13/07/08

Quando arriva la Grazia ? E per chi ? E per quali motivi ?


La notte del 1654 la Grazia, che aveva tanto invocato, per tutta la vita, coglie Blaise Pascal con una forza di cui restano tracce impressionanti in quello che viene chiamato MEMORIALE, e che è una sorta di Testamento Spirituale di uno dei più grandi Pensatori di tutti i tempi.

A Pascal che aveva fatto della ricerca tra luce e ombra, tra razionalità e fede, il compito di indagine di una vita, capitò qualcosa di così impressionante, che tutta la sua esistenza ne fu cambiata. Crisi mistica o ascetica ? Sembra che quella notte vi fu un violento temporale e che Pascal, nel cuore della notte, vide finalmente quella luce che tanto agognava.

Non ne parlò, però. Custodì il suo segreto.

Pochi giorni dopo i suoi funerali, un domestico si accorse di un pezzo di carta cucito all'interno del corpetto che il filosofo aveva indossato fino alla morte. Si trattava di una piccola pergamena scritta da Pascal proprio quella notte, la notte del 23 novembre 1654; venne denominata Memoriale, nome che tuttora conserva. Ecco cosa vi era scritto:

B. Pascal, Il Memoriale

L'anno di grazia 1654,

Lunedí, 23 novembre, giorno di san Clemente papa e martire e di altri nel martirologio,

Vigilia di san Crisogono martire e di altri,
Dalle dieci e mezzo circa di sera sino a circa mezzanotte e mezzo,
Fuoco.
Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei sapienti.
Certezza, Certezza. Sentimento. Gioia. Pace.
Dio di Gesú Cristo.
Deum meum et Deum vestrum.
“Il tuo Dio sarà il mio Dio”.
Oblio del mondo e di tutto, fuorché di Dio.
Lo si trova soltanto per le vie insegnate dal Vangelo.
Grandezza dell'anima umana.
“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto”.
Ch'io non debba essere separato da lui in eterno.
Gioia, gioia, gioia, pianti di gioia.
Mi sono separato da lui.
Dereliquerunt me fontes aquae vivae.
“Mio Dio, mi abbandonerai?”.
“Questa è la vita eterna, che essi ti riconoscano solo vero Dio e colui che hai inviato: Gesú Cristo”.

Gesú Cristo.

Gesú Cristo.

Mi sono separato da lui; l'ho fuggito, rinnegato, crocifisso.

Che non debba mai esserne separato.

Lo si conserva soltanto per le vie insegnate dal Vangelo.

Rinuncia totale e dolce.

Sottomissione intera a Gesú Cristo e al mio direttore.
In gioia per l'eternità per un giorno di esercizio sulla terra.

Non obliviscar sermones tuos. Amen.

Ecco, dunque.
Così arrivò la Grazia.

E noi, oggi, cosa dobbiamo fare per averla ? Dove dobbiamo cercarla ? Quando arriva ? Per quali disegni, e in quali modi ? Perchè a me sì e a un altro no ? Anche noi vedremo la Luce ?
in testa: maschera funeraria di Blaise Pascal.

07/07/08

La Parola di Gesù nei Vangeli e quella di Salomè-Augias.


Incredibile come in alcuni passi del Vangelo si trovino riassunti in poche righe dei veri e propri trattati di Teologia. E' il caso del brano del Vangelo di Matteo proposto dalla Liturgia di ieri.

Gesù, secondo quanto scrive l'Evangelista, in quel tempo, disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo edella terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agliintelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, chesono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".


Si potrebbe scrivere qualche centinaio di trattati su queste poche e apparentemente semplici parole.


La cosa che qui mi interessa è che anche in questo brano del Vangelo, Gesù il Nazareno si autoproclama il Figlio di Dio: Egli, cioè chiarisce da se stesso, la Sua natura divina. Senza nessun possibile fraintendimento, senza nessuna ambiguità. Sono parole molto chiare: "nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. "


E' il centro del credo cristiano. Ed è il centro di quel grande mistero irrisolvibile con strumenti di indagine scientifica che rappresenta la figura storica di Gesù.

Intorno a questo mistero - io credo - ci vorrebbe molta prudenza. E bisognerebbe sempre evitare 'giudizi tranchant'.

Eppure ecco, ad esempio, quel che leggo proprio oggi in una rubrica di libri del Venerdì di Repubblica. Corrado Augias recensisce 'Gesù L'ebreo', il noto testo di Lou Andreas Salomè (l'amante di Nietzsche) e osservatrice non certo fredda e imparziale del Cristianesimo, e Augias scrive, testualmente:

" Questo saggio del 1896 ha acquistato un valore quasi profetico. Gesù appare come un messia ebraico invasato dall'attesa del Regno, analisi sulla quale gran parte della storiografia moderna oggi concorda. "

Un 'messia ebraico invasato' ???

"Analisi sulla quale gran parte della storiografia moderna oggi concorda ??"

Ma Augias ha scritto il giudizio su 2.000 anni di Cristianesimo, e ha deciso lui che Gesù era solo uno dei tanti profeti esaltati ? E la storiografia moderna che legge Augias comprende anche i molti che si dichiarano convinti che Gesù il Nazareno è vissuto realmente e che si fermano di fronte alla impossibilità di definirne la Natura - umana o divina - non essendovi disponibili testi storici o scientifici incontrovertibili, ma solo evangeli, cioè testi che sono diventati fondamenti di fede ?

03/07/08

Ode a Ingrid Betancourt.


Erano i tuoi figli,
carne della tua carne,
fiato del tuo fiato,
e ti aspettavano.

Ingrid della notte,
Ingrid della foresta,
Ingrid della paura e del riso,
del coraggio e del pianto.

La vita Ingrid, non è soltanto
lacrime. E' l'abbraccio
dei tuoi figli, è il Paradiso,
sono le tue mani incredule

che stringono il crocefisso,
sono i tuoi occhi che sperano
i tuoi capelli liberi,
la forza del tuo credere

nonostante tutto.
La vita è bellissima, Ingrid,
è - hai detto - come il giorno del Paradiso,
come un allegro ritrovarsi

per sempre.


30/06/08

Le Impronte ai Bambini Rom - Un attacco durissimo da Famiglia Cristiana.


Certe volte ho l'impressione che i cattolici in questo paese esistano solo per 'turarsi il naso' e andare a votare - una volta per l'uno e una volta pe l'altro - evaporando in ogni altra occasione di vita pubblica.

'Essere cattolici', ma prima di tutto 'essere cristiani' dovrebbe significare
- io credo - non dimenticare che in ogni nostra manifestazione privata o pubblica siamo chiamati o saremmo chiamati a mettere in pratica gli insegnamenti di Gesù il Cristo, le sue Parole trasmesse nei Vangeli.

Così registro con una certa sorpresa ( e senza nessuna velleità di fare un discorso 'politico', di una parte contro l'altra), ma anche con contentezza - finalmente ! - una presa di posizione di una durezza formidabile da parte del maggior settimanale cattolico italiano sulla triste vicenda della proposta di legge di 'schedatura' mediante impronte dei bambini appartenenti alle comunità rom in Italia.

Ecco quanto riferisce il sito http://www.corriere.it/ lanciando la notizia in apertura di home page:

ROMA - «Una proposta indecente». Famiglia Cristiana boccia duramente la proposta del ministro dell'Interno, Roberto Maroni, sulla raccolta delle impronte digitali dei bambini rom. «Alla prima prova d'esame - scrive Famiglia Cristiana nell'editoriale del nuovo numero - i ministri "cattolici" del Governo del Cavaliere escono bocciati, senza appello. Per loro la dignità dell'uomo vale zero. Nessuno che abbia alzato il dito a contrastare Maroni e l'indecente proposta razzista di prendere le impronte digitali ai bambini rom». «Avremmo dato credito al ministro - sottolinea il settimanale nell'editoriale di questa settimana - se, assieme alla schedatura, avesse detto come portare i bimbi rom a scuola, togliendoli dagli spazi condivisi coi topi. Che aiuti ha previsto? Nulla».

VOLTO FEROCE - «Non stupisce, invece - continua Famiglia Cristiana - il silenzio della nuova presidente della Commissione per l'infanzia, Alessandra Mussolini (non era più adatta Luisa Santolini, ex presidente del Forum delle famiglie?), perché le schedature etniche e religiose fanno parte del Dna familiare e, finalmente, tornano a essere patrimonio di Governo. Non sappiamo cosa ne pensi Berlusconi: permetterebbe che agenti di polizia prendessero le impronte dei suoi figli o dei suoi nipotini?». «Oggi, con le impronte digitali - prosegue - uno Stato di polizia mostra il volto più feroce a piccoli rom, che pur sono cittadini italiani. Perché non c'è la stessa ostinazione nel combattere la criminalità vera in vaste aree del Paese? La Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia (firmata anche dall'Italia, che tutela i minori da qualsiasi discriminazione) non conta più niente. La schedatura di un bambino rom, che non ha commesso reato, viola la dignità umana. Così come la proposta di togliere la patria potestà ai genitori rom è una forzatura del diritto: nessun Tribunale dei minori la toglierà solo per la povertà e le difficili condizioni di vita». «Quanto alle impronte - aggiunge il settimanale - se vogliamo prenderle, cominciamo dai nostri figli; ancor meglio, dai parlamentari: i cittadini saprebbero chi lavora e chi marina, e anche chi fa il furbo, votando al posto di un altro».



25/06/08

"Fare sesso" - Lucetta Scaraffia.



Come proclamò il famoso mantra di Nanni Moretti anni fa, le parole sono importanti. Anche quando non ce ne accorgiamo.

Così è importante questa riflessione pubblicata ieri da Lucetta Scaraffia sul Calendario del Corriere della Sera che induce a soffermarsi su un (ormai) vieto modo di dire:

"Mai però si era sentita una espressione volgare come "fare sesso", scrive Aldo Cazzullo su Io Donna di sabato scorso, e non si può non dichiararsi d'accordo.

Dal momento che le cose sono anche il loro nome, questo modo di dire ormai universalmente diffuso (naturalmente noi italiani l'abbiamo importato dagli americani 'make sex', nota mia) - che fa il paio con l'altra definizione "sessualmente attivo" - costituisce la dimostrazione più evidente del fallimento della rivoluzione sessuale, della grande utopia che ha attraversato il Novecento e che prometteva a tutti una felicità a portata di mano.

Invece, dopo aver liberato il sesso prima dalla procreazione, poi dal matrimonio, e infine dall'amore, lo si è ridotto ad una attività ludica simile a tante altre: un po' come si dice 'fare jogging', ' fare shopping', o 'fare un week end'.

E quello che è andato perso non è soltanto l'impegno procreativo, o l'impegno amoroso: in questa dissacrante leggerezza si è forse perso il senso dell'umano, dell'incontro tra due esseri che, come bene dice un antico testo di una qualche notorietà, unendosi ' si conoscono."



19/06/08

Il Vangelo Secondo Matteo - di Pier Paolo Pasolini.


Come è possibile che il miglior film su Gesù Cristo - il più puro, il più radicalmente vicino al Messaggio autentico dei Vangeli - sia stato realizzato da un uomo controverso e apparentemente lontano dalla fede, un peccatore (il termine è usato come provocazione) convinto e conclamato ?

Le ragioni, forse stanno in questo articolo che vi consiglio caldamente di leggere e che ho tratto da http://www.hideout.it/ e che puo' essere letto nella sua completezza all'indirizzo originale:




Pasolini scopre il Vangelo quasi per caso, durante un soggiorno ad Assisi nel quale voleva incontrare Papa Giovanni XXIII. Ne rimane subito profondamente colpito, per due motivi principali: «Dal punto di vista religioso, per me, che ho sempre tentato di recuperare al mio laicismo i caratteri della religiosità, valgono due dati ingenuamente ontologici: l’umanità di cristo è spinta da una tale forza interiore, da una tale irriducibile sete di sapere e di verificare il sapere, senza timore per nessuno scandalo e nessuna contraddizione, che per essa la metafora di “divinità” è ai limiti della metaforicità, fino a essere idealmente una realtà. Inoltre: per me la bellezza è sempre una “bellezza morale” non mediata, ma immediata, allo stato puro, io l’ho sperimentato nel Vangelo.»

C’è poi il Pasolini marxista che da quindi una lettura più politica del Cristo, ma mai dogmatica, sempre personalissima e aperta ai temi universali dell’uomo: «Seguendo le accelerazioni stilistiche di Matteo alla lettera, la funzionalità barbarico-pratica del suo racconto, [l’abolizione dei tempi cronologici, i salti ellittici della storia con dentro le “sproporzioni” delle stasi didascaliche (lo stupendo, interminabile discorso della montagna)],
la figura di Cristo dovrebbe avere, alla fine, la stessa violenza di una resistenza: qualcosa che contraddica radicalmente la vita come si sta configurando all’uomo moderno, la sua grigia orgia di cinismo, ironia, brutalità pratica, compromesso, conformismo, glorificazione della propria identità nei connotati della massa, odio per ogni diversità, rancore teologico senza religione. Il Vangelo doveva essere secondo me un violento richiamo alla borghesia stupidamente lanciata verso un futuro che è la distruzione dell’uomo, degli elementi antropologicamente umani, classici e religiosi dell’uomo.»

E’ interessante vedere come le scelte registiche del film prendano una direzione inaspettata per lo stesso Pasolini, come se la materia sacra lo avesse trascinato verso una direzione diversa da quella che si era prefissato di seguire: «Io tendevo a forzare la materia nella direzione dell’attualità, mentre lo facevo credevo che questo avesse un grandissimo peso. Per esempio quando facevo i soldati di Erode vestiti da fascisti, i soldati romani come la Celere, quando facevo Giuseppe e Maria profughi come profughi spagnoli sui Pirenei e così via, credevo che queste cose venissero fuori molto di più, cioè credevo di poter attualizzare il Vangelo senza toccare l’intima fedeltà che avevo stabilito fin da principio […]. Tutti questi richiami all’attualità, queste citazioni di Dreyer, questo insieme di fatti espressivi e espressionistici, che credevo saltassero molto fuori, in realtà si sono poi livellati nell’insieme del film, hanno raggiunto una loro specie di fermezza,
di distacco che io non avevo calcolato e che è venuto fuori a mia insaputa e quindi mi sto ancora chiedendo io stesso il perché».

«Il Vangelo è stato per me una cosa così spaventosa che, mentre lo facevo, mi ci aggrappavo e non pensavo più a niente. […] Dopo i primi tre giorni di lavorazione avevo deciso di sbaraccare tutto. […] Poi una sera ho messo lo zoom sulla macchina, il 300, ho cominciato a fare delle esperienze, e ho continuato così, giorno dopo giorno. […] La liberazione e l’invenzione tecnica si erano prodotte al di fuori di ogni programmazione. […]

Il Vangelo mi poneva il seguente problema: non potevo raccontarlo come una narrazione classica perché non sono credente ma ateo. D’altra parte io volevo filmare Il Vangelo secondo Matteo, dunque raccontare la storia del Cristo figlio di Dio, dunque raccontare una storia alla quale non credevo.

Dunque non potevo essere io a raccontarla. E’ così che, senza precisamente volerlo, sono stato portato a rovesciare tutta la mia tecnica cinematografica e che è nato questo magma stilistico che è proprio al “cinema di poesia”. Perché, per poter raccontare il Vangelo, ho dovuto tuffarmi nell’anima di qualcuno che crede. Qui è il discorso libero indiretto: da una parte la narrazione è vista attraverso i miei occhi, dall’altra attraverso gli occhi del credente. Ed è l’utilizzazione di questo discorso libero indiretto che è causa della contaminazione stilistica, del magma in questione.»

Pasolini però, con grande pudore e rispetto, si ferma nel punto in cui il suo sguardo di ateo e il mezzo cinematografico stesso non possono arrivare: «Io avrei potuto demistificare la reale situazione storica, nei rapporti tra Pilato e Erode, avrei potuto demistificare quella figura di Cristo mitizzato dal romanticismo, dal cattolicesimo della Controriforma, avrei potuto demistificare tutte queste cose, ma poi come avrei potuto demistificare il problema della morte? Cioè il problema che non posso demistificare è quel tanto di profondamente irrazionale, e quindi in qualche modo religioso che è il mistero del mondo. Quello non è demistificabile».


Per chi vuole rivedere una delle scene forse più belle e intense del film, digiti qui sotto:



18/06/08

Plinio Perilli (e Pascal).


Questa semplice poesia è stata scritta da Plinio Perilli, poeta romano nato nel 1955. Mi piace perchè è una poesia che potremmo definire Pascaliana, già dal suo incipit.

Blaise Pascal, il più moderno tra i filosofi, colui che ebbe l'ardire di coniugare ragione e fede, dubbio e illuminazione, matematica e poesia, tormento ed estasi.

"Per chi desidera vedere c'è abbastanza luce, e abbastanza oscurità per chi ha intenzioni opposte" ( Pensiero n.139). L'uomo di oggi è esattamente a questo punto. Con tutte le meraviglie tecnologiche, e tutte le nostre conoscenze, siamo ancora allo stesso punto, a metà del guado: sospesi tra luce e oscurità e ancora una volta e sempre dobbiamo scegliere noi col nostro cuore da che parte stare.


C'è poca luce o troppa

se il nostro sguardo non si apre
a capirla da dentro, rinascere

figlio esatto del buio, astro o dardo
nel cuore, carne che guida stella,
croce e corona di quella morte.

Rotola via il macigno, nudo
di pietra e resta in terra estasiato
solo il cielo, tutto il male

redento come un piccolo fiore.

13/06/08

Pavel A. Florenskij


Questo scriveva Pavel A. Florenskij (1882-1937), una delle più grandi anime che abbiano calcato la Terra negli ultimi cento anni:

Verità, bene e bellezza: questa triade metafisica è un unico principio, è un'unica vita spirituale esaminata sotto vari punti di vista.

La verità manifestata è amore. L'amore realizzato è bellezza. Il mio stesso amore è azione di Dio in me, e mia in Dio.

Se i rapporti stretti ben dispongono alle emozioni concordi, il loro terreno più propizio è l'amicizia. La potenza e la difficoltà dell'amicizia non si esprimono in un pirotecnico attimo d'eroismo, ma nella placida fiammella della pazienza di tutta una vita.

La legge dell'identità è un monarca assoluto, ma i suoi sudditi non protestano contro la sua autocrazia solo perché sono spettri senza sangue, privi di esistenza reale, non sono persone ma solo ombre razionalistiche di persone. Questo è lo sheol, il regno della morte.

Non è possibile il minimo dubbio riguardo a quanto è detto giustamente della vita eterna nell'Apocalisse di Giovanni: "Non vi sarà più notte; non hanno più bisogno né della luce della lampada, né di quella del sole, perché il Signore Iddio splenderà su di loro" (22,5).

Questo non si può intendere se non della luce vera sensibile con la quale saranno illuminati gli occhi dei beati.

Considera il vetro, un corpo tanto compatto che nemmeno i profumi che da per tutto dilagano possono attraversarlo e, anzi, ne restano prigionieri; con quanta facilità la luce l'attraversa! Quindi tanto più la luce divina deve penetrare tutti corpi.

Soltanto il Signore Gesù Cristo è l'ideale di ciascun Uomo modello, idea di ogni persona con tutto il suo contenuto vivo.

Esistono due mondi e questo nostro mondo si cruccia nelle contraddizioni se non vive delle energie dell'altro mondo.

L'essenza stessa della percezione geniale del mondo sta nella capacità di penetrare nel profondo delle cose, mentre l'essenza della percezione illusoria sta nel nascondere a se stessi la realtà.

Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale.

La mia più intima persuasione è questa: nulla si perde completamente, nulla svanisce, ma si si custodisce in qualche tempo e in qualche luogo. Ciò che è immagine del bene e ha valore rimane, anche se noi cessiamo di percepirlo.

Vita di Pavel Florenskij:
http://it.wikipedia.org/wiki/Pavel_Aleksandrovi%C4%8D_Florenskij

Foto in testa: Mikahil Nestorov: "Filofofi: Pavel Florenskij e Sergei Bulgakov a passeggio", 1917 - Olio su tela, Tretyakov Gallery, Mosca, Russia.

09/06/08

Paraplegico: la Curia non consente le nozze.


La notizia è piuttosto semplice, nella sua sconsolante attualità:

Dopo un grave incidente automobilistico, un ragazzo romano è diventato paraplegico e per questa ragione anche impotente. Questa mattina il ragazzo ha sposato la sua fidanzata con rito civile in un'ospedale romano anche se aveva chiesto il rito religioso.

Il Vescovo di Viterbo, infatti, ha negato il consenso alle nozze poichè il giovane, dopo il grave incidente, non avrebbe più potuto avere figli.

Quando la notizia è diventata preda dei media - che non possono lasciarsi sfuggire una 'chicca' simile, la Curia di Viterbo ha 'prontamente' reso pubblica una nota nella quale si sottolinea che "I termini della questione non sono quelli raccontati: a chi di dovere sono state offerte tutte le motivazioni di una realtà che non dipende nè da discrezionalità nè dall'intenzionalità dei soggetti".

Insomma, un divieto che arriverebbe dal diritto canonico e non da una scelta soggettiva, e che quindi consente al Vescovo una ponziopilatesca uscita di scena e di responsabilità.

Lo stesso vescovo, Lorenzo Chiarinelli, si è detto dispiaciuto "di come la vicenda è stata trattata e strumentalizzata senza motivo".

Ora io dico: sono esattamente queste, mi sembra, le cose che allontanano molta gente dalla fede, confondendo la 'fede' con la 'regola' , ovvero in questo caso con il "diritto canonico", che con tutto il rispetto NON è la fede.


CHI è che decide che un matrimonio in cui il marito ha una impotentia copulandi causata da un incidente, NON possa essere benedetto dal Signore ?

CHI è che decide che un matrimonio nel quale non possa esservi la consumazione dell'atto copulativo (ma non tutte le altre manifestazioni, anche di vita sessuale e affettiva che possono interessare due esseri viventi che si amano) NON possa essere benedetto dal Signore ?

CHI è che decide che una unione tra due persone debba essere considerata Figlia di un Dio minore ?

CHI è che se la sente di dire che il Signore Gesù Cristo, se tornasse su questa Terra escluderebbe l'unione di queste due persone dalla possibilità di ricevere la Sua benedizione ?

Evidentemente c'è qualcuno che - basandosi su regole di Diritto Canonico (sono dettate da Dio ??) - se la sente di rispondere positivamente a tutte queste domande e dare una risposta certa, definitiva.

Eppure proprio ieri il Vangelo della Domenica, diceva - erano le parole di Gesù, il Cristo:

«Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

Misericordia, e non sacrificio....

Ma oggi, dov'è Misericordia ?

05/06/08

Le Apostole della Vita Interiore - Un video.



Siamo sommersi da segnali negativi. A volte si ha l'impressione veramente che il nostro mondo vada a rotoli, e che non vi siano più persone di buona volontà.

Ma non è vero.

Massimo Cerofolini e Maria Rosaria de Medici hanno realizzato questo bellissimo video - qua sopra la prima parte - che racconta la vita e la realtà di un Ordine di giovani persone, diverso dagli altri, e di un apostolato che ha scelto di vivere in mezzo ai problemi veri della gente che vive.

Clicca qui per vedere il video completo (12 minuti) su Google video.


02/06/08

Giovanni - Il prediletto, l'eletto.


Giovanni, dunque.

Il post dell'altro giorno ci è servito per introdurre - con la presenza di Giovanni a Roma - un piccolo discorso sull'enigmatica figura del Quarto Evangelista.

Devo confessare che quasi mai avevo riflettuto sul fatto che Giovanni, secondo quanto tramandatoci dalle scritture e le fonti antiche fu l’unico degli apostoli che non morì subendo il martirio, ma per morte naturale, in età veneranda.

Anche in questo, egli occupa dunque un posto a sè nella storia del Cristianesimo. Ma vediamo per bene, prima di proseguire nel viaggio, le notizie che abbiamo su di lui.

Secondo quanto ci riportano le fonti antiche, Giovanni è il prediletto di Gesù e fratello di Giacomo il Maggiore. Dopo la resurrezione di Gesù fu il primo, insieme a Pietro, a ricevere da Maria Maddalena l’annuncio del sepolcro vuoto, e fu il primo a giungervi, entrandovi poi dopo Pietro.

Dopo l’ascesa al cielo di Gesù, gli Atti degli Apostoli ce lo mostrano accanto a Pietro in occasione della guarigione dello storpio al Tempio di Gerusalemme e poi nel discorso al Sinedrio, dopo il quale fu catturato e poi con Pietro incarcerato.

Sempre insieme a Pietro si reca in Samaria. Nel 53 Giovanni si trova ancora a Gerusalemme: Paolo infatti lo nomina (Gal 2, 9) insieme a Pietro e a Giacomo come una delle «colonne» della Chiesa. Ma verso il 57 Paolo nomina a Gerusalemme solo Giacomo il Minore: dunque Giovanni non c’è più, trasferitosi a Efeso, come concordemente testimoniano le fonti antiche, fra le quali basterà citare, per tutte, Ireneo (Contro le eresie, III, 3, 4): «La Chiesa di Efeso, che Paolo fondò e in cui Giovanni rimase fino all’epoca di Traiano, è testimone veritiera della tradizione degli apostoli».

La permanenza di Giovanni a Efeso, dove scrive il Vangelo (secondo quanto afferma ancora Ireneo), è interrotta, come le stesse fonti antiche ci dicono, dalla persecuzione subita sotto Domiziano (imperatore dall’81 al 96), probabilmente verso l’anno 95.

Si innesta qui la tradizione, riportata anche da molti autori antichi, del suo viaggio a Roma e della sua condanna a morte in una giara di terracotta colma di olio bollente, dalla quale uscì illeso per miracolo.

E vediamo qui quali sono le fonti: la fonte più antica che ce ne parla è Tertulliano, intorno all’anno 200: «Se poi vai in Italia, trovi Roma, da dove possiamo attingere anche noi l’autorità degli apostoli. Quanto è felice quella Chiesa, alla quale gli apostoli profusero tutta intera la dottrina insieme con il loro sangue, dove Pietro è configurato al Signore nella passione, dove Paolo è incoronato della stessa morte di Giovanni il Battista, dove l’apostolo Giovanni, immerso senza patirne offesa in olio bollente, è condannato all’esilio in un’isola» (La prescrizione contro gli eretici, 36).

Un’altra testimonianza è quella di Girolamo, che alla fine del IV secolo scrive: «Giovanni terminò la sua propria vita con una morte naturale. Ma se si leggono le storie ecclesiastiche apprendiamo che anch’egli fu messo, a causa della sua testimonianza, in una caldaia d’olio bollente, da cui uscì, quale atleta, per ricevere la corona di Cristo, e subito dopo venne relegato nell’isola di Patmos. Vedremo allora che non gli mancò il coraggio del martirio e che egli bevve il calice della testimonianza, uguale a quello che bevvero i tre fanciulli nella fornace di fuoco, anche se il persecutore non fece effondere il suo sangue» (Commento al Vangelo secondo Matteo, 20, 22).

Alle antiche fonti cristiane sul martirio di Giovanni a Roma si può ora aggiungere, udite udite, con buona attendibilità anche l’allusione del pagano Giovenale (inizi del II secolo), che, nella IV Satira, critica Domiziano raccontando l’episodio della convocazione del Senato per decidere che fare di un enorme pesce, venuto da lontano e portato all’imperatore, che viene destinato a essere cotto in una profonda padella. Come nello stile delle Satire, il pesce sarebbe appunto Giovanni, il povero pazzo cristiano.

E' una ipotesi affascinante, davvero, che è frutto dello studio pubblicato da una ricercatrice italiana, Ilaria Ramelli, che qui troverete nella sua integrità, che vi consiglio di leggere tutto d'un fiato. Bellissimo. Poi, proseguiremo con il discorso. Ma intanto, se la ipotesi della Ramelli fosse giusta, ci troveremmo di fronte alla clamorosa conferma da parte di una fonte pagana, di una lunga tradizione prima orale e poi scritta, tutta cristiana.

Il che ancora una volta avvalorerebbe la tesi che alla base di testimonianze così antiche ci sono sempre riscontri reali, storici, effettivi.

29/05/08

Il Vangelo di Oggi.




ANGELO (Mc 10,46-52)
Rabbunì, fa' che io riabbia la vista.

+ Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!”. Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!”.



Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!”. E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!”. Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?”. E il cieco a lui:“Rabbunì, che io riabbia la vista!”. E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

Parola del Signore

28/05/08

San Giovanni, L'Evangelista, a Roma.



Ignoriamo molto delle nostre radici cristiane.

Eppure, ad ogni passo, ad ogni pietra del suolo che calpestiamo oggi, si aprono voragini di storie antiche che riconducono tutte ad un’unica grande storia.

A Roma si sta perdendo perfino la memoria apostolica, che pure è così viva, e documentata.

Ci ho pensato pochi giorni fa percorrendo la meravigliosa Via di Porta Latina, dove sorge l’antichissima basilica di San Giovanni a Porta Latina, una di quelle paleo-cristiane di Roma.

A Roma, si sa, si parla sempre di Pietro e di Paolo. Ma si ignora spesso l’importante passaggio di quelli che furono gli altri apostoli di Gesù, a cominciare di quelli più importanti: gli Evangelisti.

Pochi romani – e pochi cristiani in generale – saprebbero oggi rispondere alla domanda se risulta di un passaggio a Roma di San Giovanni, l’Evangelista. Il prediletto.

Eppure questa presenza non solo è documentata. Ma è anche testimoniata da un culto bi-millenario. Mai decaduto.

Di Giovanni si ricorda l’attività di predicatore instancabile, dopo la morte di Gesù, e soprattutto della sua presenza a Patmos, nell’Egeo, dove scriverà le terribili ed enigmatiche visioni contenute nell’Apocalisse.
Ma tra queste due fasi, Giovanni transitò a Roma.

E’ Tertulliano a raccontarci che nell’anno 89, mentre Giovanni si trovava ad Efeso, si scatenò una nuova ondata di persecuzioni nei confronti dei cristiani ad opera dell'imperatore Domiziano. Tertulliano racconta che Giovanni venne arrestato e condotto a Roma, quindi torturato nei pressi di Porta Latina e infine condannato a morte.

Di lì a poco questa pena però verrà commutata in quella dell'esilio nell'isola di Patmos. Sul luogo dove venne sottoposto alla tortura dell’Olio bollente venne costruita la chiesa di San Giovanni in Oleo. Non si tratta anzi, di una vera e propria chiesa, ma di un piccolissimo oratorio a pianta ottagonale, che vedete ritratto qui.

E’ un luogo veramente particolare, del quale vi parlerò meglio nei prossimi giorni. Raccontandovi anche di qualche piccola scoperta.

26/05/08

Sègolène Royal ritratta dai fotografi mentre prega - Fede privata, Fede pubblica.


Come hanno riportato i media, qualche giorno fa ha fatto discutere in Francia il caso della candidata (sconfitta) alle presidenziali francesi, Sègolène Royal, che un paparazzo intraprendente aveva ritratto in ginocchio, intenta a pregare davanti ad un altare nella chiesa di Santo Spirito a Firenze.

L'ex candidata socialista si è risentita, e ha protestato: "E' una questione privata!", riferendosi alla propria fede. In questo riferendosi al precedente illustre e notorio di Charles de Gaulle che, pur essendo cattolico, "in pubblico non ha mai espresso nè la sua fede, nè la sua pratica, perchè faceva una distinzione tra il suo ruolo di capo dello Stato, incarnazione di una repubblica laica, e il suo credo personale. Laicità " ha aggiunto la Royal, " significa che non ci deve essere confusione tra gli impegni pubblici e i credo privati."

Ora, se il ribadire questa distinzione mi sembra irreprensibile - nei contenuti e nella sostanza - da parte di una personalità politica (se non altro per evitare il malcostume dilagante dell'uso strumentale di presunti (e non sinceri) credi privati per fini elettorali o politici tout court - qualche dubbio mi viene perchè credo che oramai questa distinzione sia stata automaticamente assorbita anche da tutti, dalla gente comune, dalle persone che non ricoprono cariche di nessun tipo. Semplicemente come atteggiamento di costume che si va imponendo:

la fede religiosa è un fatto privato. E DEVE essere vissuta privatamente. La sua esplicazione pubblica viene vista sempre più come una invasione della libertà altrui.

Il senso del sacro è relegato al privato. Il senso del sacro può esternarsi pubblicamente solo in manifestazioni di culto organizzato, e possibilmente di massa. Diventando quindi un evento. Solo in tal modo possono essere tollerate senza che diventino una presunta 'offesa' alla sensibilità individuale (il ragionamento è: "se io sono ateo, non mi puoi 'imporre' la tua fede, nel senso che preferirei anche che non me ne parlassi, e te la tenessi per te." )

Ciò comporta e si manifesta anche con quella oramai evidente scristianizzazione del mondo occidentale. In Italia, anche se in pochi se ne accorgono, la cosa avanza cavalcando.

Qualche giorno fa, a Roma, mi hanno raccontato, migliaia di automobilisti inferociti smoccolavano per l'improvviso blocco del traffico nella zona di San Giovanni. Ignoravano - e come avrebbero potuto saperlo ? - che quel giorno era il 22 maggio, festa (abolita) del Corpus Domini, e da qualche centinaio di anni si svolge una processione dalla Basilica Lateranense a Santa Maria Maggiore.

Ma non si tratta di evento di massa. Giornali e tg non ne parlano. E' solo un vecchio rito. E forse sarebbe meglio che restasse nella sfera del privato..
Il sito di Paris Match: www.parismatch.com

22/05/08

Taizè - Jesus le Christ - una esperienza mistica d'ascolto.



Di tutti gli splendidi canti di Taizè, questo è secondo me forse il più suggestivo: Jesus le Christ, composto da J. Berthier.

Ascoltarlo nella grande, immensa Chiesa di Taizè, recitarlo insieme a migliaia di persone, come avviene ogni giorno, è una esperienza indimenticabile.

Qui sopra lo ascoltate in una occasione recente, durante il Meeting Europeo di Ginevra, il 28 dicembre 2007.
Qui sotto lo ascoltate invece nell'originale - e senza sovrapposizioni di altre voci - e con splendide foto di accompagnamento.
E' una preghiera. (comunità di Taizè - www.taize.fr )

20/05/08

André Glucksmann - Elogio del relativismo.



Ho letto di recente una intervista ad André Glucksmann e a suo figlio Raphael. Insieme, il filosofo (ex nouveau philosophe) e il figlio giornalista, hanno scritto un libro: Sessantotto, dialogo tra un padre e un figlio su una stagione mai finita, edito ora anche in Italia da Piemme.

Vi si trovano, in questa intervista, considerazioni ad ampio raggio sullo stato del mondo, della crisi delle religioni, e sull’etica. Alcune vale la pena di riportarle.

Domanda: Se non esiste più una fede politica e Dio – l’ha scritto lei – l’abbiamo ucciso in questa epoca per la terza volta, dove si va ?

E’ la domanda posta a Glucksmann padre, che risponde:

“Siamo in pieno relativismo, e non è detto che sia un disastro. Infatti io farei una distinzione tra relativismo e nichilismo, cosa che non fa per esempio Benedetto XVI. Il relativismo è rinunciare a imporre a tutti un’idea di bene comune, e questo è il laicismo che ha posto fine alle guerre. Il nichilismo è la negazione dell’esistenza del male, e porta alle stragi.”

Dal canto suo, Raphael, aggiunge:

“ Siamo in una situazione simile a quella del Rinascimento: non c’è più niente dietro e niente davanti, ma questo rende il mondo molto dinamico. Internet, i blog, You Tube e My Space, tutto orizzontale, non esistono più gerarchie. Ci possono ancora essere credenti, ma non chiese. Io non ho nostalgia dei padri.”

Tutto bene, tutto chiaro. Ma qualche domanda sorge spontanea.

1. Se il relativismo è cosa buona e giusta. E quindi bisogna rinunciare a imporre un’idea di bene comune, come faremo a non negare l’esistenza del male ? Cioè come potremo definire il male, se non esiste più un’idea di bene comune ? Cos’è il male, allora: una sensazione individuale ? Anche il male è relativo ?
2. Non c’è dubbio come dice Raphael che siamo in un mondo molto dinamico. Ma tutto questo dinamismo dove sta portando ? Sta portando a una rinascita delle arti e delle culture come avvenne nel Rinascimento ? O sta invece portando a una deriva ?

3. Siamo proprio sicuri che non esistano più gerarchie ? Il fatto che nel mondo il web abbia aperto nuove frontiere e milioni di persone ne facciano uso vuol dire che non ci siano più pochi potenti – sempre di meno – o potentati che governano le cose e i gusti del mondo e determinano le gerarchie ?

sito della Piemme: www.edizpiemme.it

19/05/08

ERICH FRIED - Ma


Erich Fried - Ma


La prima volta mi sono innamorato
dello splendore dei tuoi occhi
del tuo riso
della tua gioia di vivere


Adesso amo anche il tuo pianto
e la tua paura di vivere
e il timore di non farcela
nei tuoi occhi


Ma contro la paura
ti aiuterò
perchè la mia gioia di vivere
è ancora lo splendore dei tuoi occhi.

17/05/08

La Preghiera secondo Gesù.




Nei Vangeli Gesù fornisce spesso indicazioni molto molto precise su cosa è la fede.

E in un mondo che sembra aver puntato tutto sulla idolatria dello sguardo - "credo solo in ciò che vedo" - Gesù non si stanca mai di raccomandarci esattamente l'opposto.

Ovvero la fede. Che è basata sul prima e non sul dopo. Su quello che speriamo e non su quello di cui abbiamo certezza e che vediamo.

Nell'episodio evangelico della Maledizione del Fico, dopo che i discepoli hanno constatato che il Fico maledetto da Gesù si è nel giro di pochi minuti, di poche ore, seccato, Gesù ancora una volta li ammonisce su cosa è la fede.

Con queste parole (Mc. 11,22) :

Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! [23]In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. [24]Per questo vi dico: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato. [25]Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

La fede dunque è 'credere che quanto si dice avverrà'.

Ma è molto più preciso di questo: tutto quello che chiedete nella preghiera, credete di averlo già ottenuto e vi sarà accordato.

Sembra dunque che bisogna pregare 'credendo di avere già ottenuto'.

Non è affatto semplice come sembra: chi è che mentre prega "crede già di aver ottenuto" ??

Mentre preghiamo, di solito, siamo tutto meno che sicuri. Siamo deboli, esitanti, dubbiosi, speranzosi, ma timorosi di illuderci, in una parola sola: non abbiamo poi così tanta fede. E' più vicino all'idea di come se stessimo partecipando ad una scommessa: io ci provo, e vediamo se verrò esaudito.

Non è così che Cristo ci dice di fare.

E chi è poi che - mentre prega - 'se ha qualcosa contro qualcuno' - mentre prega, perdona ???

Pregare: una cosa che sembra facile facile. Ma non lo è affatto.