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23/05/22

La Somiglianza del Divin Pittore - Raffaello - con Cristo

 


L'Autoritratto con un amico, uno dei quadri più celebri di Raffaello Sanzio, dipinto a olio su tela,  databile al 1518-1520 e conservato nel Museo del Louvre a Parigi, ci restituisce una immagine inconsueta del sublime pittore, che vediamo barbuto e in un ritratto quasi "realistico". 

E' un quadro bellissimo e misterioso: non si conosce infatti l'identità dell'uomo ritratto davanti a Raffaello con una sua mano sulla spalla. 

La tradizione indica il suo maestro di scherma, perché appoggia la mano sull'elsa di una spada, mentre la critica vi ha letto la rappresentazione di un allievo (magari Polidoro da Caravaggio o Giulio Romano) o di un amico e committente, come Giovanni Battista Branconio per il quale Raffaello aveva progettato in Borgo il distrutto Palazzo Branconio dell'Aquila, o ancora Pietro Aretino, Baldassarre Peruzzi o Antonio da Sangallo il Giovane.

Gli inventari sei-settecenteschi si sbizzarriscono facendo i nomi del Pordenone o del Pontormo, ma tali ipotesi sono smentite da altre effigi note e meglio documentate.

Si ignora anche la provenienza del dipinto e se appartenne a Francesco I di Francia; la sua presenza nel castello di Fontainebleau è documentata solo agli inizi del Seicento. 

L'attribuzione a Raffaello è invece ormai ampiamente consolidata (Berenson, Adolfo Venturi, Pallucchini...), anche se in passato si fece il nome anche di Sebastiano del Piombo. 

Su uno sfondo scuro uniforme, Raffaello, che ha la barba e somiglia all'autoritratto degli Uffizi e a quelli nelle Stanze vaticane, guarda lo spettatore come a presentargli il personaggio davanti a lui, che si volge all'indietro.

Interessante è il dialogo con lo spettatore invisibile, sottolineato dalla mano distesa che indica chi guarda, come se fossimo davanti a un vero e proprio scambio di presentazioni. Inoltre lo spadino è un dettaglio che ci mostra l'animo senz'altro attivo e vivo del personaggio che lo porta alla cinta. 

Il taglio dei personaggi è ravvicinato, a mezza figura, la luce proveniente da sinistra, con giochi di sguardi e gesti di immediata colloquialità. Oltre al gesto amichevole tra i due della mano sulla spalla, evidente è il loro legame anche dall'analogia della veste e della barba, come andava di moda tenere nei primi decenni del Cinquecento. 

Ciò che colpisce e che colpì molto anche i suoi contemporanei fu anche una certa rassomiglianza del  volto di Raffaello con quello che la tradizione riconosce a Gesù Cristo. 

Si tratta infatti di un leit motiv dei contemporanei del Sanzio che, all'apogeo del suo successo, lo consideravano tanto "divino" da paragonarlo a una reincarnazione di Cristo: come lui era morto di Venerdì santo e a lungo venne distorta la sua data di nascita per farla coincidere con un altro Venerdì santo. 

Lo stesso aspetto con la barba e i capelli lunghi e lisci scriminati al centro, visibili in questo Autoritratto con un amico, ricordavano da vicino l'effige del Cristo, come scrisse Pietro Paolo Lomazzo: la nobiltà e la bellezza di Raffaello "rassomigliava a quella che tutti gli eccellenti pittori rappresentano nel Nostro Signore". 

Al coro di lodi si unì Vasari, che lo ricordò "di natura dotato di tutta quella modestia e bontà che suole vedersi in colore che più degli altri hanno a certa umanità di natura gentile aggiunto un ornamento bellissimo d'una graziata affabilità"


23/01/20

La sopravvalutazione - tutta italiana - della politica




In questo anno in cui si celebrano i 100 anni (dalla morte) di Modigliani, i 100 (dalla nascita) di Fellini, i 500 (dalla morte) di Raffaello Sanzio, i 100 (dalla nascita) di Benedetti Michelangeli, l'Italia preferisce crogiolarsi nella Craxitudine.

Il che conferma quello che ho sempre pensato: che in questo paese c'è da sempre una super-eccessiva importanza data alla politica, che da noi è spesso - e oggi più che mai - farsa, commedia, intrattenimento, chiacchiera becera, operetta. Eppure la politica - specie quella italica - conta molto poco alla fine.

Nella economia di una vita contano o conterebbero molto molto di più le felicità, le ricchezze, le consapevolezze donate alle nostre anime e all'anima complessiva del paese che abitiamo, dagli spiriti illuminati che nei più diversi settori hanno dimostrato cosa può dare e fare l'indole umana creativa.

Invece preferiamo arrotolarci nel piccolo nostro cortile di torti e ragioni, di battaglie perse sugli scranni e vendette o riscatti. Che, dico io, lasceranno flebilissima, impalpabile traccia nella storia collettiva e ancor di più individuale.

Fabrizio Falconi
gennaio 2020 

27/12/19

Arriva a Roma la più grande mostra mai allestita su Raffaello, alle Scuderie del Quirinale



Raffallo in mostra dal 5 marzo alle Scuderie del Quirinale a Roma. Oltre cento opere dell'artista riunite insieme, come mai in passato.

Una grande mostra monografica, con oltre duecento capolavori tra dipinti, disegni ed opere di confronto, dedicata a Raffaello Sanzio, nel cinquecentenario della sua morte, avvenuta a Roma il 6 aprile 1520 all'eta' di appena 37 anni

L'esposizione, intitolata semplicemente RAFFAELLO, costituisce l'apice delle celebrazioni mondiali a 500 anni dalla scomparsa e rappresenta l'evento di punta del programma approvato dal Comitato Nazionale appositamente istituito dal Ministro Dario Franceschini e presieduto da Antonio Paolucci. Realizzata dalle Scuderie del Quirinale (appartenenti alla Presidenza della Repubblica e gestite dal Mibact attraverso la societa' in-house ALES), in collaborazione con le Gallerie degli Uffizi, la mostra e' curata da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi con il contributo di Vincenzo Farinella e Francesco Paolo Di Teodoro. 

Un autorevole comitato scientifico presieduto da Sylvia Ferino ha affiancato e approfondito il lavoro del team curatoriale, stimolando un dialogo fruttuoso tra gli specialisti del settore piu' accreditati al mondo, come Nicholas Penny (gia' direttore National Gallery di Londra), Barbara Jatta (direttore Musei Vaticani), Dominique Cordellier (Muse'e du Louvre), Achim Gnann (Albertina, Vienna), Alessandro Nova (Kunsthistorisches Institut, Firenze). 

Anche in termini di capolavori in prestito (oltre che di lavoro scientifico svolto), e' stato determinante il contributo delle Gallerie degli Uffizi, con circa 50 opere delle quali oltre 40 dello stesso Raffaello

Ma anche tanti altri musei di importanza internazionale hanno contribuito ad arricchire la rassegna con capolavori dalle loro collezioni: tra questi, in Italia, le Gallerie Nazionali d'Arte Antica, la Pinacoteca Nazionale di Bologna, il Museo e Real Bosco di Capodimonte, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, la Fondazione Brescia Musei, e all'estero, oltre ai Musei Vaticani, il Louvre, la National Gallery di Londra, il Museo del Prado, la National Gallery of Art di Washington, , l'Albertina di Vienna, il British Museum, la Royal Collection, l'Ashmolean Museum di Oxford, il Muse'e des Beaux-Arts di Lille. 

Complessivamente saranno piu' di 200 le opere in mostra. La mostra verra' inaugurata il 3 marzo 2020 alla presenza delle piu' alte cariche dello Stato e dei rappresentanti ufficiali dei principali paesi prestatori.

Dal 5 marzo la mostra aprira' al pubblico e sara' visitabile fino al 2 giugno. 

"La mostra su Raffaello e' una grande mostra europea che raccoglie capolavori mai riuniti finora. Il giusto modo per celebrare la grandezza e la fama di un artista universale a 500 anni dalla sua morte. La prestigiosa esposizione alle Scuderie del Quirinale, che come quella dedicata a Leonardo al Louvre vede la collaborazione dei piu' grandi musei italiani e internazionali, permettera' al pubblico di ammirare un corpus considerevole di opere di Raffaello". Cosi' ha affermato il ministro Mibact, Dario Franceschini. Il presidente e ad Ales-Scuderie del Quirinale, Mario Di Simoni ha aggiunto: "La mostra di Raffaello, realizzata in collaborazione scientifica e di prestiti con gli Uffizi, e' la dimostrazione di quanto sia corretta la collocazione delle Scuderie del Quirinale in stretto collegamento con il grande sistema dei musei statali. È il coronamento ideale dei vent'anni di apertura al pubblico delle Scuderie del Quirinale". Il direttore Gallerie degli Uffizi, Schmidt: "Le Gallerie degli Uffizi, dove si concentra il piu' grande numero di dipinti e disegni di Raffaello al mondo, partecipano con entusiasmo all'organizzazione di questa ricorrenza epocale, per offrire una nuova, approfondita visione di Raffaello, specialmente per il periodo in cui l'artista visse a Roma. La mostra, frutto di una collaborazione senza precedenti tra le Gallerie degli Uffizi e le Scuderie del Quirinale, si svolge non a caso nella capitale: Roma non e' solo una tappa biografica dell'artista, ma il simbolo della dimensione nazionale della sua arte e del suo pensiero". 

30/01/18

Fino all'8 Aprile a Roma si può ammirare a Palazzo Barberini la celebre "Madonna Esterházy" di Raffaello !




Gli sguardi incrociati e la gestualita' familiare che testimoniano l'intesa sentimentale, le rovine romane e il cielo azzurro a far da  sfondo

La MadonnaEsterházy di Raffaello Sanzio risplende con la sua bellezza delicata a Palazzo Barberini dove le Gallerie Nazionali di Arte Antica di Roma l'hanno voluta in mostra dal 31 gennaio all'8 aprile per presentarla al pubblico durante l'assenza della celebre Fornarina (in prestito a Bergamo fino ad aprile). 

Proveniente dal Sze'pmuve'szeti Múzeum di Budapest (ora chiuso per lavori) con il quale le Gallerie hanno scambiato alcune tele di Rubens, l'opera venne dipinta nel corso del 1508 e documenta chiaramente un passaggio cruciale nella storia di Raffaello, quando cioe' l'artista lascio' Firenze per Roma, dove era stato chiamato da Giulio II della Rovere per partecipare al rinnovamento del Vaticano. 

Un momento straordinario per la sua carriera, che la mostra di Palazzo Barberini, a cura di Cinzia Ammannato, vuole sottolineare presentando accanto alla Madonna Esterházy anche altri quattro lavori a essa legati. 

25/07/17

Raffaello esoterico. La tomba provvisoriamente scomparsa e poi ritrovata al Pantheon.



L’ordine iniziatico dei Fedeli d’Amore anche se ufficialmente scomparso, è secondo alcuni ancora vivo, in Occidente anche ai nostri giorni. Quel che è certo è che esso ha origini antichissime. Uno dei suoi presunti padri è il notaio e poeta Francesco da Barberino, nato nel 1264 nella omonima località in Val d’Elsa, autore di un’opera capitale della primissima letteratura italiana, I documenti d’amore, composti tra il 1309 e il 1313.

L’Ordine si ispirava ad una disciplina dell’Arcano e composto da sette diversi gradi iniziatici: le donne cantate dagli adepti di questo ordine segreto traevano origine da un unico modello di donna simbolica, una donna trascendente, una Madonna intelligente nella quale si ritrovavano anche diversi elementi della simbologia orientale.

Questo Ordine così come altri simili, intendeva il Cristianesimo come una via iniziatica (accessibile a pochi), in grado di compiere trasmutazioni personali evolutive delle basi di conoscenze individuali.

Dell’Ordine si riteneva – e si ritiene anche oggi, non senza polemiche – facessero parte molti dei più grandi intellettuali dell’epoca, come Cecco d’Ascoli, poeta e scienziato, condannato al rogo, Guido Cavalcanti, Raffaello Sanzio e perfino Dante Alighieri, oltre a Boccaccio e Petrarca.

Raffaello è stato secondo alcuni, colui che meglio di altri, incarnò con la sua arte l’ideale supremo di bellezza e armonia (estetica ed interiore) che nel Rinascimento trovò sua piena compiutezza e che i Fedeli d’Amore inseguivano come scopo realizzativo.

Una lunga tradizione legava la radice esoterica di questo Ordine all’esoterismo esseno di matrice gnostica, che a sua volta si riteneva proveniente dalla più solida tradizione egizia.

Del fatto che Raffaello fosse un iniziato, ci si ricordò nella prima metà dell’Ottocento, quando si decise di rintracciare la tomba del grande pittore che la tradizione voleva sepolto nel Pantheon.


In effetti dopo la morte avvenuta nel giorno di Venerdì Santo (circostanza quanto mai profetica), il 6 aprile del 1520, a soli trentasette anni di età, che aveva profondamente rattristato l’intera corte papale (il pontefice era Leone X), Raffaello era stato sepolto, secondo le sue espresse volontà, nel Pantheon, il monumento esoterico romano per eccellenza, ponte di collegamento tra la terra e il cielo, gigantesco astrolabio in pietra, di perfezione sublime, massima espressione dell’armonia umana e divina.

L’umanista Pietro Bembo, amico personale di Raffaello, aveva composto il celebre epitaffio: Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci/ rerum magna parens et moriente mori, anch’esso di sapore esplicitamente esoterico: qui giace quel Raffaello, dal quale, lui vivo, la gran madre di tutte le cose, ovvero la Natura temette di essere vinta e quando morì, temette di morire con lui.

All’inizio dell’Ottocento, autorevoli studiosi misero in dubbio che le cose fossero andate veramente così e che la tomba di Raffaello si trovasse davvero al Pantheon. 

Si avanzò cioè il sospetto che si trattasse di una leggenda originata dagli stessi confratelli del divino urbinate, i quali desideravano legare per sempre il suo nome a quello del Pantheon, e che invece le sue spoglie si trovassero conservate nella poco distante Basilica di Santa Maria Sopra Minerva.

Si decise dunque di effettuare degli scavi per ritrovare il prezioso sarcofago, ma i primi saggi di ricerca, compiuti il 9 di settembre del 1833, sotto il pontificato di Gregorio XVI non diedero risultati, rafforzando l’ipotesi del complotto.


Ma quando le pale furono spostate in un’altra direzione, quasi subito si imbatterono nella cassa d’abete dove, senza alcun dubbio, era stato deposto il corpo di Raffaello.

Si procedette allora al recupero delle ossa e ad una nuova inumazione in un’urna di marmo, la quale fu collocate dietro l’altare della Madonna del Sasso, nello stesso luogo dove i resti erano stati ritrovati per tre secoli.


E ancora oggi il sepolcro di Raffaello costituisce un’altra delle attrattive della visita al Pantheon, con il sarcofago conservato dietro una teca di vetro, con il distico di Bembo iscritto sul bordo superiore,  e due colombe in bronzo che sembrano baciarsi in volo, a suggello della perfezione quasi divina che il pittore seppe rappresentare con la sua opera.