08/11/10

Non sarà così lasciare questa vita ?



Proprio ieri riecheggiavano in me quelle parole: "Dio non è dei morti, ma dei viventi." Una delle pagine più oscure del Vangelo, tra le parole più oscure che Cristo pronuncia di fronte ai sadducèi i quali, come molti oggi, sono increduli sul contenuto stesso della resurrezione. Che significa risorgere?

Gesù non offre una risposta chiara. Sembra anzi, voler restare nell'ambiguo. Dio non è dei morti, ma dei viventi. Sembra dunque che quel qualcosa che ci attende - per chi crede - è qualcosa che non è 'dominio della morte', come scriveva Dylan Thomas.

Nell'aldilà, nell'oltremorte, non sarà la morte a dettare il suo dominio. I viventi non sono i viventi di questa terra. Sono i nuovi viventi, quelli che attraverseranno la morte, e saranno perdonati dal Padre, o accolti direttamente nel suo Regno.

L'incomprensibilità di cosa sia la resurrezione - di come essa si manifesti - è stato sempre un problema per chi crede. E ancora oggi sono pochissimi i cristiani (specie i cattolici) che credono effettivamente alla resurrezione dei corpi.

Eppure, costoro dovrebbero ricordare che dichiarano di credere proprio ad una religione che si basa, che è edificata sulla resurrezione del suo fondatore, resurrezione avvenuta e raccontata dai Vangeli, con il suo vero corpo reale, con le sembianze conosciute e addirittura con le ferite della morte ancora visibili e fresche.

Come sarà dunque risorgere ? Qualcosa di suggestivo per noi, è immaginare un seme. Un piccolo seme di sicomoro. Cosa ha a che vedere l'albero gigantesco di sicomoro con il seme da cui è generato ?? E' la stessa cosa ? Non è vero che il seme deve morire per far nascere il germoglio, che è cosa diversissima (apparentemente) dal seme ?

Oppure provare ad immaginare il confronto tra vita intrauterina e vita extrauterina. Che rapporto ha il bambino prima della nascita con quello che vivrà dopo ? Sono indubbiamente la stessa cosa, ma non sono anche due cose diversissime ? la vita intrauterina non è completamente DIVERSA ? Non è proprio un'altra dimensione ? Che ne sa il bambino nell'utero di cosa esiste dopo ?? Non è per quel bambino nell'utero, il parto una specie di MORTE a tutti gli effetti ? E la nascita al mondo una SECONDA nascita ?

Non sarà così lasciare questa vita ?


07/11/10

La poesia della Domenica - 'Francesca' di Ezra Pound.


Francesca

...Venivi innanzi uscendo dalla notte
recavi fiori in mano
ora uscirai fuori da una folla confusa,
da un tumulto di parole intorno a te.
Io che ti avevo veduta fra le cose prime
mi adirai quando sentii dire il tuo nome
in luoghi volgari.
Avrei voluto che le onde fredde sulla mia mente fluttuassero
e che il mondo inaridisse come una foglia morta,
o vuota bacca di dente di leone, e fosse spazzato via,
per poterti ritrovare,
sola.


...You came in out of the night
and there were flowers in your hands,
now you will come out of a confusion of people,
out of a turmoil of speech about you.

I who have seen you amis the primal things
was angry when they spoke your name
in ordinary places.
I would that the cool waves might flow over my mind,
and that the world should dry as a dead leaf,
or as a dandelion seed-pod and be swept away,
so that I might find you again,
alone...


Ezra Pound, nome completo Ezra Weston Loomis Pound (Hailey, 30 ottobre 1885 – Venezia, 1º novembre 1972).

04/11/10

Perché ci concentriamo con tanta intensità sui nostri problemi ?



Viviamo giorni difficili. Mi piace andare in giro ed annusare gli stati d'animo della gente, ascoltare le chiacchiere da bar. Lo spaesamento collettivo è anche sintomo di un disorientamento personale, singolo, individuale.

Il malessere che si avverte, personale, è grave e complesso. Molte persone sono oppresse da problemi concreti molto seri. Molte altre persone, sono alle prese con problemi di carattere personale-psicologico, relazionale, amoroso, e tendono ad essere totalmente assorbite da se stesse.

Scrive J. Hillman: Perché ci concentriamo con tanta intensità sui nostri problemi ? Che cosa ci attira verso di essi ? Perché ci affascinano tanto? Perché posseggono la forza magnetica dell'amore: in un certo senso ne siamo innamorati nella stessa misura in cui vorremmo liberarcene e si direbbe che essi esistano a priori, prima che inizi un rapporto, prima che inizi un'analisi.
I problemi ci tengono in vita; per questo forse non se ne vanno mai. Che cosa sarebbe la vita senza di essi ? Totalmente sedata e senza amore. Dentro ciascun problema è nascosto un amore segreto.

E' un rovesciamento sorprendente, ma suggestivo: i problemi sono come l'amore. Come l'amore, i problemi pretendono da noi una risposta, e in questo senso sono la vita.
Un problema vissuto e liberato è come un amore realizzato. Un problema non autentico e vissuto come un'abitudine è come un amore incompiuto, una passione che non consuma e non lascia traccia.

Per questo, tutti noi dovremmo lavorare, nelle nostre vite, per dare un posto ai problemi, e scegliere di dare loro un peso e un corpo, non lasciarli a galleggiare vagamente nella testa come una consolante abitudine fine a se stessa.

Scegliere significa fare, scriveva John Donne. Scegliere di dare un teatro effettivo ai problemi, ascoltare la sofferenza vera e fare a meno di quella non autentica, è già un passo avanti verso la maturità interiore: che è il fine ultimo per il quale siamo nati.


Fabrizio Falconi

in testa: fotogramma da Stromboli, Roberto Rossellini (1950) 

01/11/10

I morti non sono soltanto ossa.


Sono personalmente convinto che il luogo di sepoltura di un uomo, non sia soltanto il luogo dove riposano le sue ossa.

Non è una mia idea, ovviamente, ma una idea sulla quale è stata edificata l'intera storia della civiltà umana, come sa bene l'antropologia. Maya e Romani, ad esempio, edificavano addirittura le loro case sui luoghi di sepoltura dei cari estinti. E questo non certo come gesto simbolico, ma perché si credeva che l'anima dei defunti continuasse a vivere e fosse importante rimanervi in contatto, attraverso il corpo che quelle anime aveva ospitato.

Oggi il 'sentire comune' dominante viaggia in tutt'altra direzione: la rimozione collettiva della morte, sulla quale si basa la civiltà contemporanea, impone che anche i luoghi di sepoltura degli uomini abbiano poco significato. I cimiteri sono ormai luoghi quasi del tutto abbandonati. Vige anche il pensiero dominante che 'per ricordare o pensare ad una persona cara', non c'è bisogno di recarsi sulla sua tomba.

Io invece continuo a pensare che questi luoghi abbiano un senso e abbiano un significato. Ne abbiamo testimonianza quando visitiamo la tomba di un grande uomo, di una grande anima, come la tomba di Ezra Pound nel cimitero dell'Isola di San Lazzaro degli Armeni a Venezia, che vediamo nel video commentato da Massimo Cacciari.

Domani è il giorno dei morti. Forse hanno ancora da sussurrarci qualcosa. Se soltanto abbiamo la bontà e la pazienza di fare almeno un poco di silenzio.


31/10/10

La poesia della Domenica - Walt Whitman.


C’è questo in me – non so che cosa sia – ma so che è in
me

Contorto e sudato – il mio corpo poi diventa calmo e
fresco, ed io dormo – dormo a lungo.

Non lo conosco – non ha un nome – è una parola non
detta,non si trova in nessun dizionario, in nessun simbolo, in
nessuna espressione.

Qualcosa lo fa oscillare più che la terra dove oscillo io,
la creazione è la sua amica che mi sveglia con un
abbraccio.

Forse potrei dire anche di più. Abbozzi! Io tutelo i miei
fratelli e le mie sorelle.

Vedete, fratelli miei, sorelle mie?
Non è caos, non è morte – è forma, unione, piano, – è
vita eterna – è Felicità.

Walt Whitman da ‘Calamus’

27/10/10

La nostra cultura è inadeguata (Tarkovskij).



Sono soltanto due minuti di monologo. Ma racchiudono l'essenza del pensiero e dello spirito di quella grande anima che ha attraversato il nostro tempo, quella di Andrej Tarkovskij.

Tarkovskij ha incarnato nella sua vita - con l'esilio, la distanza, la sofferenza, la separazione dai suoi affetti, la coerenza, l'intelligenza, lo spirito - le difficoltà del vivere, in un mondo che appare sempre più lacerato dalla separazione tra ciò che conta davvero (che è dentro di noi, e che non sappiamo neppure più dire cosa sia) e tutto ciò che NON è necessario (quello che in termini spirituali si direbbe 'il peccato') e che invece sembra essere diventato il nostro unico scopo, la nostra unica finalità.

Tornare all'uomo. Era questa la più grande preoccupazione del grande maestro russo. La grande lezione che ci ha lasciato, e che dovremmo ricordare.

26/10/10

Cosa è il Dono.



Come nel finale di 'Luci della Città', il capolavoro chapliniano, a tutti noi è capitato nella vita di ricevere o di offrire un dono.

Charlot, il miserabile girovago ha regalato alla povera venditrice cieca, la vista. E in questa scena finale, ritrovandola sana, non può offrirle più nient'altro. Può soltanto ricevere da lei il fiore e la moneta che si offrono a un vagabondo.

Ma lei, che lo riconosce, sa. Sa che il dono non è mai SOLO una festa. Che il dono - ivi compresa la nostra vita, che ci è stata donata (dai nostri genitori, per chi non crede), da qualcun'Altro per chi crede) - comporta conseguenze, doveri, obblighi, responsabilità, prima fra tutte quelle di essere all'altezza del dono ricevuto.

Viviamo in un'epoca oggi, in cui tutto appare stemperato. Una persona uccide qualcuno, e neanche poche ore dopo si dichiara 'pentito'. Ma pentito di cosa ?

Il dono sappiamo dire cosa è, esattamente ? Dal dono nascono, possono nascere, cose molto diverse. Una - ed è una virtù molto umana (anche se poco praticata) - è la gratitudine.

Quella vera, che nasce dal cuore, vive di fatti e sguardi, e quasi sempre non necessita di parole.

Fabrizio Falconi

22/10/10

Dag Hammarskjold, un martire della Pace.


Dag Hjalmar Agne Carl Hammarskjöld(Jönköping, 29 luglio 1905 – Ndola, 18 settembre 1961) fu un diplomatico, economista, scrittore e pubblico funzionario svedese, presidente della Banca di Svezia e poi noto internazionalmente quale segretario generale delle Nazioni Unite per due mandati consecutivi, dal 1953 fino alla sua morte nel 1961 a causa di un incidente aereo occorsogli in Africa meridionale durante una missione di pace. Gli fu conferito postumo il premio Nobel per la pace per la sua attività umanitaria.

Ultimo di quattro figli maschi, trascorre gli anni della propria infanzia e adolescenza seguendo gli spostamenti del padre, uomo politico svedese: dapprima in Danimarca, poi a Uppsala, poi a Stoccolma - nei tre anni in cui il padre è Primo Ministro - poi ancora a Uppsala.

Compiuti gli studi universitari in economia, a Parigi, nel 1941 torna come presidente alla Banca Nazionale di Svezia, incarico che terrà fino al 1948, per entrare poi al Ministero degli Esteri.

In questa veste è vice-presidente della delegazione svedese alla VI Sessione dell'Assemblea generale dell'ONU a Parigi (1951-1952) e poi Presidente alla sessione successiva (New York 1952-1953). Il 7 aprile 1953 viene eletto all'unanimità per succedere al norvegese Trygve Lie nella carica di Segretario generale dell'ONU, carica nella quale viene riconfermato nel 1957 allo scadere del mandato.

Insignito della laurea honoris causa nelle principali università degli Stati Uniti, Canada e Inghilterra, nel dicembre 1954 succede al padre quale membro dell'Accademia Svedese. Muore nella notte tra il 17 e il 18 settembre 1961 in un incidente aereo - le cui cause non saranno mai del tutto chiarite - a Ndola (nell'attuale Zambia) nel corso di una missione per risolvere la crisi congolese. L'ipotesi di un possibile attentato al suo aereo, pur non essendo dimostrabile, non è mai stata dissipata.

In quell'anno gli verrà attribuito il Premio Nobel per la Pace alla memoria, "in segno di gratitudine - come dirà la motivazione del Comitato per il Nobel - per tutto quello che ha fatto, per quello che ha ottenuto, per l'ideale per il quale ha combattuto: creare pace e magnanimità tra le nazioni e gli uomini"

Dopo la sua morte, nel suo appartamento di New York fu ritrovato un diario, contenente brevi pensieri non datati. Allegata agli scritti c'era una lettera, indirizzata a un amico, in cui spiegava come avesse iniziato ad appuntarsi certe riflessioni senza avere alcuna intenzione di pubblicarle; tuttavia, lo autorizzava a un'eventuale pubblicazione, che riteneva utile a dare un'idea della sua vera personalità. Il diario, pubblicato in Italia col titolo "Tracce di cammino", è oggi considerato uno dei testi spirituali più intensi del Novecento e fu definito dall'autore stesso "una sorta di libro bianco che narra i miei negoziati con me stesso e con Dio".

Riguardo la sua morte oggi sappiamo per certo che si tratto' di omicidio , voluto dalla compagnia franco-belga Unione Miniere.

« E ora, dopo quarantanni, nelle pagine molto interne dei giornali, leggiamo quello che abbiamo sempre saputo: che l'Unione Miniere condanno' a morte (per "incidente aereo") anche Hammarskjold, il segretario generale dellOnu,colpevole di opporsi alla secessione del Katanga,preda avita dellUnione Miniere » (Luciano Canfora "Critica della retorica democratica". 2002) .

Su Hammarskjold e sui suoi meravigliosi diari torneremo presto qui, nel Mantello di Bartimeo.

21/10/10

Heidegger - Un rovesciamento del pensiero.



E' molto indicativo ascoltare e vedere questo piccolo video - poco più di 7 minuti - in cui è mirabilmente compressa, in termini anche comprensibili (il che non è poco) l'essenza del pensiero di Martin Heidegger, la sua sconvolgente novità nella storia del pensiero filosofico.

Il rovesciamento intuito e indicato da Heidegger è una sfida che non smette di dare i suoi frutti e che anche oggi - in tempi oscuri nei quali sembra tornare una specie di dittatura dell'osservato, di ciò che viene osservato, senza nessun pensiero oltre - appare un luminoso orizzonte.

Risuonano in questo pensiero l'onda e la forza della tradizione orientale - fino a Krishnamurti (l'abolizione della distanza tra osservatore e osservato), ma anche interi secoli di riflessione teologica cristiana, da Meister Eckhart a Berkeley, fino a quello straordinario libretto che è l'IO SONO, attribuito alla misteriosa figura del Conte di Saint-Germain.

Qualcosa pensa e vive con noi e attraverso di noi e svelle dalle basi la nostra presunzione di essere definiti e di definire.

Non ho colpe, l'Ombra - di Fabrizio Falconi





Non ho colpe, l'ombra
non mi possiede
del tutto. L'anemone rosa
mi attira
m'invoglia al passo deciso,
ma il frutto matura
al vento caldo di ortica,
o d'Africa australe:
laggiù prima o poi
m'inviteranno le rondini
a svernare.


Fabrizio Falconi - da Sub Specie Aeternitatis - Aletti, 2003.

20/10/10

Il tempo perduto - di Fabrizio Falconi.




IL TEMPO PERDUTO



Fermati un attimo
sospendi il corso inutile delle cose
sorprenditi, resta a sedere
a lungo finché la tua schiena non sarà
spezzata
sdràiati tra il bambù
e quel silenzio assordante
lascia fare
lascia a lei di fare
il compito
per cui sei nato,
fermati un attimo
fermati
ritrova il sorriso
che hai sotterrato
nel diluvio di lacrime,
rivendica la forza
smarrita delle tue mani
ritrova il tesoro
che ti fu donato,
fermati
non pensare più
alla tempesta che ha dissipato
i tuoi sogni
sulla spiaggia,
come animali morti
ti guardano,
fermati
senza più brama di conoscere,
senza vanto,
senza tutti gli inutili
muri che hai alzato,
arrenditi,
e fermati per un solo istante,
che durerà per sempre,
chiudi gli occhi.



Fabrizio Falconi - 30 maggio 2010

17/10/10

Le cose che il Cile ha insegnato (a noi e al mondo).


Avendo seguito la vicenda dei minatori cileni sin dall’inizio, anche per ragioni di lavoro, in modo approfondito, vorrei sottoporvi queste piccole riflessioni.

La vicenda, ha secondo me offerto insegnamenti importanti. Molto spesso mi è capitato di pensare a cosa sarebbe successo se questa storia fosse capitata in Italia, oggi.

Ed ecco ciò che ho notato:

1. Innanzitutto il Cile – un paese che per molti degli italiani esiste solo in quanto patria di calciatori o di vaghi ricordi legati a Pinochet – ha fornito una incredibile dimostrazione di efficienza. La macchina dei soccorsi è stata tempestiva, efficace e direi quasi miracolosa, ricordando che questo del disastro cileno è un caso UNICO nella storia, e sin dall’inizio si era compreso che era necessario ricorrere a tecnologie (macro e micro) del tutto nuove, primo per identificare il luogo dove i minatori si trovavano, se sopravvissuti alla catastrofe, secondo per tirarli fuori di lì. I cileni hanno bruciato i tempi. Si parlava di Natale, all’inizio: hanno tirato fuori tutti i minatori due mesi prima, con una operazione tecnicamente perfetta.

2. Il paese, il Cile, ha dimostrato in questi due mesi e mezzo, una compattezza straordinaria: dal momento in cui si è saputo che i minatori erano vivi, nessuno più si è messo di traverso. La politica ha smorzato i toni, il premier e il governo sono stati sostenuti in ogni modo (possiamo immaginare cosa sarebbe successo in Italia ?). I giornali hanno lavorato per i minatori. La gente, il popolo, si è stretto intorno ai minatori, facendoli sentire vivi e necessari.

3. Al momento del salvataggio vero e proprio, i 1700 giornalisti di tutto il mondo accreditati (più di quanti ce ne erano per la morte di Woytila) – ma non li avevano invitati i cileni, erano venuti loro perché si tratta di una storia unica – sono stati tenuti in considerazione, ma lontano dalla botola del pozzo.

4. Intorno a questa botola, c’erano pochissime persone. Il presidente era uno di loro, e non aveva un posto privilegiato. Aspettava il suo turno per abbracciare i minatori che uscivano.

5.I minatori hanno mantenuto per tutta la durata della loro prigionia sottoterra, una dignità spaventosa: pur collegati in diretta, con la video via cavo, hanno evitato sceneggiate, mai crisi di nervi, mai appelli, mai richieste inappropriate, non un litigio, non una prevaricazione. La solidarietà esistente tra di loro è stata anzi completa fino all’ultimo – ognuno di loro aveva espresso il desiderio di uscire per ultimo dal pozzo.

6.Anche una volta usciti, i minatori hanno manifestato una gioia contenuta, sobria, vera. Gli abbracci sotto le telecamere sono stati perfino pudichi. Nessuno di loro ha parlato a vanvera, nessuno di loro ha ‘esternato’. Uno solo, anzi, ha tenuto a precisare di voler essere considerato per quello che è, e cioè ‘un operaio’ e non un artista.

7. Si è detto che le mogli e i parenti erano stati agghindati per le telecamere: niente di più falso. Erano donne che si erano preparate per i loro uomini, per i loro mariti o fidanzati, la cosa più naturale del mondo. Avevano i capelli in ordine e un filo di trucco perché volevano essere belle per loro. E loro, si erano sbarbati e pettinati per venir fuori. Non lo hanno fatto certo per le telecamere.

8.La vicenda è entrata nel cuore dei telespettatori di tutto il mondo per questo: perché ha raccontato la vita vera, le persone vere, le situazioni vere. Il rischio, la morte, la paura, l’abisso, la speranza, la fede, la solidarietà, l’amicizia, la fraternità, la sopravvivenza, il riscatto. Un piccolo compendio di umanità. Di tutto ciò che è legato all’essere umano, alla sua vera essenza.

9. E’ per questo che ieri, seguendo le notizie sui siti e sui TG italiani sono rimasto davvero basito, e mi sono intristito, per l’ennesima volta. La notizia dei minatori cileni – prima notizia in tutti i siti del mondo, ieri, dalla CNN all’ultimo sperduto sito indiano – ha resistito da noi come prima notizia solo poche ore, fino al terzo o quarto salvato. Già a partire dalle undici del mattino, sui siti la notizia è scivolata al secondo posto, scalzata dalla notiziona degli incidenti tra tifosi alla partita Italia-Serbia. I tg della sera hanno aperto tutti con Italia-Serbia (anche Mentana, che ha dato la notizia dei minatori quasi in chiusura di edizione). Davvero una tristezza: ancora una volta la dimostrazione di quanta fatica faccia il bene – tutto ciò che ho riassunto nell’elenco precedente – a diventare notizia, specie nel nostro cortiletto italico. Per noi la notizia degli ennesimi scontri ad una partita di calcio, dell’energumeno serbo incappucciato (nessun morto, per fortuna, ma va bene lo stesso..) è più importante di una storia epica di disgrazia che diventa riscatto e salvezza grazie alla forza di un intero popolo, alla solidarietà di un intero popolo. No, no, per noi vale sempre di più, e meglio, il rosario delle nostre cattive notizie quotidiane.

Fabrizio Falconi

06/10/10

L'isola sommersa del domani - di Fabrizio Falconi


L'isola sommersa del domani


L'isola è lontana ed è gialla
come la terra inghiottita dall'acqua,
spingono i tuoi bambini
perché vorrebbero farla volare
con le capre, i letti di canne
e il bidone viola, nell'altrove
di altre terra dimenticate e distratte
ma più fortunate
che si ubriacano al sogno demente
di altre isole dove anime disperate
consumano giochi mentre il mondo va in rovina.

Spiegalo tu, ad Hassan, tuo figlio
che la vostra casa di Sukkur
era bella un giorno e gonfia di profumi
e di fiori, e lenta di luce
al tramonto, dorata e lucente
e vuota gaia e silenziosa
come ogni casa dove è entrato l'amore.

Ora non c'è più
e naviga nel limbo di un sogno
aspettando che qualcuno la racconti
che qualcuno, da Occidente
spalanchi gli occhi
per sussurrare le uniche parole
- quelle uniche parole vere -
che si possono sussurrare
alle orecchie di chi muore.


Fabrizio Falconi - 28 agosto 2010

13/08/10

"E Voi, Amatevi di più !" un testo da meditare a lungo, di Lev Tolstoj.

Nella sterminata produzione tolstojana c'è sempre qualche piccola gemma da scoprire o riscoprire. Questo testo, quasi del tutto sconosciuto in Italia, è una sorta di breve testamento spirituale, lasciato dal grande scrittore tre anni prima di morire. E' un testo straordinario, che meriterebbe di essere scolpito nel cuore di ognuno, e di essere condiviso il più possibile e meditato. E' un piccolo regalo de 'Il mantello di Bartimeo' per la vostra vacanza.


Prima di dirvi addio (e alla mia età ogni incontro è un addio) vorrei dirvi in breve come, secondo me, gli uomini dovrebbero organizzare la loro esistenza, affinché essa cessi di essere miserabile e sventurata, come è oggi per i più, e divenga invece quale dovrebbe essere, quale Dio la desidera e tutti noi la desideriamo e cioè buona e lieta.

Tutto dipende da come uno concepisce la propria esistenza. Se uno pensa: tutta la vita è nel mio corpo, cioè il corpo di Ivan, Pietro, Maria e lo scopo della vita consiste nel procurare la maggior quantità di piaceri e soddisfazioni a questo mio io, cioè a Ivan, Pietro, Maria, allora la vita sarà sempre e per tutti infelice e amara.

Essa sarà infelice e amara, perché tutto quello che ciascuno vuole per sé, lo vogliono anche tutti gli altri per loro. Se ciascuno vuole ogni genere di beni materiali per sé e nella maggior quantità possibile, siccome questi beni sono limitati, essi non saranno mai sufficienti per tutti. E perciò quando gli uomini vivono, pensando ciascuno solo a se stesso, non possono fare a meno di portarsi via l’un l’altro questi beni, di lottare ed essere nemici tra loro: per questo la loro vita diviene infelice. La vita ci è stata data perché sia per noi un bene e noi questo ci attendiamo da lei. Ma perché sia così, dobbiamo capire che la vera vita non è nel corpo, ma in quello spirito che abita dentro il nostro corpo, dobbiamo capire che il nostro bene non consiste nei piaceri del corpo e nel fare ciò che chiede il corpo, ma nel fare ciò che esige quell’unico spirito, che abita in tutti noi.

Questo spirito vuole il suo proprio bene, cioè il bene dello spirito, e poiché questo spirito è il medesimo in tutti, esso vuole il bene di tutti gli uomini. Desiderare il bene degli altri, significa amarli. E nulla può impedirci di amare e più si ama, più la vita diviene libera e felice.

Di conseguenza gli uomini, per quanto facciano, non sono mai in grado di soddisfare i loro desideri materiali, perché ciò che serve al corpo non sempre è possibile procurarselo e per procurarselo bisogna lottare contro gli altri; al contrario, l’anima, che ha bisogno solo d’amore, può essere soddisfatta facilmente: per amare non dobbiamo lottare contro nessuno, anzi più amiamo, più andiamo d’accordo con gli altri.

Nulla poi ostacola l’amore e più uno ama, più diventa felice e allegro, non solo, ma rende felici e allegri anche gli altri. Ecco, cari fratelli, quello che volevo dirvi, prima di lasciare questa terra.

Al giorno d’oggi si sente dire da ogni parte che la nostra vita è amara e infelice perché mal organizzata, dobbiamo trasformare le strutture sociali e la nostra vita diverrà felice. Non credete assolutamente a ciò, cari fratelli !

Non illudetevi che l’una o l’altra struttura sociale migliorerà la nostra vita. Intanto, tutte queste persone, che si stanno impegnando per migliorare l’organizzazione della società, non sono d’accordo fra loro. Gli uni propongono un progetto come il più adatto, gli altri affermano che quello è pessimo e che solo il loro va bene, i terzi bocciano anche questo e ne propongono uno ancora migliore.

Poi, anche ammettendo che si trovasse l’organizzazione sociale ideale, come farla accettare da tutti, e come realizzarla, se la gente è piena di vizi ?

Per costruire una vita migliore, devono divenire migliori i singoli individui.


Lev Tolstoj – ‘Amatevi gli uni gli altri’ – scritto nel 1907, tre anni prima della morte.




08/07/10

Non voglio sprecare niente del tempo che resta.



Che cosa facciamo del nostro tempo ?
E’ deprimente constatare lo scialo che spesso riusciamo a farne.
Sembra, anzi, che l’alibi del nostro tempo sia questa frase: “non ho tempo.”

“Non ho tempo” ci permette di restare inchiodati, al punto che ci conviene. “Non ho tempo” ci permette di non metterci mai in discussione, in gioco veramente.

Facciamo mille cose, la gran parte inutili.

Siamo impegnati, ci dedichiamo anima e corpo a lavori inutili, a servire gente inutile, a fare turni inutili, a partecipare a riunioni inutili, a studiare organigrammi inutili, strategie inutili, pianificazioni inutili. Siamo impegnati a fare più soldi inutili che spenderemo per cose inutili.

Perciò “non ho tempo” per vedere un amico, per leggergli negli occhi, per fare con lui una bella conversazione, per vedere le nuvole passare, per ascoltare il rumore del vento, per godere la pioggia, per sentire cosa ho dentro, per capire cosa è questo vuoto apparente che abbiamo intorno, per immaginare lo straordinario universo.

“Non avere tempo” vuol dire essere eternamente sospesi tra il rimpianto e il ricordo del passato, e l’aspettativa frenetica di un sempre nuovo futuro, che magari non arriva mai.

“Non avere tempo” vuol dire cancellare il presente, che è l’unica condizione che conta veramente. L’unica condizione che ci è dato abitare.

Scrive Schopenhauer: “ La forma dell’apparizione della volontà è solo il presente, non il passato né il futuro. Nessuno ha vissuto nel passato, nessuno vivrà nel futuro: il presente è la forma di ogni vita, è un possesso che nessun male può strapparle… “

Invece, sembra spesso che abbiamo abdicato al nostro presente.

Cerchiamo distrazioni virtuali, vie di fuga parallele, oppure avanti o indietro. E tutto il bello che la vita offre, ci sfugge – mentre siamo occupati a fare altro – come grani di sabbia tra le dita.

Il tempo, però, ha sempre l’ultima parola. Perché il tempo è reale. Ogni ‘confutazione’ del tempo, infatti, non regge alla prova.

Anche il grande J.L. Borges, che provò a confutarlo, dovette alla fine del suo saggio ammettere: “ Il tempo è la sostanza di cui sono fatto. Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume.; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco. “
Il tempo è la sostanza di cui sono fatto.

Riprendiamoci il tempo. In questo tempo propizio d'estate, riprendiamoci il nostro tempo.

Da qui inizia ogni rivoluzione possibile delle nostre vite.


24/06/10

Saramago, un grande maestro, e il cattivo trattamento dell'Osservatore Romano.


Davvero sono rimasto piuttosto basito nel leggere il commento che l'Osservatore Romano ha dedicato alla scomparsa di José Saramago, quello che secondo molti - compreso chi vi scrive - era il più grande scrittore contemporaneo.

Con il titolo L'onnipotenza (presunta) del narratore, il quotidiano vaticano ha dedicato un duro pezzo di commiato - completamente privo fra l'altro di qualunque pìetas - al grande scrittore, premio Nobel, nel quale si legge fra l'altro: un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all'ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo. Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell'evangelico campo di grano, si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate, o dell'inquisizione, dimenticando il ricordo dei gulag, delle 'purghe', dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi.

Ora io dico: ma come si fa ad essere così ciechi ? Davvero quelli dell'Osservatore sembrano usciti dal romanzo-capolavoro di Saramago: Cecità.

Chi minimamente conosca l'opera (e anche la vita) di Saramago, sa che - pur dichiarandosi e professandosi ateo - egli ha sempre avvicinato e attraversato il mistero metafisico, in ogni opera. Anche Cecità è un grande affresco metafisico, dove tutto ciò che accade può essere letto come una grande parabola sulla verità e sulla presunzione umana di credere soltanto a ciò che si vede.

Ma poi come non ricordare tutte le grandi opere nelle quali Saramago ha affrontato a suo modo la figura di Cristo, o di Maria. Tutta la sua opera letteraria non esisterebbe se non fosse esistito il cristianesimo: tutta la sua opera è un dialogo - a tratti sfrontato, assoluto, provocatorio, ma anche rispettoso, mai volgare, mai pretestuoso - con il cristianesimo.

L'Osservatore, invece di scagliare il suo anatema contro i grandi dissolutori di princìpi che scorrazzano liberamente nel confuso mondo di oggi, spesso mascherandosi proprio dietro le sembianze di attributi pii, sbaglia ancora una volta obiettivo, e spara a zero, nel giorno della sua morte, contro un grande spirito libero che forse - più di ogni altro - aveva davvero nostalgia di Dio.


13/06/10

La conferenza dei Medici Cristiani indaga sui benefici della fede.


Circa 270 medici e personale paramedico di 40 nazioni si sono riuniti per partecipare alla Settima conferenza internazionale dei medici cristiani del WCDN (World Christian Doctors Network) che si è svolta presso lo Sheraton Roma Hotel & Conference Center di Roma, il 21 e 22 maggio scorsi.

Diversi medici hanno partecipato a questa conferenza internazionale dei medici cristiani nei luoghi del martirio dell’apostolo Paolo incentrata sul tema "Spiritualità e medicina", per discutere diversi casi di guarigione divina sulla base di dati medici e scientifici.

Con l’aiuto di una presentazione video sono stati illustrati sette casi di guarigione divina, selezionati attraverso un attento esame analitico e studiati confrontando i dati diagnostici ottenuti prima di ricevere la preghiera e i dati della valutazione eseguita dopo la preghiera stessa.

Il dott. Cesare Ghinelli, pediatra dell’ospedale universitario di Parma in Italia, ha presentato casi di guarigione divina nell’ambito pediatrico e della chirurgia pediatrica.

Il dott. Eydna Eysturskard, chirurgo delle Isole Faroe (Danimarca) ha esposto il caso di guarigione dagli effetti postumi della frattura del polso di un violinista. Il dott. Chauncey Crandall, medico specializzato in patologie cardiovascolari, operante nella Palm Beach Cardiovascular Clinic di Palm Beach Gardens (Florida, Stati Uniti), ha presentato il caso della risurrezione di un paziente a seguito di un infarto.

Sono stati illustrati anche i casi di guarigione riferiti dal dott. Jaerock Lee, fondatore & presidente di WCDN e autore del libro "Understanding the Message of the Cross of Jesus Christ". Il caso di un paziente guarito da un cancro allo stomaco con la sola preghiera, senza la somministrazione di farmaci, presentato dal dott. Fidel Fernandez patologo delle Filippine, ha stupito molti partecipanti. La dott.ssa Teh Mii Lii, ostetrica e ginecologa della Malesia ha esposto il caso di guarigione di una donna a cui è stata riscontrata la rottura della placenta alla diciannovesimo settimana di gravidanza; la paziente, che a causa del suddetto problema rischiava un aborto spontaneo o un parto prematuro ha invece ha partorito un figlio sano al termine della gravidanza senza particolari complicanze grazie alla preghiera del dott. Jaerock Lee.

Il World Christian Doctors Network è un movimento internazionale fondato per discutere i numerosi casi di guarigione divina avvenuti in tutto il mondo ed esortare medici e scienziati a testimoniare l’esistenza di Dio e l’autenticità della Bibbia. Dal 2004 a oggi le conferenze annuali internazionali dei medici cristiani si sono tenute a Chennai (India), Cebu (Filippine), Miami (Stati Uniti), Trondheim (Norvegia), Kiev (Ucraina) e Roma; Ottava conferenza si svolgerà a Brisbane (Australia) nel 2011.

Per ulteriori informazioni, visitare il sito web http://www.wcdnaustralia.org

02/06/10

Pavel Florenskij il pensiero contro l' ideologia.


Pavel Florenskij il pensiero contro l' ideologia

un articolo di Vito Mancuso per Repubblica.


L' incontro con Pavel Florenskij ha segnato profondamente la mia vita e quindi questo articolo lo si deve intendere come una dichiarazione d' amore. L' occasioneè la nuova edizione del capolavoro del 1914 La colonna e il fondamento della verità grazie al contributo encomiabile di Natalino Valentini, al quale si deve la cura di molti altri scritti, tra cui Bellezza e liturgia, l' epistolario dal gulag Non dimenticatemi e le memorie Ai miei figli.

Come ogni dichiarazione d' amore, anche questa si rivolge alla più intima umanità dell' interessato, a quel mistero personale non riassumibile nelle sue conoscenze. Dico questo per liberare Florenskij dall' incanto della sua genialità («il Leonardo da Vinci della Russia») per l' essere stato matematico, fisico, ingegnere, e, sull' altro versante, teologo, filosofo, storico dell' arte. Marito e padre di cinque figli, fu anche sacerdote ortodosso, status che gli costò la vita nel 1937.

Essere sacerdote e insieme scienziato era una smentita vivente dell' ideologia comunista, per la quale la fede era solo ignoranza: la dittatura non poteva tollerarlo e non lo tollerò. Da una lettera del 1917 emerge la sua inconfondibile personalità: «Nello spazio ampio della mia anima non vi sono leggi, non voglio la legalità, non riesco ad apprezzarla... Non mi turba nessun ostacolo costruito da mani d' uomo: lo brucio, lo spacco, diventando di nuovo libero, lasciandomi portare dal soffio del vento».

Eccoci al cospetto di un nesso incandescente: dedizione assoluta per «la colonna e il fondamento della verità» e insieme vibrante ribellione a ogni legaccio della libertà. Si comprende così come non solo per il regime ma anche per la Chiesa gerarchica il suo pensiero era ed è destabilizzante, tant' è che ancora oggi, nonostante il martirio, Florenskij non è stato beatificato. Durante la prigionia scriveva al figlio Kirill: «Ho cercato di comprendere la struttura del mondo con una continua dialettica del pensiero».

Dialettica vuol dire movimento, pensiero vivo, perché «il pensiero vivo è per forza dialettico», mentre il pensiero che non si muove è quello morto dell' ideologia, che, nella versione religiosa, si chiama dogmatismo. Il pensiero si muove se è sostenuto da intelligenza, libertà interiore e soprattutto amore per la verità, qualità avverse a ogni assolutismo e abbastanza rare anche nella religiosità tradizionale. Al riguardo Florenskij racconta che da bambino «il nome di Dio, quando me lo ponevano quale limite esterno, quale sminuimento del mio essere uomo, era in grado di farmi arrabbiare tantissimo». La sua lezione spirituale è piuttosto un' altra: la fede non è un assoluto, è relativa, relativa alla ricerca della verità. Quando la fede non si comprende più come via verso qualcosa di più grande ma si assolutizza, si fossilizza in dogmatismo e tradisce la verità.

La dialettica elevata a chiave del reale si chiama antinomia, concetto decisivo per Florenskij che significa «scontro tra due leggi» entrambe legittime. L' antinomia si ottiene guardando la vita, che ha motivi per dire che ha un senso e altri opposti. Di solito gli uomini scelgono una prospettiva perché tenerle entrambe è lacerante, ma così mutilano l' esperienza integrale della realtà. Ne viene che ciò che i più ritengono la verità, è solo un polo della verità integrale, per attingere la quale occorre il coraggio di muoversi andando dalla propria prospettiva verso il suo contrario. Conservando la propria verità, e insieme comprendendone il contrario, si entra nell' antinomia. «La verità è antinomica e non può non essere tale», scrive Florenskij nello straordinario capitolo della Colonna dedicato alla contraddizione dove convengono Eraclito, Platone, Cusano, Fichte, Schelling, Hegel. Ma è per Kant l' elogio più alto: «Kant ebbe l' ardire di pronunciare la grande parola "antinomia", che distrusse il decoro della pretesa unità. Anche solo per questo egli meriterebbe gloria eterna».

In realtà questa celebrazione della vita aldilà del concetto è il trionfo dell' anima russa, quella di Puskin, Gogol' , Dostoevskij, Tolstoj, Cechov, Pasternak, e che pure traspare da molte pagine di Florenskij cariche di poesia. Per lui anche la Bibbia e la dottrina sono colme di antinomie, in particolare la Lettera ai Romani è «una bomba carica di antinomie». Ma di ciò si deve preoccupare solo chi ha una concezione dottrinale del cristianesimo, non chi, come Florenskij, lo ritiene funzionale alla vita. Tra i due nomoi dell' antinomia non c' è però per Florenskij perfetta simmetria: operativamente egli privilegia il polo positivo. Pur sapendo bene che «la vita non è affatto una festa, ma ci sono molte cose mostruose, malvagie, tristi e sporche», non cede mai alla rassegnazione o al cinismo; al contrario insegna ai figli che «rendendosi conto di tutto questo, bisogna avere dinnanzi allo sguardo interiore l' armonia e cercare di realizzarla». Tale armonia non può venire dal mondo, dove regna l' antinomia, ma da una dimensione più profonda.

La voglio illustrare con alcune righe del testamento spirituale, iniziato nel 1917, l' anno della rivoluzione, avendo subito intuito la minaccia che incombeva su di lui: «Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso sull' animo, guardate le stelle o l' azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, quando qualcosa non vi riuscirà, quando la tempesta si scatenerà nel vostro animo, uscite all' aria aperta e intrattenetevi, da soli, col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete».

VITO MANCUSO