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08/03/13

Diretta dal Conclave 4./ Lo scoop dell'Associated Press.





Agli esami di giornalismo, per l'accesso all'ordine professionale, si insegnava fino a poco tempo fa che la notizia più importante che si può dare nel corso di una carriera giornalistica è la morte di un Papa (seguita dalla elezione del nuovo). 

E' fin troppo ovvio che la nuova sensibilità post-moderna dominante ha scosso non poco questa ritenuta importanza, e la morte di un Papa o l'elezione di un nuovo è diventata agli occhi di molti del tutto irrilevante, o quasi. 

E' però fin troppo evidente che l'interesse mondiale per questi eventi è ancora larghissimo. In questi giorni a Roma ci sono già 5.000 (cinquemila) operatori dei media accreditati da tutto il mondo, e ogni giorno se ne aggiungono di nuovi. Provengono davvero da tutte le parti del mondo, anche le più remote. 

Nell'ultimo Conclave, quello che elesse Joseph Ratzinger, il pomeriggio del 19 aprile del 2005, ero lì. 

E in quella occasione, quello che è il segreto più impenetrabile per ogni giornalista - ovvero il nome e l'identità del futuro Pontefice nell'intervallo di tempo che separa la fumata bianca dalla proclamazione dalla Loggia delle Benedizioni -  fu violato, seppure per pochi secondi,  da una agenzia americana, l'Associated Press. 

Ma come avevano fatto ? Nessuno dei Cardinali in processione, dal tracciato che va dalla Sistina alla Casa di Santa Marta poteva aver comunicato la notizia. 

Si scoprì più tardi come era stato possibile. 

Un fotografo dell'AP, posizionato su uno dei due Propilei prospicienti la Piazza, con ottima visuale diretta sulla facciata della Basilica, dotato di un potente teleobiettivo, era riuscito a intravedere, attraverso le tende scostate sulla Loggia,  nella penombra, in fondo, dietro il corteo e la croce, il volto di Ratzinger, e aveva dato immediatamente la notizia, prima che il Cardinale eletto fosse nominato dal protodiacono con l'Habemus Papam

Uno scoop im-prevedibile e un po' avventuroso che ha dato all'Agenzia americana il singolare primato di aver per la prima volta nella storia bruciato  il nome del nuovo Papa. 

Fabrizio Falconi

27/11/08

La conversione di Gramsci - un "caso" inutile.


Mi colpisce davvero questo presunto "caso" che ritorna a tratti nel dibattito italiano, sulla conversione in punto di morte di Antonio Gramsci, e mi sembra nient'altro che una pedissequa e triste conferma al fatto che questo paese ormai sembra capace solamente di guardare (e di guardarsi) indietro, e totalmente incapace di pensare al (il) futuro.

Adesso, dopo i "rumours" del 1977, le rivelazioni arrivano direttamente dalla chiesa Cattolica e da un vescovo, Luigi De Magistris, il quale ha pensato di rendere di dominio pubblico le confessioni di una suora sarda, Suor Pinna, che sarebbe stata la testimone dell'evento.

Ora, mi chiedo: ma che bisogno c'è di esternare le ragioni o le circostanze di una conversio in puncto mortis di un personaggio storico o pubblico ? A che serve ? A chi giova ?

Il cuore dell'uomo, come dovrebbe essere chiaro soprattutto ad ogni cattolico, è un mistero pressochè inaccessibile. E le circostanze, i desideri, le speranze ultime, la disperazione, la grazia che possono portare un uomo che per tutta la vita è rimasto lontano dalla fede, a implorare il nome di Gesù, resteranno per sempre impenetrabili.

Che ne sappiamo noi di cosa spinge un uomo a convertirsi ? Che ne sappiamo di quel che succede nel suo cuore, ogni giorno, figuriamoci quando vede la morte stagliarsi di fronte a sè ? Davvero serve a qualcuno - serve magari anche alla propagazione di una causa - lo svelare che un uomo politico padre in Italia di una ideologia, non fu insensibile al richiamo di Gesù Cristo ?

Non sarebbe meglio lasciare in pace i morti ? Lasciare che se la cavino da soli, che affrontino quella 'sacra conversazione' come vorranno e se vorranno ?