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14/08/22

Alla disperata ricerca di una identità: Chi sono?

 


"Sono alla disperata ricerca di una identità". Potrebbe essere questa la frase simbolo dei nostri anni. 

Il problema è che l'Occidente ha del tutto tradito le sue origini del Conosci te stesso di Delfi, sul quale ha costruito la sua intera storia da Odisseo a Dante fino a Baudelaire. 

Conosci te stesso significava che nessuna identità è possibile, se non si viaggia dentro se stessi, alla scoperta di sé stessi (cioè della propria anima). 

Questo viaggio per vari e diversi motivi primo fra tutti il fatto che comporta sofferenza e attraversamento di territori oscuri - nessuno vuole più farlo

Oggi l'occidentale galleggia su bolle d'aria e preferisce tentare di darsi una identità interpretando a caso dei ruoli, intercambiabili. 

Ma, come insegna tutta la letteratura del Novecento, non è indossando maschere che si assumono vere identità. 

Nella baraonda del carnevale ci si diverte pure ma quando arriva il mercoledì mattina si è ancora più soli e ancora più ignoti a se stessi. 

Crescere costa fatica, vivacchiare no. 

Crescere vuol dire cambiare, vivacchiare vuol dire rintanarsi nella comfort zone dello status quo.

Fabrizio Falconi - 2022 



26/09/14

"Non c'è posto per me e per te"






Uno si recò alla porta dell’amata e bussò.
Una voce rispose: “Chi è là !” 
Egli rispose: “Sono io”. 
La voce rispose: “Non c’è posto per Me e per Te.” 
La porta restò chiusa. 
Dopo un anno di solitudine e privazioni egli ritornò e bussò. 
Una voce da dentro chiese: “Chi è là !” 
L’uomo disse: “Sei tu.” 
La porta si aprì per lui.


Siamo tutti in cerca di chi – come racconta Rumi in questa poesia – ci dica “eccomi, io sono te.” Il mondo popolato solo di io (di voci che ripetono stancamente sono io) è come atomizzato in una infinità di porte chiuse

Gli io si scontrano come elettroni impazziti, e rimbalzano senza scambiarsi cariche di nessun tipo (e  quanto sentiamo vero fino allo sfinimento questo: non c’è posto per me e per te). E’ probabile che si debba reimparare un alfabeto del riconoscimento reciproco. Provo a dirlo in due modi.

Amore non è quello di uomini nella carne incatenati
che di comprata, amara, sognano carezza,
o di una tenera vergine dolcezza,
che amano essi solo se riamati.
Poichè così non altri che te stesso ami,
o ciò che i tuoi pensieri
ritengano gloria possedere,
e il nulla, che dovresti amare meno, ami:
se anche d’ora innanzi
precluso fosse alla tua conoscenza.

Null’altro ama che il Tutto senza forma eterno
della cui luce inosservato un raggio
batte su questo prisma di creta in dissolvenza
fino a rifrangere i colori del tuo animo guizzando.

Questi, lampi e soffio sono;
permanere non li lascerai perché rifulgeranno
con sapienza non appena svaniranno.

George Santayana – 1896.


Di notte il vento di aprile
ti ha risvegliato, raggelando
i germogli, scuotendo le imposte
scardinando la terra.
Hai vagato, senza trovare niente:
ti sei chiesto a che serve
una barca senza mare
una risposta senza domanda
un tappeto di foglie cadute
senza nessuno che lo attraversi,
un cielo di notte senza telescopi,
un letto caldo senza un respiro
tra le lenzuola, una promessa
senza una supplica, un coro di morti
senza nessun orecchio di vivo, che lo ascolti.

Ti sei sentito fragile, come chi aspetta
come un pazzo che chiede amore nel vento,
nel punto più scuro della notte.

Fabrizio Falconi - I sogni dell’amore che non venne mai.

tratto da La poesia e lo spirito