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25/07/15

Fellini raccontato dal lettino - Ritratto di Ernst Bernhard di Filippo La Porta.



Ernst Bernhard


Sapete cosa univa Federico Fellini, Giorgio Manganelli, Adriano Olivetti, Natalia Ginzburg, Amelia Rosselli, Aldo Rosselli, Vittorio De Seta, Luciano Emmer, Cristina Campo, e perché hanno tutti frequentato, per periodi più o meno lunghi, via Gregoriana 12 a Roma ?  
Sono stati pazienti di Ernst Bernhard, lo psichiatra ebreo berlinese che in fuga dai nazisti visse in Italia dal 1936 fino alla morte, nel 1965 (e con un breve internamento in un campo di prigionia fascista).  Il suo studio era al sesto piano di Via Gregoriana 12, con le finestre spalancate sui tetti di Roma. 

Comincia così un bellissimo articolo di Filippo La Porta, sul Messaggero del 15 luglio scorso che potete leggere interamente QUI.

La Porta traccia così il ritratto del celebre psichiatra Ernst Bernhard, amico di Jung (da cui però lo divideva un'ansia religiosa legata alla sua formazione hassidica, la fiducia in una provvidenza divina, la ricerca di un Dio nascosto), attraverso i suoi illustri pazienti, in particolare con Fellini che frequentò lo studio dello psichiatra dal 1960 al 1965, anni fondamentali della sua produzione artistica. 


Bernhard era non solo psicanalista rigoroso, ma anche aperto all'esoterismo, alla lettura della mano, all'oroscopo e a ogni altro strumento diagnostico, fedele alla convinzione che tra il cielo e la terra ci sono molte più cose di quante ne possa immaginare la scienza. 

Bernhard era anche uno studioso de I Ching,  il libro sapienziale della tradizione cinese, e nella recensione La Porta ricorda il prezioso libro I Ching di Ernst Bernhard, a cura di Luciana Marinangeli, pubblicato dalle Edizioni La Lepre, che contiene un commento di Bernhard, insieme a lettere, testimonianze, conversazioni con l'allieva prediletta, Silvia Rosselli. 

Una lettura da non mancare. 





21/04/15

"Le lacrime di Nietzsche" di Irvin D. Yalom - Recensione.




E' uno strano romanzo, questo scritto da Irvin D. Yalom nel 1992 e ripubblicato recentemente da Neri Pozza

Friedrich Nietzsche e Josef Breuer non si sono mai incontrati in vita (o almeno non esiste alcuna documentazione in materia), ma Yalom li mette al centro del suo romanzo:  su suggerimento di Lou Salomé, incontrata a Venezia,  il padre della psicanalisi nell'anno chiave 1882, decide di prendere in cura il depresso Nietzsche reduce dalla disillusione amorosa e in procinto di partorire il Zarathustra.

Naturalmente Nietzsche non deve sapere nulla dell'interessamento di Lou. E Breuer mantiene il patto. Ma lentamente, da psicanalista si trasforma in psicanalizzato.  Felicemente sposato alla bella ed algida Mathilda e con tre figli, Breuer poco a poco svela al filosofo interlocutore il suo profondissimo vuoto interiore, l'ossessione erotica per Bertha Pappenheim, la giovane paziente che il professore ha eternato con lo pseudonimo di Anna O.  (il primo caso di psicanalisi universalmente riconosciuto, precursore delle intuizioni freudiane); la voglia di fuggire lontano, dal ruolo e dalle responsabilità. 

Nella evoluzione del racconto, i ruoli si rovesciano ancora: Breuer  risolve apparentemente le sue ossessioni, torna all'ovile, ritrovando slancio nell'amor fati, l'accettazione di ciò che si è scelto (secondo l'accezione Nietzsciana) o di ciò che è accaduto, che è capitato (nella accezione molto più limitata di Breuer); mentre Nietzsche, tradito nella fiducia, può liberamente dar corso alle sue lacrime - trattenute da una vita, per una vita - ed esprimere il grido di disperazione per l'amore intravisto e perduto, per la solitudine accecante che gli permetterà di vagheggiare il suo vertiginoso percorso filosofico, oltre ogni limite. 

Il romanzo di Yalom, che non ha un alto valore letterario, è interessante per l'originalità della trama, che se pure non si basa su circostanze vere, è fondata su cose verosimili. E assai ben documentato. 

Ne viene fuori un doppio ritratto sulla fragilità umana, su quella fragilità che il sentimento amoroso mette a nudo, e che nessuno riesce mai del tutto ad aggirare nella propria vita, per quanti muri possa aver costruito tra se stesso e il mondo. 

Il soggetto amoroso non è soltanto un simulacro, come vorrebbe il Nietzsche raccontato da Yalom, che nasconde e mette in secondo piano le vere voragini esistenziali (la paura della vita e della morte), è qualcosa di molto più concreto che sotto forma di destino interroga anche gli spiriti forti o coloro che si vorrebbero chiamare fuori dal mondo. 

L'elevazione spirituale alla quale questi due esseri umani ambivano, costa dolore e sofferenza. Qualche volta sacrificio. Ma il sacrificio più grande è quello di guardarsi dentro e dopo che lo si è fatto, come scriveva Nietzsche, quello di diventare se stessi

Il che presuppone che un nucleo originario (una ghianda, una essenza o un'anima junghianamente parlando) esiste dall'inizio, esiste da sempre, e solo nell'attraversamento di una vita e nel pieno compimento di essa (attraverso la relazione d'amore) si può individuarlo e incarnarlo, permettergli di non restare recluso nei bassifondi di noi stessi, ma di nascere e fiorire come un bianco loto. 


Fabrizio Falconi 

15/04/15

Carl Gustav Jung: Il Tema Astrale.




A partire dal Timeo ( di Platone, ndr) è stato ripetutamente affermato che l'anima è il "rotondo".

In quanto anima mundi essa gira con la ruota dell'universo, il cui fulcro è il polo. Per questo lì si trova il cuore del Mercurio: perché il Mercurio è l'anima mundi. 

L'anima mundi è propriamente il motore del cielo. Alla ruota dell'universo stellato corrisponde l'oroscopo, il Thema Tes Geneseos, ossia quella suddivisione del cielo in dodici case che al momento della nascita viene regolata in modo che la prima casa coincida con l'ascendente.

Il firmamento così suddiviso sembra una ruota che gira, e fu a causa della similitudine fra la ruota e il tornio che l'astronomo Nigidio venne soprannominato Figulus, cioè Vasaio. 

Il Thema (propriamente ciò che viene posto o imposto) è in realtà un Trochos, una ruota.

Il senso fondamentale dell'oroscopo consiste nel fatto che, determinando le posizioni dei pianeti nonché le loro relazioni (aspetti) e assegnando i segni zodiacali ai punti cardinali, esso dà un quadro della costituzione prima psichica e poi fisica dell'individuo.

L'oroscopo dunque rappresenta in sostanza un sistema delle qualità originarie e fondamentali del carattere d'una persona e può essere considerato un equivalente della psiche individuale.


04/07/13

Cari psicoanalisti, leggete King. Un intervento di Emanuele Trevi sul Corriere della Sera.



È abbastanza comune affermare che per amore si arriva a delirare, eppure il desiderio e il delirio, in quell’assurdo labirinto che è la mente umana, possono anche diventare feroci antagonisti. Chi nega o in qualunque modo scaccia dalla coscienza il proprio desiderio, sta già delirando. E non c’è energia mentale più potente, si direbbe, di quella dell’errore e dell’autoinganno. Per certi individui, rivelare a se stessi ciò che veramente amano è l’impresa più difficile. Tale è il loro orrore della verità, che sono capaci di costruire interi mondi fittizi per seppellirla più a fondo che possono. Ma più di tanto, per quanto si sforzino, non possono. Ed è qui che cominciano i guai. Tra i narratori più efficaci di questa ingegnosa trappola psicologica, il prolifico Wilhelm Jensen occupa un posto del tutto particolare. Da poco ristampata con le bellissime illustrazioni di Cecilia Capuana Gradiva (Donzelli) è l’unica sua opera, tra le decine che ne scrisse, ad essergli sopravvissuta. Lo scrittore tedesco pubblicò questa fantasia pompeiana, come la definì, nel 1903, quando era già avanti con gli anni e all’apice di una vasta ma effimera fama.

Sarebbe un vero peccato se anche Gradiva fosse scivolata nell’inesorabile gorgo dell’oblio. A rileggerlo oggi, questo breve romanzo sentimentale-archeologico, mascherato da storia di spettri, conserva una notevole forza di persuasione. Com’è noto, però, a garantire all’opera la sua durata nel tempo non furono né i lettori di narrativa né i critici letterari, ma l’interesse, quasi vampiresco, di Sigmund Freud. È questa circostanza a rendere del tutto eccezionale la fortuna dell’operetta di Jensen. Fu Carl Gustav Jung, nell’aprile del 1906, a mettere in mano a Freud Gradiva. Erano ancora lontani, Freud e Jung, dalla clamorosa rottura del 1912. Erano i tempi eroici della Società di Vienna, e quegli eccezionali speleologi procedevano solidali, come fossero legati in cordata, nei cunicoli e nelle voragini della coscienza umana. Le loro idee provocavano una generale diffidenza, che rafforzava la solidarietà fra gli iniziati. Ad ogni modo, il romanzo di Jensen, intessuto com’era di fantasie deliranti e sogni rivelatori, e pervaso da una potente corrente erotica, fece letteralmente balzare Freud sulla sedia. Durante le vacanze estive, trascorse come d’abitudine all’Hotel du Lac di Lavarone, Freud si mise all’opera componendo quello che sarebbe destinato a rimanere uno dei suoi saggi più limpidi e belli, intitolato Il delirio e i sogni nella «Gradiva» di W. Jensen, pubblicato la prima volta nel 1907. Quando si dice (giustamente) che Freud è un grande scrittore, è a testi come questo che bisogna pensare. Dando fondo alle sue innate qualità di narratore Freud riscrisse Gradiva creando quello che Giorgio Manganelli avrebbe definito un «libro parallelo». Ci si può rendere conto del valore e dell’importanza dell’impresa servendosi di un vecchio ma utilissimo libro curato nel 1961 da Cesare Musatti, intitolato Gradiva, che ristampa insieme il romanzo di Jensen e il saggio di Freud, accompagnati da un intelligentissimo commento.

L’interesse dell’autore dell’Interpretazione dei sogni per le avventure italiane del giovane archeologo tedesco Norbert Hanold è più che giustificato. La sua è una vicenda che rende manifesto, in modo molto più efficace di qualunque trattazione scientifica, il funzionamento della rimozione, che dei meccanismi della psiche umana è il più pericoloso e gravido di conseguenze. L’eroe di Jensen ha consacrato l’esistenza alla sua unica passione, l’archeologia. Solo al mondo, le uniche figure femminili che ha considerato sono fatte di marmo e di bronzo. E di una di queste figure arriva addirittura a innamorarsi. O perlomeno, così lui stesso crede che vadano le cose. Si tratta, ad ogni modo, di un’opera d’arte realmente esistente, e conservata ai Musei Vaticani: il bassorilievo di una fanciulla velata che cammina, dirigendosi chissà dove, sollevando con la mano un lembo della veste. L’elemento più notevole della figura è la posizione del piede destro, sollevato in maniera quasi perpendicolare al suolo. È questo particolare che genera in Norbert una vera ossessione per l’opera così leggiadra di un ignoto artista greco, da lui ribattezzata Gradiva, «colei che avanza», versione femminile dell’epiteto che in latino accompagnava abitualmente Marte.

Un misterioso concatenarsi di sogni e premonizioni induce Norbert a partire da un giorno all’altro per l’Italia, finendo per cercare le tracce della Gradiva tra le rovine di Pompei. E in effetti, la incontrerà, ma in carne ed ossa. Ma non si tratta di uno spettro autorizzato a vagare nella luce del sole nell’ora meridiana, come crede il giovane archeologo, ma della ben concreta e viva Zoe Bertgang, vicina di casa di Norbert e sua amica d’infanzia, ben decisa a sposarlo. È questo personaggio femminile l’invenzione più riuscita di Jensen, e la sua strategia finisce per affascinare Freud molto più dei sintomi di Norbert. Zoe comprende al volo che il giovane non solo l’ha totalmente dimenticata, ma la crede un fantasma del passato, morta a Pompei nell’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo. Ma la peggiore strategia da usare con un delirante è quella di sbattergli in faccia la realtà, nuda e cruda. Per tirare a sé Norbert, serve una lenza più sottile. Sarà necessario accettare il particolare ordine di realtà in cui vive Norbert, e aspettando di scardinarlo, prestarsi al ruolo del fantasma della fanciulla pompeiana morta sotto le ceneri del vulcano.

Emanuele Trevi

Fonte: Corriere della Sera