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05/09/21

Poesia della Domenica - "E' l'amore (o Il Minacciato)" di Jorge Luis Borges



 È l’amore (o Il minacciato)

Dovrò nascondermi o fuggire.
Crescono le mura del suo carcere, come in un sogno atroce.
La bella maschera è ormai cambiata,
ma come sempre è l’unica.
A che mi serviranno i miei talismani:
l’esercizio delle lettere, la vaga erudizione,
l’apprendimento delle parole che utilizzò l’aspro Nord
per cantare i suoi mari e le sue spade,
la serena amicizia,
le gallerie della Biblioteca,
le cose comuni,
le consuetudini,
l’amore giovane di mia madre,
l’ombra militare dei miei morti,
la notte intemporale,
il sapore del sogno?
Stare con te o non stare con te è la misura del mio tempo.
Già la brocca si rompe sulla fonte,
già l’uomo s’alza al canto dell’uccello,
già si sono scuriti quelli che guardano dalla finestra,
ma l’ombra non ha portato la pace.

È, lo so, l’amore:
l’ansia e il sollievo di sentire la tua voce,
l’attesa e il ricordo,
l’orrore di vivere successivamente.
È l’amore con tutte le sue mitologie,
con tutte le sue piccole magie inutili.
C’è un angolo dove non oso passare.
Già mi accerchiano gli eserciti, le orde.
(Questa stanza è irreale, lei non l’ha vista).
Il nome di una donna mi denunzia.
Mi fa male una donna in tutto il corpo.


Jorge Luis Borges 

29/01/17

Poesia della Domenica - "Assenza" di Jorge Luis Borges.




Assenza

Dovrò di nuovo erigere la vasta vita,
specchio di te ancora:
dovrò ricostruirla ogni mattina.
Ora che non ci sei,
quanti luoghi son diventati vani
e senza senso, uguali
a lampade di giorno.
Sere che ti hanno accolto come nicchie,
musiche dove trovavo te ad attendermi,
parole di quel tempo,
dovrò distruggervi con questa mani.
In quale baratro potrò celare l’anima
perché non veda la tua assenza,
fulgida come un sole orribile
che non tramonta mai, spietata, eterna?
La tua assenza mi sta attorno
come la corda al collo,
come il mare a chi affoga.

Jorge Luis Borges

(Traduzione di Tommaso Scarano)

da Fervore di Buenos Aires, Adelphi, Milano, 2010

*

Ausencia

Habré de levantar la vasta vida
que aún ahora es tu espejo:
cada mañana habré de reconstruirla.
Desde que te alejaste,
cuántos lugares se han tornado vanos
y sin sentido, iguales
a luces en el día.
Tardes que fueron nicho de tu imagen,
músicas en que siempre me aguardabas,
palabras de aquel tiempo,
yo tendré que quebrarlas con mis manos.
En qué hondonada esconderé mi alma
para que no vea tu ausencia
que como un sol terrible, sin ocaso,
brilla definitiva y despiadada?
Tu ausencia me rodea
como la cuerda a la garganta,
el mar al que se hunde.

Jorge Luis Borges

da “Fervor de Buenos Aires”, Serrantes, Buenos Aires, 1923

02/06/15

Elogio dell'Ombra - di Jorge Luis Borges.






Elogio dell’ombra

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l’animale è morto o è quasi morto.
nimangono l’uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell’Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penombra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all’eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritomo.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall’Est, dall’Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.

Tratto da: Jorge Luis Borges, Poesie (1923-1976), traduzione di Livio Bacchi Wilcock, Bur.