci prova ma è dura, 
a chi soffre in silenzio, a chi ride ma sta male, 
a chi non riesce a camminare, 
a chi è stato lasciato, a chi ha il cuore spezzato. 
Buonanotte, che poi questa notte di buono non ha nulla. 
E resterò sveglia a pensarti, 
a immaginarti a chiedermi come stai, 
cosa fai, se sorridi, se sei felice, 
se ti manco, se stai bene anche senza di me. 
Chi ti scalda la notte, chi ti guarda dormire, 
chi ti sorride così dal nulla. 
E non so, ma ho paura. 
Perché la notte diventiamo più deboli, 
perché la notte cadiamo, i pensieri vanno veloci e le lacrime scendono. 
Dove sei, con chi sei, mi manchi.


24/03/19

Poesia della Domenica: "Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile" di Delmore Schwartz.



Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile
Cosa rimarrà di me e te
A parte le foto e i ricordi?
Questa è la scuola in cui impariamo,
quel tempo è il fuoco in cui bruciamo
Qual è il sé in mezzo a questo incendio?
Cosa sono ora che ero anche allora?
Per cosa dovrei soffrire e agire ancora?
[…]
Le urla dei bambini sono gioiose mentre corrono
Questa è la scuola in cui imparano
Cosa sono ora che ero anche allora?
I ricordi si rinnovano ancora e ancora.
Il colore più leggero del giorno più breve:
Il tempo è la scuola in cui impariamo,
Il tempo è il fuoco in cui bruciamo.
What will become of you and me
(This is the school in which we learn …)
Besides the photo and the memory?

(… that time is the fire in which we burn.)
 is the self amid this blaze?
What am I now that I was then
Which I shall suffer and act again,
[…]
The children shouting are bright as they run
(This is the school in which they learn …)What am I now that I was then?
May memory restore again and again
The smallest color of the smallest day:
Time is the school in which we learn,

17/03/19

Poesia della Domenica: "Tenendo le cose assieme" di Mark Strand.






Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.
Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

12/03/19

Non mi interessa cosa fai per vivere. Una intensa poesia di Oriah Mountain Dreamer.



Non mi interessa che cosa fai per vivere; voglio 
sapere che cosa ti fa spasimare e se osi sognare 
di andare incontro all'anelito del tuo cuore.

Non mi interessa quanti anni hai; voglio sapere 
se rischieresti di passare per stupida per amore, 
per un sogno, per l'avventura di essere viva.

Non mi interessa quali pianeti siano in 
quadratura con la tua luna.  Voglio sapere se hai 
toccato il centro del tuo dispiacere, se i 
tradimenti di una vita ti hanno aperta oppure ti 
hanno raggrinzita e chiusa per paura di altro 
dolore.

Voglio sapere se riesci a sederti con la 
sofferenza, la mia o la tua, senza muoverti per 
nasconderla, né per sedarla, né per mandarla via.

Voglio sapere se riesci a stare con la gioia, la 
mia o la tua, se riesci a ballare selvaggiamente 
lasciando che l'estasi ti riempia fino alle 
estremità delle dita delle mani e dei piedi senza 
ricordarci di stare attenti, o di essere 
realistici, né per rammentarci i limiti 
dell'essere umano.

Non mi interessa se la storia che mi stai 
raccontando è vera. Voglio sapere se riesci a 
deludere un altro pur di essere sincera con te 
stessa. Se riesci a sopportare l'accusa di 
tradimento senza tradire la tua anima. Se riesci 
a essere senza fede e perciò degna di fede.

Voglio sapere se riesci a vedere ogni giorno la 
bellezza anche quando non è pittorica; e se 
riesci a far scaturire la tua vita dalla sua 
presenza.

Voglio sapere se riesci a vivere col fallimento, 
il tuo e e il mio, e tuttavia, sul bordo del 
lago, a gridare al plenilunio d'argento il tuo 
«Sì!».

Non mi interessa sapere dove vivi o quanti soldi 
hai. Voglio sapere se riesci ad alzarti dopo una 
notte di dolore e di disperazione stanca e con le 
ossa a pezzi e a fare ciò che va fatto per dar da 
mangiare ai bambini.

Non mi interessa ciò che sai né come sei giunta 
qui. Voglio sapere se starai nel centro del fuoco 
con me senza tirarti indietro.

Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai 
studiato. Voglio sapere che cosa ti sostiene da 
dentro quando tutto il resto crolla.

Voglio sapere se riesci a stare sola con te 
stessa e se ti piace davvero la compagnia che ti 
fai nei momenti vuoti.

Oriah Mountain Dreamer
http://www.oriahmountaindreamer.com/

illustrazione in testa: 
Artwork by Denis Sarazhin - Soundlessly, 2015, | Painting | Artstack - art online

12/10/18

Parla la figlia di Ezra Pound, mentre esce un nuovo libro: "Ho cercato di scrivere Paradiso".



In un castelletto sulla vallata di Merano in Alto Adige c'e' un pezzo dell'eredita' di un grande poeta americano, Ezra Pound

E' qui a Brunnenberg che vive la figlia Mary de Rachewiltz, e il castello e' anche museo, pieno di cimeli dei decenni che Pound passo' in Italia. Poetessa, saggista, traduttrice in italiano di Pound e altri poeti, Mary e' figlia della violinista Olga Rudge. 

Figlia illegittima, perche' Pound era sposato a un'altra donna. 

La sua e' una storia affascinante fra misteri e memorie. 

"Mia madre - spiega - voleva un figlio da mio padre; lui non ne voleva. Lei c`e' riuscita, solo che e' nata una figlia, e per lei e' stato un tale shock che non mi ha voluta". 

La bambina viene affidata a una balia tirolese, con cui vivra' fino ai dieci anni. Fino allora stato e' proprio Pound a occuparsene di piu', scrivendole, tenendo i contatti con la balia

"Lui veniva a Gais a trovarmi, ci sono tante foto" spiega Mary. "Io con mio padre mi divertivo, con mia madre no. Mio padre era divertente". 

Ora, sull'autore dei celebri Cantos e' uscito per Mondadori unlibro di Alessandro Rivali, "Ho cercato di scrivere Paradiso". Spiega l'autore: "Il libro penso possa essere una sorta di biografia intima di Pound; tutto merito di Mary che mi ha regalato tante confidenze, che credo per la prima volta vengano portate in Italia al grande pubblico"
https://www.librimondadori.it/libri/ho-cercato-di-scrivere-paradiso-alessandro-rivali/

In Italia il ricordo di Ezra Pound e' legato al fascismo; Pound apprezzava Mussolini, tenne discorsi dall'Eiar fascista, dopo la guerra fu incarcerato e passo' tredici anni in manicomio in America come traditore della patria. Ma Pound era un poeta, e di politica, dice la figlia, si interessava quasi per paradosso. Aveva altro da fare: leggere, scrivere, studiare. 

Se il grosso del suo archivio e' alla Yale University, qui in Alto Adige ci sono ancora tutti i suoi libri fittamente annotati. Mary de Rachewiltz ha anche portato in tribunale Casa Pound, per chiedere che non potessero usare il nome del padre. Ma ha perso. Oggi, dice, le dispiace solo "per i ragazzi in buona fede che credono di capire Pound attraverso la nostalgia del fascismo italiano. E questo e' completamente errato." 

E se Mary de Rachewiltz ha dedicato molti anni al padre e alle sue opere, non ha dubbi sulla propria competenza, ne' sente di aver vissuto all'ombra. "Almeno in casa mia ha sempre comandato la donna - dice. - A cominciare dalla mia balia, e da mia madre, e mia nonna... e qui credo che anche io ho avuto abbastanza da dire". 

30/09/18

La Poesia della Domenica - "La mia ospite di novembre" di Robert Frost.





La mia ospite di novembre
Quando lei, mio Dolore, è qui con me,
pensa che questi giorni melanconici
e piovosi d’autunno sono splendidi
come possono essere i giorni; ama
la nuda pianta che appassisce, e va
sull’umido sentiero in mezzo all’erba.
Il suo piacere m’inquieta: parla
e stupito l’ascolto; ed essa lieta
è della fuga degli uccelli e gode
se l’abito di lana, grigia e pura,
le inargenta la nebbia che l’avvolge.
Questi alberi deserti, desolati,
la terra illanguidita, il cielo cupo,
sono la vera bellezza che ammira:
per loro pensa ch’io non abbia sguardi
e mi chiede, insistente, la ragione.
Non è da ieri che imparai a conoscere
l’amore per i giorni desolati
di novembre, al presagio della neve;
vano sarebbe stato dirlo a lei
perché con la sua lode li migliora.
My November Guest
My Sorrow, when she’s here with me,
Thinks these dark days of autumn rain
Are beautiful as days can be;
She loves the bare, the withered tree;
She walked the sodden pasture lane.
Her pleasure will not let me stay.
She talks and I am fain to list:
She’s glad the birds are gone away,
She’s glad her simple worsted gray
Is silver now with clinging mist.
The desolate, deserted trees,
The faded earth, the heavy sky,
The beauties she so truly sees,
She thinks I have no eye for these,
And vexes me for reason why.
Not yesterday I learned to know
The love of bare November days
Before the coming of the snow,
But it were vain to tell her so,
And they are better for her praise.
(da A Boy’s Will, 1915)

01/07/18

Poesia della Domenica - "Ancora io mi solleverò" di Maya Angelou.


Ancora io mi solleverò

Tu puoi scrivere di me nella storia,
con le tue bugie amare e contorte.
Puoi calpestarmi nella sporcizia
ma io, come la polvere, mi solleverò.
La mia sfacciataggine ti irrita?
Perché sei assediato dalla malinconia?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
che sgorgano nel mio salotto.
Proprio come le lune e i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come la speranza che alta si slancia,
ancora io mi solleverò.
Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Le spalle cadenti come lacrime.
Indebolita dal mio pianto, che viene dall’anima.
La mia superbia ti offende?
Non prenderla così male.
Perché io rido come se avessi miniere d’oro
scavate nel mio cortile.
Puoi spararmi con le tue parole.
Puoi ferirmi con i tuoi occhi.
Puoi uccidermi con il tuo odio,
ma io, come l’aria, mi solleverò.
È la mia sensualità a disturbarti?
Ti arriva come una sorpresa,
il fatto ch’io danzi come se avessi diamanti
all’incrocio delle mie cosce?
Fuori dalle capanne della vergogna della storia,
mi sollevo.
Su, da un passato che ha le radici nel dolore,
mi sollevo.
Sono un oceano nero, ampio, che balza,
zampillando e gonfiandomi, genero nella marea.
Lasciando alle spalle notti di terrore e paura,
mi sollevo.
In un’alba che è meravigliosamente chiara,
mi sollevo.
Portando i doni che i miei antenati mi diedero,
io sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.


24/06/18

La Poesia della Domenica: "Il canto d'amore di J.Alfred Prufrock" di Thomas S. Eliot.




S’io credessi che mia risposta fosse
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma staria senza più scosse.
Ma per ciò che giammai di questo fondo
non tornò vivo alcun, s’i'odo il vero,
senza tema d’infamia ti rispondo.
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l’insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono…
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d’ottobre
S’arricciolò attorno alla casa, e si assopì.
E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, «Posso osare?» e, «Posso osare?»
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: «Come diventano radi i suoi capelli!»)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo -
(Diranno: «Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia!»)
Oserò
Turbare l’universo?
In un attimo solo c’è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà
Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini?
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E’ il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?
. . . . . . . . . . . .
Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D’uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?…
Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi
. . . . . . . . . . . . .
E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata… stanca… o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po’ a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta – e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l’eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D’affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l’universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E’ impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »
. . . . . . . . . . .
No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.
Divento vecchio… divento vecchio…
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.
Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l’una all’altra.
Non credo che canteranno per me.
Le ho viste al largo cavalcare l’onde
Pettinare la candida chioma dell’onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l’acqua bianca e nera.
Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d’alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.
versione originale: 

25/03/18

La poesia della domenica: "La poesia che non ho scritto prima" di Raymond Carver.



La poesia che non ho scritto prima
Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.


(Traduzione di Riccardo Duranti)



The Poem I Didn’t Write

Here is the poem I was going to write
earlier, but didn’t
because I heard you stirring.
I was thinking again
about that first morning in Zurich.
How we woke up before sunrise.
Disoriented for a minute. But going
out onto the balcony that looked down
over the river, and the old part of the city.
And simply standing there, speechless.
Nude. Watching the sky lighten.
So thrilled and happy. As if
we’d been put there
just at that moment.

Raymond Carver

da “All Of Us: The Collected Poems”, New York: Alfred A.Knopf, 1998