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21/04/22

"L'uomo è un distruttore": La profezia della "Terra Desolata" di Eliot


 

Aprile è il più crudele dei mesi: uno dei più celebri incipit della poesia mondiale è anche - non del tutto stranamente, viste le capacità profetiche di T. S. Eliot - incredibilmente attuale. 

Lo sono i versi che introducono La Terra Desolata (The Waste Land) e tutto il poemetto pubblicato nel 1922, una delle pietre miliari della poesia del Novecento. 

Eliot compose il poemetto tra il dicembre del 1921 ed il gennaio del 1922 mentre era con la moglie in Svizzera, a Losanna, dove fu ricoverato per problemi di instabilità psichica, in seguito ad un forte esaurimento nervoso

Il poeta veniva da un periodo durissimo: alla crisi personale - e relazionale con la moglie - si legava la sofferenza psichica conseguente agli eventi catastrofici del primo conflitto mondiale. 

La "terra desolata" è contemporaneamente la terre gaste (terra guasta) dei poemi epici medievali, cioè un territorio privo di vita, sterile e mortale che devono attraversare i cavalieri per arrivare al Graal (uno dei simboli centrali del poemetto), e il mondo moderno, contrassegnato dalla crisi e dalla sterilità della civiltà occidentale, giunta forse al termine del suo percorso: la prima guerra mondiale, terminata neanche quattro anni prima della pubblicazione del poemetto, era stata vissuta da Eliot come un'inutile e folle strage che aveva dilapidato milioni di vite e portato quasi alla bancarotta le grandi nazioni europee. 

La "terra desolata" è infine anche Londra, città dove Eliot risiedeva, e nella quale ha ambientato alcune scene del poemetto 

Tra le molte voci narranti che intervengono nel poeta, quella di Tiresia, che funge da alter ego del poeta, ma è al tempo stesso il personaggio ripreso dall'Odissea di Omero: Tiresia, che tutto ha visto e tutto sa, funge in più punti da disincarnato e distaccato narratore. 

L'epigrafe in apertura del poema doveva essere “The horror! The horror!” ("L'orrore, l'orrore!"), da Cuore di tenebra di Joseph Conrad, ma Ezra Pound, che non stimava affatto Conrad e che intervenne drasticamente a "tagliare" The Waste Land su richiesta dell'amico, dissuase il poeta: fu così che il poemetto si aprì con un frammento dal Satyricon, in ogni caso assai adatto.

La Sibilla di cui parla la citazione è naturalmente la profetessa greca che risiedeva a Cuma, celebre per gli oracoli enigmatici. La sua aspirazione più profonda era quella di invecchiare senza mai morire: il dio Apollo esaudì il suo desiderio, ma la sua vita - secondo Petronio - divenne un'agonia di noia, poiché essa, rinsecchita e chiusa in un'ampolla, veniva tormentata da gruppi di ragazzi fastidiosi. 

La citazione dal Satyricon recita, in un misto di latino e greco:

«Nam Sibyllam quidem Cumis ego ipse oculis meis vidi in ampulla pendere, et cum illi pueri dicerent: “Σίβυλλα, τί θέλεις;” respondebat illa: “ἀποθανεῖν θέλω”». 

E cioè: «Infatti ho visto la Sibilla con i miei occhi, a Cuma, pendere in un’ampolla, e quando quei ragazzi le chiedevano: “Sibilla, cosa desideri?”, ella rispondeva: “Morire”».

Se il mondo è una Terra Desolata - per causa principale dell'uomo, che è un distruttore (distruttore peraltro anche della natura, nonostante la natura possa vivere benissimo senza uomo, ma non viceversa) - la scelta estrema è quella di non giocare al gioco degli uomini, quindi morire. 

Eliot, già l'anno dopo, prenderà le distanze da una interpretazione così cupa del suo poemetto, ma quel che è certo che in The Waste Land sono configurate con esattezza insuperabile - perché poetica - i frutti velenosi piantati dalle guerre passate e presenti e di quelle future, nel cuore della Terra degli uomini.


in testa: una illustrazione di Noah Reagan 

14/03/21

Poesia della Domenica: "La piccola stanza" di Raymond Carver

 




LA PICCOLA STANZA


Ci fu una grande resa dei conti.
Le parole volavano come pietre attraverso le finestre.
Lei urlava e urlava, come l'Angelo del Giudizio.

Poi il sole balzò su di colpo, e un scia
apparve nel cielo del mattino.
Nell'improvviso silenzio, la piccola stanza
divenne stranamente derelitta, mentre lui le asciugava le
lacrime.
Divenne come tutte le altre piccole stanze della terra,
che la luce ha difficoltà a penetrare.

Stanze dove le persone urlano e si offendono l'un l'altra.
E dopo provano dolore, e solitudine.
Incertezza. Bisogno di confortare.



Raymond Carver, da Blu Oltremare


THE LITTLE ROOM
—Raymond Carver
There was a great reckoning.
Words flew like stones through windows.
She yelled and yelled, like the Angel of Judgment.
Then the sun shot up, and a contrail
appeared in the morning sky.
In the sudden silence, the little room
became oddly lonely as he dried her tears.
Became like all the other little rooms on earth
light finds hard to penetrate.
Rooms where people yell and hurt each other.
And afterwards feel pain, and loneliness.
Uncertainty. The need to comfort.

27/10/19

Poesia della Domenica - "Felicità" di Raymond Carver




Felicità 

Talmente presto che fuori è ancora quasi buio.
Sto alla finestra con il caffè
E le solite cose della mattina presto
Che passano per pensieri.
A un tratto vedo il ragazzo e il suo amico
Venire su per la strada
Per consegnare il giornale.
Portano il berretto e il maglione
E uno la borsa a tracolla.
Sono così felici
Che non dicono niente, questi ragazzi.
Mi sa che se potessero, si prenderebbero sottobraccio.
Il mattino è appena sorto
E stanno facendo questa cosa insieme.
Avanzano lentamente.
Il mattino si fa più luminoso,
anche se la luna pende ancora pallida sul mare.
Una tale bellezza che per un attimo
La morte e l’ambizione, perfino l’amore
Non riescono a intaccarla.
Felicità. Arriva
Inaspettata. E va al di là, davvero,
di qualsiasi chiacchiera mattutina sull’argomento.



Raymond Carver, da Orientarsi con le stelle, Minimum Fax



14/07/19

La Poesia della Domenica - "Resumé" di Dorothy Parker


Resumé
I rasoi fanno male;
I fiumi sono umidi;
l’acido lascia tracce;
Le pillole danno i crampi.
Le pistole sono illegali;
i cappi si rompono;
il gas ha una puzza tremenda;
Tanto vale vivere.
Dorothy Parker, (nata Dorothy Rothschild-Long Branch, 22 agosto 1893 – New York, 7 giugno 1967- scrittrice, poetessa e giornalista statunitense, nota anche con i diminutivi di Dot o Dottie) 
La poesia è citata nel film Ragazze interrotte (Girl, Interrupted) del 1999 diretto da James Mangold con Winona Ryder e Angelina Jolie; adattamento del diario di Susanna Kaysen La ragazza interrotta.
Resumé
Razors pain you;
Rivers are damp;
Acids stain you;
And drugs cause cramp.
Guns aren’t lawful;
Nooses give;
Gas smells awful;
You might as well live.

Dorothy Parker, “Resumé” from The Portable Dorothy Parker, edited by Brendan Gill. (Penguin Books, 2006)

21/04/19

Poesia della Domenica. "Buonanotte a te" di Charles Bukowski



Buonanotte a te che in questo momento 
dovresti essere qui e non chissà dove. 
Buonanotte a chi anche stanotte 
si perderà tra le lacrime e i pensieri. 
Buonanotte a chi ha sperato, lottato 
a chi ha tirato fuori le unghie ma comunque ha perso. 
Buonanotte a me, che ti aspetto 
e prego ogni sera per vederti tornare. 
Buonanotte ai codardi, ai “lo faccio per te”, 
a chi ha deposto i sogni nel cassetto, 
a chi è caduto ma ha avuto la forza e il coraggio di rialzarsi. 
A chi non vuole occhi diversi. 
A chi non ci riesce, a chi ci prova ma è dura, 
a chi soffre in silenzio, a chi ride ma sta male, 
a chi non riesce a camminare, 
a chi è stato lasciato, a chi ha il cuore spezzato. 
Buonanotte, che poi questa notte di buono non ha nulla. 
E resterò sveglia a pensarti, 
a immaginarti a chiedermi come stai, 
cosa fai, se sorridi, se sei felice, 
se ti manco, se stai bene anche senza di me. 
Chi ti scalda la notte, chi ti guarda dormire, 
chi ti sorride così dal nulla. 
E non so, ma ho paura. 
Perché la notte diventiamo più deboli, 
perché la notte cadiamo, i pensieri vanno veloci e le lacrime scendono. 
Dove sei, con chi sei, mi manchi.


24/03/19

Poesia della Domenica: "Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile" di Delmore Schwartz.



Camminando tranquillamente in questo giorno di Aprile
Cosa rimarrà di me e te
A parte le foto e i ricordi?
Questa è la scuola in cui impariamo,
quel tempo è il fuoco in cui bruciamo
Qual è il sé in mezzo a questo incendio?
Cosa sono ora che ero anche allora?
Per cosa dovrei soffrire e agire ancora?
[…]
Le urla dei bambini sono gioiose mentre corrono
Questa è la scuola in cui imparano
Cosa sono ora che ero anche allora?
I ricordi si rinnovano ancora e ancora.
Il colore più leggero del giorno più breve:
Il tempo è la scuola in cui impariamo,
Il tempo è il fuoco in cui bruciamo.
What will become of you and me
(This is the school in which we learn …)
Besides the photo and the memory?

(… that time is the fire in which we burn.)
 is the self amid this blaze?
What am I now that I was then
Which I shall suffer and act again,
[…]
The children shouting are bright as they run
(This is the school in which they learn …)What am I now that I was then?
May memory restore again and again
The smallest color of the smallest day:
Time is the school in which we learn,

17/03/19

Poesia della Domenica: "Tenendo le cose assieme" di Mark Strand.






Tenendo le cose assieme

In un campo
io sono l'assenza
di campo.
Questo è
sempre opportuno.
Dovunque sono
io sono ciò che manca.

Quando cammino
divido l'aria
e sempre
l'aria si fa avanti
per riempire gli spazi
che il mio corpo occupava.
Tutti abbiamo delle ragioni
per muoverci
io mi muovo
per tenere assieme le cose.

15/07/18

La Poesia della Domenica - "I Quattro Quartetti (Burt Norton) di T.S.Eliot.

01/07/18

Poesia della Domenica - "Ancora io mi solleverò" di Maya Angelou.


Ancora io mi solleverò

Tu puoi scrivere di me nella storia,
con le tue bugie amare e contorte.
Puoi calpestarmi nella sporcizia
ma io, come la polvere, mi solleverò.
La mia sfacciataggine ti irrita?
Perché sei assediato dalla malinconia?
Perché io cammino come se avessi pozzi di petrolio
che sgorgano nel mio salotto.
Proprio come le lune e i soli,
con la certezza delle maree,
proprio come la speranza che alta si slancia,
ancora io mi solleverò.
Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Le spalle cadenti come lacrime.
Indebolita dal mio pianto, che viene dall’anima.
La mia superbia ti offende?
Non prenderla così male.
Perché io rido come se avessi miniere d’oro
scavate nel mio cortile.
Puoi spararmi con le tue parole.
Puoi ferirmi con i tuoi occhi.
Puoi uccidermi con il tuo odio,
ma io, come l’aria, mi solleverò.
È la mia sensualità a disturbarti?
Ti arriva come una sorpresa,
il fatto ch’io danzi come se avessi diamanti
all’incrocio delle mie cosce?
Fuori dalle capanne della vergogna della storia,
mi sollevo.
Su, da un passato che ha le radici nel dolore,
mi sollevo.
Sono un oceano nero, ampio, che balza,
zampillando e gonfiandomi, genero nella marea.
Lasciando alle spalle notti di terrore e paura,
mi sollevo.
In un’alba che è meravigliosamente chiara,
mi sollevo.
Portando i doni che i miei antenati mi diedero,
io sono il sogno e la speranza dello schiavo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.
Mi sollevo.


24/06/18

La Poesia della Domenica: "Il canto d'amore di J.Alfred Prufrock" di Thomas S. Eliot.




S’io credessi che mia risposta fosse
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma staria senza più scosse.
Ma per ciò che giammai di questo fondo
non tornò vivo alcun, s’i'odo il vero,
senza tema d’infamia ti rispondo.
Allora andiamo, tu ed io,
Quando la sera si stende contro il cielo
Come un paziente eterizzato disteso su una tavola;
Andiamo, per certe strade semideserte,
Mormoranti ricoveri
Di notti senza riposo in alberghi di passo a poco prezzo
E ristoranti pieni di segatura e gusci d’ostriche;
Strade che si succedono come un tedioso argomento
Con l’insidioso proposito
Di condurti a domande che opprimono…
Oh, non chiedere « Cosa? »
Andiamo a fare la nostra visita.
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
La nebbia gialla che strofina la schiena contro i vetri,
Il fumo giallo che strofina il suo muso contro i vetri
Lambì con la sua lingua gli angoli della sera,
Indugiò sulle pozze stagnanti negli scoli,
Lasciò che gli cadesse sulla schiena la fuliggine che cade dai camini,
Scivolò sul terrazzo, spiccò un balzo improvviso,
E vedendo che era una soffice sera d’ottobre
S’arricciolò attorno alla casa, e si assopì.
E di sicuro ci sarà tempo
Per il fumo giallo che scivola lungo la strada
Strofinando la schiena contro i vetri;
Ci sarà tempo, ci sarà tempo
Per prepararti una faccia per incontrare le facce che incontri;
Ci sarà tempo per uccidere e creare,
E tempo per tutte le opere e i giorni delle mani
Che sollevano e lasciano cadere una domanda sul tuo piatto;
Tempo per te e tempo per me,
E tempo anche per cento indecisioni,
E per cento visioni e revisioni,
Prima di prendere un tè col pane abbrustolito
Nella stanza le donne vanno e vengono
Parlando di Michelangelo.
E di sicuro ci sarà tempo
Di chiedere, «Posso osare?» e, «Posso osare?»
Tempo di volgere il capo e scendere la scala,
Con una zona calva in mezzo ai miei capelli -
(Diranno: «Come diventano radi i suoi capelli!»)
Con il mio abito per la mattina, con il colletto solido che arriva fino al mento,
Con la cravatta ricca e modesta, ma asseríta da un semplice spillo -
(Diranno: «Come gli son diventate sottili le gambe e le braccia!»)
Oserò
Turbare l’universo?
In un attimo solo c’è tempo
Per decisioni e revisioni che un attimo solo invertirà
Perché già tutte le ho conosciute, conosciute tutte: -
Ho conosciuto le sere, le mattine, i pomeriggi,
Ho misurato la mia vita con cucchiaini da caffè;
Conosco le voci che muoiono con un morente declino
Sotto la musica giunta da una stanza più lontana.
Così, come potrei rischiare?
E ho conosciuto tutti gli occhi, conosciuti tutti -
Gli occhi che ti fissano in una frase formulata,
E quando sono formulato, appuntato a uno spillo,
Quando sono trafitto da uno spillo e mi dibatto sul muro
Come potrei allora cominciare
A sputar fuori tutti i mozziconi dei miei giorni e delle mie abitudini?
Come potrei rischiare?
E ho già conosciuto le braccia, conosciute tutte -
Le braccia ingioiellate e bianche e nude
(Ma alla luce di una lampada avvilite da una leggera peluria bruna!)
E’ il profumo che viene da un vestito
Che mi fa divagare a questo modo?
Braccia appoggiate a un tavolo, o avvolte in uno scialle.
Potrei rischiare, allora?-
Come potrei cominciare?
. . . . . . . . . . . .
Direi, ho camminato al crepuscolo per strade strette
Ed ho osservato il fumo che sale dalle pipe
D’uomini solitari in maniche di camicia affacciati alle finestre?…
Avrei potuto essere un paio di ruvidi artigli
Che corrono sul fondo di mari silenziosi
. . . . . . . . . . . . .
E il pomeriggio, la sera, dorme così tranquillamente!
Lisciata da lunghe dita,
Addormentata… stanca… o gioca a fare la malata,
Sdraiata sul pavimento, qui fra te e me.
Potrei, dopo il tè e le paste e i gelati,
Aver la forza di forzare il momento alla sua crisi?
Ma sebbene abbia pianto e digiunato, pianto e pregato,
Sebbene abbia visto il mio capo (che comincia un po’ a perdere i capelli)
Portato su un vassoio,
lo non sono un profeta – e non ha molta importanza;
Ho visto vacillare il momento della mia grandezza,
E ho visto l’eterno Lacchè reggere il mio soprabito ghignando,
E a farla breve, ne ho avuto paura.
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Dopo le tazze, la marmellata e il tè,
E fra la porcellana e qualche chiacchiera
Fra te e me, ne sarebbe valsa la pena
D’affrontare il problema sorridendo,
Di comprimere tutto l’universo in una palla
E di farlo rotolare verso una domanda che opprime,
Di dire: « lo sono Lazzaro, vengo dal regno dei morti,
Torno per dirvi tutto, vi dirò tutto » -
Se una, mettendole un cuscino accanto al capo,
Dicesse: « Non è per niente questo che volevo dire.
Non è questo, per niente. »
E ne sarebbe valsa la pena, dopo tutto,
Ne sarebbe valsa la pena,
Dopo i tramonti e i cortili e le strade spruzzate di pioggia,
Dopo i romanzi, dopo le tazze da tè, dopo le gonne strascicate sul pavimento
E questo, e tante altre cose? -
E’ impossibile dire ciò che intendo!
Ma come se una lanterna magica proiettasse il disegno dei nervi su uno schermo:
Ne sarebbe valsa la pena
Se una, accomodandosi un cuscino o togliendosi uno scialle,
E volgendosi verso la finestra, dicesse:
« Non è per niente questo,
Non è per niente questo che volevo dire. »
. . . . . . . . . . .
No! lo non sono il Principe Amleto, né ero destinato ad esserlo;
Io sono un cortigiano, sono uno
Utile forse a ingrossare un corteo, a dar l’avvio a una scena o due,
Ad avvisare il principe; uno strumento facile, di certo,
Deferente, felice di mostrarsi utile,
Prudente, cauto, meticoloso;
Pieno di nobili sentenze, ma un po’ ottuso;
Talvolta, in verità, quasi ridicolo -
E quasi, a volte, il Buffone.
Divento vecchio… divento vecchio…
Porterò i pantaloni arrotolati in fondo.
Dividerò i miei capelli sulla nuca? Avrò il coraggio di mangiare una pesca?
Porterò pantaloni di flanella bianca, e camminerò sulla spiaggia.
Ho udito le sirene cantare l’una all’altra.
Non credo che canteranno per me.
Le ho viste al largo cavalcare l’onde
Pettinare la candida chioma dell’onde risospinte:
Quando il vento rigonfia l’acqua bianca e nera.
Ci siamo troppo attardati nelle camere del mare
Con le figlie del mare incoronate d’alghe rosse e brune
Finché le voci umane ci svegliano, e anneghiamo.
versione originale: 

25/03/18

La poesia della domenica: "La poesia che non ho scritto prima" di Raymond Carver.



La poesia che non ho scritto prima
Ecco la poesia che volevo scrivere
prima, ma non l’ho scritta
perché ti ho sentita muoverti.
Stavo ripensando
a quella prima mattina a Zurigo.
Quando ci siamo svegliati prima dell’alba.
Per un attimo disorientati. Ma poi siamo
usciti sul balcone che dominava
il fiume e la città vecchia.
E siamo rimasti lì senza parlare.
Nudi. A osservare il cielo schiarirsi.
Così felici ed emozionati. Come se
fossimo stati messi lì
proprio in quel momento.


(Traduzione di Riccardo Duranti)



The Poem I Didn’t Write

Here is the poem I was going to write
earlier, but didn’t
because I heard you stirring.
I was thinking again
about that first morning in Zurich.
How we woke up before sunrise.
Disoriented for a minute. But going
out onto the balcony that looked down
over the river, and the old part of the city.
And simply standing there, speechless.
Nude. Watching the sky lighten.
So thrilled and happy. As if
we’d been put there
just at that moment.

Raymond Carver

da “All Of Us: The Collected Poems”, New York: Alfred A.Knopf, 1998

29/03/15

La poesia della domenica - 'Lettera d'amore' di Sylvia Plath.



Lettera d'amore

Non è facile dire il cambiamento che operasti.
Se adesso sono viva, allora ero morta
anche se, come una pietra, non me ne curavo
e me ne stavo dov'ero per abitudine.
Tu non ti limitasti a spingermi un po' col piede, no-
e lasciare che rivolgessi il mio piccolo occhio nudo
di nuovo verso il cielo, senza speranza, è ovvio,
di comprendere l'azzurro, o le stelle.

Non fu questo. Diciamo che ho dormito: un serpente
mascherato da sasso nero tra i sassi neri
nel bianco iato dell'inverno-
come i miei vicini, senza trarre alcun piacere
dai milioni di guance perfettamente cesellate
che si posavano a ogni istante per sciogliere
la mia guancia di basalto. Si mutavano in lacrime,
angeli piangenti su nature spente.

Ma non mi convincevano. Quelle lacrime gelavano.
Ogni testa morta aveva una visiera di ghiaccio.
E io continuavo a dormire come un dito ripiegato.
La prima cosa che vidi fu l'aria, aria trasparente,
e le gocce prigioniere che si levavano in rugiada
limpide come spiriti. Tutt'intorno giacevano molte
pietre stolide e inespressive,
Io guardavo e non capivo.
Con un brillio di scaglie di mica, mi svolsi
per riversarmi fuori come un liquido
tra le zampe d'uccello e gli steli delle piante.

Non m'ingannai. Ti riconobbi all'istante.
Albero e pietra scintillavano, senz’ombra.
La mia breve lunghezza diventò lucente come vetro.
Cominciai a germogliare come un rametto di marzo:
un braccio e una gamba, un braccio, una gamba.
Da pietra a nuvola, e così salii in lato.
Ora assomiglio a una specie di dio
e fluttuo per l’aria nella mia veste d'anima
pura come una lastra di ghiaccio. E' un dono.

Sylvia Plath (Pubblicata nel marzo del 1962 in "Poetry" e inclusa in Crossing the Water).
L'originale inglese è in rime baciate.

Love Letter

Not easy to state the change you made.
If I'm alive now, then I was dead,
Though, like a stone, unbothered by it,
Staying put according to habit.
You didn't just tow me an inch, no-
Nor leave me to set my small bald eye
Skyward again, without hope, of course,
Of apprehending blueness, or stars.

03/08/14

La poesia della domenica - "Gente, il sesso non è mai stato", di Gregory Corso.




Gente, il sesso non è mai stato
altro che una miscela
di corpi che fanno l'uno
per l'altro
ciò che piace
a loro e all'evoluzione
fare
per desiderio
o disperazione
o necessità
Non hanno alcun scopo
se non l'amore
e lo scopo della vita
I sessualisti
sono prodotti del sesso
Siamo fatti del sesso
Il sesso ha fatto l'Esercito della salvezza
Siamo sesso
Non c'è nulla di Oscuro
intorno a questa magia
E quelle fitte di desiderio
che vi fanno star male
Quei sogni impensabili
che vi riempiono di dubbi
- finché gioie selvaggie sgorgano
da uno spirito entusiastico
mangiate la polvere! GRIDATE!
Grazie a Dio i pensieri
eccitano quanto la carne
Grazie a Dio c'è un posto
in tutto questo lui e lei
e lui e lei
e lei e lui
per un me e me -.

Folks, sex has never been
more than a blend
of bodies doing for one
another
that which pleases
them and evolution
to do
either in desire
or in desperation
or in necessity
It serves no purpose
other than love
and life’s purpose Sexualists
are a product of sex
We are made by sex
Sex made the Salvation Army
We are sex
There is nothing dark
about this magic
And those pangs of lust
which make you sick
Those unthinkable dreams
which fill you with doubt
- as long as wild joys emit
from an enthusiastic spirit
eat the dust! shout!
Thank God there’s a place
in all this he and she
and he and he
and she and she
for a me and me –

Gregory Nunzio Corso - (1930-2001)

La Tomba di Gregory Corso al Cimitero Acattolico di Roma (foto di Fabrizio Falconi). 

02/02/14

Poesia della domenica - "Tu nella notte" (You in the Night) di Harold Pinter.





Tu nella notte

Tu nella notte dovresti sentire
il tuono e l'aria che cammina.
Su quella riva tu devi resistere
là dove a dominare sono le intemperie.

Tutta quell'onorata speranza
fallirà sopra l'ardesia,
e spezzerà l'inverno
che strepita ai tuoi piedi.

Sebbene ardano gli altari amorosi,
e il sole abbia l'intento
di far gridare l'aquila,
tu camminerai sulla corda tesa.

Harold Pinter, 1952.  Tratto da Poesie d'amore, di silenzio, di guerra, a cura di Edy Quaggio, Einaudi, 2006.

versione originale

You in the Night

You in the night should hear
The thunder and the walking air.
You on that shore shall bear
Where mastering weathers are.

All that honoured hope
Shall fail upon the slate,
And break the winter down
That clamours at your feet.

Thought the enamouring altars burns,
And the deliberate sun
Make the eagle bark
You'll tread the tightrope.







26/01/14

La poesia della Domenica - "Baudelaire" di Delmore Schwartz.





Baudelaire 


Quando mi addormento, e persino
nel sonno,
Odo distintamente voci che dicono
Intere frasi, trite e banali,
Che non hanno rapporto con ciò
che faccio.

… Sono stanco di questa vita di stanze ammobiliate.
Sono stanco di avere raffreddori
e mal di capo:
Sai della mia strana vita. Ogni giorno
porta
La sua quota di rabbia. Tu sai poco
Della vita d’un poeta, cara Mamma: devo scrivere
poesie,
La più debilitante delle
occupazioni.
Seppur ti costi immane dolore,
Seppur tu non creda che sia
necessario,
E tu sia in dubbio che la somma
sia corretta,
Per favore inviami denaro per almeno
tre settimane.


Delmore Schwartz
(Brooklyn, 8 dicembre 1913 – New York, 11 luglio 1966)


(versione originale)

Baudelaire

When I fall asleep, and even during
sleep,
I hear, quite distinctly, voices speaking
Whole phrases, commonplace and trivial,
Having no relation to my

Having no relation to my
affairs.
…I am sick of this life of furnished
rooms.
I am sick of having colds and
headaches:
You know my strange life. Every day
brings
Its quota of wrath. You little know
A poet’s life, dear Mother: I must write
poems,
The most fatiguing of
occupations.
Although it costs you countless agony,
Although you cannot believe it
necessary,
And doubt that the sum is
accurate,
Please send me money enough for at least
three weeks.

01/01/14

Il senso e la poesia. Intervista a Susan Stewart di Roberto Mussapi (Avvenire).



Stewart, versi come atti di fede 

Susan Stewart, nata nel 1952 in Pennsylvania, vive tra Filadelfia e a Princeton. Poeta, critico e traduttore, si occupa anche di critica d’arte. Le sono stati conferiti prestigiosi premi come l’Academy Award per la letteratura. Docente di discipline umanistiche, dirige la Society of Fellows in the Liberal Arts alla Princeton University. Conosce e frequenta l’Italia. Ha spesso collaborato con artisti italiani, tra cui Sandro Chia. In Italia ha pubblicato due libri, Columbarium e altre poesie, (Ares 2006) e Red Rover, (Jaca Book 2011), a cura di Maria Cristina Biggio.

Nel Paese di tre grandi maestri del Novecento, gli americani Eliot, Pound e Hart Crane, vediamo con Susan Stewart un filo di continuità con la tradizione forte della poesia, la sua linea incandescente. Anche se, nello specifico, il suo maestro americano riconosciuto è Wallace Stevens, e nel passato la tradizione dei metafisici inglesi del Seicento, una magistrale scuola poetica dove prende forma quello che Eliot, teorizzandolo e battezzandolo, definirà sensuous thought, pensiero percepibile dai sensi. Altezza esplorativa ma concretezza massima dell’espressione. Questa arditezza d’impresa, necessaria alla poesia, tende a venir meno nella prevalente produzione poetica dei poeti statunitensi della seconda metà del secolo appena trascorso, che vede dominare un diffuso minimalismo e spesso un formalismo linguistico fine a se stesso. Non mancano le eccezioni, grazie a Dio, e quella di Susan Stewart è un’eccezione forte, una voce composita e sonante, densa di senso metafisico, immersa nell’osservazione anche microscopica del mondo ma con una prospettiva lucidamente visionaria, trasfigurante. Una visionarietà fredda e catturante, che mette in scena il ruolo conoscitivo della poesia ai suoi livelli più intensi.

Lo sguardo del poeta è capace di ampie visioni storiche e di una critica del potere, dall’impero romano agli Stati Uniti, guardando la realtà dal punto di vista degli umili, della stessa sostanza, potremmo dire, delle "foglie d’erba" di Whitman o della zolla calpestata dalle mandrie in cui William Blake vede l’umiltà eroica della poesia. In Susan Stewart il mondo quotidiano, in cui la natura non è marginale ma onnipresente, si accende di lampeggianti rivelazioni, la vita è svelata in piccoli miracoli ininterrotti, continuamente celati nel mistero, cifra principe della realtà. Una poesia della soglia, continuamente al confine tra umano e divino, visione e meditazione filosofica. Immaginazione e pensiero trovano nella sua opera una formulazione nuova di un binomio cardinale della poesia d’Occidente.

Io parto da una premessa, da poeta. La poesia non è un optional. Ma una necessità. Shelley distingueva tra "poetry", la poesia in assoluto come dimensione, bisogno e mancanza dell’uomo, di ogni uomo, cosciente o inconsapevole, e "poem", la singola opera poetica, il risultato perfetto , opera del poeta, che risponde a tale esigenza. L’opera rispetto a quella che, condivido con Shelley, è una necessità. Anche per lei la poesia è necessaria?
«La poesia è lo strumento di pensiero più bello e capace di cui disponiamo. La bellezza di ogni poesia è costruita sulla musica dei suoi suoni e intervalli misurati, sulla vividezza delle immagini, l’immediatezza e la tessitura del suo eloquio, e la sua evocazione di presenza. Le poesie sono vive, e la loro vita è più lunga di ogni nostra vita individuale. Il pensiero poetico è capiente, perché esalta non solo tutti i nostri poteri mentali (la ragione, l’immaginazione, le memoria e l’emozione insieme), ma anche i nostri ritmi fisici, il battito dei nostri cuori, il ritmo del respiro, gli occhi che si chiudono o si aprono. Nel leggere e scrivere poesia noi portiamo il nostro intero se stesso a significati condivisi. Come forma d’arte, la poesia ha valore in se stessa, il linguaggio attraverso il quale la poesia si compie non si esaurisce nell’esperienza o nei desideri del momento. No, la poesia vive oltre il contesto del suo farsi e la sua storia procede».

17/06/12

La Poesia della Domenica - "Sii soprattutto giovane e lieto" di E.E.Cummings.




61.


sii soprattutto giovane e lieto,
Se sei giovane, qualsiasi vita

assumerai diventerà te;e se lieto
tutto ciò che vive diverrà te stesso.
A ragazzeragazzi serviranno ragazziragazze;
io so assolutamente amare solo

colei che misteriosa riveste d'infinito
la carne dell'uomo; e nella sua mente il tempo

annulla a che mai pensi,dio non voglia
e(misericordioso)protegga chi ti ama;
qui sta sapienza,la tomba del feto detto
progresso,e della negazione il morto nonfato.
Preferirei imparare a cantare da un solo uccello
che insegnare a diecimila stelle a non danzare.


Da 'New Poems'  di Edward Estlin Cummings (Cambridge, 14 ottobre 1894 – North Conway, 3 settembre 1962), traduzione di Mary de Rachewiltz, Einaudi, 1987, pag. 169.

61.

you shall above all things be glad and young
For if you're young, whatever life you wear


It will become you;and if you are glad
whatever's living will yourself become.
Girlboys may nothing more than boygirls need:
i can entirely her only love


whose any mystery makes every man's
flesh put space on;and his mind take off time


that you should ever think,may god forbid
and (in his mercy) your true lover spare:
for that way knowledge lies,the foetal grave
called progress,and negation's dead undoom.


I'd rather learn from one bird how to sing
than teach ten thousand stars how not to dance


"You shall above all things be glad and young..." by E.E. Cummings, from 100 Selected Poems. © Grove Press, 1994.

09/06/12

La poesia della domenica - 'Ogni vita converge a qualche centro' di Emily Dickinson



(680)

Ogni vita converge a qualche centro,
Dichiarato o taciuto.
Esiste in ogni cuore umano
Una mèta

Ch'esso forse osa appena riconoscere,
Troppo bella
Per rischiare l'audacia
Di credervi.

Cautamente adorata come un fragile cielo,
Raggiungerla
Sarebbe impresa disperata come
Toccar la veste dell'arcobaleno.

Ma più sicura quanto più distante
Per chi persevera:
E come alto alla lenta pazienza
Dei santi è il cielo!

Non l'otterrà forse la breve prova
Della vita, ma poi
L'eternità rende ancora possibile
L'ardente slancio.

(c.1863)

Emily Dickinson (1830-1886), da Poesie, traduz. Margherita Guidacci, Bur 1979 pag.217

EACH life converges to some centre
Expressed or still;
Exists in every human nature
A goal,  


Admitted scarcely to itself, it may be,        5
Too fair
For credibility’s temerity
To dare.  


Adored with caution, as a brittle heaven,
To reach        10
Were hopeless as the rainbow’s raiment
To touch,  


Yet persevered toward, surer for the distance;
How high
Unto the saints’ slow diligence        15
The sky!  


Ungained, it may be, by a life’s low venture,
But then,
Eternity enables the endeavoring
Again.   20