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17/04/22

Poesia della Domenica di Pasqua: "Fede nella primavera" di Ludwig Uhland

 



Fede nella primavera.

Le dolci brezze si sono risvegliate spirano e sussurrano giorno e notte; si muovono ovunque.
Oh, aria fresca, oh nuovo suono ! Ora, povero cuore, non temere, Ora tutto, tutto deve cambiare.
Il mondo diventa più bello ogni giorno, non si sa cosa diventerà.

La fioritura non accenna a finire fiorisce anche la valle più lontana e profonda.
Ora, povero cuore, dimentica il tuo tormento. Ora tutto, tutto deve cambiare.


Ludwig Uhland, (Tubinga, 1787 – 1862) Fede nella Primavera

28/02/21

La Poesia della Domenica: "L'accenno di un canto primaverile" di Aleksandr Blok

 


 L’accenno di un canto primaverile

Il vento portò da lontano
l’accenno di un canto primaverile,
chissà dove, lucido e profondo
si aprì un pezzetto di cielo.
In questo azzurro smisurato,
fra barlumi della vicina primavera
piangevano burrasche invernali,
si libravano sogni stellati.
Timide, cupe e profonde
piangevano le mie corde.
Il vento portò da lontano
le sue squillanti canzoni.


 Aleksandr Blok

 

13/01/16

Guénon, Altheim, Evola: La vera rinascita è in inverno, non in primavera. Significato Alchemico del Solstizio d'Inverno.

Athanasius Kircher, Sciaterium Selenorum

Ricorderete la citazione del Vangelo di Giovanni, là dove Cristo dice se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto (Gv.12-23).  E' solo dalla morte, dice, che la vita nasce o rinasce.  Per questo motivo, per la tradizione dei miti, ripresa dalla tradizione alchemica, forse oggi dimenticata, la vera rinascita personale e del mondo comincia non in primavera, come si ritiene comunemente, ma in pieno inverno.
Questo bellissimo articolo di Visonealchemica.com lo spiega in modo comprensibile ed esauriente. 

Il periodo natalizio nasconde un significato arcano ai più, ma profondamente sentito nell’antichità. Per gli iniziati è una porta, l’ingresso simbolico, rappresentato dal solstizio d’Inverno, a uno stato superiore di consapevolezza. Pochi sanno, che, intorno alla data del 25 dicembre quasi tutti i popoli hanno sempre celebrato la nascita dei loro esseri divini o soprannaturali: in Egitto si festeggiava la nascita del dio Horus, e il padre Osiride si credeva fosse nato nello stesso periodo; nel Messico pre-colombiano nasceva il dio Quetzalcoatl e l’azteco Huitzilopochtli; Bacab nello Yucatan; il dio Bacco in Grecia, nonché Ercole e Adone o Adonis; il dio Freyr, figlio di Odino e di Freya, era festeggiato dalle genti del Nord; Zaratustra in Azerbaigian; Buddha, in Oriente; Krishna, in India; Scing-Shin in Cina; in Persia, si celebrava il dio guerriero Mithra, detto il Salvatore ed a Babilonia vedeva la luce il dio Tammuz, “Unico Figlio” della dea Ishtar, rappresentata col figlio divino fra le braccia e con intorno al capo, un’aureola di dodici stelle, proprio come la Vergine della cristianità.

Creare e ricreare:

Nel giorno di Natale, il Sole nel suo moto annuo lungo l’eclittica – il cerchio massimo sulla sfera celeste che corrisponde al percorso apparente del Sole durante l’anno – viene a trovarsi alla sua minima declinazione nel punto più meridionale dell’orizzonte Est della Terra, che culmina a mezzogiorno alla sua altezza minima (a quell’ora, cioè, è allo Zenit del tropico del Capricorno) e manifesta la sua durata minima di luce (all’incirca, 8 ore e 50-55 minuti). Raggiunto il punto più meridionale della sua orbita e facendo registrare il giorno più corto dell’anno, riprende, da questo momento, il suo cammino ascendente.

Nella Romanità, in una data compresa tra il 21 e il 25 dicembre, si celebrava solennemente la rinascita del Sole, il Dies Natalis Solis Invicti (il giorno del Natale del Sole Invitto). Ciò avvenne dopo l’introduzione, sotto l’Imperatore Aureliano, del culto del dio indo-iraniano Mithra nelle tradizioni religiose romane, e l’edificazione del suo tempio nel campus Agrippae, l’attuale piazza San Silvestro a Roma.

Il tempio era praticamente incluso all’interno di un più vasto ciclo di festività che i Romani chiamavano Saturnalia, festività dedicate a Saturno, Re dell’Età dell’Oro, che, a partire dal 217 a.C. e dopo le successive riforme introdotte da Cesare e da Caligola, si prolungavano dal 17 al 25 Dicembre e finivano con le Larentalia o festa dei Lari, le divinità tutelari incaricate di proteggere i raccolti, le strade, le città, la famiglia.

Il mito romano narra che il misterioso Giano, il dio italico, regnava sul Lazio quando dal mare vi giunse Saturno, che potrebbe essere inteso come la manifestazione divina che crea e ricrea il cosmo a ogni ciclo, colui che attraversa le acque, ovvero la notte e la confusione-caos successiva alla dissoluzione del vecchio cosmo, per approdare alla nuova sponda, ovvero alla luce del nuovo cosmo, del nuovo creato.

Come sostiene René Guénon (1), vi è una qualche analogia fra il dio romano e il vedico Satyavrata, testimoniata dalla comune radice “sat”, che in sanscrito significa l’Uno. Nel Lazio, inoltre, nel corso del mese di dicembre, il dio Conso era festeggiato il 15 dicembre, nel corso delle Consualia, le feste dedicate alla “conclusione sacrale del vecchio anno”.

Segnaliamo come dal latino, “condere”, indica l’azione del “nascondere” e/o del “concludere”. Il già citato Giano, associato a Conso, poi, era l’antica divinità latina dalle “due facce”, “dio del tempo” e, specificamente, “dell’anno”, e il cui tempietto, a Roma, consisteva in un corridoio con due porte, chiuse in tempo di pace e aperte in tempo di guerra, corridoio che, sulla base della sua ancestrale accezione, designa “l’andare” e, più particolarmente, la “fase iniziale del camminare” e del “mettersi in marcia”.

Giano regolava e coordinava l’inizio del nuovo anno, da cui lanuarius, il mese di Gennaio. Come ci conferma Franz Altheim (2), “Ianus e Consus, nella realtà religiosa romana, si riferivano all’inizio ed alla fine di un’azione” e facevano ugualmente riferimento «ad eventi fissati nel tempo, ma che si ripetevano periodicamente», quelli dell’eterno ritorno della luce a discapito delle tenebre.

Non dimentichiamo, quindi, che come la tradizione romana della festa del dies solis novi affondava le sue radici sia nel passato preistorico delle genti indoeuropee, a cui i Romani e la maggior parte delle genti Italiche appartenevano, che in quello delle sue stesse basi cultuali. Julius Evola ci ricorda come “Sol, la divinità solare, appare già fra i dii indigetes, cioè fra le divinità delle origini romane, ricevute da ancor più lontani cicli di civiltà” (3)

Continua a leggere qui.

19/04/13

Aprile, tempo di cambiamento. Il Mattino domenicale di Wallace Stevens.




E' uno strano tempo, il tempo di aprile, del cambiamento. Nascita, rinnovamento, evoluzione, crescita, lontananza, mancanza, senso di temporaneità, di caducità e allo stesso tempo aspirazione all'eterno, sfida umana assurda.  
E questa poesia di Wallace Stevens, da Mattino Domenicale, esprime il sentimento profondo di questo tempo, per noi, per ogni giorno che Dio manda in terra e che rinnova il mondo e noi stessi, ogni giorno. 

IV.

Dice: "Mi piace quando agli uccelli
prima del volo provano con dolci
domande la realtà dei campi in bruma:
ma quando son partiti, se non tornano
i loro campi, allora il paradiso
dov'è ?" Antro non v'è di profezia,
né remota chimera della tomba
eliso d'oro o isola sonora
ove dian loro le anime rifugio,
né trasognato Sud, né aerea palma
sopra i clivi del cielo, che perduri
come il verde d'aprile, o che perduri
come il ricordo in lei d'agili uccelli,
o vaghezza d'un vespro di giugno
che pieghi al tocco d'ala della rondine.

Wallace Stevens, da Mattino Domenicale, Giulio Einaudi Editore, a cura di Renato Poggioli, 1982.




testo originale: 

IV.

She says, ``I am content when wakened birds,
Before they fly, test the reality
Of misty fields, by their sweet questionings;
But when the birds are gone, and their warm fields
Return no more, where, then, is paradise?''
There is not any haunt of prophecy,
Nor any old chimera of the grave,
Neither the golden underground, nor isle
Melodious, where spirits gat them home,
Nor visionary south, nor cloudy palm
Remote on heaven's hill, that has endured
As April's green endures; or will endure
Like her remembrance of awakened birds,
Or her desire for June and evenings, tipped
By the consummation of the swallow's wings.


22/03/12

Prima vera




"quante primavere hai?"


"perchè non mi chiedi quanti autunni, o quanti inverni?" 


"non mi interessa quante volte sei morto. Mi interessa quante volte sei rinato."