05/02/17

Domenica a Roma : La Fontana delle Tartarughe - Fabrizio Falconi Racconta (Capitolium produzione - 1a puntata).





Comincia oggi, grazie a Capitolium, questa iniziativa - brevi video di 3 minuti in cui racconto luoghi di Roma  con bellissime immagini - che spero possa piacervi. 

Si comincia oggi con la celebre e amata Fontana delle Tartarughe in Piazza Mattei. 

Ogni settimana, ogni domenica seguirà un luogo del cuore di Roma.

Buona visione.

(trovate il video ANCHE sulla mia pagina Facebook, sulla pagina Facebook di Capitolium, Twitter e Google Plus. 


"Fabrizio Falconi racconta #Roma": Fontana delle Tartarughe in Piazza Mattei. 

Una produzione http://www.capitolivm.it 
Blog di Fabrizio Falconi: http://fabriziofalconi.blogspot.it/ 

Uno speciale ringraziamento a Trastevere App

Diritti riservati

03/02/17

Dal 10 febbraio al Palazzo delle Esposizioni una Grande Mostra sul Dna : "Il grande libro della vita da Mendel alla genomica".




Mendel, un genio incompreso nato “troppo presto” in Moravia, dopo la sua morte diventerà il padre della genetica, una scienza che ha trasformato per sempre il nostro modo di intendere la natura. Gregor Mendel è uno dei protagonisti di questo viaggio in un mondo per lo più microscopico e invisibile, alla scoperta delle leggi dell’ereditarietà, delle storie dei grandi scienziati che, come Watson e Crick, ci hanno permesso di comprendere la struttura e la funzione del DNA, delle nuove frontiere della genomica, delle applicazioni pratiche di queste discipline e di come influenzano e influenzeranno sempre di più la nostra vita e il nostro ambiente, delle terapie geniche personalizzate, della vita sintetica, di caccia al colpevole tramite il DNA, di passato presente e futuro, e di molto altro ancora.

La mostra presenta una prima parte storica, dove vengono ripercorse tutte le tappe fondamentali di questa avventura scientifica, presentando sia le scoperte sia le storie umane degli scienziati protagonisti: Mendel e le leggi sull’ereditarietà dei caratteri, Morgan e i moscerini della frutta - fondamentali per capire cosa fossero i geni e i cromosomi -, le “derive” razziste dell’eugenetica, fino ai lavori di Watson, Crick e Rosalind Franklin per la struttura a doppia elica del DNA.

Nella seconda parte si affrontano, invece, il presente e il futuro, presentando i temi della clonazione, della medicina personalizzata, dell’ingegneria genetica, della biologia sintetica, con uno speciale focus dedicato alla genetica forense e allo studio del DNA di specie estinte.

L’esposizione presenta una miscela coinvolgente di linguaggi differenti. Una narrazione testuale sintetica e suggestiva che accompagna il visitatore nelle sette sezioni della mostra, alternandosi alla contemplazione di reperti originali emozionanti e inediti in Italia. Fra gli altri: le parti del modello originale che Watson e Crick usarono per descrivere la struttura del DNA a doppia elica; la vera pecora Dolly, il primo animale ottenuto per clonazione; documenti e reperti ottocenteschi appartenuti a Mendel; strumenti storici relativi alla storia perturbante dell’eugenetica, un cranio fossile originale di Neanderthal da cui si sta provando ad estrarre il DNA.

 A questo corredo di reperti da tutto il mondo si affiancano numerosi exhibit interattivi appositamente ideati per il progetto, video inediti, apparati iconografici, ricostruzioni spettacolari, il tutto nella cornice di un allestimento di museologia scientifica immersiva e interattiva.

La mostra si propone come un eccellente strumento didattico per affrontare in modo approfondito ma non tecnico, semplice ma non banale tutte le tematiche relative alla genetica e alla genomica, e per fornire ai ragazzi gli strumenti per comprendere l’impatto che le scoperte in questi campi avranno sulla società del futuro.

DNA. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica 10 febbraio - 18 giugno 2017
a cura di Bernardino Fantini, Telmo Pievani, Sergio Pimpinelli, Fabrizio Rufo
Comitato scientifico: Garland Allen, Werner Arber, Guido Barbujani, Sydney Brenner, Rodolfo Costa, Ernesto Di Mauro, Denis Duboule, Kent Golic, Thimothy Hunt, Thomas C. Kaufman, Giorgio Manzi, Helga Nowotny, Carlo Alberto Redi, Stefano Rodotà, Michele Stanca, Mariachiara Tallacchini, Giuseppe Testa, Eric F. Wieschaus, Ada E. Yonath 

Biglietti
intero € 10,00
ridotto € 8,00 [1]
ridotto stampa € 6,00 bambini fino a 6 anni gratuito ragazzi dai 7 ai 18 anni € 4,00
scuole € 4,00 (per studente)  gruppi (min 10 max 25 persone) € 8,00 a persona 
studenti venerdì e sabato € 4,00  dalle 19.00 a chiusura
primo mercoledì del mese gratuito per gli under 30 (dalle 14.00 a chiusura)

02/02/17

A Berlino verrà consegnato l'Orso d'Oro alla Carriera alla nostra Milena Canonero, la costumista di Barry Lindon e Arancia Meccanica.

i fastosi vestiti di Milena Canonero per "Barry Lindon" di Stanley Kubrick (1975).



Dopo la vittoria di Gianfranco Rosi, nel 2016, con "Fuocoammare", quest'anno non ci sarà nessuna pellicola italiana in concorso, ma l'Italia sarà presente alla Berlinale nell'omaggio alla costumista Milena Canonero alla quale sarà consegnato l'orso d'oro alla carriera.

Un riconoscimento che si affiancherà ai quattro premi Oscar (per Barry Lyndon, Momenti di gloria, Marie Antoniette e Grand Budapest Hotel) all'artista che esordì col capolavoro di Stanley Kubrick, Arancia Meccanica.

Milena Canonero, torinese, 71 anni, vive ormai da molti anni a Los Angeles assieme all'attore Marshall Bell.

Oltre ai quattro Oscar è stata altre cinque volte, per film come La mia Africa, Dick Tracy, Tucker - Un uomo e il suo sogno, Titus, L'intrigo della collana.

La sua dedica è "per tutti i costumisti".

fonte askanews

01/02/17

Riapre la Domus Aurea con una meravigliosa esperienza visiva per i visitatori.





Entrare nella Domus Aurea e vivere un'esperienza immersiva, riviverla e riscoprirla come era un tempo e come forse non la vedeva neanche Nerone, "illuminata"

Dal 4 febbraio, ogni sabato e domenica, i visitatori, a piccoli gruppi di 25 persone, su prenotazione, potranno sperimentare il nuovo percorso con realtà virtuale

Un progetto unico per Roma, voluto dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma con Electa, che grazie alla tecnologia mira a cancellare ciò che fece Traiano e a riportare la luce nel monumento che per anni rimase nell'oblio fino alla sua riscoperta nel 1400. 

Si potrà vedere la Domus Aurea senza le grotte traianee.

Il Soprintendente Francesco Prosperetti: "La visita diventa attrattiva al di là del breve percorso che si farà negli ambienti della Domus Aurea e sarà legata a questa possibilità di fruire in maniera immersiva di un'esperienza temporale e spaziale irripetibile". 

"Mi sono reso conto frequentandola che cogliere l'essenza di questo luogo non era possibile con la semplice visita dei luoghi, perché restituiscono una realtà falsata di quello che era questo luogo ai tempi della sua costruzione. Questo si poteva riguadagnare solo con un meccanismo virtuale che le tecnologie attuali ci consentono di apprezzare". 



Si inizia con la proiezione di un video-racconto con immagini ricostruttive in 3D degli ambienti originari. 

Poi, accompagnati da guide, attraverso il cantiere in corso per la salvaguardia del monumento, si arriva all'installazione tecnologica nella Sala della volta dorata, dove con visori stereoscopici si potrà vederla come era, muovendosi nello spazio a 360 gradi in un ambiente ricoperto di marmi colorati e affreschi. 

Sarà un viaggio nel tempo e nello spazio. "Il filmato virtuale riesce virtualmente a sfondare le pareti di terra che circondano l'ambiente della sala della volta dorata e a farci apprezzare questo luogo straordinario com'era ai tempi della costruzione". 

Prosperetti ha inoltre ricordato come vada avanti il progetto definitivo di risanamento grazie al finanziamento di 13 milioni di euro garantito per il triennio dal ministro dei Beni e delle Attività Culturali Dario Franceschini, e dopo aver risolto il problema della percolazione dell'acqua dai giardini sovrastanti, aver pensato all'impermeabilizzazione e al consolidamento degli affreschi, ci si occuperà della pulitura. Per anni la Domus Aurea sarà ancora soggetta a restauro. 




31/01/17

Esce "Siamo tutti diversi!" di Teresa Forcades, una radicale riflessione sulla diversità umana.






E' davvero un pensiero profondo e originale quello di Teresa Forcades, esposto in questo volume appena pubblicato da Castelvecchi. 

Teresa Forcades si racconta e, mentre la sua biografia si dipana nella narrazione, emergono in modo dirompente i temi della sua riflessione: dall’originale interpretazione teologica del concetto queer e della radicale differenza di ciascun essere umano al pensiero femminista, dalla mercificazione del corpo all’omosessualità. 

Uno sguardo acuto sul percorso che ogni essere umano compie per diventare adulto e trovare la propria unica e irriducibile identità. E poi ancora: unioni civili, utero in affitto, medicalizzazione della società, fede e Vangeli, cattolicesimo e ruolo della donna nella Chiesa, amore e libertà, clericalismo e patriarcato, religione, psicanalisi e lotta politica. 

In filigrana, attraverso il flusso di una vita d’eccezione, una domanda spiazzante: cosa significa essere una teologa femminista nel XXI secolo?



Teresa Forcades 
Monaca benedettina di origine catalana, medico, teologa femminista e attivista politica, si è specializzata in Medicina Interna a Buffalo (Stato di New York), ottenendo poi un Master of Divinity a Harvard

Ha conseguito un dottorato in Salute pubblica e un dottorato in Teologia Fondamentale a Barcellona; successivamente, un post-dottorato presso la Humboldt-Universität di Berlino, dove ha poi insegnato Teologia della Trinità e Teologia queer. 

Nel 2012 ha fondato il movimento politico Procés Constituent per l’indipendenza della Catalogna. 

La sua popolarità si è imposta all’attenzione internazionale per la sua ferma critica alle industrie farmaceutiche e le sue coraggiose posizioni sia all’interno della Chiesa sia nel dibattito politico contemporaneo.

Teresa Forcades 
Siamo tutti diversi! 
Per una teologia queer 
a cura di Cristina Guarnieri e Roberta Trucco
pagine 192 prezzo € 16.50
Castelvecchi, 2017

30/01/17

E' morto Gerardo Marotta - Una grande intervista a Hans Georg Gadamer.



Mercoledì 25 gennaio è scomparso a Napoli Gerardo Marotta, uomo di cultura e filosofo, fondatore nel 1975 dell'Istituto Italiano di Studi Filosofici, celebre istituzione di livello internazionale che ha ospitato conferenze di personalità come Eugenio Garin, Luigi Firpo, Hans-Georg Gadamer e Karl Popper, e premi Nobel, da Rita Levi Montalcini a Carlo Rubbia. 

A lui e all'Istituto si devono la riedizione delle grandi opere di filosofi napoletani come Giordano Bruno e l'attenzione storico-culturale sul grande momento della rivoluzione partenopea del 1799 e i suoi protagonisti. 

Per ricordarlo, Rai Cultura - sabato scorso su Rai Storia - ha riproposto l'intervista di Gerardo Marotta a Hans Georg Gadamer, filosofo tedesco, padre dell'ermeneutica

Hans Georg Gadamer

"Dalla cultura dipendono le sorti dell`umanità - dice Marotta in quella intervista - eppure gli uomini di cultura di oggi tendono a chiudersi nel loro particulare, nella loro accademia. La figura dell`intellettuale in Europa si è rimpicciolita rispetto agli aumentati bisogni del mondo, al bisogno di vera cultura che ha l'umanità per potersi salvare". 

Marotta e Gadamer concordano che va ristabilito questo ruolo, che la cultura debba imporsi sul predominio eccessivo della scienza e della tecnica che ha prodotto barbarie e guerre, il predominio di una piccola parte del mondo su altre e l'accaparramento delle risorse nelle mani di pochi, scienza e tecnica che hanno favorito lo spirito di rapina. 

L'intellettuale in Europa, erede della tradizione umanista, deve perciò far si che si trasformino le coscienze, che si esca dalla tradizione letteraria e libresca e si recuperi la dimensione del dialogo, dialogo inteso come nuova forma di consenso tra popoli e governanti, come nuovo accordo. Solo così, e qui è il grande compito anche dei mezzi di comunicazione e diffusione, si può recuperare la tradizione culturale europea.

L'intervista è stata realizzata nel 2000, due anni prima la scomparsa di Gadamer, e oggi rappresenta un attualissimo testamento spirituale dei due uomini di cultura. 

Al centro è il problema, caro a Marotta, della differenza tra l'"intellettuale di professione" e il "vero" uomo di cultura, cioè secondo l'accezione platonica, il filosofo: che ruolo, che missione deve avere quest'ultimo, che responsabilità? 

Dopo le grandi epoche delle rivoluzioni culturali che hanno influenzato la Storia, come la filosofia del 1500 (un nome tra tutti, Erasmo da Rotterdam)o l'Illuminismo (con Diderot, Montesquieu, Gaetano Filangieri), il ruolo del filosofo sembra essersi rimpicciolito, non ha più la capacità di intervenire, sembra non avere più la capacità di comprendere e interpretare il proprio tempo, di riuscire cioè ad assolvere quel compito di guida che Hegel aveva appunto assegnato ai filosofi.



29/01/17

Poesia della Domenica - "Assenza" di Jorge Luis Borges.




Assenza

Dovrò di nuovo erigere la vasta vita,
specchio di te ancora:
dovrò ricostruirla ogni mattina.
Ora che non ci sei,
quanti luoghi son diventati vani
e senza senso, uguali
a lampade di giorno.
Sere che ti hanno accolto come nicchie,
musiche dove trovavo te ad attendermi,
parole di quel tempo,
dovrò distruggervi con questa mani.
In quale baratro potrò celare l’anima
perché non veda la tua assenza,
fulgida come un sole orribile
che non tramonta mai, spietata, eterna?
La tua assenza mi sta attorno
come la corda al collo,
come il mare a chi affoga.

Jorge Luis Borges

(Traduzione di Tommaso Scarano)

da Fervore di Buenos Aires, Adelphi, Milano, 2010

*

Ausencia

Habré de levantar la vasta vida
que aún ahora es tu espejo:
cada mañana habré de reconstruirla.
Desde que te alejaste,
cuántos lugares se han tornado vanos
y sin sentido, iguales
a luces en el día.
Tardes que fueron nicho de tu imagen,
músicas en que siempre me aguardabas,
palabras de aquel tiempo,
yo tendré que quebrarlas con mis manos.
En qué hondonada esconderé mi alma
para que no vea tu ausencia
que como un sol terrible, sin ocaso,
brilla definitiva y despiadada?
Tu ausencia me rodea
como la cuerda a la garganta,
el mar al que se hunde.

Jorge Luis Borges

da “Fervor de Buenos Aires”, Serrantes, Buenos Aires, 1923

28/01/17

James Joyce a Roma : in questa casa concepì per la prima volta l' "Ulisse".



James Joyce, notoriamente, non amava Roma. 

Vi capitò come turista, soggiornandovi per alcuni mesi, dall'agosto del 1906 fino ai primi del 1907.  Nei suoi diari la descrive implacabilmente come una città sporca e detestabile. 

Ed è celebre quel lapidario commento che scrisse al termine di una visita ai Fori: Roma mi fa pensare a un uomo che viva esibendo ai turisti il cadavere di sua nonna. 

Tanto livore nei confronti della Città Eterna, non fu però ricambiato se è vero, come è vero che proprio a Roma, nell'appartamento di Via Frattina al numero 52, al terzo piano (dove la lapide qui sopra ricorda il suo passaggio) Joyce concepì per la prima volta l'idea di scrivere l'Ulisse, la sua opera immortale. 

Joyce era, come si sa un irrequieto: i biografi raccontano che il genio irlandese combatteva l'inquietudine bevendo e trasferendosi senza pace da una città all'altro, appena se ne stancava. 

Nella casa di Via Frattina lo scrittore si sistemò con la moglie Nora e il figlio. 

Ai primi di gennaio cambiò appartamento e si trasferì in Via Monte Brianzo. 

Da qui spedì la lettera al fratello Stan, in Irlanda, informandolo che stava pensando di scrivere un romanzo intitolato Ulisse, per dar conto della vita degli ebrei a Dublino.

Dopo pochi giorni in una nuova lettera scrisse al fratello che aveva accantonato il progetto, troppo impegnativo.   Allo stesso tempo, stanco di Roma, comunicava la decisione di cercare lavoro a Marsiglia.  Le circostanze invece lo portarono a Trieste, con gli esiti che sappiamo.  

L'ultima serata del suo soggiorno romano la passò al Pincio, bevendo fino ad ubriacarsi, e facendosi derubare della liquidazione della banca, che aveva mostrato spavaldamente agli avventori del caffè. 

Soltanto i modesti risparmi di Nora gli consentirono di acquistare i biglietti per Trieste e di liberarsi finalmente di Roma. 

Non dell'Ulisse, però, che a Roma fu concepito per la prima volta e che diventerà, negli anni seguenti l'ossessione e il trionfo dello scrittore irlandese. 


Fabrizio Falconi 


26/01/17

Riemerge dall'acqua, ritrovata da un Sub, una statua del IV secolo a.C.




E' stato un tennista professionista di Martina Franca, Luca Dinoi, a trovare ieri pomeriggio nei fondali al largo di capo San Vito, a Taranto, una statuetta di circa 80 centimetri, di probabile eta' ellenistica, raffigurante una donna che si deterge il piede e che rappresenta probabilmente Afrodite, ottimamente conservata.

E' quanto, nel corso di una conferenza stampa, ha rivelato il sindaco di Taranto Ippazio Stefano, che ha preso in custodia temporanea il reperto e che, contrariamente a quanto egli stesso aveva riferito in un primo momento ai giornalisti, ha precisato che la statuetta non e' stata trovata tra i resti di un relitto navale greco. 

 Il sub ha precisato di aver intravisto anche un vaso e quindi andranno fatte ulteriori ricerche nella zona

Dinoi, secondo da quanto lui stesso riferito ai giornalisti, era in immersione a circa 15 metri di profondita' quando ha poggiato il gomito sul fondale e ha sentito una superficie ruvida. 

Scavando ha poi recuperato la statuetta, l'ha ripulita e portata a casa. In un primo momento aveva pensato di "tenerla in salotto", ma poi suo padre gli ha detto che probabilmente si trattava di un reperto da museo e a quel punto, tramite uno zio avvocato, hanno deciso di contattare un consigliere comunale, loro conoscente, Aldo Renna, che a sua volta ha informato il sindaco.

 La statuetta e' stata consegnata al primo cittadino, che ha subito chiamato la Soprintendenza e il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Bari, a cui sara' affidato il reperto per i successivi accertamenti.

 Secondo un'archeologa a cui il sindaco si e' rivolto, la statuetta potrebbe risalire al IV secolo avanti Cristo. Reperti simili si troverebbero al parco archeologico di Saturo. 



25/01/17

Torna a splendere - con una nuova illuminazione - il Mosè di Michelangelo !




La celebre statua di Mosè e la Tomba di Giulio II di Michelangelo, nella splendida cornice della Basilica di San Pietro in Vincoli a Roma, tornano a risplendere, grazie a un nuovo straordinario progetto di illuminazione, manutenzione e restauro, realizzato dalla Soprintendenza per il Colosseo e l'area archeologica centrale di Roma. 

La nuova illuminazione ha per obiettivo quello di restituire le condizioni in cui la Tomba venne realizzata nel XVI secolo, negli anni completamente cambiate con la chiusura di una finestra. 

L'impianto, curato dal progettista Mario Nanni in collaborazione con il restauratore Antonio Forcellino, è stato realizzato con tecniche informatiche e lampade a led a risparmio energetico, in grado di restituire i colori e l'intensità della luce nella zona di San Pietro in Vincoli. 

"La cosa più importante e che mi dà più soddisfazione di questo lavoro - ha detto Mario Nanni - è che ho impiegato giorni a studiare la luce che entrava dentro la chiesa. I primi giorni li ho passati a verificare quanta luce entrava. Ho inserito una luce che dialoga moltissimo con la luce naturale. Ho creato una sinergia tra luce artificiale e luce naturale e soprattutto un impianto che consuma pochissimo, con un importante valore del risparmio energetico. Non ho dato luce a chi ha illuminato gli uomini, ma ho tirato le sue ombre a quest'opera straordinariamente importante rinascimentale del Michelangelo". 

L'investimento è stato realizzato da Il Gioco del Lotto. 

Dopo 15 anni dall'ultimo intervento, il monumento - visitato gratuitamente da migliaia di persone ogni anno - è stato pulito e restaurato, recuperando gli straordinari colori del marmo di Carrara scelto e scolpito da Michelangelo. 

L'illuminazione del transetto nel corso degli anni è profondamente cambiata: la finestra verso cui guarda Mosè è stata chiusa, mentre quella sul lato opposto è stata ingrandita, con un capovolgimento di 180 gradi dell'illuminazione originaria. 

Ora il nuovo progetto di Forcellino e Nanni vuole restituire le condizioni in cui Michelangelo progettò l'intero monumento e finì le sue statue. 

Per realizzare l'impianto sono stati misurati l'intensità e i colori della luce del sole nelle varie ore del giorno intorno alla basilica e al suo interno; progettati programmi computerizzati che rendono una illuminazione quadro e una simulazione dell'andamento della luce durante le ore del giorno.

24/01/17

24 gennaio del 1984: 33 anni fa entrava in commercio il primo Mac Intosh - la geniale intuizione di Steve Jobs.



E' una foto storica realizzata nell'inverno del 1984. 

Il 24 gennaio di quell'anno - di cui oggi ricorre il 33mo anniversario - entra in commercio il primo computer della serie Mac Intosh della Apple.

Il nome - che diventerà un must nella storia della informatica e più in generale del progresso umano - viene scelto da Jobs da una particolare specie di  mela scoperta nel 1811 dall'agricoltore scozzese-canadese John Mc Intosh nel lontano 1811 nell'Ontario. 

La specie di frutto prese il suo nome, Red Mc Intosh. 

E questo fu il nome dunque scelto da Jobs per la commercializzazione del rivoluzionario modello di computer che in breve tempo entrò nelle case di milioni di persone, aggiornato sempre fino alle più incredibili versioni odierne. 




21/01/17

Le Fontane di Roma - Conferenza di Fabrizio Falconi, Lunedì 23 gennaio.





Cari amici,

il prossimo lunedì, 23 gennaio 2017 alle ore 17, alla Sala Funzionale dell'Istituto San Gabriele, in Via Cortina d'Ampezzo numero 144, organizzata dal Gruppo L'Incontro, terrò una Conferenza su Le Fontane di Roma.

Con molte foto, racconterò storie, aneddoti, curiosità delle antiche fontane di Roma. La nostra città ha sempre avuto, grazie agli antichi progenitori romani, grande abbondanza di acqua e di acquedotti, sulla quale si è esercitato il genio dei più grandi architetti e artisti dell'Urbe.

Vi aspetto.

20/01/17

"Al di là della filosofia" di Emil M. Cioran (Recensione).




E' una storia intensa e struggente quella che si racconta in questo piccolo e prezioso libro: all’inizio degli anni ’40, nella Parigi occupata dalle milizie naziste, due intellettuali di origine rumena, Emil Cioran e Benjamin Fondane, entrambi influenzati dal filosofo russo Lev Šestov, stringono un rapporto di intensa amicizia.

Ma il sodalizio avrò breve durata: nel marzo del 1944, infatti, l’“ebreo errante” Fondane, arrestato dalla polizia del regime collaborazionista di Vichy, viene prima internato a Drancy, poi deportato ad Auschwitz (con il penultimo convoglio partito per quel campo), dove troverà la morte tra il 2 e il 3 ottobre dello stesso anno. 

Cioran inutilmente tenta dapprima di sottrarre l’amico all’arresto, e poi, una volta a Drancy riesce a ottenere una promessa di liberazione, ma soltanto per lui. La sorella dello scrittore dovrà comunque partire per i campi.  Fondane non accetta di separarsi dalla sorella, abbandonandola al suo destino. Preferisce rinunciare alla liberazione - e anche alla moglie che lo aspetta - e va incontro insieme alla sorella, al suo tragico destino. 

Cioran omaggia Fondane con un toccante ritratto, pubblicato sulla rivista Non Lieu (1978) e successivamente negli Exercices d’admiration (1986).

Le tre interviste raccolte in questo volume (in compagnia di Leonard Schwartz (1986), Ricardo Nirenberg (1988) e Arta Lucesco Boutcher (1992) ) , incentrate sul ricordo personale di Cioran della figura e dell’opera di Benjamin Fondane, restituiscono l’immagine di un uomo di grande integrità morale, visionario e pessimista, cultore del dubbio e in cerca di fede, autore di primissimo piano sulla scena culturale europea del primo Novecento. 


Per Cioran, Fondane è un uomo superiore che viveva la sua superiorità senza orgoglio alcuno, nella semplicità del tormento di esistere, senso di una vita dedita alla ricerca. “rassegnato alla fatalità” e allo stesso tempo “attratto dalla catastrofe”, un “credente senza religione”.  

Non faceva niente per passare inosservato tra le strade di Parigi, ricorda Cioran, rifiutandosi anche di portare l’obbligatoria stella di David.

Rispetto a Cioran - di cui nel libretto sono riportate le farneticanti parole scritte a ventidue che esaltavano Hitler e la dittatura in generale - una vera infatuazione per la retorica abietta delle camicie brune -  Fondane non perse mai la lucidità.   Seppure la sua ostentazione e il suo rifiuto di nascondersi, lo portasse dritto incontro ad una fine tragica. 

Ma forse è proprio questo che Fondane, ebbro di ricerca, ebbro di non concludere, cercava, nella sua drammatica esperienza di vita. 


Emil M Cioran
Al di là della Filosofia
a cura di Antonio Di Gennaro
Traduzione Irma Carannante
Mimesis Edizioni, Collana Minima Volti, Milano 2014  
pag. 112 

18/01/17

Colosseo: da uno scavo riemerge il cranio di un cavallo di età medievale !






I resti della testa di un cavallo di epoca medievale sono stati ritrovati al Colosseo

L'annuncio e' stato dato dal soprintendente ai Beni archeologici di Roma, Francesco Prosperetti, incontrando i giornalisti all'esterno dell'Anfiteatri Flavio. 

"Proprio oggi nel corso di un cantiere per la pulizia delle aree circostanti i gradini del basamento del Colosseo - ha detto -, da uno scavo in superficie e' stato scoperto il cranio di un cavallo di epoca medievale. Una testimonianza, se ce ne fosse bisogno, che la piazza del Colosseo e' un luogo tutto da indagare dal punto di vista archeologico".

Secondo quanto si apprende dai tecnici della Soprintendenza i resti risalirebbero all'epoca medievale, "tra il XII e il XIII secolo, come ha confermato l'archeozoologo ad una prima analisi visiva dei reperti". 

Ulteriori accertamenti saranno effettuati successivamente, contemporaneamente al proseguimento degli scavi sul basamento del Colosseo

Non e' comunque la prima volta che resti di animali vengono rinvenuti nell'area dell'Anfiteatro Flavio. Molti sono esposti in una mostra all'interno proprio del monumento. 

17/01/17

75 anni fa nasceva Muhammad Alì - Il Libro di Norman Mailer.






Fra i tanti libri scritti su di lui, un vero mito sportivo e non, resta insuperabile quello di Norman Mailer. 

Con Muhammad Ali il pugilato è diventato un'arte. Arte della parola, assenza di gravità, balletto e poesia. In questo libro, uno dei piú celebri reportage narrativi mai scritti, Mailer racconta il match piú famoso della storia del pugilato. Lo scontro tra due uomini, Ali e Foreman, e due modi di concepire la boxe, la vita, la politica. 

Nel 1975 il grande Muhammad Ali, alias Cassius Clay, incontrò sul ring di Kinshasa, nello Zaire, il campione dei pesi massimi George Foreman. 

Quest'ultimo si serviva del silenzio, della tranquillità e della devastante presenza fisica per intimorire gli avversari. E non era mai stato sconfitto prima. 

Muhammad Ali tentava di riprendere il filo di una carriera in declino, e di riconquistare per la seconda volta la corona dei massimi, investendo nell'impresa tutta la sua intelligenza, il gusto della provocazione, il talento. 

Due uomini, due grandi campioni e due personalità opposte ma entrambe straordinarie. 

La sfida descrive la preparazione, il clima, la tensione delle settimane che precedettero l'evento, l'allenamento, il comportamento dei due rivali e, infine, l'indimenticabile match, reinventando ancora una volta il mito della boxe ma dando ampio spazio anche alle tensioni tra Ali, sostenitore del Black Power e dei musulmani neri, già amico personale di Malcolm X, e Foreman, poco propenso a fare della questione razziale una priorità o una ragione di vita

«Quando mancano solo pochi secondi, Foreman tira il pugno piú forte di tutto il match, un gancio sinistro potente come un treno, che solca la notte con il suo passaggio. È stato appena un po' troppo lento. Ali lo lascia passare nel modo languido e senza fretta di Archie Moore che osserva un gancio mancare il suo mento di un centimetro. Mancando l'impatto, Foreman perde l'equilibrio al punto che Ali potrebbe gettarlo attraverso le corde. - Niente, - dice attraverso il paradenti. - Non hai mira». 

Norman Mailer, 
La sfida 
Einaudi 2012 Stile libero 
pp 272 € 14,00



16/01/17

Esce "Il genere di Dio - La Chiesa e la teologia alla prova del Gender" di Selene Zorzi.



Si fa un gran parlare in questo periodo, anche a sproposito, di teoria gender. 

Di fronte al risveglio degli studi di genere, il tema giunge fino a coinvolgere la teologia, giungendo a domandarsi di che genere sia Dio padre. 

Ma Dio non ha sesso. La sua immagine va identificata piuttosto nella relazione. Nella persona umana l’energia affettiva (eros) è primaria. 

E Dio è Amore. Questo libro nasce dalla consapevolezza che quando l’Italia un giorno sgomenta svegliandosi ha scoperto che tutti parlavano del Gender, la Chiesa e la teologia si sono ritrovate spesso appiattite o ricondotte a posizioni di gruppi fondamentalisti. 

Il bisogno che ha generato queste pagine, seguite a confronti e dibattiti pubblici, è che la chiarezza dommatica, la spiegazione dei testi biblici, il rendere chiara la dottrina della Chiesa sia un servizio necessario per evitare che l’ignoranza, il non sapere cioè di questioni importanti che attingono all’umano come immagine del divino che è in ognuno, degeneri al punto da proclamare verità ciò che è invece solo confusamente ci viene dato di conoscere

Le questioni principali degli studi di genere a cui la teologia può offrire un contributo prezioso, sono in questo volume affrontate con un linguaggio semplice perché chiaro, supportato da studi sedimentati nell’autrice che ha il coraggio di sostare quando le risposte indicano il bisogno di una ricerca ancora aperta. 

Pagine che lette fino alla fine ci apriranno il cuore e la mente a una più corretta interpretazione di quell’essere, come creature, immagine del Creatore che sì ci fece maschi e femmine, ma soprattutto ci fece a sua immagine.

Selene Zorzi
Il genere di Dio 
La Chiesa e la teologia alla prova del Gender 
Pagine 106 
Edizioni La Meridiana, Firenze, 2017

15/01/17

Poesia della domenica - "Stanco, come l'inverno" di Fabrizio Falconi






Stanco, come l'inverno di effluvi 
oppresso, gladioli e affanni
inteneriscono il cuore,
disinvolto il trucco, maestro
dai colori disgiunti il tempo
profondo, giungo stanco
di questa distratta separazione
i muri di foglie e di parole 
dividono, vorrei soltanto
al debole risultato del giorno
tornare, come un mare tornare
alla sua terra emersa.




Fabrizio Falconi (inedito 1998) -  © riproduzione riservata.

14/01/17

"Il retaggio" di Sybille Bedford (Recensione).


Sybille Bedford è una di quelle scrittrici minori  che hanno attraversato tutto il Novecento, sfiorando le vite dei più grandi, con cui hanno intrattenuto spesso rapporti molto stretti - spesso oscurati da questi -  e che vengono via via riscoperte come è già successo a Elizabeth Jane Howard e a diverse altre.

La biografia della Bedford è già di per sé una sorta di opera d'arte. Nata in Germania, nel 1911 a Charlottenburg, il padre è il nobile Maximilian von Schoenbeck, «un uomo educato al piacere, a godere delle cose belle della vita, ma presto intrappolato fra paure ed eventi». La madre, inglese, è bella e spregiudicata, ma sparirà presto dalla vita della figlia.

La vita della Bedford fin da piccola ha un'impronta decisamente cosmopolita. Lascia infatti la Germania ancora bambina, troncando poi ogni legame con il Paese dopo subito l'avvento del nazismo. Vive così in una specie di bel mondo dorato, tra la Gran Bretagna, la Francia e l'Italia, circondata da una ristretta schiera di donne e uomini colti, intelligenti e sensibili, provenienti da ogni parte del mondo.

Tra gli amici più intimi c'è Aldous Huxley, come lei viaggiatore instancabile oltre che romanziere e saggista, al quale la Bedford ha dedicato una biografia. Dopo una vita intensissima e molti romanzi scritti, muore il 17 febbraio 2006 all'età di 94 anni.

Il Retaggio, uscito nel 1956,  è quello che viene considerato il suo capolavoro. Si tratta di un classico romanzo familiare alla ricerca di un mondo perduto, che è quello della stessa scrittrice. Nei personaggi dei protagonisti, l'eccentrico Julius Felden e la moglie Caroline, sono infatti identificabili i genitori di Sybille e il Retaggio si apre proprio su quella scena della Germania di fine Ottocento, con la sua opulenza terriera e finanziaria, le aspre tensioni sociali, il presagio di una catastrofe lontana ma già chiaramente annunciata; la stessa scena nella quale ha visto i natali la scrittrice.

Nelle quasi 400 pagine del romanzo si dipanano le storie di tre famiglie, unite da divergenti tradizioni aristocratiche e separate da irreali visioni del futuro. 

La prima è costituita da solidi beneficiari ebrei di Berlino, nel cuore del Nord prussiano e protestante; le altre due appartengono «a realtà discordi del Sud cattolico: l’una sonnolenta, rurale, volta al passato; l’altra ossessionata da sogni ecumenici di dimensioni europee».

A unirle provvederanno due matrimoni e uno scandalo.

E su tutto aleggia lo stile leggero e turbinoso di Sybille Bedford, che accompagna e descrive la dissoluzione di questo mondo polveroso e perduto, facendolo rivivere nella memoria del lettore.

E' un romanzo a tratti macchinoso e difficile, perché la Bedford non è mai consequenziale e non ha rispetto per le regole narrative, giocando con dialoghi surreali fuori dal tempo e dai personaggi, e con rapidi salti di luogo e temporali, divertendosi a dilatare i tempi in alcune parti (come la fuga dalla terribile accademia, da parte di uno dei giovani rampolli aristocratici) e sorvolando brutalmente su altre, che restano misteriosamente sottratte alla curiosità del lettore.

Sybille Bedford 
Il retaggio 
Traduzione di Marina Antonielli 
Adelphi2016, pp. 388