Visualizzazione post con etichetta regno di Dio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta regno di Dio. Mostra tutti i post

15/06/09

Coscienza e verità - un articolo di Lucetta Scaraffia.



Nell'Osservatore Romano di ieri, domenica 14 giugno 2009, è comparso in prima pagina questo bell'articolo di Lucetta Scaraffia, del quale consiglio caldamente la lettura a tutti, perchè contiene, in pillole, un'analisi del pensiero dell'attuale Pontefice; e sul quale come sempre, siamo pronti a discutere insieme.


Coscienza e verità di Lucetta Scaraffia

Non è certo una novità che il Papa intervenga per rendere più chiara ai fedeli la comprensione dei problemi del tempo in cui vivono, ma possiamo dire senza timore di esagerare che nessuno l'ha fatto con l'acutezza e la profondità di Benedetto XVI.

Al punto che i suoi scritti dedicati alla lettura critica del presente sono ormai considerati dei classici che possono - e dovrebbero - interessare quanti vogliano capire meglio l'epoca in cui vivono, e non solo i cattolici.

Proprio per questo sono particolarmente illuminanti i saggi raccolti in un libro da poco pubblicato in Italia (Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, L'elogio della coscienza. La Verità interroga il cuore, Siena, Cantagalli, 2009, pagine 175, euro 13,50).

Con il consueto stile limpido e semplice, di quella semplicità che raggiunge solo il pensiero sedimentato e profondo, l'autore vi affronta i principali problemi teorici del nostro tempo, denunciandone i limiti e le manipolazioni, e proponendo una risposta chiara, tratta dal tesoro della tradizione cristiana.

Tutti gli scritti ruotano intorno a due questioni intimamente legate: la coscienza e la verità, entrambe cancellate dalla cultura contemporanea, che le sostituisce con la soggettività e il relativismo, pensando di garantire in questo modo la libertà individuale, unico vero feticcio moderno.

Nel primo saggio, L'elogio della coscienza, viene chiarito un tema complesso e mistificato, quello cioè del ruolo della coscienza. In una cultura che tende a contrapporre una "morale della coscienza" a una "morale dell'autorità", slegando il problema della coscienza da quello della verità, l'unica garanzia di libertà appare essere la giustificazione della soggettività, mentre l'autorità sembra "restringere, minacciare o addirittura negare tale libertà".

Qui tocchiamo il punto veramente critico della modernità: "L'idea della verità è stata nella pratica eliminata e sostituita con quella di progresso" che però, in apparenza esaltato, viene invece privato di ogni direzione. In un mondo senza punti fissi di riferimento, senza verità, non ci sono più direzioni.
La rinuncia ad ammettere che, per l'essere umano, sia possibile conoscere la verità conduce al disinteresse per i contenuti, per dare la preminenza alla tecnica, alla formalità. Un esempio chiaro in questo senso è quello dell'arte: oggi "ciò che l'opera esprime è del tutto indifferente: l'unico criterio è la sua esecuzione tecnico-formale".
Vivendo in una società che influenza e condiziona gli individui, è difficile sentire quella che veniva considerata "la voce della coscienza", cioè "la presenza percepibile ed imperiosa della voce della verità all'interno del soggetto stesso".

Anche se la via alla verità e al bene è stata abbandonata perché ardua, scomoda, considerata troppo difficile da seguire, non per questo dobbiamo rinunciarvi: "dissolveremmo il cristianesimo in un moralismo se non fosse chiaro un annuncio che supera il nostro proprio fare".

In queste condizioni, la stessa verità del bene diventa inattingibile, perché l'unico riferimento per ciascuno è ciò che egli può da solo concepire come bene, rinunciando così a quel minimo di diritti oggettivamente fondati, non accordati tramite convenzioni sociali, sui quali soli si può fondare l'esistenza di ogni comunità politica.

In sostanza, dove Dio scompare, "scompare anche la dignità assoluta della persona umana", e la dignità di ognuno non viene più a dipendere dal solo fatto di esistere, per essere stato voluto e creato da Dio.

Ecco perché "la radice ultima dell'odio e di tutti gli attacchi contro la vita umana è la perdita di Dio".

Benedetto XVI rivela una delle sue preoccupazioni principali, che ha varie volte ripetuta: il timore che la nozione moderna di democrazia non sappia emanciparsi dall'opzione relativista, in un mondo in cui il relativismo appare come l'unica garanzia della libertà.

Mentre il Papa sa bene e ripete senza sosta che "un fondamento di verità - di verità in senso morale - appare irrinunciabile per la stessa sopravvivenza della democrazia". E non dobbiamo dimenticare che, di fatto, "tutti gli stati hanno attinto le evidenze morali razionali - permettendo loro di dispiegare i propri effetti - dalle tradizioni religiose ad essi preesistenti".

Di frequente Benedetto XVI ritorna sul tema della ricerca della verità: "Se Dio è la verità, se la verità è il vero "sacro", la rinuncia alla verità diventa una fuga da Dio".

Persino quando avviene all'interno di una confessione religiosa perché - denuncia il Papa - esiste anche un "positivismo fideista" che "ha paura di perdere Dio nell'esporsi alla verità delle creature".

La verità è il presupposto fondamentale di ogni morale, ma se invece il criterio dell'utilità o del risultato, sostenuto da correnti di teoria politica affermate, prende il posto della verità, il mondo si frantuma in tante parzialità, perché l'utilità dipende sempre dal punto di vista del soggetto che agisce.

Cosa significa allora fare il teologo, in questa situazione culturale? E come si può pensare una nuova evangelizzazione? A queste domande rispondono in modo inedito ed esauriente gli ultimi saggi di un volume che si rivela fondamentale per comprendere il mondo di oggi, e per vivervi da cristiano. Peccato che l'editore a cui si deve l'ammirevole iniziativa di avere raccolto questi testi li abbia pubblicati senza precisare quando sono stati scritti, se dal cardinale Ratzinger o dal Papa. Come se per il lettore questa precisazione fosse irrilevante.

Fonte: Osservatore Romano

.

07/01/09

Benedetto XVI - Il Cosmo non è governato da una forza cieca.


Penso che l'intera omelia di Benedetto XVI, ieri mattina, nella Basilica Vaticana, per la Messa dell'Epifania, meriterebbe di essere letta e meditata (la trovate nella sua interezza cliccando qui ). Uno sguardo ad ampio raggio su orizzonti davvero inusuali, per un Papa. E di una ricchezza speculativa notevole. Ve ne riferisco qui di seguito una rapida sintesi, postata dall'agenzia Zenit:

Benedetto XVI ha raccolto questo martedì, solennità dell'Epifania, la lezione lasciata da Galileo Galilei al pensiero: l'universo non è governato da una forza cieca, ma dall'Amore.

Nell'omelia della Messa in cui i credenti ricordano i Magi, esperti di astronomia, giunti a Betlemme guidati da una stella, il Papa ha ricordato che nel 2009 si celebra il quarto centenario delle prime osservazioni di Galileo grazie al telescopio.

Questo anniversario ha portato l'UNESCO a proclamare l'Anno Mondiale dell'Astronomia.

Benedetto XVI ha affermato che in questo momento si verifica “una nuova fioritura” in questo campo, “grazie alla passione e alla fede di non pochi scienziati, i quali – sulle orme di Galileo – non rinunciano né alla ragione né alla fede, anzi, le valorizzano entrambe fino in fondo, nella loro reciproca fecondità”.

“Il pensiero cristiano paragona il cosmo ad un 'libro' – così diceva anche lo stesso Galileo –, considerandolo come l’opera di un Autore”, ha aggiunto nella sua omelia.

Secondo questo libro, ha affermato, “è l’amore divino, incarnato in Cristo, la legge fondamentale e universale del creato. Ciò va inteso invece in senso non poetico, ma reale”.

“Così lo intendeva del resto lo stesso Dante, quando, nel verso sublime che conclude il Paradiso e l’intera Divina Commedia, definisce Dio 'l’amor che move il sole e l’altre stelle'”.

“Questo significa che le stelle, i pianeti, l’universo intero non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia”.

“Non sono, dunque, gli elementi cosmici che vanno divinizzati, bensì, al contrario, in tutto e al di sopra di tutto vi è una volontà personale, lo Spirito di Dio, che in Cristo si è rivelato come Amore”, ha spiegato.

Per questo motivo, ha constatato, gli uomini non sono schiavi degli “elementi del cosmo”, “ma sono liberi, capaci cioè di relazionarsi alla libertà creatrice di Dio”.

“Egli è all’origine di tutto e tutto governa non alla maniera di un freddo ed anonimo motore, ma quale Padre, Sposo, Amico, Fratello, quale Logos, 'Parola-Ragione' che si è unita alla nostra carne mortale una volta per sempre ed ha condiviso pienamente la nostra condizione, manifestando la sovrabbondante potenza della sua grazia”.
.

20/10/08

Il Vangelo della Domenica - La moneta di Cesare.



Mt 22,15-21

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva ridotto al silenzio i sadducei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.

Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno. Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?".

Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate? Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?". Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".


E' senza alcun dubbio uno dei passi del Vangelo più citati, più equivocati, più fraintesi, e più strumentalizzati.

Ed è difficile interpretarlo correttamente, secondo me, se non si fa veramente silenzio, e non si lascia sedimentare la Parola, che anche in questo caso ha molto più da dirci, di quanto appaia a prima vista.

La domanda fatta a Gesù è capziosa. E' frutto addirittura di un complotto, ordito da farisei ed erodiani per indurre il Profeta a inciampare, a fare - come diremmo oggi - una 'gaffe' screditante agli occhi dei suoi 'sostenitori'.

La domanda che costoro fanno è se 'pagare il tributo a Cesare sia lecito'. E già qui ci sarebbe da discutere, perchè loro non chiedono se sia 'giusto', ma 'lecito', ed è già una bella differenza.

Gesù, però, non cade nel tranello. Cosa vorrebbero che dicesse ? Che non è 'lecito' ? Che ai Romani, agli esattori, agli amministratori, non è lecito pagare tributo, ma soltanto a Dio ? Questa parola basterebbe a condannarlo a morte, subito.

Ma Gesù non elude la domanda. Dà anzi una risposta che più piena non si potrebbe: "Rendere a Cesare quel che è di Cesare (la sua moneta, la moneta che egli ha coniato, ovvero far restare in ambito mondano tutto ciò che è mondano), e rendere a Dio tutto ciò che è di Dio ( ovvero tutto ciò che non è mondano, cioè effimero, e sul quale Cesare, o chiunque altro Cesare nulla può).

La risposta di Gesù è tutto meno che qualunquista - come qualcuno l'ha interpretata a volte. Non dice: paga le tasse e stai a posto così. Non dice: i soldi sono una cosa, la spiritualità un'altra, e bisogna coltivare tutte e due.

Non dice niente di tutto questo.

Dice di rendere a Cesare, e cioè di far restare in quell'ambito, quelle cose che nella vita servono per vivere. Cioè la stretta materialità. E di dedicare a Dio tutto il resto. La separazione è chiara. Gesù l'ha affermata tante altre volte, in altri passi del Vangelo, non si può servire Dio e Mammona, ed è più facile che un cammello (o una corda) passino nella cruna di un ago, che un ricco entri nel Regno dei Cieli.

Dio, dice Gesù, è un'altra cosa.

Dio vuole altro.

Non sa che farsene della moneta di Cesare.

E di questo, dovremmo ricordarci tutti.

07/10/08

Il Vangelo della Domenica - I vignaioli crudeli.

VANGELO Mt 21,33-43

In quel tempo, Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: "Ascoltate un'altra parabola: C'era un padrone che piantò una vigna e la circondò con una siepe, vi scavò un frantoio, vi costruì una torre, poi l'affidò a dei vignaioli e se ne andò.

Quando fu il tempo dei frutti, mandò i suoi servi da quei vignaioli a ritirare il raccolto. Ma quei vignaioli presero i servi e uno lo bastonarono, l'altro lo uccisero, l'altro lo lapidarono.Di nuovo mandò altri servi più numerosi dei primi, ma quelli si comportarono nello stesso modo. Da ultimo mandò loro il proprio figlio dicendo: Avranno rispetto di mio figlio! Ma quei vignaioli, visto il figlio, dissero tra sé: Costui è l'erede; venite, uccidiamolo, e avremo noi l'eredità. E, presolo, lo cacciarono fuori della vigna e l'uccisero.

Quando dunque verrà il padrone della vigna che farà a quei vignaioli?". Gli rispondono: "Farà morire miseramente quei malvagi edarà la vigna ad altri vignaioli che gli consegneranno i frutti a suo tempo". E Gesù disse loro: "Non avete mai letto nelle Scritture: ''La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri '' ? Perciò io vi dico: vi sarà tolto il regno di Dio e sarà dato a un popolo che lo farà fruttificare ".


Ciò che più impressiona di questa Parabola - Gesù come al solito sta parlando a noi, proprio a ciascuno di noi - è la crudeltà efferata di questi vignaioli.

Siamo noi ? Siamo noi così ? Siamo noi quegli uomini che bastonano, che uccidono, che lapidano, che cacciano fuori e che uccidono nuovamente per avere l'eredità ?

Sì siamo noi. E' degli uomini su questa terra che sta parlando, Gesù. E per averne conferma, basta leggere le cronache di questi giorni. Sono proprio loro, gli uomini, che bastonano, lapidano, cacciano fuori, uccidono.

E di fronte a questi vignaioli/uomini così duri, così crudeli, anche la bontà di Gesù, la sua venuta per redimere, sembra quasi essere impotente, senza speranza di successo.

Sembra quasi riemergere, anzi, quel Dio severo dell'Antico Testamento che dà pane al pane, e ricambia occhio per occhio. Gli uomini sono crudeli ? Gli verrà tolto il Regno. Sempre che, invece, la Pietra D'Angolo, che è senza alcun dubbio Gesù, la Pietra scartata, offesa e dimenticata, non sia invece utilizzata come base di costruzione di una nuova casa, di un nuovo modo, di un nuovo ascolto. Nuovo. Cioè diverso da tutto quello che gli uomini sembrano prediligere, nella loro quotidiana attività.

E' avvenuto questo nuovo cambio di direzione, di vita, di mentalità, che Gesù in questa parabola ci presenta come un aut-aut ? Sta avvenendo ? E' avvenuto, avviene in ciascuno di noi, ora ?