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04/02/20

L'amore tra fratelli, diverso da ogni altro tipo di amore



Dustin Hoffman e Tom Cruise, fratelli 
in Rain Man di Barry Levinson, 1988


L'amore tra fratelli è misteriosamente diverso da ogni altro tipo di amore (per un compagno, per un amico, per un genitore). 

Nell'amore tra fratelli germogliano sentimenti ambigui dovuti al crescere insieme e al fatto di essere diversi pur essendo uguali e di essere uguali pur essendo diversi

I fratelli e le sorelle possono anche odiarsi è vero, perché in quella ambiguità ci sono gelosia, invidia, competizione, confronto, prevaricazione, sottomissione. 

Ma quando e se l'amore com-prende e scioglie questi nodi, forma due individui che vivono parallelamente, che soffrono insieme, si nutrono di un piacere reciproco, si sorreggono e si slanciano a vicenda, aspettandosi, raggiungendosi

È vero che nessuno, specie dopo la morte dei tuoi genitori, può comprenderti meglio di un fratello, perché il fratello conosce la tua ombra e tu la sua. E anche da lontani, anche da perduti, questo resterà fino alla fine.


Fabrizio Falconi
- febbraio 2020

26/02/17

Cesare Viviani: "Dov'è finito il tempo dei sentimenti ?"




Oggi, guardando alla vita di chi lavora, una cosa salta subito agli occhi: il tempo è occupato per la maggior parte dall'attività (e dal suo valore, che sta nei risultati, nell'autostima e nella stima degli altri).

Certamente il lavoro condensa grandi significati. 

Poi, nel tempo libero c'è il divertimento e lo svago (gli hobby e le diverse opzioni per distrarsi e giocare, oggi accresciute dalle attraenti novità tecnologiche): un modo questo per bilanciare il sacrificio e l'impegno delle ore occupate.

Perciò la vita è lavoro e divertimento. 

E il sentimento ? C'è un tempo, non striminzito, per gli affetti, per viverli, nutrirli e approfondirli ? Ci sono ore per l'ascolto e per il cuore ? 


Oppure, sia per il gran lavoratore che per l'appassionato hobbista è tutto tempo perso ?

27/06/12

"Il matrimonio ucciso dal sesso." Un articolo di Keith Botsford.



Non mi capita spesso, debbo dire, di vedere Montaigne, uno degli uomini più saggi e spassionati, citati sui giornali. Eppure eccolo lì, su Le Figaro del 13 agosto: “il matrimonio è un legame religioso e devoto; perciò il piacere che ne traiamo dovrebbe essere un piacere limitato, serio, e in qualche misura anche severo. Dovrebbe essere una voluttà prudente e coscienziosa." 

Ho letto queste parole e, come era successo allo scrittore francese Pascal Bruckner che le citava, mi hanno dato da pensare. Perché questa non è certo la descrizione delle unioni del nostro tempo. Oggi il matrimonio – quando esiste, o per quanto dura – raramente è religioso e ancor più raramente è devoto e il piacere che ne deriva è la stessa gratificazione istantanea disponibile anche al di fuori del matrimonio. Vale a dire, pura libidine. Ed essendo solo quello, appassisce col tempo. 

La nostra cultura tradizionale, ci ricorda Bruckner, riconosceva la fragilità dell’erotismo. Per questo occorreva qualcos’altro per garantire la durata del matrimonio – la “prudenza e coscienziosità” di Montaigne. Noi invece abbiamo imboccato la strada opposta: siamo imprudenti e trascurati. Appena consumata una unione, passiamo a un’altra e a un’altra ancora. Di fatto la situazione è ancora peggiore di quanto ammetta Bruckner, perché il nostro eros oggigiorno cerca il suo oggetto senza nessuna considerazione per la durata o la continuità. E lo cerca in se stesso; nell’informe e nell’androgino; nei bambini; negli animali; nel senso della comunità, o in tutte quelle fantasie perverse che, a lungo sepolte nell’inconscio, sono ora venute alla luce sotto forma di pornografia, che illumina la coppia moderna o l’onanista solitario. 

Nulla è più peculiare del nostro tempo di questa continua ricerca di novità, di conoscenza di una funzione biologica, di “liberazione” da quei vincoli che hanno fatto dell’amoreggiare un atto umano anziché animalesco. Nel corso della mia vita – anzi, nella mia stessa vita – ho assistito a questa trasformazione chiamata eufemisticamente “liberazione”. 

Questa liberazione, osserveranno probabilmente gli storici del futuro, non è soltanto delle donne – non concepire (contraccezione), non far nascere (aborto) e non sposarsi (divorzio) – ma anche dei loro potenziali partner che ora, affrancati dal rischio e dalla responsabilità della relazione erotica (procreazione e/o matrimonio) possono andare a briglia sciolta con l’immaginazione. E lo fanno. 

I risultati, come li elenca Bruckner, dovrebbero far riflettere chiunque. Avendo la società rinunciato (con un libero voto !) a porre vincoli, nessuno è implicato nella relazione di due adulti. La prima conseguenza è abbastanza terribile: significa che “se l’unione fallisce, uno può biasimare solo se stesso. “ Ma in che cosa consiste questo fallimento ? 

03/11/11

Orientarsi ad amare (veramente) - Simone Weil.


Una volta ho trascorso alcuni giorni in montagna meditando insieme alla grande anima di Simone Weil, attraverso i suoi scritti.

Tutti noi nella vita, ci riempiamo le orecchie e le bocche della parola Amore. E invano ne cerchiamo il senso, il significato, il sapore.

Potremmo dire che tutta la vita la passiamo a cercare l'amore. Quello stesso amore che sappiamo che esiste.
Che una madre ci ha donato mettendoci al mondo, e proteggendoci nei primi istanti della nostra vita, e che mai più riusciamo a trovare (o quasi mai) nei termini esatti in cui noi lo vogliamo.

L'amore - questo lo capiamo invecchiando - non viene mai. Non viene mai, se non impariamo NOI STESSI ad amare, a darlo. E' questa la più grande certezza che ciascuno può sperimentare, ma che è invitato a fare prima che i rimpianti prendano il posto della pienezza:  se non si è capaci di amare, non si verrà mai amati.

Ma come si fa ad amare ? E soprattutto come si fa a mantenere vivo il proprio amore, a non lasciarlo appassire, scivolare, corrompere dalla vita di tutti i giorni ? A questa grande domanda risponde Simone Weil, morta a 34 anni per la consunzione di una vita e di un amore donato per tutta la vita, di una vita quasi leggendaria.

Scrive Simone nel 1942 mentre si trova a Marsiglia, per sfuggire ai nazisti e al suo destino di ebrea: "bisogna soltanto sapere che l'amore è un orientamento e non uno stato d'animo. Se lo si ignora, si cade nella disperazione al primo contatto con la sventura. " 

Queste poche parole, in quei giorni trascorsi in montagna, mi hanno folgorato. Le ho avvertite come pura verità. E' così, è semplicemente così. L'amore, per essere amore, amore vero, deve essere un ORIENTAMENTO, e non uno stato d'animo.

Solo se siamo orientati ad amare, riusciamo ad amare veramente. Se il nostro amore è uno stato d'animo, siamo come canne al vento. 

Orientarsi all'amore, vuol dire come aggiustare la sintonia di una radio. Mettersi in ascolto di quel che è l'amore vero, e volere soltanto quello. Orientarsi all'amore, vuol dire non avere più paura di niente. Nemmeno della morte.

Scrive ancora Simone Weil: Chi riesce a mantenere la propria anima orientata verso Dio mentre un chiodo la trafigge, si trova inchiodato al centro stesso dell'universo. E il vero centro, che non sta nel mezzo, che è fuori dello spazio e del tempo, che è Dio. Secondo una dimensione che non appartiene allo spazio, che non è il tempo, che è una particolare dimensione, questo chiodo ha fatto un foro attraverso la creazione, attraverso lo spessore dello schermo che separa l'anima da Dio.