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04/12/21

Perché meravigliarsi che 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid? Ecco in cosa dichiarano di credere gli americani




In molti, in queste ore, hanno espresso sorpresa o scandalo per la notizia che, secondo un recente sondaggio, circa 3 milioni di italiani dichiarino di non credere all'esistenza del Covid. 

Un dato che rappresenta circa il 5% degli italiani e che però non dovrebbe più di tanto apparire incredibile, soprattutto se si paragona la nostra realtà con quella degli Stati Uniti, un altro paese dove il numero di coloro che non si sono vaccinati perché non credono nell'esistenza della malattia e credono invece a qualche tipo di complotto è molto alto. 

In generale poi, gli americani risultano molto molto più "creduloni" di noi, rispetto a questioni scientifiche molto serie. 

In un recente sondaggio su scala nazionale, effettuato nel 2018 infatti, è risultato che addirittura il numero di americani che credono nei miracoli è più alto di quelli che credono nelle teorie evoluzionistiche di Darwin.

Più in generale, la gran parte degli americani credono in Dio, negli angeli e nei miracoli mentre solo il 47 per cento crede nella teoria darwiniana dell'evoluzione, rivela il sondaggio realizzato dall'istituto della Harris Poll. 

L'80 per cento degli intervistati ha detto di credere in Dio mentre il 75 per cento crede nei miracoli e il 73 per cento nel paradiso. 

A credere negli angeli sono il 71 per cento degli americani, mentre al diavolo crede solo il 59 per cento. 

Leggermente piu' numerosi (sono il 62 per cento) coloro che credono nell'inferno. 

Una percentuale inferiore presta fede alla teoria evolutiva di Darwin (il 47 per cento). 

Il 44 per cento crede ai fantasmi, il 36 per cento alla esistenza degli Ufo, e addirittura 31 per cento alle streghe (!). 

Il sondaggio esamina anche le differenze tra Cattolici e Protestanti: i primi sono piu' propensi a credere a Darwin (52 contro 32 per cento), ai fantasmi (57 contro 41 per cento) e agli Ufo (43 contro 31 per cento).

Dunque... è proprio il caso di dire: nulla di cui meravigliarsi ! 

29/09/21

Mistero per gli scienziati : Nata senza bulbi olfattivi, eppure ora sente gli odori - "Il nostro cervello è qualcosa di miracoloso"

 


Vivere 24 anni senza poter sentire l'odore di un abete natalizio o il profumo di una rosa o l'aroma del pane appena sfornato e poi, d'improvviso, essere investita da alcuni di questi odori, con un impatto psicologico devastante che in alcuni casi ha portato a uno svenimento: e' il caso di una 24enne tedesca nata con anosmia per mancanza dei bulbi olfattivi, i tessuti che servono per inviare al cervello il messaggio nervoso prodotto dagli odori che arrivano nel nostro naso.

A descriverlo sulla rivista Neurocase sono stati esperti della Universita' di Dresden in Germania che hanno sottoposto la giovane a una batteria di test olfattivi e poi a elettroencefalogramma e risonanza magnetica, senza però venire a capo deli motivi del misterioso caso. 

La giovane, cui a 13 anni e' stata diagnosticata l'anosmia congenita per mancanza dei bulbi olfattivi, ha cominciato all'improvviso e senza un chiaro motivo a sentire alcuni odori

Per lei non e' stata una scoperta piacevole, gli odori che per la prima volta acquistavano un senso per il suo naso non le piacevano, anche se si trattava di profumi. 

Gli odori nuovi arrivavano a lei di settimana in settimana, in un caso la donna e' addirittura svenuta per il forte impatto emotivo di questa nuova e improvvisa percezione. 

Il team tedesco coordinato da Thomas Hummel ha sottoposto la giovane a una seri di test olfattivi: la ragazza e' riuscita a riconoscere circa meta' degli odori proposti, ad esempio quello di arancia, zenzero, fumo, menta. 

Ha continuato, invece, a non riconoscere odori come quello del pellame, la banana, il cocco, la liquirizia, il cacao.

La paziente e' stata sottoposta a un elettroencefalogramma durante i test olfattivi: dal tracciato si vede che quando la donna riconosce gli odori il suo cervello risponde normalmente ad essi. 

Ma alla risonanza risulta che la donna continua a non avere i bulbi olfattivi, cosa che ha lasciato spiazzati gli scienziati. 

Secondo gli esperti la donna per motivi sconosciuti ha acquisito la capacita' di percepire gli odori attivando aree cerebrali alternative e svincolate dalle normali vie neurali dell'olfatto. 

Il fatto che la donna sia disgustata dagli odori puo' dipendere invece dal non aver imparato sin da piccola ad associare certi odori a certi eventi o emozioni o situazioni.

La donna sta attualmente seguendo un training olfattivo che la aiuta ad abituarsi al suo nuovo mondo pieno di odori; ha gia' imparato ad apprezzare alcuni aromi associandoli ad esperienze piacevoli. 

Il suo caso suggerisce che la plasticita' del cervello e' tale che anche altri pazienti con anosmia congenita potrebbero scoprire gli odori con un training opportuno, spiega Hummel. "Il nostro cervello e' qualcosa di miracoloso - conclude - e' sempre pieno di sorprese". 

02/08/21

Libro del Giorno: "Helgoland" di Carlo Rovelli

 



Come si sa, Carlo Rovelli è un fisico teorico di fama internazionale, specializzato soprattutto nel campo della gravità quantistica e tra i fondatori della teoria della gravità quantistica a loop

Ma Rovelli negli ultimi anni ha acquistato grande notorietà a causa dei suoi libri, che si occupano anche di storia e filosofia della scienza, dimostrando doti speciali di divulgatore con i suoi saggi che, attraverso un linguaggio semplice e traboccante di meraviglia per i temi indagati, hanno saputo avvicinare molti lettori a questioni scientifiche apparentemente astratte e invece assai concrete e fascinosissime.

A sei anni dal suo maggior successo editoriale, Sette brevi lezioni di fisica (tradotto in 41 lingue, ha venduto più un milione di copie in tutto il mondo), a cui è seguito L’ordine del tempo, Rovelli, nato a Verona il 3 maggio 1956, è tornato a parlare del mondo della fisica, sempre per Adelphi, con  Helgoland

Il titolo del libro si riferisce a Helgoland, spoglia isola nel Mare del Nord, luogo adatto alle idee estreme, dove nel giugno 1925 il ventitreenne Werner Heisenberg ha avviato quella che, secondo non pochi, è stata la più radicale rivoluzione scientifica di ogni tempo: la fisica quantistica

A distanza di quasi un secolo da quei giorni, la teoria dei quanti si è rivelata sempre più gremita di idee sconcertanti e inquietanti (fantasmatiche onde di probabilità, oggetti lontani che sembrano magicamente connessi fra loro, ecc.), ma al tempo stesso capace di innumerevoli conferme sperimentali, che hanno portato a ogni sorta di applicazioni tecnologiche. 

Si può dire che oggi la nostra comprensione del mondo si regga su tale teoria, tuttora profondamente misteriosa. 

In questo libro dunque non solo si ricostruisce, con formidabile limpidezza, l’avventurosa e controversa crescita della teoria dei quanti, rendendo evidenti, anche per chi la ignora, i suoi passaggi cruciali, ma la si inserisce in una nuova visione, dove a un mondo fatto di sostanze si sostituisce un mondo fatto di relazioni, che si rispondono fra loro in un inesauribile gioco di specchi. Visione che induce a esplorare, in una prospettiva stupefacente, questioni fondamentali ancora irrisolte, dalla costituzione della natura a quella di noi stessi, che della natura siamo parte.

Un libro ottimo e fortemente consigliabile, che spinge a riflettere e meditare sul senso e sulla natura della nostra esistenza e della nostra esistenza dentro l'universo. 

Due appunti, da lettore che meriterebbero di essere approfonditi:

1. Mi sembra che R. speculi esageratamente sulla teoria quantistica, quasi dando per scontato che essa sia definitiva. Quando sappiamo bene, e lui per primo, che la scienza non è mai definitiva. Tra 100 anni chissà cosa avremo/avranno scoperto ancora. Questa descrizione della realtà, anzi della non-realtà, che leggendo il libro sembra determinata e chiara è dunque ancora assai incompleta (fra l'altro nessuno sa ancora bene spiegare cosa sia la fisica quantistica e perché funzioni e già dai tempi di Einstein si insegue una "Teoria del tutto" capace di mettere insieme quantistica, relatività, gravitazione). 

2. La sostituzione degli "oggetti" (non reali) con le "relazioni tra forze e campi", come fondative di tutto - universo, mondo, uomo, ecc.. - mi sembra che non sposti minimamente la questione meta-fisica, che Rovelli rigetta: se sono le relazioni e non gli oggetti alla base della realtà o di quella che noi chiamiamo realtà, cosa cambia nella sostanza? Da dove vengono queste relazioni e perché esistono? Perché esistono invece di non esistere? E soprattutto come si fa ad escludere la scoperta futura in grado di confermare le ipotesi attuali della teoria delle Stringhe (la più accreditata), quella del Mondo di Mondi o quella di universi paralleli (fortemente sostenuta da molti astrofisici moderni) dove le leggi fisiche - e dunque anche la quantistica - potrebbero tranquillamente essere totalmente diverse dalle nostre oggi conosciute ?

Fabrizio Falconi


06/07/21

Libro del Giorno: "Quando abbiamo smesso di capire il mondo" di Benjamìn Labatut

 



Adelphi sceglie un'opera di Yves Klein del 1960 come felice copertina per un romanzo assai sui generis che è già diventato uno dei casi dell'anno, grazie al passa parola e alle positive (in alcuni casi entusiastiche) recensioni dei giornali.  

L'opera di Klein richiama il suo famoso blu e si ricollega subito alla prima parte del libro intitolata appunta Blu di Prussia che racconta le vicende dell’alchimista che all’inizio del Settecento, infierendo sulle sue cavie, crea per caso il primo colore sintetico, lo chiama «blu di Prussia» e si lascia subito alle spalle quell’incidente di percorso, rimettendosi alla ricerca dell’elisir.  La scoperta finisce molto tempo dopo nelle mani di un brillante chimico al servizio del Kaiser, Fritz Haber, quando a Ypres constata che i nemici non hanno difese contro il composto di cui ha riempito le bombole e quando intuisce che dal cianuro di idrogeno estratto dal blu di Prussia si può ottenere un pesticida portentoso, lo Zyklon, che verrà poi utilizzato dagli aguzzini nazisti per lo sterminio degli ebrei nei Lager. 

La scelta di Adelphi è felice anche nel titolo: nella difficoltà di utilizzare quello originale (Un verdor terrible) si è scelto il titolo di uno dei capitoli, il più lungo, quello riferito alla figura del genio della fisica del Novecento, Heisenberg, il quale all'epoca ventitrenne, durante la tormentosa convalescenza per una forte allergia, sull'isola sperduta nel mare del Nord, di Helgoland, intuisce e scopre che bisogna  smettere di capire il mondo come lo si è capito fino a quel momento e avventurarsi verso una forma di comprensione assolutamente nuova. Per quanto terrore possa, a tratti, ispirare: è la nascita della meccanica quantistica, che ha cambiato la storia del mondo e che resta ancora oggi una teoria profondamente misteriosa anche se verificata un numero infinito di volte (basti pensare che gran parte della nostra moderna tecnologia, tra cui telefoni cellulari o internet funziona grazie ad essa), senza mai essere smentita nemmeno una volta. 

Benjamín Labatut, l'autore, è uno scrittore cileno nato a Rotterdam nel 1980. Ha trascorso la sua infanzia tra L'Aia, Buenos Aires e Lima, per poi trasferirsi a Santiago del Cile all'età di quattordici anni. E in questo paese vive attualmente in un remoto villaggio sulla Cordigliera. Il suo primo libro di racconti, La Antártica empieza aquí, ha vinto il Premio Caza de Letras nel 2009 e il Santiago Municipal Literature Award – nella sezione racconti – nel 2013. A questo libro sono seguiti Después de la luz e Quando abbiamo smesso di capire il mondo, che è stato nominato per l'International Booker Prize 2021.

Con il suo stile lucido e disturbante, Labatut costruisce un libro strano e diverso dagli altri. L'assunto è forse proprio quello di esplorare il lato demoniaco/distruttivo della scienza che si esprime nelle stesse vicende biografiche ossessivo/compulsive dei geni, che da Heisenberg a Schrodinger, sono i protagonisti del libro. 

La scelta di romanzare, cioè di inventare particolari biografici e non mano a mano che il racconto va avanti, è spiazzante per il lettore. E lo costringe ad andare ogni volta a verificare se quello che scrive Labatut è del tutto vero o no. 

Poiché l'avvertenza sulla libertà presa dall'autore nel raccontare queste storie è messa alla fine e non all'inizio del libro, qualche lettore potrà anche sentirsi coinvolto in un gioco scomodo. Forse però è proprio quello che Labatut voleva, visto che il tema centrale del libro è proprio il dubbio relativo alla esistenza di quello che noi chiamiamo "reale", sulla consistenza del quale è proprio la scienza moderna a farci dubitare. 

Cosa è vero, cosa no? Chi e cosa sono queste menti geniali che hanno scoperchiato abissi? 

La cosa certa è che grazie a Labatut si imparano molte cose su argomenti su cui abbiamo letto tanto, senza mai finire di meravigliarsi di quanto il mistero in cui siamo calati sia spaventosamente fitto e infinitamente complicato. 

La mancanza di qualsiasi parvenza di oggettività in quello che noi pensiamo/vediamo/ realizziamo, rispetto al piano di "realtà" - ammesso che esista poi, una realtà - è sconvolgente, dato che le cose nella fisica quantistica sembrano esserci, esistere soltanto se e quando qualcuno le osserva (influenzandolo fra l'altro). 

È la via che ha preferito Benjamín Labatut in questo singolarissimo e appassionante libro, ricostruendo alcune scene che hanno deciso la nascita della scienza moderna. Ma, soprattutto, offrendoci un meraviglioso intrico di racconti, e lasciando scegliere a noi quale filo tirare, e se seguirlo fino alle estreme conseguenze.

L'unica pecca per un libro così bello è la cura editoriale - assai strano per un editore come Adelphi - che scivola sul piano dei refusi e della impaginazione. Nella edizione cartacea c'è addirittura una intera riga completamente saltata a fondo pagina, più tanti altri piccoli errori piuttosto imbarazzanti. 

Benjamín Labatut 

Quando abbiamo smesso di capire il mondo 

Traduzione di Lisa Topi 

Adelphi 2021, pp. 180 

isbn: 9788845935183 

€ 18,00 

13/12/20

Martin Nowak, matematico ad Harvard: "Senza Dio non ci sarebbe l'evoluzione"


"Dio e' la causa ultima di tutto cio' che esiste, Colui in assenza del quale non ci sarebbe affatto l'evoluzione. Dio e' sia il Creatore che il Sostenitore dell'Universo"
.

Ne e' certo il prof. Martin Nowak, docente di matematica all'Universita' di Harvard, per il quale "l'evoluzione non rappresenta un problema per la teologia cristiana". Intervenendo alla sessione finale del Convegno "Dio oggi" promosso dalla Cei, Nowak ha affermato che "Dio si serve dell'evoluzione per dispiegare il mondo vivente intorno a noi".

Allo stesso modo, ha continuato, "Dio si serve della gravita' per dispiegare l'Universo su un'ampia scala. Ne' la gravita' ne' l'evoluzione pongono sfide alla fede cristiana".

"Dio - ha scandito - non solo fissa le condizioni iniziali del processo evolutivo ma traccia anche l'intera traiettoria dell'esistenza". "L'intera traiettoria - ha aggiunto il grande matematico - e' nota a Dio, che esiste al di fuori del tempo, eterno e a-temporale, onnisciente e infinitamente amorevole".

Nella sua relazione, il prof. Nowak ha ribadito che "l'evoluzione non inventa la vita intelligente ma la scopre". "L'evoluzione non puo' operare senza requisiti che la guidino', ha osservato riocrdando che "come accade per ogni altra disciplina scientifica, la nostra attuale comprensione dell'evoluzione e' incompleta".

14/08/20

Arriva una scoperta eccezionale: il Nuovo Orologio al Radiocarbonio. Ecco cosa potrà rivelare.



La capacita' di datazione di oggetti antichi, risalenti fino a 55.000 anni fa, raggiunge un alto livello di precisione grazie al lavoro di un gruppo internazionale di scienziati che ha permesso di migliorare sensibilmente l'accuratezza della curva di calibrazione per le datazioni al radiocarbonio. 

Un progetto - a cui ha partecipato anche l'Universita' di Bologna - portato avanti per sette anni e realizzato grazie all'analisi di oltre 15 mila reperti. 

I risultati, pubblicati sulla rivista "Radiocarbon", compongono tre nuove curve di calibrazione del radiocarbonio: IntCal20 per i reperti rinvenuti nell'emisfero nord del pianeta, SHCal20 per l'emisfero sud e Marine20 per il mondo degli oceani. 

Per l'Universita' di Bologna ha partecipato allo studio la professoressa Sahra Talamo, docente al Dipartimento di Chimica "Giacomo Ciamician" e Principal Investigator del progetto ERC RESOLUTION, il cui obiettivo e' sviluppare set di dati di calibrazione al radiocarbonio ad alta risoluzione che permettano di ottenere datazioni in grado di fare luce sui periodi chiave della preistoria europea. 

"Queste nuove curve di calibrazione del radiocarbonio ci daranno la possibilita' di osservare il passato con un livello di dettaglio mai raggiunto prima", spiega la professoressa Talamo. "E questo ci permettera' ad esempio di ottenere nuove informazioni su un periodo cruciale della storia dell'Homo Sapiens: la dinamica del suo arrivo in Europa, le interazioni avute con l'Uomo di Neandertal e quando le popolazioni di queste due specie si sono sovrapposte in differenti regioni europee"

La tecnica del radiocarbonio - spiega l'Alma Mater - svolge un ruolo fondamentale per l'avanzamento di molti campi di ricerca. 

Non solo per gli archeologi, a cui offre la possibilita' di datare con precisione antichissimi resti (pre)storici, ma anche ad esempio per chi si occupa di geoscienze, permettendo di ricostruire le variazioni climatiche avvenute nel corso di lunghi archi temporali e offrendo cosi' informazioni utili per prepararsi ai cambiamenti climatici futuri. 

"L'avvento delle datazioni al radiocarbonio ha rivoluzionato il campo dell'archeologia e delle scienze ambientali", conferma Paula Reimer, professoressa della Queen's University Belfast (Regno Unito) che ha guidato il gruppo di ricerca internazionale. 

"Migliorare le curve di calibrazione ci permette di conoscere meglio la nostra storia: questo nuovo aggiornamento degli standard utilizzati sara' fondamentale per rispondere a domande cruciali sull'evoluzione del mondo in cui viviamo e sul ruolo svolto dell'uomo in questo processo". 

La tecnica del radiocarbonio e' stata sviluppata nel 1949 da Willard Frank Libby: una scoperta che gli valse, nel 1960, il premio Nobel per la chimica. Alla base del suo funzionamento ci sono due isotopi di carbonio: uno stabile, il Carbonio-12, e uno radioattivo, il Carbonio-14. Poiche' tutti gli esseri viventi assorbono carbonio, sotto forma di CO2, questo significa che i due isotopi di Carbonio-12 e Carbonio-14 sono presenti nel loro organismo nella stessa proporzione con cui erano presenti nell'atmosfera nel periodo in cui sono vissuti. Quando pero' un organismo muore, il processo di acquisizione di nuovo carbonio si interrompe. A quel punto, gli isotopi stabili di Carbonio-12 restano invariati, ma gli isotopi radioattivi di Carbonio-14 iniziano un processo di decadimento di cui conosciamo con precisione i tempi. In questo modo, quando misuriamo la quantita' restante di Carbonio-14 in un campione organico possiamo determinare l'eta' della morte dell'organismo a cui e' appartenuto

A complicare le cose - prosegue l'Universita' di Bologna - c'e' pero' il fatto che la quantita' di Carbonio-14 presente nell'atmosfera non e' rimasta costante nel corso della storia: questo significa che l'eta' Carbonio-14 non corrisponde a un'eta' calendario. 

Per ovviare a questo problema, si utilizza una procedura chiamata calibrazione, che permette di calibrare l'eta' Carbonio-14 con una scala di tempo assoluta: e' cosi' che nasce la curva di calibrazione conosciuta come IntCal (International Calibration Curve). 

La nuova Curva di calibrazione IntCal20 ha raggiunto un'alta precisione con l'obiettivo di sviluppare solide cronologie del cambiamento paleoambientale e una comprensione piu' dettagliata della successione degli eventi climatici. Un risultato ottenuto grazie a piu' precise analisi di Carbonio-14 dei reperti presenti nei diversi archivi che vengono utilizzati nella curva stessa. 

Tra questi ci sono ad esempio resti di alberi risalenti fino a 14.000 anni fa, stalagmiti trovate in diverse grotte, coralli rinvenuti nei mari e carotaggi di sedimenti lacustri e oceanici

In totale, per costruire le nuove curve di calibrazione il gruppo internazionale di ricerca (IntCal Working Group) ha realizzato circa 15 mila misurazioni al radiocarbonio di oggetti risalenti fino a 55.000 anni fa. "Grazie all'alto livello di risoluzione del campionamento realizzato, le nuove curve di calibrazione ci permettono di ottenere datazioni su scala decennale andando indietro nel tempo fino a 55.000 anni fa: un miglioramento significativo rispetto a quanto era possibile fare fino ad oggi", spiega la professoressa Talamo. "Questo risultato pero' e' solo il primo passo per arrivare ad un calendario preciso degli eventi che caratterizzano l'evoluzione umana. 

Per questo il progetto RESOLUTION sara' di fondamentale importanza: infatti, usando gli alberi fossili e sfruttando la sincronicita' del Berillio-10 e del Carbonio-14, (come si vede gia' in IntCal20 per il periodo di tempo tra 14,000 e 14,700 anni fa), si potra' arrivare ad una curva ancora piu' precisa e ottenere per la prima volta una risoluzione eccezionale della preistoria europea". 

04/06/20

Covid-19. Dopo Tre Mesi, un bilancio serio e esauriente di un addetto ai lavori. Da condividere contro la diffusione di false notizie




A più di tre mesi dallo sviluppo dell'epidemia da Coronavirus in Italia, propongo questo efficace, sintetico e equilibrato resoconto di uno dei medici che sono stati impegnati in prima linea durante la diffusione del Coronavirus, Claudio Micheletto, Direttore della Pneumologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona. 
E' un promemoria e una testimonianza da leggere e di cui fare tesoro, in un momento nel quale si ascoltano e si diffondono false informazioni e superficialità di ogni tipo.

Dopo ottanta giorni abbiamo chiuso un reparto COVID, stiamo tentando di tornare a vita normale. Ci portiamo dentro tante storie, tanta fatica, ma anche tante soddisfazioni. E’ il momento di fare qualche serena meditazione, in questo periodo ne abbiamo lette di ogni genere. Questo è il mio decalogo, non contiene verità assolute, ma quello che ho respirato sul campo, giorno per giorno.
1) Il virus COVID 2019 è una infezione molto pericolosa. Guardiamo i numeri: negli stati Uniti muoiono ogni anno 16.000 persone di influenza (ultima pubblicazione JAMA 2019); negli ultimi tre mesi i decessi sono 107.000;


2) Il numero dei decessi in Italia è reale, eventualmente sottostimato perché non rientrano nelle stime ufficiali tutti coloro che sono morti a casa o nelle RSA. Quando si chiude una cartella si scrive il DRG (diagnosis related group). Lo facciamo da oltre 30 anni, sappiamo farlo, le persone morivano DI COVID, con difficoltà respiratoria e polmoni imbiancati, non certo CON il COVID. Non insegnateci questa pratica, lo sappiamo fare;

3) Sono state fatte delle autopsie in tutto il mondo, non servivano grandi numeri, sono tutte uguali, non c’è dietro nessun complotto. Alveoli ripieno di materiale infiammatorio, come tutti i distress respiratori, ed alterazioni a carico del microcircolo. Fare tante autopsie non avrebbe aggiunto niente, sin dal primo giorno abbiamo trattati tutti i pazienti con anti-coagulanti, aggiustando la dose a seconda di determinati valori ematici. La coagulazione aumenta in corso di infiammazione, è una nozione molto antica;

4) Le misure di contenimento hanno consentito di spegnere gradualmente l’epidemia. Forse in alcune zone potevano essere promulgate prima, in altre potevano essere interrotte qualche settimana prima, ma non cambia la sostanza. In nessun Paese il virus è scomparso con misure alternative: il modello svedese è fallito, in Brasile la situazione è fuori controllo, Stati Uniti ed Inghilterra hanno dovuto far marcia indietro;

5) Sappiamo come curare nel miglior modo possibile questa malattia. Non esistono farmaci specifici, ma se usiamo con competenza antivirali, idrossiclorochina, anticoagulanti, cortisone, etc. riusciamo a guarire quasi tutti i pazienti. Siamo in difficoltà con coloro che hanno tante malattie concomitanti. Ora dobbiamo analizzare i risultati delle nostre casistiche per valutare quali di questi interventi è fondamentale nella gestione del COVID. Tra le possibilità vi è anche il plasma, che abbiamo raccolto ed usato anche nel Veneto. Non esiste una congiura contro il plasma, la cautela deriva dalla necessità di valutare i dati. A breve arriveranno i risultati dei protocolli e ne discuteremo senza preclusioni.

6) Nella mia personale valutazione l’ossigenazione e la ventilazione sono fondamentali, il Veneto ha avuto buoni risultati anche per la presenza di 16 Pneumologie che hanno triplicato il loro numero di posti letto, e le Rianimazioni hanno fatto altrettanto. La Sanità Pubblica serve a questo, mantenere una rete efficace nei confronti di malattie frequenti come quelle respiratorie, pronte ad allargarsi in caso di necessità;

7) Esiste una disciplina che si chiama risk management. Ora sarebbe il momento di ragionare sugli errori. Non per colpevolizzare qualcuno, ma per capire gli errori e non ripeterli in futuro. In questo dibattito è entrata purtroppo la politica: giudico gli interventi sanitari a seconda della tessera del Governatore o del Direttore Generale. Non è questo il metodo corretto, spero che le persone competenti, con la mente libera, sappiano analizzare con obiettività il passato e proporre modelli organizzativi efficaci per il futuro. Un esempio su tutti: la riapertura della scuola ed i trasporti;

8) La diagnosi precoce è utile in tutte le malattie. Se riesco ad individuare i Pazienti con tamponi o dosaggio degli anticorpi posso isolare i pazienti, oppure curarli in una fase iniziale, senza arrivare all’intubazione o alla ventilazione;

9) Il vaccino non è in antitesi con il resto delle misure, non devo scegliere tra vaccino, plasma o cure. Il vaccino serve a prevenire, lo aspettiamo;

10) Gli Infermieri, i Medici, i Fisioterapisti hanno fatto un grandissimo lavoro. Ma non mi dimentico degli amministrativi, che hanno lavorato per assumere in tempi velocissimi, gli uffici tecnici, l’ingegneria medica e tutti questi servizi, che hanno ampliato reparti ed assicurato il materiale sanitario.


Ma non siamo degli eroi. Negli ultimi anni, nelle mie scorribande di lettore onnivoro, ho scoperto Rocco Schiavone, scontroso vice-questore creato dalla penna di Antonio Manzini. Nell’ultimo libro Rocco è ricoverato in Ospedale, e ci racconta così:
"L’Ospedale gli pareva un aeroporto. Con decolli e atterraggi. Nascita e morte, guarigioni e complicazioni, sorrisi e pianti. Una massa umana dolorante o sanata, piena di speranze o di illusioni. E intorno a loro i camici bianchi che aveva cominciato ad apprezzare ogni giorno di più. Uomini e donne col viso stanco, bruschi, sempre di fretta, rughe e occhiaie. Non avrebbe mai potuto fare il medico. Sapeva che sotto lo strato di cinismo, leggero come i camici che portavano, in fondo doveva esserci uno strato di amore. Altrimenti perché dedicare una vita a curare gli esseri umani? Rimetterli in pista? Lui gli esseri umani li detestava, fatta salva qualche eccezione. E non sopportava i lamenti e le ansie che gli altri gli scaricavano addosso”.


E’ proprio così Rocco. Hai capito tutto, senza quella fastidiosa retorica.

12/05/20

Oggi 125 anni dalla nascita di Jiddu Krishnamurti, uno dei più importanti pensatori del Novecento.




Si celebrano oggi i 125 anni dalla nascita di Krishamurti. Riporto qui di seguito la voce completa del Dizionario Filosofico Treccani. Per approfondire clicca qui. 

Krishnamurti, Jiddu Filosofo indiano (Madanapalli, Madras, 1895 - Ojai, California, 1986). 

Adolescente, fu ‘scoperto’ dal teosofo C.W. Leadbeater (1909) e nel 1910 condotto in Europa e adottato dalla presidentessa della Società teosofica, Annie Besant, che lo aveva riconosciuto come il futuro ‘maestro universale’ (allo stesso modo di Mosè, Buddha, Zoroastro, Gesù e Maometto). 

Besant fondò intorno a lui l’Ordine della stella d’oriente, in cui presto si riunirono oltre centomila persone. 

Tuttavia K., divenuto adulto, respinse il ruolo che gli era stato affidato e sciolse (1929) l’Ordine. 

L’invito etico a essere autonomamente responsabili nei confronti di sé stessi che caratterizza il suo pensiero attirò nuovi aspiranti discepoli, ma K. rifiutò sempre il ruolo di maestro e predilesse lo stile della conversazione a quello della lezione.

Evitò perciò di formalizzare un suo ‘insegnamento’: le sue parole dovevano solo servire come specchio perché le persone potessero osservarsi ed, eventualmente, cambiare. 

Fondò varie scuole ispirate dal principio che i pregiudizi sociali non dovessero condizionare le menti dei bambini e finalizzate non soltanto all’acquisizione di conoscenze, ma soprattutto al «risveglio dell’intelligenza». 

Si prodigò molto per il dialogo fra religione e scienza (cfr. la conversazione con il fisico D. Bohm raccolta in The ending of time, London 1985; trad. it. Dove il tempo finisce).

Non esiste, secondo K., un unico metodo che valga per tutti, nessuno può perciò evadere dai propri problemi affidandosi a un maestro o a un’istituzione («la verità è una terra senza sentieri», disse nel discorso di scioglimento dell’Ordine). 

Allo stesso modo tentare di migliorare la società è aggirare il problema, poiché non è questa a determinare l’uomo bensì il contrario. 

Per evitare di portare confusione e quindi dolore nel rapporto con il prossimo è invece centrale la conoscenza di sé, che può e deve essere realizzata immediatamente: «Capire me stesso non è questione di tempo; posso capirmi in questo esatto momento» (The first and last freedom, 1954; trad. it. La prima ed ultima libertà).

08/04/20

Galimberti sul Coronavirus: "Riaprire ora è una follia. La biologia è più forte dell'economia."






Al centro degli interrogativi e delle risposte di questi giorni difficili d’isolamento anticontagio c'è quella che viene chiamata ‘Fase 2', cioè la riapertura graduale di alcune attività commerciali e quelle lavorative. La task force italiana parla dell’individuazione di una fascia di popolazione immunizzata vicina al 10%, c'è ‘1 italiano su 20 che è immune al coronavirus' ha detto Silvio Brusaferro presidente dell’Iss. Molte persone rischiano, dunque, un possibile contagio. L'istituto Superiore di Sanità sta preparando la validazione dei test sierologici da poter usare su larga scala su campioni della popolazione. Sarebbero pronti già 100mila test. Tra le condizioni per la riapertura ad una qualche normalità in un suo articolo al Nyt, James Horowitz considera il fatto che potrebbero essere solo i cittadini immuni a poter rientrare a lavoro e quindi ad avvicinarsi ad una vita normale, a differenza di quelli più fragili o deboli. 

Abbiamo chiesto al filosofo Umberto Galimberti cosa pensa della Fase 2 e se una soluzione del genere possa minare i valori democratici ed etici della nostra società. 

Non si rischia di far vincere il più forte sul più debole, professore? 

Etica e democrazia sono modalità con cui si organizza la vita, prima bisogna cominciare a vivere e poi forse potremo discutere di etica e democrazia. Abbiamo una visione troppo ottimistica se pensiamo a tornare a lavoro e alla economia, in questa fase dobbiamo, invece, essere severissimi almeno finché non c’è il vaccino. Prevedo che l’epidemia possa tornare, per esempio in autunno, anche in Cina. Vede mia moglie – scomparsa qualche anno fa - era biologa molecolare e parlavamo molto di scienza, per me davanti a un virus così non c’è salvezza, ora è lui il più forte, se apriremo a chi è immune o si è auto-vaccinato insieme a loro seguiranno anche gli altri che non lo sono, e non faremo che peggiorare il problema. 

Eppure c’è una parte consistente di Paese che crede nell’importanza di una ripresa economica..

L’Economia viene dopo la biologia che di per sé è più forte. La frenesia con cui si lavora - dovremmo averlo già capito - crea precarietà biologica, ed è per questo che ci indeboliamo a discapito del nostro sistema immunitario. La biologia viene prima, sia nel bene che nel male. In questa fase bisogna essere ossequiosi rispetto a quello che dicono i sanitari, l’unica ancora di salvezza è la scelta biologica, solo quella conta. 

Allora cosa è successo all’inizio dell’epidemia? Parte di scienza e parte di politica hanno sottovalutato il problema? 

La scienza non è la verità, la scienza dice solo cose esatte ‘exacto’ cioè ‘ottenute da’, dalle premesse da cui parte l’indagine, non è la verità, essa si colloca accanto a ciò che è esatto. Inoltre la scienza si riferisce spesso alla probabilità, ecco che se uno dice cose sbagliate, allora loro hanno sbagliato. 

Qual è il problema di chi si sente spinto a reagire contro le restrizioni? 

La gente sbaglia, pensa di essere furba e immune, ma è solo molto disordinata, come quelli che pensano che la morte non li debba mai toccare, e invece poi arriva per tutti. Io vivo a Milano. Possibile che in un capoluogo così importante ci siano state 9000 persone denunciate? Forse potremmo tornare a pensare… 

Pensare a cosa? 

Ispezionare la nostra interiorità a cui non badiamo mai, non sappiamo chi siamo e non è bello vivere a nostra insaputa. Ciascuno guardi in faccia se stesso e il suo stile di vita, appena finirà lo si vedrà, tutti si butteranno a rifare le stesse cose che facevano prima e non sarà cambiato proprio nulla. Tutti si comporteranno esattamente come fanno i tossicodipendenti dopo un periodo di astinenza. Io, per esempio, sono contentissimo perché ho l’occasione di studiare più di prima, restando a casa mia. Dunque riaprire la cosìdetta Fase 2 sarebbe solo una follia, se sono i principi economici che contano allora bisogna invertire le priorità. 

Lo direbbe a chi prende decisioni, alla Politica? 

Vede, la politica non è più luogo della decisione che è riservata esclusivamente all’economia. Chi fa polemica politica in questo momento è un criminale. L’Europa concede aiuti, ma poi chi pagherà questi aiuti? Saranno i giovani, per me vittime sacrificali già da tempo. 

Non pensa a chi non ha i soldi per fare la spesa perché ha perso il lavoro? 

Tutti possono mangiare. Ci sono le opere di carità, non siamo in guerra, ecco questa è un’altra cosa su cui bisogna stare attenti: chi parla di guerra adesso lo fa in modo improprio, non stiamo vivendo una guerra, la guerra è un’altra cosa, lì non si arriva al cibo, per esempio. In guerra conosco il nemico e posso concluderla facendo un trattato di pace con lui, mentre qui è impossibile, perché questo nemico non lo conosciamo. Ci lamentiamo delle code da fare al supermercato, mentre in guerra non c’è da mangiare. Ci lamentiamo che siamo in casa, ma quando c’è guerra, le case vengono distrutte dalle bombe. Lei non crede che bisogna riflettere anche su questo? 


Fonte: 

16/03/20

Cosa sono i virus? Quel poco che ne sappiamo



Quando sentite parlare di relativismo, ricordatevi che - ce lo insegna la pandemia attuale - il relativismo riguarda da vicino anche la scienza, che non è portatrice di verità assolute, ma solo di risultati parziali, validi fino a prima della prossima scoperta scientifica. 

Il fatto è che l'uomo - e dunque la scienza -  sa ancora pochissimo dei virus, che sono l'entità biologica in assoluto di gran lunga più abbondante sulla Terra.

Ma anche il concetto di "entità biologica" applicato ai virus è fonte di parecchi problemi: 

I virus infatti sono acellulari. Nel senso che non sono fatti di cellule, ma si replicano solo all'interno di altre cellule.

Il primo virus è stato scoperto nel 1892.

Attualmente si conoscono SOLO 5.000 specie di virus, descritte in dettaglio. Si ritiene però che ne esistano MILIONI di diversi tipi e che esistano in tutti gli ecosistemi della terra, anche i più estremi.

Nella storia dell'evoluzione, le origini del virus sono sconosciute.

I virus sono considerati da alcuni biologi come forme di vita, anche se in effetti, non essendo dotati  né di cellule proprie, né di metabolismo, sono spesso indicati come organismi "ai margini della vita", qualunque cosa questo significhi. 

I virus possono infettare tutti i tipi di forme di vita, dagli animali, alle piante, ai microrganismi (compresi batteri e archeobatteri).

La gran parte dei virus sono talmente piccoli da essere invisibili anche al microscopio, essendo dell'ordine di  grandezza di un centesimo di un normale batterio.

I virus, come è noto, pur aggregandosi a forme biologiche - cellule - sono immuni dagli antibiotici. E un piccolissimo, quasi insignificante organismo "ai margini della vita" è ancora oggi in condizione di mettere in ginocchio una intera comunità - mondiale - di esseri umani.

In conclusione, la scienza sa ancora pochissimo di cosa sono e come funzionano i virus. Dovremmo tenerlo a mente quando sovraccarichiamo la scienza di aspettative quasi fosse la nuova divinità.

Fabrizio Falconi
marzo - 2020 

20/11/19

Incredibile ! Secondo gli scienziati, "Angeli e Demoni", la famosa opera di Escher, svela come si deforma la materia


La disposizione quasi psichedelica di angeli e demoni nella celebre opera 'Cerchio Limite IV (Paradiso e Inferno)', realizzata nel 1960 dall'artista olandese Maurits Cornelis Escher, consente di prevedere come un corpo cristallino modifichera' la sua forma se sottoposto a sollecitazioni esterne

E' dunque l'arte a lanciare un prezioso assist alla scienza per capire meglio come si generano frane, valanghe, terremoti e come si deformano i materiali nel micro e nanomondo. 

Lo dimostra lo studio pubblicato su Physical ReviewLetters da un gruppo internazionale di ricerca che ha coinvolto il Politecnico di Milano e l'Universita' di Padova. 

"L'incisione di Escher - spiega Paolo Biscari, professore di fisica della materia del Politecnico - e' legata al lavoro di matematici che nella meta' del secolo scorso stavano esplorando le proprieta' degli spazi iperbolici, ovvero spazi dove non vigono le leggi della geometria euclidea, per cui puo' accadere che due rette parallele si allontanino o si avvicinino"

Proprio osservando l'opera d'arte, e' scoccata la scintilla che ha permesso ai ricercatori di elaborare un nuovo approccio per descrivere attraverso la matematica i fenomeni di deformazione di materiali complessi

Focalizzandosi sull'intreccio di angeli e demoni, hanno infatti intuito che ogni punto dello spazio iperbolico (come ogni punto del disegno di Escher) puo' essere associato a una forma di un corpo cristallino, come un metallo

Nelle sue deformazioni, il materiale cambia di volta in volta passando per esempio dalla forma associata a un angelo a quella associata a uno degli angeli vicini. 

"I corpi seguono dunque delle vie preferenziali per cambiare forma, e se alcune deformazioni (quelle elastiche) possono tornare indietro, altre (quelle plastiche) non possono farlo", sottolinea Biscari. "Questo ci aiuta a capire meglio come cambiano forma i materiali nel micro e nanomondo, ma anche i meccanismi che generano frane, valanghe e terremoti, dove a volte lunghe sollecitazioni sembrano non generare alcuna deformazione finche' un piccolissimo cambiamento scatena il fenomeno".



15/05/19

Tarocchi e I-Ching: Esce un nuovo libro, "I codici del cambiamento", con nuove tesi, presentato venerdì prossimo a Roma.




L’I Ching e i Tarocchi, due tra i più antichi testi di sapienza tradizionale, custodiscono, nella loro matrice codificata, una segreta conoscenza del DNA e dei suoi meccanismi. 

Un numero sempre più elevato di studi scientifici ipotizza che il DNA sia una vera e propria lingua che, svolgendo funzioni di meta-comunicazione simili a quella di un’antenna ricetrasmittente, risponde a diversi tipi di frequenze, tra cui quelle del linguaggio e dell’attitudine umani

Sul piano simbolico, infatti, i 64 esagrammi del Libro dei Mutamenti e i 22 Arcani Maggiori del Tarot sembrano essere, rispettivamente, i corrispettivi delle 64 triplette genetiche e dei 22 aminoacidi che, sul piano biologico, governano la costruzione delle proteine, le molecole base della vita

In particolare, dalla loro interazione emerge l’esistenza di strutture definite Codici del Cambiamento o iCode che, in qualità di centri funzionali della coscienza, serbano le chiavi delle dinamiche interiori che sottendono a ogni essere umano. 

Il rivoluzionario lavoro di Bozzelli, dunque, offre un’audace prospettiva sul contenuto dell’I Ching e del Tarot, contenuto che, paragonabile a una tecnologia innovativa espressa da archetipi che si trasformano in Parole Chiave, cioè vibrazioni, consente di compiere una mirabile trasmutazione evolutiva lungo il personale cammino dell’esistenza. 

CARLO BOZZELLI, dopo gli studi di medicina veterinaria e la specializzazione in microbiologia, ha approfondito l’indagine, iniziata sin da giovane, della secolare Tradizione dei Tarocchi. Attraverso una ricerca scientifica e filologica condotta tramite la comparazione dei mazzi del passato e lo studio del millenario simbolismo sacro, sta riscoprendo l’antichissima saggezza custodita nelle Icone oggi note come Tarocchi. In qualità di mastro cartaio, ha restaurato e integrato l’originale gioco dell’incisore marsigliese Nicolas Conver, da molti esperti considerato il più importante modello di riferimento. È ideatore e docente dell’Accademia dei Tarocchi e fondatore dell’Associazione Tarologi Italiani. Autore dei libri Il codice dei Tarocchi (ed. Anima, 2012) e I Tarocchi: il vangelo segreto (Ed. Mediterranee, 2014), tiene conferenze e seminari in Italia e all’estero, pubblicando articoli e testi su riviste e portali on line. 

FRANCESCO D’AYALA è giornalista professionista. Scrittore. Lavora al Giornale radio della Rai. Da inviato si occupa di moltissimi temi quali la cultura, i libri, l’arte, l’archeologia ed i problemi inerenti al patrimonio culturale. 

Presentazione del Libro alla 
relatore: Carlo Bozzelli introduce: Francesco d'Ayala 

14/05/19

La Meravigliosa Coppa di Licurgo e i suoi segreti



Il meraviglioso calice che vedete nella foto possiede una intrigante caratteristica: quando è illuminato da una fonte diretta, esso appare di color verde-giada, mentre se la fonte di luce è posta dietro l’oggetto, esso apparirà di colore rosso sangue.

 Si tratta di un calice di vetro, conosciuto come ‘La Coppa di Licurgo’, acquistato nel 1950 dal British Museum, l’enigmatica proprietà del calice ha sconcertato gli scienziati per decenni.

Una prima risposta arrivò solo nel 1990, quando un team di ricercatori inglesi, esaminando alcuni frammenti del calice al microscopio, scoprì che gli artigiani romani furono pionieri nell’utilizzo di nanotecnologie.

 La tecnica consisteva nell’impregnare il vetro con una miscela di particelle di argento e oro, fino a farle raggiungere le dimensioni di 50 nanometri di diametro, meno di un millesimo delle dimensioni di un granello di sale.

 La precisione del lavoro e la miscela esatta dei metalli preziosi suggerisce che gli artigiani Romani sapessero esattamente quello che stavano facendo e che non si tratta di un effetto accidentale.

“Si tratta di un’impresa straordinaria”, spiega Ian Freestone, archeologo presso l’ University College di Londra. La vetusta nanotecnologia funziona in questo modo: quando il calice viene colpito con la luce, gli elettroni delle particelle metalliche vibrano in maniera tale da alterarne il colore, a seconda della posizione dell’osservatore. Ma una ricerca, di cui dà notizia lo Smithsonian Magazine, rivela alcune novità davvero sorprendenti.

Logan Gang Liu, ingegnere presso l’Università dell’Illinois, si è dedicato per anni allo studio del manufatto, fino a capire che questa antica tecnologia romana può avere utilizzi nella medicina, favorendo la diagnosi di alcune malattie e l’individuazione di rischi biologici ai controlli di sicurezza. 

“I romani sapevano come fare e come utilizzare le nanoparticelle per creazioni artistiche”, spiega il ricercatore. “Noi abbiamo cercato di capire se fosse possibile utilizzarla per applicazioni scientifiche”.

 Dal momento che non era possibile utilizzare il prezioso manufatto, il team guidato da Liu ha condotto un esperimento nel quale sono stati creati una serie di recipienti in plastica intrisi di nanoparticelle d’oro e d’argento, realizzando degli equivalenti della Coppa di Licurgo.

Una volta riempito ciascun recipiente con i più diversi materiali, come acqua, olio, zucchero e sale, i ricercatori hanno osservato diversi cambiamenti di colore.

Il prototipo è risultato 100 volte più sensibile dei sensori utilizzati per rilevare i livelli salini in soluzione attualmente in commercio.

Secondo i ricercatori, un giorno questa tecnica potrà essere utilizzata per rilevare agenti patogeni in campioni di saliva o di urina, e per contrastare eventuali terroristi intenzionati a trasportare liquidi pericolosi a bordo degli aerei.

Non è la prima volta che la tecnologia romana sorprende i ricercatori moderni, superando il livello attuale di conoscenza.

Un esempio è dato dallo studio sulla composizione del calcestruzzo romano, rimasto sommerso nelle acque del Mediterraneo per 2 mila anni.

I ricercatori hanno scoperto che la sua composizione è decisamente superiore al calcestruzzo moderno, sia in termini di durata che di ecocompatibilità.

Le conoscenze acquisite dai ricercatori vengono oggi utilizzate per migliorare il cemento che oggi utilizziamo. Non è ironico che gli scienziati si rivolgano alle tecniche utilizzate dai nostri antenati ‘primitivi’ per lo sviluppo di nuove tecnologie?

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

15/02/19

Einstein e Dio.






Io non sono ateo e non penso di potermi definire panteista. Noi siamo nella situazione di un bambino che è entrato in una immensa biblioteca piena di libri scritti in molte lingue.

Il bambino sa che qualcuno deve aver scritto quei libri, ma non sa come e non conosce le lingue in cui sono stati scritti.

Sospetta però che vi sia un misterioso ordine nella disposizione dei volumi, ma non sa quale sia.

Questa mi sembra la situazione dell’essere umano, anche il più intelligente, di fronte a Dio. 

La convinzione profondamente appassionante della presenza di un superiore potere razionale, che si rivela nell’incomprensibile universo, fonda la mia idea su Dio.

Albert Einstein

21/09/18

Dio Esiste ? "Le non ragioni degli atei - La grande domanda metafisica" - un bellissimo (e definitivo) intervento di Dario Antiseri.


«La scelta fra l’esistenza e l’inesistenza di Dio» – ha scritto Luigi Pareyson – «è un atto esistenziale di accettazione o ripudio, in cui il singolo uomo decide a suo rischio se per lui la vita ha un senso oppure è assurda, giacché a questa opzione si riduce in fondo e senza residuo quel dilemma. Tale opzione è eminentemente religiosa, anche quando si risolva in senso negativo, perché il ripudio di Dio è così strettamente legato all’accoglimento che in alternativa si può farne, che ne conserva sempre un’inconsapevole nostalgia. La filosofia, poi, in quanto sopravviene a scelta già fatta, non ha più voce in capitolo, non certo per affermare l’esistenza di Dio, ma nemmeno per negarla, perché anche il ripudio di Dio non è frutto d’un ragionamento, ma atto profondo e originario della persona. D’altra parte la filosofia non ha il compito di dimostrare l’esistenza di Dio, perché essa non estende la conoscenza a nuovi ambiti di realtà, ma riflette su esperienze esistenziali: il suo compito non è dimostrativo, ma ermeneutico»

E va da sé che il credente che non ha dubbi non ha fede. Hanno dubitato gli Apostoli. La «notte dell’anima» è esperienza di grandi anime mistiche

«L’uomo religioso» – è ancora Pareyson a parlare – «può capire il dubbio, che non è se non il risvolto della sua fede, un aspetto essenziale di essa o un suo momento interno, giacché la fede è ben lungi dall’essere un possesso tranquillo, sicuro e incontrastato, favorito dalla tradizione e ribadito dall’abitudine, ché anzi spesso è lotta durissima e tensione lancinante, appena lenita dalla consapevolezza ch’essa è cosa vivente e vivificatrice, bastevole a ispirare e riempire una vita intera». 

Dunque, se non hai dubbi non hai fede. 

Ma l’ateo troppo sicuro di sé usa o abusa della ragione? 

Quale prova è disponibile per poter sostenere che il tutto-della-realtà è rigorosamente e convincentemente riducibile a quella realtà di cui parla e può parlare la scienza? 

L’ateismo non è una teoria scientifica.

E non è certamente la scienza, finché la ricerca rimane nel suo legittimo ambito di azione, a negare la possibilità di una realtà trascendente.

E c’è di più. Difatti, se la fede conduce al mistero di un Dio creatore, l’ateo non si trova pure lui di fronte al fatto misterioso di un grumo di materia originario da cui si è sviluppata e si sviluppa la storia dell’universo? Questo grumo di materia si è autocreato? 

Come sostiene Wittgenstein nel suo Tractatus Logico-philosophicus, l’esistenza dell’universo è un fatto misterioso, suscita uno stupore abissale. La fisica sposta la «grande domanda» – la domanda metafisica –, non la elimina. 

Così come non la elimina, anzi la genera, la teoria dell’evoluzione della vita

Nessuno può negare che la scienza – con le sue domande e le sue risposte e la sua storia – non abbia alcun valore perché costruita da un essere che avrebbe per antenato una «scimmia». Ma questa «scimmia» rimessa a nuovo, oltre che porsi problemi scientifici, si è posta e seguita a porsi il problema del «senso», del «senso del tutto», un problema eminentemente religioso

E, allora, con quali argomenti lo scientista evoluzionista potrà affermare insensatezza, illusorietà della «richiesta di senso», cioè della domanda religiosa? 

La realtà è che la teoria evolutiva della vita non solo non cancella il problema religioso, ma lo fa emergere. 

Scrive Darwin: «Il sentimento di devozione religiosa è sommamente complesso perché consta di amore, di compiuta sommissione a un essere superiore elevato e misterioso, di un forte sentimento di dipendenza, di timore, di riverenza, di gratitudine, di speranza nell’avvenire, e forse di altri elementi. Nessuna creatura potrebbe provare un’emozione tanto complessa, senza che le sue facoltà morali e intellettuali abbiano raggiunto un certo grado di elevatezza».

22/04/18

Il Libro del Giorno: "Conoscenza, Ignoranza, Mistero" di Edgar Morin.




E' uno dei libri più intensi e meravigliosi che mi sia stato dato di leggere negli ultimi decenni. 

Quasi centenario (l'8 luglio compirà 97 anni), Edgar Morin ha scritto lo scorso anno questo breve saggio (148 pagine) di incredibile lucidità e profondità di sguardo. 

Con la sua celebre prosa asciutta e densa, il nobile vegliardo della filosofia contemporanea riesce ad offrire un testo-compendio, o testo-testamento, summa del suo percorso di conoscenza, durato quasi 70 anni tra studi, cattedre, onorificenze, seminari, convegni internazionali, pieno di folgoranti illuminazioni e di profonda consapevolezza. 

Con gli occhi lucidi di chi si avvicina alla morte, Morin distilla un percorso lungo l'attuale panorama delle conoscenze umane più estreme: cosa è la realtà, cosa è l'universo immane che ci circonda, cosa è la vita biologica, come sia nata e come sia possibile l'evoluzione, cosa sia la creatività della vita vivente, cosa quella umana e che cosa sia l'umano, che è sconosciuto a se stesso, cosa siano il cervello e la mente, cosa sia l'orizzonte post-umano che sembra attenderci tutti.

La constatazione, l'elencazione di queste conoscenze, rende evidente ciò che già avevano intuito i nostri padri. Chi aumenta la sua conoscenza aumenta la sua ignoranza, scriveva Friedrich Schlegel.  E San Giovanni della Croce: E la sua scienza aumenta mentre rimane senza sapere.

Queste due frasi sono portate in ex ergo insieme a diverse altre e riassumono lo spirito del libro: La conoscenza - che Morin ama smisuratamente, al punto di averne fatto il centro della propria esistenza - è problematica, perché, come scrive nelle prime pagine, Tutto ciò che è evidente, tutto ciò che è conosciuto diventa stupore e mistero. 

L'essere umano, infatti vive gettato (Heidegger) in una realtà misteriosa nella quale armonia e disarmonia si combinano e ciò che concorda e ciò che discorda si uniscono (Eraclito).

Più sappiamo del nostro universo, dell'universo che abbiamo intorno e che esploriamo con i nostri mezzi tecnologici sempre più potenti, sempre meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare che il 95% del nostro universo è formato di massa oscura ed energia oscura che non sappiamo ancora cosa siano. Per non parlare di come esso si sia formato e da cosa, di cosa vi fosse prima, di cosa ci sia oltre, di quale sia il destino dell'universo stesso. 

Più sappiamo della vita biologica, attraverso le nostre conoscenze, e meno ne sappiamo, sempre maggiore diviene il mistero. Basti pensare a come e perché la vita si sia sviluppata da sostanze inerti, del come essa si sia evoluta, di come in quel filamento di DNA siano contenute le informazioni contenute in 2 miliardi di anni di evoluzione dal primo organismo unicellulare alla macchina infinitamente complessa che è il corpo umano. 

Più sappiamo del cervello e della mente, attraverso indagini sempre più affrofondite, meno sappiamo di una macchina formata da cento miliardi di neuroni (dieci alla undicesima) collegati tra di loro e intrecciati in centomila miliardi di connessioni sinaptiche immerse in bagni di cellule gliali, meno sappiamo di cosa sia la coscienza, di come essa si sia formata, meno sappiamo del confine che esiste - ammesso che esista - tra la mente e il cervello. 

Più sappiamo del mondo atomico, e meno sappiamo, meno riusciamo a capire come sia possibile che tutta la realtà che noi vediamo sia formata essenzialmente da vuoto e da minuscole cariche elettriche, da particelle che sono anche onde e da quanti di energia. 

Insomma, il libro di Morin è una sublime  e informatissima cavalcata attraverso le estreme frontiere della scienza e della conoscenza, attraverso quello che hanno rivelato e quello di ancora più grande che nascondono, attraverso il mistero sconfinato che ci circonda e ci abita. 

Il fiammifero che accendiamo nel buio, scrive Morin, nelle ultime pagine, non solo rischiara un piccolo spazio, rivela anche l'enorme oscurità che ci circonda.

E' però un libro mirabile perché non vi è in esso una abiura della conoscenza, una rinuncia delle sue facoltà. Il Mistero non sminuisce per nulla la conoscenza che conduce ad esso, scrive anzi Morin.

Si può vivere, come fanno in tanti, quasi tutti, ignorando, banalizzando, razionalizzando l'ignoto e l'inconoscibile, in definitiva rimuovendolo e facendo finta che non esista.

Ma non servirebbe e non serve a niente: Morin ci impartisce invece una lezione definitiva. Il Mistero va affrontato, il mistero ci incoraggia a decidere e ad agire nell'incertezza, ci pungola a partecipare all'avventura umana,  una avventura che mischia il sublima e l'orribile, ci spinge ad accettare consapevolmente e con pienezza, la nostra aspirazione alla gioia e all'estasi che ci dà il senso (illusiorio? veritiero?) di unirci a un'innominabile sublimità che ci trascende. 

Un libro che è una esperienza. Anzi che E' esperienza. E che non si dimentica.