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05/02/21

Una nuova mostra a Roma su Federico Fellini, nella sua Cinecittà


Federico Fellini fotografato da Elisabetta Catalano


A suggello delle celebrazioni per il suo Centenario, Federico Fellini ritorna nella 'sua' Cinecitta', con una grande mostra fotografica e multimediale, all'interno dello storico Teatro 1, che si inaugurerà il 10 febbraio e sarà visitabile fino al 21 marzo 2021. 

Un inedito percorso iconico che racconta il rapporto elettivo tra il geniale regista ed Elisabetta Catalano, regina del ritratto fotografico

Curata da Aldo E. Ponis con la direzione artistica di Emanuele Cappelli, testi, ricerca scientifica e iconografica a cura di Laura Cherubini e Raffaele Simongini, la mostra e' stata realizzata da Istituto Luce-Cinecitta' con il contributo della DG Cinema e Audiovisivo, e vive delle immagini dello straordinario Archivio Elisabetta Catalano. 

Fellini, che per le questioni dello sguardo aveva una precisione pressoché infallibile, amò farsi fotografare da Elisabetta Catalano lungo tutto un arco della sua vita, tra il 1963 e gli ultimi anni, stabilendo un'affinità elettiva fondata sui clic, sulla capacità comune di afferrare l'anima di un personaggio (di una persona) in un rapido movimento di camera

Un percorso di oltre 60 immagini, videoproiezioni, oggetti, spiegano gli organizzatori, che non vuole essere il semplice racconto di Fellini al lavoro sul set, ma fa vedere piuttosto il regista che diventa lui stesso soggetto dell'arte nelle mani di un'artista che lo capi' come solo un'immagine puo' fare. 

Ne emerge il ritratto di un Fellini inedito insieme a quello di una fotografa straordinaria, ritrattista di tutti i piu' grandi da Michelangelo Antonioni ad Anouk Aimee, da Susanna Agnelli ad Alighiero Boetti, da Bernardo e Attilio Bertolucci a Italo Calvino , da Claudia Cardinale a Gerard Depardieu Giangiacomo ed Inge Feltrinelli, Amintore Fanfani. Dustyn Hoffman, Audrey Hepburn fino ad Andy Warhol e Zaha Hadid, solo per citarne alcuni. 

Occhi unici, quelli di Elisabetta, ai quali Fellini più di altri amò far vedere il proprio sguardo. 

19/03/18

Ritrovata la Triumph di "Marcello" ne "La dolce vita": era a Rimini.


Chi non ricorda la meravigliosa Triumph nera guidata da Marcello, ne "La Dolce Vita", con la quale Mastroianni scarrozza di notte la meravigliosa Anita in giro per Roma ? 

Ebbene, è stata ritrovata da un appassionato di auto d'epoca, Filippo Berselli, avvocato ed ex parlamentare. 

L'auto - considerata al terzo posto in una classifica americana delle 10 più celebri della storia del cinema - è stata ritrovata per caso. Berselli era da tempo a caccia di una Triumph T3 - lo stesso modello di quella de La Dolce Vita e su internet si è imbattuto proprio nella vendita di un esemplare di questa auto, subito incuriosito dal fatto che fosse stata immatricolata sin dall'origine in Italia. 

Contattato il venditore e dopo una breve trattativa la acquista.  Salvo scoprire poco dopo, dall'esame cronologico del Pra che la targa di prima immatricolazione era stata Roma 324229 e risaliva al 15 luglio 1958.  

Da un esame più approfondito della carta di circolazione, Berselli scopriva poi che dopo un paio di passaggi proprietari, l'auto era stata rivenduta nel maggio 1959 alla società di produzione film Riama: proprio la società di Rizzoli e Amato che aveva prodotto La Dolce Vita. 

Ricostruendo la vicenda per intero, Berselli ha appurato che il primo proprietario fu Armando Berni, nipote del re delle fettuccine Alfredo dell'omonimo, celebre ristorante di Piazza Augusto Imperatore, che all'epoca era frequentato dal jet-set internazionale.  


Nei mesi successivi Berni  intestò poi l'automobile a Maurizio Conti che all'epoca era un attore alle prime armi, con qualche particina in pellicole del genere Peplum e anche nel Bell'Antonio a fianco di Mastroianni e anche ne La Dolce Vita.

Anche Conti frequentava il ristorante Alfredo ed era amico di Armando Berni. Rintracciato da Berselli, Maurizio Conti - ancora vivo e in forma, ha raccontato di non aver mai guidato la vettura, ma di aver fatto soltanto da prestanome al Berni, che forse aveva già troppe auto intestate. 

A un certo punto, Armando evidentemente decise di riappropriarsi della macchina: aveva avuto un'offerta da Fellini stesso, o dai produttori, che frequentavano il ristorante della Dolce Vita. E così la Triumph passò nelle mani della Riama cinematografica. 

Oggi l'auto, dopo essere stata esposta nel 2016 nella rassegna Effetto Notte - e dopo un accurato restauro in una carrozzeria di Rimini (per incredibile coincidenza era andata a finire proprio nella città del Regista....) - fa bella mostra di sé in importanti rassegne d'auto d'epoca internazionali.

Fabrizio Falconi

fonte: Emilia Costantini, Quella spider che segnò la Dolce Vita, il Corriere della Sera, 18 giugno 2016.



09/01/18

Riapre il mitico Cinema di Fellini, il "Fulgor" di Rimini.



Il Cinema Fulgor, la sala di Federico Fellini, riaprira' a Rimini il 20 gennaio, giorno del compleanno del 'Maestro' romagnolo che la ricostrui' negli studios di Roma per girare 'Amarcord'

Saranno 36 ore di festa per una "riapertura non convenzionale", ha detto il sindaco, Andrea Gnassi. 

Si parte alle 22 del 19 gennaio nella piazzetta San Martino con una festa organizzata dai locali del posto e poi un appuntamento speciale, alla mezzanotte quando ci sara' un ingresso, con ospiti d'eccezione, negli spazi del Fulgor che vanta una sala cinematografica ideata dallo scenografo da Oscar, Dante Ferretti

Il 20, nella mattinata inaugurale a festeggiare ci sara' anche il ministro dei Beni e delle attivita' culturali e del turismo, Dario Franceschini, oltre a personaggi del cinema e dello spettacolo mentre la sede sara' aperta al pubblico fino a notte. "Il senso della riapertura del Fulgor nel giorno del compleanno di Federico Fellini - commenta Gnassi - sta appunto nel concetto di festa, di contentezza, di gioia per un ritorno che va a beneficio di tutti. L'apertura del Fulgor sara' popolare, non elitaria". 

Fellini sul set di Amarcord con il "Fulgor" ricostruito a Cinecittà

Il Fulgor nasce nel 1914, ma e' solo nel 1920 che trova sede nell'attuale palazzo Valloni dopo una prima ristrutturazione ad opera dell'architetto Addo Cupi. Poco piu' di 97 anni dopo, il cinema, ristrutturato dall'architetto Anni Maria Matteini, riapre e nell'inusuale allestimento di Ferretti che con Fellini ha lavorato a 6 film, si rivivra' una vera e propria messa in scena cinematografica che esalta la magia "dell'andare al cinema" oltre che del "fare cinema"

Il primo film che Fellini vide al Fulgor fu 'Maciste all'Inferno' e nell'allestimento vi e' proprio un omaggio al cinema americano degli anni '30 e '40. La programmazione della sala sara' curata dalla societa' Khairos e l'ossatura della programmazione sara' costituita da film di qualita' e nuove uscite, mentre una parte importata sara' dedicata a Fellini. Tra gli obiettivi rendere il cinema un luogo aperto per incontri con corsi e mostre, approfondimenti e studi, anche la mattina. 

03/03/17

Federico Fellini, il Genio Nevrotico.




Ci manca. 

Manca il grande genio nevrotico di Federico Fellini.  Sentiamo la sua mancanza ogni giorno di più, perché solo attraverso quell'occhio forse avremmo potuto oggi decifrare, accendere una luce su giorni sempre più caotici, insensati, grotteschi. 

Ho il sospetto che in fondo Fellini si sia sentito sempre un alieno rispetto al tempo che viveva. Era come se provenisse da un altro mondo. La sua anima si elevava probabilmente su strati diversi, lontana dalle apparenze, anche se le apparenze degli altri, le manie, i tic, le deformazioni, le deformità, erano quelle che più affascinavano il suo cinema. 

Si sentiva un alieno perché - pur essendo pienamente epigono della italianità (un concetto ambiguo e temporalmente breve visto che l'Italia esiste solo da un secolo e mezzo) - era estraneo alle masse, come recitava uno slogan di qualche tempo fa. 

Anche se - ennesima contraddizione - delle masse egli seppe perfino diventare il cantore. 

Si sentiva un alieno perché era sostanzialmente un nevrotico, tendenzialmente depressivo. Gli giovò l'analisi (junghiana), gli giovarono le escursioni nel folle e nel magico (come le visite da Rol), gli giovò la contiguità con il senso cattolico dell'esistenza, di cui seppe essere - estrema contraddizione - il massimo dissacratore, come nella celebre scena della sfilata degli abiti talari. 

Fu tutto sommato sempre un sofferente (e massimo gaudente), fragile e potentissimo dal punto di vista psicologico.  Sofferente perché disadattato alla realtà che viveva e che non riusciva ad accettare per colmo di volgarità (il vero tarlo che lo uccideva e che riusciva ad esorcizzare pienamente solo traducendolo in paradigma). 

Sofferente perché estraneo in un mondo sbagliato che lo affascinava oltre ogni misura e che gli incuteva timore. 

Sofferente al punto che aveva bisogno di ricrearlo, il mondo, nel chiuso confortevole dello Studio 5 di Cinecittà. 

Soltanto tra quelle mura si sentiva padrone del gioco, si sentiva libero, in grado di trasformare e sublimare la sua nevrosi in arte creativa. 

Ricreato il mondo, lui era finalmente libero di rovesciarne i lati angosciosi in gioco, le ossessioni in girandole, la morale in sentimento nostalgico. 

Nostalgia di quello che non esiste e non può esistere, di ciò che è libero e non è prigioniero degli incardinati meccanismi della prosa. 

Nella vita si sentiva spesso vittima - di se stesso, degli eventi, della fortuna, delle relazioni - nell'arte era libero e vittorioso perché libero di poter fallire. 

Il Genio in fondo è questo. Libertà dall'essere e dal dover essere. Libertà di essere (tutto) per se stessi e quindi per il mondo e nel mondo. 

Fabrizio Falconi
(riproduzione riservata). 

05/05/16

Il Lincoln Center di New York celebra Anna Magnani .



Istituto Luce-Cinecittà e The FilmSociety of Lincoln Center sono orgogliosi di presentare La Magnani, la retrospettiva che porterà in anteprima a New York, e poi in tutti gli Stati Uniti e Canada, un momento irripetibile della storia del cinema mondiale: l'apparizione davanti alla macchina da presa di un'attrice di nome Anna Magnani. La retrospettiva prevede 24 titoli, in gran parte provenienti dall'Archivio Internazionale di Luce Cinecittà, tutti proiettati in pellicola in formato 35 e 16 millimetri, dal 18 maggio al 1 giugno 2016 presso il Walter Reade Theater del Lincoln Center, coprendo quasi per intero l'arco cronologico della sua carriera cinematografica, dal suo terzo film Tempo massimo di Mattoli del '34, fino al simbolico addio in Roma di Fellini nel 1972.

Passando per il capolavoro di Rossellini che la proiettò nella memoria del mondo, Roma città aperta ("Ti ho sentito gridare Francesco dietro un camion e non ti ho più dimenticato", scrisse Giuseppe Ungaretti), La rosa tatuata di Daniel Mann che le valse l'Oscar® (di cui ricorre quest'anno il 60° anniversario) e Selvaggio è il vento di Cukor, con cui vinse il premio per la miglior interpretazione a Berlino, e la sua seconda nomination agli Oscar®. La retrospettiva intende riproporre negli Stati Uniti, che le hanno ufficialmente tributato i più alti onori - dall'Oscar® alla stella sulla Walk of Fame di Hollywood - l'orgogliosa passione, l'umorismo tagliente ed il naturalismo alieno dall'affettazione, che hanno reso Anna Magnani il simbolo, se non forse la più sintetica definizione dell'idea del cinema italiano.

Una forma d'arte, esplosa nell'apparizione di Roma città aperta, che mostrò al mondo qualcosa che prima le platee non avevano mai visto così apertamente: quel qualcosa che si divideva tra la nudità del realismo e la gloria, che era la vita portata sullo schermo. Parimenti portata per il dramma e la commedia, così come per il palcoscenico e lo schermo, la Magnani incarnava quella che sarebbe stata la qualità più precisa e insieme inafferrabile del nostro cinema migliore: muovere con lo stesso film il pubblico al riso e alla commozione.

Così, non per caso, la retrospettiva newyorchese dedicata ad Anna Magnani diventa anche l'occasione per riscoprire alcuni capolavori del cinema italiano: da Rossellini (oltre a Roma città aperta, L'amore), Visconti (Bellissima), Pier Paolo Pasolini (Mamma Roma), Federico Fellini (Roma), De Sica (Teresa Venerdì), Lattuada (Il bandito), Monicelli (Risate di gioia), Zampa (L'Onorevole Angelina). Consegnando la diversità di generi e umori che fanno del cinema italiano uno dei più eclettici, ancora oggi, al mondo. E non meno intensa è la visione di pellicole di maestri internazionali: da Cukor, a un film divenuto proverbiale come La carrozza d'oro di Jean Renoir, al Lumet di Pelle di serpente (accanto a un possibile analogo maschile della Magnani, per iconicità ed estensione dei limiti del vero: Marlon Brando), a un film intrecciato alla vicenda biografica con Rossellini come Vulcano di Dieterle, alla Rosa tatuata, scritto da Tennessee Williams appositamente per l'attrice.

E non mancherà per il pubblico del Lincoln Center la visione di pellicole raramente conosciute oltreoceano, come una delle sue prime prove per il cinema, il già citato Tempo Massimo di Mario Mattoli del 1934, o il suo distintivo stile vocale in La vita è bella di Carlo Lodovico Bragaglia, e una delle sue ultime interpretazioni sullo schermo: il dramma storico …Correva l'anno di grazia 1870, di Alfonso Giannetti, la sua unica pellicola a fianco di un altro grande interprete italiano: Marcello Mastroianni, nel 1971

A seguire, dal 2 fino all'8 giugno, Istituto Luce Cinecittà ed il Lincoln Center presenteranno insieme la rassegna di Cinema Contemporaneo OPEN ROADS, giunta alla sua 16a edizione