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03/07/21

Libro del Giorno: "Taccuini del deserto - Istruzioni per la fine dei tempi" di Ben Ehrenreich

 


Il disastro è già avvenuto… È accaduto così tanto tempo fa che ce ne siamo dimenticati, l’abbiamo rimosso, tenuto lontano dalla nostra memoria collettiva. La civilizzazione, come la conosciamo, non è una conquista ma una tragica sconfitta. La maggior parte di quella che consideriamo storia è fondata su una catastrofe che la concrezione degli anni ha solo peggiorato. Ma ciò significa anche che non siamo condannati a questo, che esistono altri modi di vivere, che abbiamo da perdere molto meno di quanto pensassimo, e da imparare ancora un sacco di cose”.

Così scrive Ben Ehrenreich, americano, che scrive regolarmente per «The Nation» e collabora con varie riviste internazionali quali «Harper’s Magazine», «The New York Times Magazine», e «The London Review of Books», autore inoltre di due romanzi e di un libro di saggistica, "The Way to the Spring: Life and Death in Palestine" basato sulle sue esperienze di reporter in Cisgiordania.

Taccuini del deserto, pubblicato da Atlantide, nasce da un lungo soggiorno dell’autore nel deserto californiano del Mojave e da lì, luogo dove tutto inizia e finisce, trae uno sguardo inedito e assolutamente affascinante su quanto l’umanità sta vivendo in questo momento storico “in cui tutto, compreso il tempo, sembra sull’orlo del collasso”: una crisi irreversibile e sempre più profonda alla quale sembra non esserci rimedio se non la fine della nostra civiltà. 

E proprio dal deserto, simbolo al tempo stesso di morte e di trascendenza, che “ti fa arretrare e mette l’eternità in primo piano” Ben Ehrenreich prende le mosse per riflettere su cosa significhi l’idea di “fine dei tempi” non solo per la nostra civiltà ma anche per quelle che ci hanno preceduto. 

Come affrontare dunque l’Apocalisse ora che il tempo, suggerisce l’autore, sembra essersi annodato su se stesso? E cosa ci insegna la fine di intere civilizzazioni quali per esempio quella dell’antico Egitto e dei Maya? 

Passando dalla mitologia alla scienza, dalla storia delle religioni alla politica, dalla cosmologia all’antropologia e al racconto autobiografico, Taccuini del deserto affronta il senso più profondo e riposto dell’essere vivi qui e oggi, sospesi in un tempo di assoluta incertezza, ma che ci pone problemi e domande non troppo dissimili da quelli che altre civiltà prima di noi hanno affrontato, sopravvivendo in modi nuovi oppure scomparendo per sempre.


Ben Ehrenreich

Taccuini del deserto 

Altantide, 2021 

pp. 362, euro 18.50 


09/06/18

Il Libro del Giorno: "Sweet Dreams" di Michael Frayn.



Dal genio di uno dei maggiori autori viventi, il racconto di un uomo che senza sapere di esser morto arriva in Paradiso e inizia a fare carriera. Un classico della letteratura inglese tradotto per la prima volta in italiano.
Howard Baker, un giovane uomo di idee liberali e discrete ambizioni, si trova in macchina, fermo davanti a un semaforo. Quando lo supera succede qualcosa: invece di prendere la via che si sarebbe aspettato, imbocca una superstrada a dieci corsie che lo conduce verso un'enorme metropoli. Ancora non lo sa, ma è giunto in Paradiso. Soltanto che, a differenza di quanto avveniva ai tempi di San Giovanni, il Paradiso oggi non è più una città fatta di oro puro e cristallo trasparente, ma un luogo vibrante e pieno di intrattenimenti e opportunità professionali, in cui tutto, davvero, è possibile. 
Qui Howard fa nuovi incontri e ritrova vecchie conoscenze, si innamora di una ragazza e contemporaneamente conduce la solita vita famigliare con la moglie e i figli
Un giorno arrivano a fargli visita i suoi amici storici: al pari di lui, anche loro in quel luogo sono impegnati in progetti e attività di assoluto rilievo; uno di essi ispira poeti come John Donne e William Butler Yeats "passandogli" alcuni versi, un altro riesce a far tornare in vita persone che erano morte. 
Howard invece fa parte di un prestigioso team di architetti e designer che sta progettando le Alpi: sarà lui a disegnare l'inconfondibile sagoma del Cervino. E la sua carriera non si fermerà di certo qui, con il tempo infatti Howard diventa una specie di guru spirituale e infine arriverà a essere scelto da Dio come proprio aiutante... 
“Frayn è un grande scrittore. E questo romanzo una specie di Candido di Voltaire. Un Candido contemporaneo e irresistibile”. - New Yorker
“Forse uno dei contributi più originali della narrativa inglese all’intero ventesimo secolo”. - Times Literary Supplement
"Dopotutto, che cosa ti piace, in effetti? Di fatto, che cosa ti diverte? Non la contemplazione, Howard. Non l'essere in contatto con l'infinito. Quello che ti piace è prawn biryani e crumble di mele; alzarti tardi la domenica e leggere i giornali in vestaglia; tenere sott'occhio le tue polizze assicurative; toglierti il cibo incastrato tra i denti con uno stecchino affilato".
"Pensavo che da qui sarei stato diverso".
"Ti piacerebbe essere diverso?".
Howard riflette, togliersi il cibo incastrato tra i denti con uno stecchino affilato.
"No", dice infine.
"Ecco, bene".


31/12/15

Robert Nathan, Ritratto di Jennie (RECENSIONE).




Merito della neonata casa editrice Atlantide, l'aver riportato in luce, questo piccolo gioiello della letteratura americana, pubblicato originariamente nel 1940 e portato sullo schermo qualche anno più tardi in un fortunato film di William Deterle, con l'interpretazione di Joseph Cotten e Jennifer Jones. 

Newyorchese, nato nel 1894 (e morto a Los Angeles dopo una lunghissima vita, nel 1985), Nathan conobbe una grande popolarità negli anni '30 e '40, ammirato da scittori come Francis Scott Fitzgerald e Ray Bradbury, anche se ha finito per essere dimenticato, negli ultimi decenni. 

Ritratto di Jennie, considerato il suo capolavoro, fu pubblicato in Italia da Bompiani nel 1948 e successivamente da Mondadori nel 1958. 

Da allora non era stato più stampato, ed eccolo oggi tornare in libreria con la traduzione e la cura di Simone Caltabellota. 

E' una sorta di romanzo magico. Per la storia che vi è raccontata, e per lo stile di Nathan, puro ed essenziale, giocato su ogni sfumatura di toni e di colore, in un raro prezioso equilibrio, che regge miracolosamente fino all'ultima pagina. 

Jennie è all'inizio del romanzo una bambina che - nei suoi vestiti un po' antiquati - viene notata dal giovane artista Eben Adams, mentre passeggia per il Central Park. 

Eben scambia con lei solo qualche parola, meravigliandosi del fatto che sia sola lì, che sembra lo stia aspettando.  La bambina gli lancia un enigmatico messaggio: Vorrei che tu aspettassi che io diventi grande. 
E quell'incontro, cambia improvvisamente la vita del pittore. Sfiduciato e perdente, fino a quel momento,  Eben comincia ad essere notato da una coppia di facoltosi galleristi, e proprio a causa del ritratto che l'artista ha ricomposto nella sua mente, della bambina incontrata a Central Park. 

Ben presto, Jennie torna a fargli visita. Ed Eben in un misto di incredulità e attrazione, si accorge che quella bambina sta crescendo sotto i suoi occhi: ogni volta che torna da lui è un po' più grande, un po' più donna. 

L'amore tra Eben e Jennie dunque, sfida il tempo, le generazioni, il passato e il presente.  Coinvolge a tal punto l'artista, da rivelargli un nuovo modo di intendere la vita, la capacità di amare che è fatto di cura e di attesa. 

Negli ultimi due capitoli il nuovo incontro tra Eben e Jeannie ha per teatro la forza di un terribile uragano, che sembra trascinare con sé la perfezione di questa unione karmica e poter valicare la stessa distinzione tra vita e morte, come quella tra verità e apparenza.

Ma è la qualità della scrittura di Nathan che rende memorabile il racconto fantastico, nella descrizione dei sentimenti indefiniti, della sostanza misteriosa della sorte, del fascino superbo della natura. 
Ne è un esempio questo brano, a pag.62 del libro.

A volta nella tarda estate o nel primo autunno c'è un giorno più bello di tutti gli altri, un giorno perfetto, così puro che il cuore ne rimane estasiato, sospeso in una specie di sogno, preso in un incantamento oltre il tempo e lo scorrere delle cose. La terra, il cielo e il mare rifulgono del loro colore più vero, e brillano, non toccati da nulla nella loro fissità; lo sguardo vola come un uccello attraverso le distanze, nell'aria immobile.
Tutto è fermo e chiaro, non c'è nulla che finisce, nulla che cambia. Ma con la sera si alza la nebbia; e dal mare arriva un presagio di grigio. 

In fondo, di questo è fatto questo romanzo, come la vita di tutti, di natura e psiche. 

Fabrizio Falconi