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29/05/20

A Recanati riapre l'Orto sul Colle dell'Infinito




Nelle Marche ha riaperto le porte l'Orto sul Colle dell'Infinito, l'ultimo Bene inaugurato dal FAI alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. 

Le visite, dal mercoledi' alla domenica, saranno solo su prenotazione da effettuare sul sito www.ibenidelfai.it. 

A pochi passi dalla casa natale di Giacomo Leopardi, era stato affidato alla Fondazione dopo l'accordo firmato tra Comune di Recanati, Fai, Centro Nazionale di Studi Leopardiani e il Centro Mondiale della Poesia e della Cultura "Giacomo Leopardi" per la valorizzazione culturale e la gestione di una parte degli spazi del Cnsl e di quella porzione del Colle conosciuta come Orto delle Monache

Un tempo orto concluso del vicino monastero, curato per secoli dalle monache, e' ancora un luogo semplice di quiete, punteggiato di cipressi e alberi da frutto, con ortaggi, fiori e qualche filare di vite, restituito alla sua storica natura grazie a un progetto donato al Fai dall'arch.. Paolo Pejrone e realizzato con al Comune



Il Presidente della Repubblica Sergio Matterella 
in visita recentemente all'Orto sul Colle dell'Infinito

09/06/19

La Poesia della Domenica: "Imitazione" di Giacomo Leopardi



XXXV -  Imitazione


Lungi dal proprio ramo,
Povera foglia frale,
Dove vai tu? – Dal faggio
Là dov’io nacqui, mi divise il vento.
Esso, tornando, a volo
Dal bosco alla campagna,
Dalla valle mi porta alla montagna.
Seco perpetuamente
Vo pellegrina, e tutto l’altro ignoro.
Vo dove ogni altra cosa,
Dove naturalmente
Va la foglia di rosa,
E la foglia d’alloro.



Giacomo Leopardi, Canti

26/12/18

Torna a Recanati il Manoscritto Autografo de "L'infinito" di Giacomo Leopardi !




Acquistato nel 1869 dal Comune di Visso assieme ad altri scritti leopardiani venduti da Prospero Viani, studioso di Leopardi e primo editore del suo epistolario, per l'irrisoria cifra di 400 lire, il manoscritto autografo de L'Infinito torna ad essere esposto a Recanati, citta' natale del poeta, per la mostra 'Infinito Leopardi', allestita a Villa Colloredo Mels

Era stato esposto nel 1898, in occasione del centenario della nascita del poeta, e vi torna per celebrare i 200 anni della sua composizione.

Ma la contessa Olimpia Leopardi ricorda che e' stato esposto a Palazzo Leopardi, tra le cui pareti fu scritto nel 1818.

L'esposizione offre un significativo e ricco panorama sulla figura di Leopardi.

Curata da Laura Melosi in collaborazione con Lorenzo Abbate, abbina in due diverse sezioni la cospicua collezione di Visso a testimonianze e cimeli del poeta e della sua famiglia, che dopo il trasferimento a Villa Colloredo dalle sale del Comune di Recanati non venivano mostrati da anni. 

Correda l'iniziativa una suggestiva raccolta di 90 scatti del fotografo Mario Giacomelli, di Senigallia, dedicati all'Infinito e alla poesia A Silvia.

Nella prima sezione spiccano le cartelle degli Idilli, dei 'Sonetti in persona di ser Pecora Beccaio fiorentino' e l'Epistola al conte Carlo Pepoli, contenenti manoscritti donati a Viani da Pietro Brighenti, amico, corrispondente ed editore di Leopardi, il quale li aveva ricevuti dal poeta tra il 1825 e il 1826 per servire all'edizione dei Versi (Bologna 1826).

Ad esse si aggiunge la cartella della Prefazione al Petrarca contenente un autografo inviato da Leopardi all'editore fiorentino David Passigli nel marzo del 1837 per la stampa di una nuova edizione della sua interpretazione alle Rime di Petrarca, progetto che si sarebbe concretizzato solo due anni dopo la morte del poeta.

Ed infine una raccolta di 14 lettere inviate da Leopardi all'editore milanese Anton Fortunato Stella e a suo figlio Luigi nel periodo 1825-1831.

Nella seconda sezione figurano invece i ritratti della famiglia Leopardi: dai fratelli del poeta Pierfrancesco e Paolina, ai genitori, Monaldo e Adelaide Antici, fino a quello di Giacomo, basato su un disegno a matita realizzato da Luigi Lolli a Bologna nel 1826.

Ma c'e' anche il manoscritto del Saggio sugli errori popolari degli antichi (1815), donato dall'editore Le Monnier al Comune di Recanati, assieme ai materiali da questi ricevuti da Antonio Ranieri, amico e sodale di Leopardi per la stampa delle Opere leopardiane del 1845, come pure la maschera funebre del poeta, realizzata il 14 giugno 1847 direttamente sulla sua salma.

Infine la raccolta di scatti di Mario Giacomelli, curata da Alessandro Giampaoli e Marco Andreani, divisa in tre parti: due dedicate alla poesia A Silvia rispettivamente del 1964 e del 1988, corredate da un filmato di Luigi Crocenzi realizzato per la trasmissione della Rai Telescuola, e una all'Infinito del 1988.

Fonte: Federica Acqua per Ansa. 

24/04/16

"L'indicibile tenerezza - in cammino con Simone Weil" di Eugenio Borgna (RECENSIONE).



Eugenio Borgna, il decano degli psichiatri italiani, torna su Simone Weil, che così fortemente ha influenzato il suo lavoro e i suoi libri. 

Lo fa con un volume che sin dal titolo, L'indicibile tenerezza, mostra l'intenzione di rivolgersi a quel connotato profondamente umano che ha caratterizzato la breve esistenza di Simone, morta ad appena 34 anni a Londra, lasciandosi probabilmente morire di fame, il 24 agosto del 1943, per l'incapacità di sopportare l'inferno di morte e distruzione che la Seconda Guerra Mondiale stava scatenando sull'Europa, e in particolare sulla amata Francia. 

Borgna nel suo libro (ogni capitolo è preceduto da una stupenda poesia di Paul Celan)  riannoda i temi della vita di Simone Weil, dall'infanzia nella colta borghesia ebraica parigina, alla vicinanza con alcuni grandi irregolari della cultura di quel tempo, dall'esperienza traumatica e traumatizzante del lavoro in fabbrica volontario, in condizioni completamente disumane, all'arruolamento come volontario nella guerra civile spagnola, dalla compilazione delle opere più celebri e complesse, fino agli ultimi messi di malattia  e di inedia, nella capitale britannica dove si è spenta. 

La vicenda di Simone Weil è esemplare sotto molti versi: Borgna sostiene che vi è una grande vicinanza tra la disumana coercizione del lavoro in fabbrica negli anni '20 e la realtà concentrazionaria degli ospedali psichiatrici, dove Borgna ha lavorato per vent'anni. 

Anche nelle condizioni più estreme e - anzi - PROPRIO nelle condizioni più estreme, Simone Weil ha saputo alimentare il fuoco della speranza, dell'amicizia, dell'anima femminile come contrapposizione all'orrore, Nelle lettere alle allieve, nelle poesie, nei trattati filosofici, nelle pagine dei quaderni, nell'unica tragedia scritta, Venezia Salva, mostra i contorni di un'anima veramente eccezionale e grande, capace di illuminare, senza rifiutare l'attraversamento dell'abisso più oscuro. 

Le considerazioni di Borgna funzionano più che altro come raccordo, punteggiatura, delle moltissime citazioni folgoranti della Weil contenute nel libro, e affiancate a quelle di altre grandi anime, da Etty Hillesum (che della Weil appare una sorta di gemella spirituale) a Dietrich Bonhoeffer, da Rainer Maria Rilke a Giacomo Leopardi a Freidrich Nietzsche. 

Tutti questi grandi uomini hanno attraversato la propria ombra, hanno assunto su di loro il dolore e la sofferenza della condizione umana, e del male gratuito. 

Simone non si stanca di fare appello alla attenzione, perché "Ogni  errore umano, poetico, spirituale, non è,  in essenza, se non disattenzione" (pag. 153).

Non si stanca mai di rinnovare la speranza, di infondere luce sullo scenario scarno e livido a volte dell'esistenza: "Dopo mesi di tenebre interiori, all'improvviso e per sempre ho avuto la certezza che qualsiasi essere umano, anche se le sue qualità naturali sono quasi nulle, penetra nel regno della verità riservata solo al genio, se solo desidera la verità e fa un perpetuo sforzo d'attenzione per attingerla. Così diventa anch'egli un genio, benché per mancanza di talento questo genio non traspaia all'esterno." (p.125). 

Insomma è un libro che fa bene leggere, anche quando attraversa crudelmente le zone più buie dell'esistenza. 





01/03/14

E' morta Elena Bono.




All’ospedale di Lavagna è morta la poetessa Elena Bono. Aveva 92 anni. 

Poetessa, scrittrice, autrice di opere teatrali e di critiche d’arte, era nata a Sonnino, in provincia di Latina, il 29 ottobre 1921. 

Figlia di un noto studioso di letteratura classica, Francesco Bono, e di Giselda Cardosi, ha respirato poesia fin dall’infanzia, trascorsa a Recanati dove ha instaurato uno speciale legame con l’animo poetico di Leopardi, che lei chiamava confidenzialmente “Giacomino”. 

A dieci anni si è trasferita con la famiglia in Liguria, a Chiavari, dove ha scritto le sue opere. 
Al 21 febbraio 1959 risalgono le nozze con Gian Maria Mazzini, imprenditore e critico letterario, appartenente a un ramo collaterale della famiglia di Giuseppe Mazzini e lontano parente pure di Giuseppe Garibaldi. 

Sorretta da una fede profonda (era terziaria francescana) ha chiesto di essere sepolta con lo scapolare francescano. 

"Lucida fino a martedì, ha ricevuto tutti i conforti materiali e spirituali fino alla fine" – spiega Stefania Venturino, amica e agente di Elena Bono.