Visualizzazione post con etichetta fisica moderna. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta fisica moderna. Mostra tutti i post

15/03/18

"I due più importanti incontri della mia vita: con Krishnamurti e con Albert Einstein". Una bellissima intervista a proposito del grande fisico David Bohm.

David Bohm con Krishnamurti

Pubblico questa bellissima intervista realizzata da Simeon Alev allo scrittore e fisico David F. Peat - che oggi vive in Italia, in Toscana - per la rivista digitale Innernet.

David Peat è stato per molti anni amico intimo e biografo di uno dei più grandi fisici del Novecento, David Bohm. 

In questa bellissima e lunga intervista, Peat racconta l'amicizia di Bohm con Krishnamurti, la loro lunga proficua collaborazione, i loro dialoghi, e l'altra con Albert Einstein. Si parla di fisica, del senso della nostra vita biologica nell'Universo, della Teoria dei Quanti, della meccanica quantistica, delle teorie unificanti e di molto altro.  Buona lettura. 

La vita di molti scienziati fu influenzata dal grande insegnante spirituale J. Krishnamurti, ma nessuno di loro ebbe un rapporto intimo e duraturo con lui come lo ebbe David Bohm.
Bohm e Krishnamurti si incontrarono la prima volta nel 1961 e la loro amicizia si protrasse fino alla morte di Krishnamurti, nel 1986 (anche se nel 1984 entrò in crisi).
Bohm iniziò la carriera come pupillo di J. Robert Oppenheimer, il direttore del Manhattan Project, il progetto finalizzato alla realizzazione della bomba atomica, durante la seconda guerra mondiale. All’epoca del suo primo incontro con Krishnamurti, Bohm si era già guadagnato una grande e discussa fama come uno dei più brillanti fisici teoretici della nostra era. Egli aveva sviluppato la teoria del plasma – il quarto stato conosciuto della materia, dopo quello solido, liquido e gassoso – e la sua analisi del comportamento plasmatico degli elettroni nei metalli aveva posto le fondamenta per gran parte della fisica degli stati solidi.
Bohm, inoltre, esercitò un ruolo centrale nel dibattito sulla teoria dei quanti (ancora in corso ai giorni nostri), e fu l’autore di molte, provocatorie “interpretazioni” del quanto. Durante gli anni del suo insegnamento a Princeton, divenne amico di Albert Einstein, il quale, dopo aver trascorso vari anni cercando, senza successo, un’alternativa alla versione generalmente accettata della meccanica quantica, sembra aver indicato in Bohm il suo “successore intellettuale”, affermando: «Se qualcuno potrà riuscirci, questi è Bohm».

Il giovane Bohm con Albert Einstein
Ma David Bohm forse è più conosciuto, specialmente tra chi non è scienziato, per una teoria che è allo stesso tempo il frutto di una ricerca spirituale lunga una vita e il risultato di una profonda intuizione scientifica. Si tratta della teoria dell’ordine sottinteso, fondata su una visione globale, totale, nella quale la materia e la coscienza sono unite.
Bohm sembra essere stato ossessionato, sin da piccolo, dall’idea secondo cui viviamo in un universo nel quale la materia e il significato sono inseparabili; si dice che la parola “totalità”, da egli impiegata nel primo incontro con Krishnamurti per descrivere il suo lavoro scientifico, fece balzare quest’ultimo dalla sedia per dare un abbraccio a Bohm.
Leggendo Wholeness and the Implicate Order di David Bohm (in italiano Universo, mente, materia, RED edizioni), ho avuto spesso dei sentimenti simili. L’ampiezza e l’integrità della sua visione è efficacemente riflessa nella sua esposizione, che è allo stesso tempo lucida, ampia, precisa e profondamente, misteriosamente toccante. Leggendo Bohm, si rimane molto spesso sbalorditi dalla sua abilità nel connettere fenomeni di ordine radicalmente diverso, oltre che dalla sua passione per scoprire l’interrelazione e la coesione dinamica di un mondo generalmente considerato una forma di caos meccanizzato nel quale gli esseri umani sono destinati a svolgere una piccola parte.
Una volta abbandonata la vantaggiosa posizione di isolamento e distacco, l’essere umano si scopre profondamente inserito in un universo indivisibile che è allo stesso tempo reale ed eternamente misterioso; un unico evento multidimensionale senza inizio o fine.
Per molti colleghi di Bohm, comunque, la sua insistenza sul fatto che l’universo fosse da un lato intrinsecamente ordinato, dall’altro impossibile da comprendere appieno, era irritante piuttosto che fonte di ispirazione. Rievocando una frustrante intervista con Bohm nel libro The End of Science: Facing the Limits of Knowledge in the Twilight of the Scientific Age (La fine della scienza: a tu per tu con i limiti della conoscenza nel crepuscolo dell’Era Scientifica), lo scrittore di scienza John Horgan scrive: “Bohm anelava a conoscere, a scoprire il segreto di ogni cosa, sia attraverso la fisica… sia attraverso la conoscenza mistica. Tuttavia, insisteva sul fatto che la realtà era inconoscibile, perché, credo, provava repulsione verso l’idea della finalità”.
La premessa da cui parte Horgan, non insolita al giorno d’oggi, è che nel giro di venti anni la scienza avrà risposto a tutte le domande più importanti dell’uomo. Ma quello che Bohm riesce a comunicare in modo piuttosto chiaro durante quella intervista, è la sua concezione secondo cui le risposte finali non sono poi così importanti quanto il cercare di conoscere il mondo nel quale viviamo senza idee o conclusioni fisse. Fu caratteristico di Bohm insistere sul fatto che le idee fisse che sottintendono le ipotesi scientifiche non sono di aiuto, ma di ostacolo, e che una metodologia che unisca il rigore all’apertura mentale è la migliore per restare al passo della verità, man mano che essa si rivela nel corso dell’indagine scientifica.
Ma Bohm trovava ugualmente inadeguata la flessibilità senza il rigore, così comune nella vita spirituale. In un’intervista rilasciata per la rivista ReVision nel 1981, egli disse: “Dal momento in cui il mistico sceglie di parlare della sua esperienza… deve seguire le regole che governano il mondo ordinario, il che significa che deve essere ragionevole, logico e chiaro”.
E questo Bohm non lo chiedeva solo ai mistici, ma soprattutto ai fisici quantici contemporanei, molti dei quali, alla luce delle paradossali scoperte sul regno subatomico, si erano sentiti dispensati dalla necessità di offrire spiegazioni concrete o avevano sviluppato teorie e persino cosmologie più mistificanti delle visioni di uomini religiosi o spirituali. Ironicamente, fu proprio la richiesta di Bohm di spiegazioni puramente fisiche dei fenomeni quantici che lo portò a essere evitato da molti suoi colleghi.
Tuttavia, coloro che approvavano questo invito nutrivano per Bohm una grande fedeltà. Uno di questi è lo scrittore e fisico F. David Peat, che da giovane ascoltò catturato le spiegazioni di Bohm sulla meccanica quantica alla radio “BBS”, senza sapere che diversi anni più tardi avrebbe incontrato il suo eroe, apparentemente per caso, che sarebbero diventati amici e colleghi, che avrebbero scritto un libro insieme (Science, Order and Creativity), e che lui stesso avrebbe scritto alla fine la biografia di Bohm, Infinite Potential: The Life and Times of David Bohm.
Autore di molti libri, Peat è un uomo dai molteplici interessi, che l’hanno portato a girare tutto il mondo: tra questi la fisica moderna, le arti visive, la psicologia junghiana e la spiritualità dei nativi americani. La nostra intervista è stata condotta telefonicamente da Pari, il paese vicino a Siena dove egli vive attualmente. E’ stato un piacere parlare di David Bohm con qualcuno che lo conobbe intimamente e i cui ricordi sono ancora vivi nella sua memoria. Come si intuisce dalla nostra conversazione, il pensiero di Peat è stato influenzato, sotto molti aspetti, da Bohm.
Infinite Potential è un ritratto completo e imparziale. La maggior parte del lavoro di Bohm è una straordinaria fonte di ispirazione, frutto di una grande integrità, ma Peat ha ben presenti anche i difetti del suo amico. “Bohm visse per il trascendente”, scrive Peat, “sognava una luce universale… Ma la sua vita fu caratterizzata da una grande sofferenza e da periodi di grave depressione. Durante la sua vita, non raggiunse mai la completezza; tutto ciò che conquistò, e di cui ancora avvertiamo i benefici, fu raggiunto solo al prezzo di grandi sacrifici”.
Simeon Alev: Perché pensa che fosse importante scrivere una biografia di David Bohm, in questo momento?
David Peat: Penso che sia un libro utile perché aiuta a mettere la vita di Dave in prospettiva e perché riunisce tutta la sua opera, cosa che non è mai stata fatta prima. Dave aveva fatto cenno al proposito di scrivere un’autobiografia – da solo o con l’aiuto di qualcuno – e dopo la sua morte, nel 1992, ne parlai con le persone che gli erano state più vicini. Tutti eravamo preoccupati dal fatto che un’altra persona avrebbe potuto improvvisare una biografia, per cui decidemmo che forse avremmo dovuto farne una noi, e subito.
Vede, sembra che il lavoro di Dave abbia molti aspetti diversi: in esso troviamo, per esempio, le ricerche giovanili sul plasma, la teoria delle variabili nascoste, l’ordine sottinteso e la ricerca di nuovi ordini nella fisica; inoltre, la collaborazione con Krishnamurti e le ricerche sulla coscienza e sul significato del soma. Ma quando si considera la sua vita come un tutto, ci si accorge che questi sono aspetti dello stesso modo di vedere l’universo, e quindi non sono diversi. Ho pensato che sarebbe stata una buona cosa che la gente sapesse ciò, particolarmente coloro che, nel mondo della fisica, hanno cominciato a selezionare le idee di Dave, scegliendone alcune piuttosto di altre. Ho pensato che sarebbe stato utile presentarle tutte insieme, in modo che le persone possano rendersi conto del loro livello di integrazione, cosa che non comprendono del tutto nemmeno coloro che conobbero abbastanza bene Bohm.
Simeon Alev: La sua vita e il suo lavoro furono un tutt’uno coerente.
David Peat: Sì, mi sembra che ogni cosa sia legata al resto; semplicemente, non puoi estrarne una parte.
Simeon Alev: Dunque, sembra che la vita e il lavoro di Bohm contengano un messaggio globale per l’umanità?
David Peat: Beh, in un certo senso il messaggio è questa stessa visione dell’interezza… Che naturalmente non è nuova; è contenuta in molte altre filosofie e se ne parla da tempo. Ma credo che ogni volta che qualcuno ne parla, la rinnova o la reinventa, riportandola in vita per il tempo presente. E io penso che David lo abbia fatto per la nostra epoca. Egli, inoltre, evidenziò il fatto che la scienza si era scissa sia all’interno di se stessa sia dalle tematiche spirituali e dalla riflessione sulla coscienza e il sé. E nella biografia è possibile vedere come queste idee si esprimessero attraverso la sua lotta. La sua vita fu allo stesso tempo l’intuizione di qualcosa di trascendente e una lotta per raggiungere questa condizione di integrità. E oggi il suo lavoro appare sempre più rilevante.

29/09/15

Oltre la Mente. La vita è chiaroscuro.


La mente non è un corpo rigido.  Nemmeno la visione lo è.  Nemmeno i suoni che percepiamo, o le sensazioni tattili delle nostre mani.   La mente elabora i tracciati vibrati dei sensi, ma è già a sua volta elaborata per essere duttile o elastica. 

Un pianto si risolve in riso, un riso in pianto. L'evoluzione della mente umana, basata su esperienza e conoscenza, è come una pianta che si solleva dal terreno e cresce sovrapponendo cellula a cellula, con il passare degli istanti. 

Come la pianta formata di tessuto cellulare, anche la mente è elastica, mutevole, si adatta all'ambiente circostante, seguendo la propria natura. 

La sperimentazione del vuoto della mente avviene in alcuni stati, come l'incoscienza o la meditazione profonda.  Ma anche in quei momenti, la mente non è mai vuota. 

Come insegnano le moderne conoscenze scientifiche, il vuoto non esiste.  

Nella fisica moderna il vuoto è ben lungi dall'essere vuoto, scrive Fritjof Capra  Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine.  Il "vuoto fisico" non è uno stato di semplice "non-essere", ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle.

Il vuoto è dunque potenzialità.  Quel che noi chiamiamo 'vuoto' è una zona grigia, dove il bianco non è del tutto bianco (e non può esserlo) e il nero non è del tutto nero (né può esserlo). Il grigio, in ogni sua possibile gradazione, è possibilità, infinite possibilità.

Alla Mente dunque, se è concesso di individuarsi solo per contrasto, cioè differenziandosi, è consentito di fare esperienza e quindi di crescere, soltanto per gradazioni, per variazioni: il sole se è pieno uccide, il buio se è pieno uccide. 

La vita può prosperare solo nello spazio intermedio, la vita della mente può prosperare solo nello spazio intermedio. 

Come scrive C.G.Jung, purtroppo, come tutto ciò che è sano e durevole, la verità si tiene più sulla via di mezzo che noi a torto detestiamo. 


E quel purtroppo è molto eloquente (specialmente detto da Jung): tutti vorremmo infatti un bel piatto caldo, già pronto da mangiare.  Tutti vorremmo non interrogarci troppo.  Tutti vorremo come l'aspirante pittrice de Lo stato delle cose (Wenders,1982) non dover diventare matti con il chiaroscuro, che rende irriproducibile quello che vediamo, impossibile da catturare. 

Una mia cara amica ha detto: Io sento in me istinti che devo combattere e contrastare. Tutta la mia tensione interiore è generata da una lotta continua tra ciò che sento giusto e buono e ciò che in realtà faccio quotidianamente.

Sembra essere lo stato permanente in cui si muove la nostra mente. Che è come un mare inquieto, liquido, in movimento. Il che stabilisce anche la nostra incompletezza, perché qualcosa in noi aspira o aspirerebbe ad un porto sicuro, ad un confine certo.  Ad un bianco o nero.

Ma questa imperfezione o incompletezza E' la vita.

Che non è data da altro se non da questo.   Una volta appresa, con profonda consapevolezza, questa lezione, si può o si potrebbe dire, insieme a Simone Weil:

Io desidero, io supplico che la mia imperfezione si manifesti ai miei occhi, interamente, totalmente, per quanto ne è capace lo sguardo del pensiero umano. Non perché esso guarisca, ma perché, anche se non dovesse guarire, io sia nella verità.


Fabrizio Falconi (C) - 2015 riproduzione riservata.




29/12/14

L'enigma tra esistere e non esistere (Carlo Revelli).

fotogramma dal film Interstellar, scritto prodotto e interpretato da Christopher Nolan (2014)

Uno degli argomenti filosofici più frequentati, dalla notte dei tempi, per contrastare l'illusione che ci porta continuamente a pensare in forma di tutto qui e ora (ovvero esiste solo ciò che vedo, conta solo quello che tocco, conta soltanto la mia pre-occupazione, il mio mondo), è l'esercizio del pensare alla complicazione del mistero in cui siamo calati.

Questo esercizio avvicina sempre di più filosofia e fisica moderna.  In un meraviglioso libretto di appena 70 pagine appena pubblicato, Sette brevi lezioni di fisica (Adelphi, 2014), Carlo Revelli, esprime così, in poche righe lo stupefacente enigma dentro cui i ricercatori si stanno addentrando. 

Una manciata di tipi di particelle elementari, che vibrano e fluttuano in continuazione fra l'esistere e il non esistere, pullulano nello spazio anche quando sembra che non ci sia nulla, si combinano assieme all'infinito come le lettere di un alfabeto cosmico per raccontare l'immensa storia delle galassie, delle stelle innumerevoli, dei raggi cosmici, della luce del sole, delle montagne, dei boschi, dei campi di grano, dei sorrisi dei ragazzi alla feste, e del cielo nero e stellato della notte.


Fabrizio Falconi

29/03/14

La sapienza dell'Oriente e l'infelicità moderna.




Eve Arnold, Retired woman, China (1979)


C'è una obiezione di fondo che muovo ai filo-orientalisti: coloro che sostengono la superiorità della sapienza e della tradizione dell'Oriente in confronto a quella occidentale. 

Sono il primo ad essere convinto che il misticismo orientale - molto più di quello maturato e sviluppatosi nell'Occidente - si sia avvicinato alle cosiddette verità ultime.  

Basta leggere un libro di grande divulgazione come il Tao della fisica, per rendersi conto che 3.000 anni fa i grandi pensatori e mistici d'Oriente, i fondatori del buddhismo, del taoismo, dello zen, dell'induismo, compresero (molto meglio e molto più propriamente dei filosofi  e dei mistici occidentali), ciò che oggi la fisica moderna, la meccanica quantistica, la teoria einsteniana, ci stanno dicendo sul mondo. E su quella che noi chiamiamo realtà.

Ciò che stiamo scoprendo, cioè, è stato anticipato ed elaborato dalle grandi tradizioni filosofiche e mistiche orientali molti e molti secoli fa: oggi sappiamo che non esiste sostanza (gli atomi sono fatti quasi esclusivamente di vuoto e per il resto di relazioni, campi, interconnessioni e probabilità, non sostanza), che lo spazio e il tempo sono convenzioni (e solo un accidente della realtà), che le cose invisibili sono molto più di quelle invisibili, che gli universi sono infiniti e probabilmente interconnessi, che il mondo che noi conosciamo è tenuto insieme da una misteriosa e complessissima danza cosmica, fatta di interrelazioni, energie, campi, probabilità.  L'opposto di quello che i nostri sensi ci dicono: individuazione dell'io, separazione tra osservato e osservante, ego-centrismo ed elio-centrismo dell'universo, che sono invece i principi su cui si è incardinata la storia del pensiero occidentale (di radice cristiana).

Eppure, l'ammirazione per questa saggezza d'Oriente, capace di cogliere il senso profondo delle cose e la sostanza vera della realtà, suscita l'obiezione di cui dicevo all'inizio:

perché questi grandi sistemi filosofici e mistici e questa sapienza non hanno saputo tradursi nel concreto in una evoluzione umana (e di civiltà) più accettabile della nostra ? 

Il prodotto di 3.000 anni di sapienza e di consapevolezza orientale sono i grandi paesi-continenti dell'oggi: la Cina, il Sud-est asiatico, l'India e da ultimo il Giappone.

Nessuno di questi paesi oggi mostra l'immagine di questa sapienza superiore, arcana, primordiale, maturata non soltanto nel chiuso di qualche antico monastero o nella mente di qualche filosofo, ma dispensata in norme religiose e di vita che sono state con-divise per secoli e secoli da intere popolazioni.

Il prodotto non è confortante: la Cina è oggi un paese terribilmente materialista, forse il paese meno spirituale al mondo, e non c'è democrazia, ma un regime autoritario e autocrate.  L'India è un paese-continente colmo di spaventose disuguaglianze, ancora in gran parte edificato socialmente sul sistema delle caste.  Sud-est asiatico e Giappone, pur avendo aderito (in forme parossistiche) al modello di vita occidentale, sono ancora pervasi da mentalità fondamentaliste, in alcuni casi medievali.

L'Occidente, pur con le sue distorsioni, le sue guerre spaventose, i suoi genocidi, ha creato - dalla grande tradizione dei padri romani e greci - i principi del diritto e della democrazia, oltreché dei principi fondamentali della persona umana (e quindi delle Costituzioni libere) che sono state adottate anche in molte parti d'Oriente.

Insomma: perché tanta sapienza, tanta profonda consapevolezza non si è tradotta, nel corso di così tanti secoli,  in vita migliore, in principi migliori, in equità, in giustizia, tutto sommato, in felicità condivisa e diffusa ?

Resta per me un mistero.


Fabrizio Falconi © - proprietà riservata/riproduzione vietata 

25/03/14

Folgoranti citazioni dal Tao della Fisica di Fritjof Capra.






Per molti anni questo libro, Il Tao della fisica, di Fritjof Capra, mi ha girato intorno, come spesso accade con i libri, aspettando pazientemente il momento giusto per venirmi incontro, per aprirsi anche a me.  Per una serie di singolari circostanze il momento è arrivato.  E alla fine di questa lunga e intensa lettura, capisco perché questa attesa. 
Era adesso il momento - taoisticamente - giusto per comprendere la grandezza dello sforzo divulgativo di questo fisico americano che, folgorato molti anni fa, mentre era seduto su una spiaggia davanti all'Oceano - come racconta nella prefazione - dalla danza cosmica che avveniva intorno a lui e di cui lui stesso (come noi tutti) era partecipe, ha sentito il bisogno profondo di raccontare in termini comprensibili a tutti (anche a chi è lontano dalle conoscenze scientifiche, della fisica meccanica, quantistica o delle particelle), il grande mistero che collega le moderne o modernissime acquisizioni scientifiche, alle intuizioni profonde del misticismo orientale, maturate più di tre o quattromila anni fa. 

Con un taglio puramente scientifico, da addetto alla materia, Capra illustra le sconvolgenti scoperte della fisica moderna, quelle che riguardano l'universo infinitamente grande dopo la rivoluzione einsteniana e l'introduzione dei principi quantistici e la fisica delle particelle subatomiche, ancora più sorprendente, laddove si scopre che la materia che noi abbiamo sotto gli occhi (e anche dunque quella di cui siamo composti noi stessi), non è fatta di nessuna sostanza, ma di una incredibile struttura di connessioni  di campi, di forze interconnesse, energie e probabilità. 

Si esce dalla lettura del libro di Capra (scritto nel 1975, in anni che potevano favorire interpretazioni new age, ma divenuto invece un classico della divulgazione scientifica) con occhi diversi.  
Per guardare quella che noi chiamiamo realtà, noi stessi, la nostra coscienza. 
Una esperienza quasi iniziatica, che consiglio di compiere a chi è alla ricerca di qualcosa di ricco per la propria interiorità e anche per la propria mente. 
Qui di seguito riporto alcune folgoranti citazioni tratte dal testo. 

*

Per avere un'idea delle dimensioni subatomiche bisogna pensare ad un atomo grande come la Cupola di San Pietro. 
In un atomo di quelle dimensioni il nucleo sarebbe grande quanto un grano di sale ! 

Un grano di sale nel centro della Cupola di San Pietro e granelli di polvere che gli turbinano attorno nell'enorme vastità della cupola: in questo modo possiamo raffigurarci il nucleo e gli elettroni di un atomo.

Dobbiamo quindi abituarci all'idea - del tutto controintuitiva - che tutto ciò che per noi è visibile ed è materia è composto essenzialmente, in larghissima maggioranza, di vuoto.



*

Secondo la teoria della relatività - confermata da innumerevoli prove strumentali - lo spazio non è tridimensionale e il tempo non è una entità separata. 
Essi sono strettamente connessi e formano un continuo quadridimensionale, lo "spazio-tempo".
Non esiste cioè un flusso universale del tempo come nel modello newtoniano. Tutte le misure in cui entrano lo spazio e il tempo perdono quindi il loro significato assoluto.
Lo spazio e il tempo diventano soltanto elementi del linguaggio che un particolare osservatore usa per descrivere i fenomeni dal proprio punto di vista.

*

La spontaneità è il principio di attività del Tao, e poiché la condotta umana dovrebbe essere modellata sull'operare del Tao, la spontaneità dovrebbe caratterizzare anche tutte le azioni umane. Per i Taoisti, dunque, agire in armonia con la natura significa agire spontaneamente e secondo la propria natura. Significa avere fiducia nella propria intelligenza intuitiva, che è innata nella mente umana, così come le leggi del mutamento sono innate in tutte le cose che ci circondano.

Poiché la nostra rappresentazione della realtà è molto più facile da afferrare che non la realtà stessa, noi tendiamo a confondere le due cose e a prendere i nostri concetti e i nostri simboli come se fossero la realtà.

*

La famosa frase di Cartesio 'cogito ergo sum' ha portato l'uomo occidentale a identificarsi con la propria mente invece che con l'intero organismo. Come conseguenza della separazione cartesiana, l'uomo moderno è consapevole di se stesso, nella maggior parte dei casi, come un io isolato che vive "all'interno" del proprio corpo.
La mente è stata divisa dal corpo e ha ricevuto il compito superfluo di controllarlo; ciò ha provocato la comparsa di un conflitto tra volontà cosciente e istinti involontari.
Ogni individuo è stato ulteriormente suddiviso in base alla sua attività, capacità, sentimenti, opinioni, ecc... in un gran numero di compartimenti separati, impegnati in conflitti inestinguibili, che generano una continua confusione metafisica e altrettanta frustrazione.

*

Nella fisica moderna il vuoto è ben lungi dall'essere vuoto. Al contrario, esso contiene un numero illimitato di particelle che vengono generate e scompaiono in un processo senza fine.

Il "vuoto fisico" non è uno stato di semplice "non-essere", ma contiene la potenzialità di tutte le forme del mondo delle particelle.


Fritjof Capra