19/10/15

Apre a Roma la Galleria dedicata ad un grande maestro del Novecento italiano: Umberto Prencipe.




Umberto Prencipe (Napoli, 14 luglio 1879 – Roma, 22 gennaio 1962) è stato uno dei maggiori artisti del Novecento italiano.

Pittore e incisore, si trasferì da Napoli a Roma molto presto, a diciotto anni, con la famiglia nel 1897. 

Visse anche ad Orvieto agli inizi del Novecento, e successivamente a Lucca e di nuovo a Roma.

Nel 1905 la Galleria nazionale d'arte moderna di Roma acquistò da Prencipe una sua tela dal titolo Clausura.

Dopo un altro lungo soggiorno ad Orvieto tornò a Roma nel 1926, allontanandosene nuovamente negli anni trenta per insegnare incisione presso l'Accademia di Belle Arti di Napoli (1932-1936). Tornato a Roma nel 1936, si mosse da allora nell'ambiente artistico capitolino, imponendosi fra gli incisori del cosiddetto Verismo crepuscolare e alternando la propria attività artistica con l'insegnamento presso l'Accademia di Belle Arti di Roma fino al 1949.

Sono celebri  i suoi paesaggi dei piccoli centri rurali e delle borgate storiche italiane (Borgo toscano, Tristezza maremmana, Primavera orvietana ecc.)

E a questo interessantissimo artista, spesso trascurato, viene dedicato un nuovo spazio, inaugurato  giovedì 29 ottobre alle ore 18, la Galleria Prencipe, in cui avranno sede l'Archivio Umberto Prencipe e l'Archivio dell'Ottocento Romano.

La Galleria si trova nel quartiere di Monteverde Vecchio e comprende una sala espositiva, dedicata a ospitare mostre d'arte, corsi e conferenze, e due ambienti che accolgono la biblioteca, la collezione di dipinti, disegni e incisioni e il cospicuo materiale d'archivio - scritti autografi, rassegna stampa e fotografie - presenti nello studio dell'artista Umberto Prencipe al momento della sua scomparsa, nonché tutto il materiale documentario di proprietà dell'Archivio dell'Ottocento Romano.

 La biblioteca, specializzata sull'arte tra Ottocento e Novecento e sull'incisione, raccoglie circa 1.500 titoli e numerose riviste.

Il catalogo sarà presto disponibile online. Lo spazio verrà inaugurato con una selezione di opere di proprietà dell'Archivio Umberto Prencipe.
Per info:


Archivio dell'Ottocento Romano 

Archivio Umberto Prencipe
www.ottocentoromano.it 
www.umbertoprencipe.it 

Galleria Prencipe via Ludovico di Monreale 42-44 Roma


16/10/15

Il 40% dei professionisti italiani non legge nemmeno un libro all'anno. Tutti i dati dell'editoria alla Fiera di Francoforte.





Resta ancora il segno meno per il mercato del libro in Italia ma si attenua nel 2014 e ancora di più nei primi otto mesi del 2015 in cui, secondo i dati Nielsen per l'Associazione Italiana Editori, si e' registrato un - 1,9% di fatturato nei canali trade (librerie, librerie online e grande distribuzione) e un - 4,6% per le copie vendute

Si aprono dunque spiragli positivi e i più ottimisti ipotizzano che con l'impulso delle vendite a Natale, ci si potrebbe avvicinare per la fine del 2015 una decrescita zero. 

E' il quadro che viene fuori dal Rapporto sullo stato dell'editoria in Italia 2015, a cura dell'Ufficio Studi AIE, presentato nel giorno d'apertura della Fiera Internazionale delLibro di Francoforte a cui sono intervenuti la sottosegretaria del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, Ilaria Borletti Buitoni e il presidente dell'Aie, Federico Motta. 

Il cambiamento produttivo più evidente è la crescita dei titoli in formato ebook, stimolata anche dalla nuova Iva al 4%

Una crescita del 50% tra il periodo gennaio-giugno 2013 e il corrispondente periodo di quest'anno: dai 13.403 del 2013 ai 26.908 del semestre 2015. 

L'incidenza che l'ebook ha sulla produzione di carta ha raggiunto la soglia dell'86,9%: era del 28,8% quattro anni fa.

L'insieme del digitale oggi rappresenta il 9,4% del mercato (nel 2011 era del 5,2%)

"L'editoria italiana intravede un miglioramento nel 2015 ma il segno e' ancora meno. Stiamo lavorando duro per arrivare al segno piu', attraverso investimenti, innovazione, cambiamenti nell'essere editore oggi. C'e' pero' un problema di fondo: e' arrivato il momento di smetterla con i proclami d'amore per il libro e la lettura che non si traducono in azioni serie ed efficaci. Vi sono sistemi semplici per definire cos'e' una priorita': e' dove si investe prima che altrove. E allora: 33 milioni di euro e' il budget del Centre national du livre francese, meno di 1 milione quello del nostro Centro per il Libro" " ha sottolineato Motta. 

"La verita' - ha continuato - e' che la classe dirigente, politica ma non solo, non sa cosa e' un libro perché' non legge nemmeno un libro all'anno: e' cosi' per il 39,1% dei dirigenti e professionisti italiani (contro il 17% di francesi e spagnoli)". 

"La mia presenza all'apertura della Buchmesse - ha sottolineato il Sottosegretario Borletti Buitoni - vuole essere una testimonianza di quanto siano sbagliate quelle credenze che, malgrado le attuali difficolta' del settore, ritengono il libro non un oggetto del futuro ma da consegnare al passato. Non si puo' avere sviluppo civico, prima ancora che culturale e sociale, senza il libro". 

 I dati del Rapporto mostrano che quello a cavallo tra il 2014 e il 2015 e' ancora un momento di grande trasformazione per il mercato del libro. 

Tra i segni positivi del 2014, la crescita dell'editoria per ragazzi sia per i titoli prodotti (+5,9%) che per la quota di mercato (+5,7%) e del mercato dell'ebook, sia per fatturato (ha raggiunto i 40,5 milioni di euro) che per numero di titoli prodotti (+26,7%). 

Ed e' positivo anche il peso e il ruolo dell'editoria italiana in chiave internazionale: la vendita di diritti di autori italiani all'estero registra un +6,8% nel numero di titoli trattati e l'export di libri italiani all'estero segna un fatturato di 40 milioni di euro (+2,6% sul 2013)

Tutti spiragli buoni che si aprono in uno scenario ancora di segni meno: il bacino dei lettori nel 2014 si restringe di 848 mila (-3,4%), si ridimensiona il mercato (-3,6%), si conferma l'andamento negativo nel numero di titoli pubblicati (-3,5%) e diminuiscono le copie vendute di "carta" (-6,4%) ma non sappiamo quanti download di ebook sono stati fatti (Amazon non fornisce dati su questo)

Nel 2014 il fatturato del mercato del libro e' sceso a quota 2,6 miliardi di euro, una flessione del -3,6% sull'anno precedente e sono 97,5 milioni di euro di minori ricavi

Dal punto di vista dei titoli pubblicati si passa dai 25.521 dei primi sei mesi del 2013 (novita' e nuove edizioni) ai 30.961 pubblicati tra gennaio e giugno di quest'anno e sono state 1.190 le case editrici che hanno pubblicato piu' di 10 libri nel 2014 (+0,3%).

15/10/15

Robert P. Harrison vince la prima edizione del premio The Bridge . La premiazione il 19 ottobre a Roma.

Robert Pogue Harrison

Lunedi' 19 ottobre 2015, l'Ambasciata d'Italia a Washington ospitera' la cerimonia di premiazione degli autori italiani vincitori della prima edizione del premio letterario The Bridge Book Award

Il Premio The Bridge rappresenta un "ponte" ideale che unisce le culture italiana e americana per rafforzarne la comprensione reciproca attraverso la promozione di alcune tra le migliori e piu' recenti pubblicazioni sia di narrativa che di saggistica dei due paesi. 

 "E' un vero onore poter ospitare questo importante premio, che quest'anno inaugura la XV Settimana della lingua italiana nel mondo e che come indica il titolo - dice l'Ambasciatore d'Italia negli Stati Uniti Claudio Bisogniero- "The Bridge", si propone l'ambizioso obiettivo di avvicinare come un ponte le culture di Italia e Stati Uniti. Mi rallegro in particolare con i vincitori di questa prima edizione, Domenico Starnone per la narrativa e Quinto Antonelli per la saggistica". 

Il Premio si articola in una sezione italiana ed una americana con una struttura speculare. I libri in concorso, dieci per ognuno dei due paesi e cinque per ogni categoria di narrativa e saggistica, sono pubblicati nei rispettivi paesi nel corso dell'anno che precede il Premio

Gli autori italiani e americani sono giudicati in due turni di votazione nel mese di settembre da una giuria appartenente all'opposta dell'altra nazionalita', composta da 50 giurati, 25 per ciascuna categoria. 

I vincitori ricevono un premio in denaro, seguirà inoltre la traduzione e la pubblicazione del loro libro nell'altra lingua.

La cerimonia di premiazione dei vincitori americani della prima edizione del The Bridge Book Award, Laird Hunt per la narrativa e Robert Harrison per la saggistica, si terra' il 19 ottobre 2015 presso l'Ambasciata degli Stati Uniti a Roma

Il Premio The Bridge/Il Ponte e' ideato e promosso dalla Casa delle Letterature del Comune di Roma, con l'American Initiative for Italian Culture Foundation (AIFIC), con l'Ambasciata degli Stati Uniti d'America a Roma, la National Italian American Foundation (NIAF) e la Federazione Unitaria Italiana Scrittori (FUIS). 

Si avvale del patrocinio dell'Ambasciata d'Italia a Washington e del Ministero degli Affari Esteri Italiano, della collaborazione dell'American Academy in Rome, dell'Istituto Italiano di Cultura di Washington, dell'Istituto Calandra di New York e di altre Istituzioni culturali e Universita' italiane e americane. 

14/10/15

Oltre la Mente - L'elaborazione del lutto e il lutto ineluttabile.




Da qualche giorno mi girava intorno la bellezza ultrasensibile della parola 'ineluttabilità', e ragionavo sulla parola 'lutto' che sembra contenere: perché in fondo 'ineluttabilità' è anche qualcosa che non può essere elaborato come lutto, come distacco o mancanza. 

La radice etimologica però ci spiega che le due parole hanno origini dissimili e diverse. 

'Lutto' viene dalla stessa radice di 'lugubre' che è il latino lugere, ovvero piangere (che ha una radice ancora più suggestiva in leug, 'rompere', e nel tedesco loch 'strappo'), mentre ineluttabilità deriva da luctari, lottare. 

Quindi il lutto è qualcosa che si rompe e provoca dolore, l'ineluttabile è qualcosa contro cui non si può lottare.

Eppure chiunque l'ha sperimentato, sa che un lutto (chi ha perso un genitore, un compagno, un amico, un figlio) è per sua natura ineluttabile. Cioè è qualcosa contro cui non si può lottare. 

O meglio, esiste una fase, nel lutto, nel quale si lotta con le unghie e con i denti contro quel dolore divorante, e lo si rifiuta. 

Questa è per esattezza la seconda fase del lutto, nella definizione classica di Elisabeth Kübler Ross, quella della rabbia (come è noto le fasi sono 5: negazione o rifiuto; rabbia; contrattazione o patteggiamento; depressione; accettazione).

Un lutto dunque, dovrebbe terminare sempre con una accettazione. Che è il mezzo attraverso il quale una persona continua a vivere, ad avere riconoscibilità sociale (oltre il lutto) e a sopravvivere. 

L'esperienza insegna però che la Mente sfugge a ogni catalogazione: le sue risorse sono illimitate anche nella risposta agli stimoli esterni (che in questo caso sono la perdita di una persona cara).

Le risposte dunque sono le più varie, e non accade di rado che un lutto sia realmente inaccettabile e inaccettato. 

In questi casi l'elaborazione non si completa: la persona rimane monca, come mutilata, incapace di accettare il distacco, di viverlo profondamente e com-prenderlo. 

Un lutto ineluttabile è perciò per noi quel lutto che resta come tale e senza che contro di esso si riesca a lottare, ma nemmeno si riesca ad accettare

Nessuna efficace lotta per ristabilire il sopravvento della coscienza e per inquadrare questo sentimento nella ragione, riesce.  Ci si ferma ai bordi, senza essere capaci di fluire dall'altra parte.  Ci si affida a pratiche e terapie nella speranza che i farmaci o i suoi surrogati riescano a far fuoriuscire dal tunnel nel quale ci si sente prigionieri: la mancanza di quella persona che è parte di noi, che c'è ancora ma non c'è, che è finita da un'altra parte dove noi non possiamo arrivare, dove noi non possiamo (più) toccarla.

Il fenomeno mi sembra in crescita - e si allarga anche ad altri tipi di lutto (non solo la morte di una persona, ma anche il suo allontanamento, la perdita amorosa, ecc..)  e ciò è dovuto anche allo spaventoso ridimensionamento di quegli 'ammortizzatori' sociali che fino a qualche generazione fa aiutavano nella elaborazione del lutto: i segni esteriori, la riconoscibilità dell'ambiente intorno, il tempo assegnato alla persona rimasta 'orfana'. 

Oggi chi vive un lutto è spesso lasciato nella più completa solitudine

La morte è un argomento fastidioso, che si evita nei consessi sociali, che si preferisce non nominare. Il distacco dalla persona è brutalizzato da pratiche terrificanti: il morto viene chiuso, seppellito e congedato nel modo più frettoloso possibile. I cimiteri sono luoghi che vengono evitati, al morto si preferisce pensare come ad una entità astratta. Il corpo morto non ha più nessun valore, nessun significato. 

Questa mancata elaborazione esteriore rende sempre più difficile la vera elaborazione interiore. 

Il lutto ineluttabile diventa così sempre più diffuso, sempre più pericolosamente reale nel conto delle nostre vite. 


Fabrizio Falconi-© riproduzione riservata 2015.
foto in testa dell'autore


13/10/15

40 anni dalla morte di Pasolini - Tutte le iniziative a Casarsa, il paese natale.


Dare voce al mondo di Pasolini, composto da due facce, il pubblico e il privato. La poesia ma anche la critica serrata della società. 

E' con questo obiettivo che la Regione Friuli Venezia Giulia propone una serie di eventi che partono dalla sua terra natale e si dipanano in un percorso che tocca Udine, Pordenone e Trieste

Il programma da ottobre 2015 a marzo 2016 e' organizzato da Css Teatro stabile di Innovazione del Friuli Venezia Giulia, Cinemazero, Centro Studi Pier Paolo Pasolini, Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Teatro Verdi di Pordenone e Comune di Casarsa della Delizia, per citare i principali artefici, che sono stati inseriti nelle commemorazioni del 40/o anniversario dell'assassinio. 

Il 2 novembre, data della morte di Pasolini, e' in programma alle ore 11.00 una commemorazione pubblica promossa dal Comune di Casarsa presso la tomba

In quella stessa data, alle ore 20.45, il Teatro Verdi di Pordenone propone un omaggio musicale con un brano di Azio Corghi in prima mondiale e testi di Pasolini per voce recitante, con l'orchestra Filarmonica di Torino diretta da Tito Ceccherini. 

Gli eventi si susseguiranno prima e dopo tale data. 

Tra essi si segnala il Convegno internazionale di studi in programma il 30 e 31 ottobre a Casarsa, in cui si indagano le ragioni del successo di Pasolini nel mondo

Il Css di Udine presenta un progetto fittissimo che parte il primo novembre in contemporanea con due spettacoli: "Non c'e' acqua piu' fresca" con Giuseppe Battiston e Piero Sidoti e "Fuga Pasolini" di Virgilio Sieni. 

 Il Teatro Rossetti di Trieste dedica una settimana intera, dal 23 al 29 novembre, a diversi eventi, rimettendo in scena "Porcile" con la regia di Binasco e inaugurando una mostra fotografica di Claudio Erne' a cura dell'associazione Cizerouno su "I funerali a Casarsa". 

Cinemazero di Pordenone ha infine messo a punto pubblicazioni, mostre fotografiche, videoinstallazioni e rassegne cinematografiche tra cui, il 30 ottobre, "Il Vangelo secondo Matteo. Dal Corpo di Pasolini a Casa Colussi" con archivio sonoro della voce di Pasolini

12/10/15

L'omicidio Pasolini - Una foto misteriosa e un bellissimo articolo su Il Manifesto di Aldo Colonna.


riporto il bellissimo pezzo di Aldo Colonna su Alias, il supplemento de Il Manifesto



La bandaccia


La visione di un morto suscita quasi sem­pre, e comun­que sem­pre se ci è ignota la sua nefan­dezza, un moto a tratti incon­te­ni­bile di pie­tas. 

Quel corpo esa­nime è stato un tempo un coa­cervo di sen­ti­menti, di pro­po­si­zioni, di festa e di grida ed ora giace per ricor­darci il nostro limite di umani, o grida ven­detta per l’oltraggio subito e grida per­ché qual­cuno ripari quel torto o, al limite, ci indi­chi una strada meno imper­via della deso­lata ster­rata dell’Idroscalo. 

Il cada­vere di Paso­lini, rimesso in posi­zione supina, rimanda a «La morte di Chat­ter­ton» di Henry Wal­lis, lad­dove il sui­ci­dio del gio­vane poeta si ammanta di sim­boli e a que­sti rimanda per la sua inter­pre­ta­zione; e, ancora, «La morte di Marat» di Jacques-Louis David anch’esso, forse in misura mag­giore, con­tiene rife­ri­menti sim­bo­lici e segni. Marat, nel qua­dro, sem­bra con­tra­stare la morte con il sor­riso che la bef­feg­gia. 

Il rivo­lu­zio­na­rio sem­bra in posa, non nella con­di­zione tota­liz­zante della morte, ma per­ché tende a costi­tuirsi come icona della rivo­lu­zione, di una rivo­lu­zione vin­cente. Sono i chia­ro­scuri cara­vag­ge­schi che con­fe­ri­scono a «La morte della Ver­gine» una valenza di epi­fa­nia e di attesa, pur nello sgo­mento degli astanti. Gli apo­stoli affranti e la per­duta dispe­ra­zione della Mad­da­lena fanno da cor­nice ad un corpo riverso su un letto, con la mano destra sul ven­tre ad indi­care cotanta mater­nità e i piedi nudi offerti al ludi­brio e allo scon­certo dei ben­pen­santi. 

Un sim­bo­li­smo accen­tuato da un drappo color ver­mi­glio che indica san­gue, la vita e la morte dun­que ma, anche, nella sua com­po­si­zione aerea rivolta verso il cielo, la nostra caducità. Ma è «La zat­tera della Medusa» di Géri­cault a ripor­tare alla nostra memo­ria l’orrore della notte della ragione che con­tem­plò il sup­pli­zio del poeta. Le grida dei nau­fra­ghi che sovra­stano la morte dei com­pa­gni e, ad uno ad uno, i volti dei morti e dei mori­turi ci ven­gono in aiuto nella deci­fra­zione –in parte– della mat­tanza di Paso­lini; i due nau­fra­ghi in cima alla pira­mide umana che con un drappo cer­cano di atti­rare l’attenzione di una vela all’orizzonte, ahimè troppo lon­tana, la vela della zat­tera che rigon­fia allon­tana l’imbarcazione di for­tuna dalla sal­vezza pos­sono essere assunti a teo­ria para­dig­ma­tica di una verità che viene via via allon­ta­nata da inqui­renti ignavi. 

Il volto sfi­gu­rato di Paso­lini sem­bra coperto dal bel­letto, ma non stiamo par­lando di terra di cromo, di cina­bro, di rosso car­mi­nio ma di san­gue, di fango, di olio motore che con­di­rono la sua pas­sione ripor­tan­doci agli incubi e alla visio­na­rietà di Joel Peter Witkin. 

 E anche la foto che ripro­du­ciamo, per i mes­saggi che invia, diventa ico­nica. Riaf­fiora Nico­lino Selis, riaf­fiora Mas­simo Bar­bieri, uno della mala con­ti­guo alla Banda dive­nuto inaf­fi­da­bile a causa della sua tos­si­co­di­pen­denza ed eli­mi­nato da Danilo Abbru­ciati in seguito ad uno sgarbo che quello gli aveva fatto e al ten­ta­tivo di omi­ci­dio che lo stesso Bar­bieri aveva com­piuto spa­rando ad Abbru­ciati da una moto in corsa. E c’è poi Mau­ri­zio Abba­tino. Il suo volto attento guarda in dire­zione del cada­vere. 

Il volto di Bar­bieri si sta­glia tra un poli­ziotto in divisa e uno in bor­ghese come se sbir­ciasse, anche lui, alla volta del corpo di Paso­lini rico­perto dal suda­rio men­tre Selis, in terza posi­zione, è ripreso di pro­filo e sta sor­ri­dendo, igno­riamo a chi e con chi. Selis vive ad Ostia, la sua pre­senza potrebbe essere resa plau­si­bile dal clan­gore che la morte dello scrit­tore sta via via pro­du­cendo: da dove abita all’Idroscalo si va a piedi. Il 2 novem­bre è un giorno festivo e quella morte diventa l’occasione della festa, una spe­cie di attra­zione da circo Bar­num. 

Abba­tino no, lui non vive ad Ostia ma alla Magliana. La foto è stata scat­tata nella for­chetta tem­po­rale che va dalle 9 alle 10, minuto più minuto meno. Non esi­stono ancora tele­foni cel­lu­lari; la Poli­zia comin­cerà ad arri­vare poco prima delle 7. Chi avverte Abba­tino –e per­ché?- di por­tarsi all’Idroscalo?

È quanto meno curioso che due dei pro­ta­go­ni­sti della Banda della Magliana, due anni prima della costi­tu­zione ‘uffi­ciale’ della Ban­dac­cia, si ritro­vino insieme in quel con­te­sto e in quel fran­gente. Per non par­lare di Bar­bieri che, anche lui, avrà a che fare negli anni a venire con la banda. Inol­tre, c’è una sug­ge­stione da sot­to­li­neare. 

Al netto delle men­zo­gne che Pelosi ha pro­pa­lato da quando è rima­sto invi­schiato in que­sta sto­ria, al netto della ritrat­ta­zione sulla pre­senza di sici­liani che si espri­me­vano in ver­na­colo («jarrusu»,ricordate?), non ha mai negato la pre­senza sul luogo del delitto di un uomo cor­pu­lento e con la barba, lo stesso che lo avrebbe allon­ta­nato a forza dal campo visivo. Que­sto farebbe pen­sare a Danilo Abbru­ciati. Abbru­ciati col­la­bora con la Banda dei Mar­si­gliesi, è vero­si­mil­mente già in con­tatto con Bar­bieri, è uomo di corag­gio, solito ad azioni fuori degli schemi come l’attentato a Rosone finito male. Abbiamo par­lato di sug­ge­stioni, il con­di­zio­nale è d’obbligo. Ma le tes­sere del mosaico combacerebbero.


11/10/15

La poesia della domenica - "La curva dei tuoi occhi intorno al cuore" di Paul Eluard.







La curva dei tuoi occhi intorno al cuore

La curva dei tuoi occhi intorno al cuore
ruota un moto di danza e di dolcezza,
aureola di tempo, arca notturna e sicura
e se non so più quello che ho vissuto
è perchè non sempre i tuoi occhi mi hanno visto.

Foglie di luce e spuma di rugiada
canne del vento, risa profumate,
ali che coprono il mondo di luce,
navi cariche di cielo e di mare,
caccia di suoni e fonti di colori,

profumi schiusi da una cova di aurore
sempre posata sulla paglia degli astri,
come il giorno vive di innocenza,
così il mondo vive dei tuoi occhi puri
e tutto il mio sangue va in quegli sguardi.




Paul Eluard

10/10/15

Il ricordo di Ingrid Bergman all'Auditorium di Roma: "Era una donna coraggiosa e libera".





Una donna coraggiosa e libera, che amava profondamente la vita, "con un grande senso dell'umorismo. Robert Capa le scriveva di essere innamorato della sua natura gioiosa". 

Per Isabella Rossellini, sono fra gli aspetti della madre, che emergono in 'The Ingrid Bergmantribute', del quale sara' voce narrante, insieme a Christian De Sica, domani alle 21 nella Sala Sinopoli dell'Auditorium Parcodella Musica di Roma. 

Un omaggio teatrale, in occasione dei 100 anni dalla nascita dell'attrice, che unisce letture, ricordi, lettere, decine di foto e filmati, molti dei quali girati da Ingrid stessa, provenienti dall'archivio di famiglia

Un viaggio, coprodotto da Ponderosa Music & Art con Fondazione Musica per Roma, e in collaborazione con Fondazione Cinema per Roma, ideato e scritto da Ludovica Damiani e Guido Torlonia (anche regista), insieme ad Isabella Rossellini, che arriva nella capitale dopo le due tappe con Jeremy Irons, a Londra il 6 settembre e a New York, il 12, e quella a Parigi il 5 ottobre con Fanny Ardant e Gerard Depardieu. 

"Avevo visto gli spettacoli di Ludovica e Guido su Fellini e Visconti e gli ho chiesto se fosse possibile pensarne uno su mamma - spiega Isabella, sorridente e in splendida forma, caschetto nero e piumino crema -. Quest'anno per lei ci sono state tante iniziative. Come a Cannes, che le ha dedicato il poster; quando l'ho vista gigantesca, sulla Croisette, ho detto a Thierry Fremaux 'Ora mamma non mi manca piu".

Poi ci sono stati il libro per Schirmer/Mosel (Ingrid Bergman - A life in pictures), per cui abbiamo selezionato 600 foto tra oltre 6000, varie retrospettive e il bel documentario di Stig Bjorkman, Io sono Ingrid (in uscita il 19 e 20 ottobre, con Bim, ndr). 

Sono contentissima di poterla ricordare, ma il senso e' anche rendere omaggio al cinema, che insieme al rock e' stata l'arte piu' amata nell'ultimo secolo". 

Che strada segue lo spettacolo? "Siamo stati tanto perseguitati sulla nostra vita privata, che mi sentivo male a parlare della Ingrid più intima. Più che rispondere a domande come 'Perche' si separo' da mio padre', che magari sono curiosità vostre ma non mie, si parla della sua vocazione e integrita' d'artista, degli incontri che ha fatto, da Hitchcock a Hemingway" sottolinea Isabella Rossellini. 

Liv Ullmann "definisce mamma una della prime donne indipendenti in quest'ambiente. Infatti ha lavorato in cinque lingue, ha saputo affermarsi sia in Europa che in America, ed e' riuscita a riprendere la carriera piu' volte anche dopo forzati stop, come quello piu' grave, negli anni '50 negli Stati Uniti dopo la denuncia pubblica di un senatore, per la relazione di mamma con papà (Roberto Rossellini, all'epoca erano entrambi sposati, ndr) e l'essere rimasta incinta prima di avere ottenuto il divorzio". 

Filo rosso del racconto e' l'autobiografia della Bergman, uscita nel 1980, due anni prima della morte. 

"Quando si scopri' la sua malattia, nel 1978, mio fratello le ha consigliato di scrivere la sua storia, perche' dopo in tanti avrebbero scritto cose false". 

 Rispetto alle versioni dello spettacolo di Londra e New York "con lo splendido contrasto tra le voci di Jeremy e Isabella" e Parigi "dove il coro tra Isabella, la Ardant e Depardieu e' stato sentimentale e introspettivo", dicono Ludovica Damiani e Guido Torlonia, "questa di Roma e' la versione piu' di famiglia - sottolinea Isabella Rossellini - anche perche' Christian e' l'unico fra gli interpreti ad aver conosciuto mamma". 

"Perche' sono piu' vecchio - scherza De Sica -. Con Isabella ci siamo incontrati da ragazzi, a Santa Marinella, e poi a 18 anni ci siamo fidanzati. Quando sono andato a conoscere la madre in Francia per me e' stato come vedere la Madonna, era una donna straordinaria e simpaticissima". Isabella Rossellini, che vedremo presto sul grande schermo con Jennifer Lawrence in Joy di David O. Russell ("sto anche per iniziare a scrivere un nuovo monologo, dedicato agli animali" dice), ritrova con la madre "soprattutto una somiglianza fisica. A volte anch'io confondo le nostre foto".

09/10/15

Domani Giornata del Contemporaneo - Ingresso gratuito al MAXXI e una barca fatta con le scarpe dei Migranti.





AL MAXXI per celebrare la XIa GIORNATA DEL CONTEMPORANEO Domani sabato 10 ottobre 2015 INGRESSO GRATUITO PER TUTTO IL GIORNO.



Libera e permanente. A partire da sabato 10 ottobre, le opere d’arte e architettura della collezione del MAXXI saranno sempre esposte nella Galleria 4 del Museo, con ingresso gratuito per tutti dal martedì al venerdì. 


E ancora: una installazione di Pedro Cabrita Reis sulla piazza, un lavoro di Sislej Xhafa dedicato alla tragedia dei migranti, quattro visite guidate gratuite (ore 11.30, 12.00, 17.00 e 18.00, prenotazione obbligatoria su edumaxxi@fondazionemaxxi.it), l’apertura straordinaria dalle 11 alle 18 della Biblioteca e le mostre in corso:

OLIVO BARBIERI. IMMAGINI 1978 – 2014 
| FOOD dal cucchiaio al mondo 
| MAURIZIO NANNUCCI Where to start from 
 YAP MAXXI 2015 
| MAURIZIO SACRIPANTI Expo Osaka ’70 
| THE INDEPENDENT FOOD. 

 E’ questo il programma del MAXXI in occasione della XI Giornata del Contemporaneo organizzata da AMACI sabato 10 ottobre 2015. 

La COLLEZIONE PERMANENTE DEL MAXXI offrirà ai visitatori un percorso tra le opere di grandi maestri come Alighiero Boetti, Gino De Dominicis, William Kentridge, Anselm Kiefer, Mario Merz; quelle di giovani artisti come Giorgio Andreotta Calò e Margherita Moscardini (esposte per la prima volta come anche i lavori di Flavio Favelli, Pietro Ruffo, Tony Cragg, Modus architects). 

E ancora i progetti di architetti internazionali come Toyo Ito, Rem Koolhaas, Renzo Piano e di grandi maestri del Novecento come Pierluigi Nervi, Aldo Rossi e Carlo Scarpa e molto altro. 

L’allestimento, dinamico e immersivo, permetterà al pubblico di fare un’esperienza nuova degli spazi fluidi di Zaha Hadid. Piani e superfici sospesi articolano lo spazio e coinvolgono il visitatore in modo attivo e partecipato. 

L’ALBERO DELLA CUCCAGNA. NUTRIMENTI DELL’ARTE , progetto a cura di Achille Bonito Oliva realizzato con il patrocinio di Expo 2015, è una mostra diffusa in tutta Italia tra musei, gallerie, istituzioni pubbliche e private che coinvolge oltre 40 artisti e porta al MAXXI l’opera di Pedro Cabrita Reis La casa di Roma che resterà esposta sulla piazza del MAXXI fino al 10 gennaio 2016. 

Un grande volume rettangolare realizzato in mattoni forati, un’architettura primordiale che richiama le caratteristiche di molte periferie contemporanee. La struttura arriva a toccare il primo livello del museo come un pilastro: l’opera rivela così un ordine in cui è il piccolo e il debole a sostenere il grande, e la sua temporaneità fa da base all’istituzione museale mettendone metaforicamente in discussione la solidità. Progetto promosso dalla Fondazione Giuliani per l'arte contemporanea, Roma 

SISLEJ XHAFA. Barka una barca fatta di centinaia di scarpe nella hall del MAXXI riflette sull’esodo migratorio e le situazioni di conflitto che caratterizzano la contemporaneità. Barka opera concessa in comodato al MAXXI dalla Nomas Foundation, Roma è stata realizzata dall’artista nel 2011 in un periodo di emergenza sbarchi a Lampedusa, e sottolinea l’interesse del museo per i temi più urgenti del nostro tempo, come quelli dell’immigrazione e dell’accoglienza. Barka resterà esposta fino al 10 gennaio 2016.


08/10/15

La scoperta del male - Il bandito Cimino.





La mia scoperta definitiva del male (e della sua banalità, per quanto questa formula sia ormai del tutto inflazionata e svuotata, con buona pace di Hannah Arendt) avvenne in un giorno d'inverno del 1967. 

Avevo 8 anni.  Come molti bambini, immaginavo il male, ne avevo paura, lo vagheggiavo nelle notti prima di addormentarmi, o quando mi svegliavo nel buio. 

Ma era una immagine sfocata.  Sapevo esistesse. Non sapevo dove. 
Da qualche parte, lontano. 

Invece avvenne che un celebre bandito fu arrestato. Si chiamava Leonardo Cimino. Detto 'lo smilzo' o 'il miope'. 

Nella Roma di quegli anni, in pieno boom, con i quartieri che si espandono a macchia d'olio, Cimino inizia la sua carriera di gangster, dapprima scippi e rapine, poi il 'salto di qualità' nell'agosto del 1966 quando con un complice, ferisce gravemente due commessi di banca allo stabilimento San Pellegrino in Via Salaria. 

Diventa uno dei ricercati più ambiti, la squadra mobile lo cerca ovunque, ma lui torna a colpire. entra nella banda di Franco Mangiavillano (con Mario Loria e Francesco Torreggiani).  I quattro attendono sotto casa, in Via Gatteschi,  due gioiellieri, i fratelli Gabriele e Silvano Menegazzo, e li uccidono senza pietà scappando con la refurtiva. 

La caccia all'uomo continua, finché la banda viene sorpresa dopo qualche mese, all'alba in un casolare a Monte Mario: Loria e Torreggiani vengono arrestati, Cimino ferito, muore qualche mese dopo in ospedale (il capo della banda Mangiavillano, verrà arrestato in seguito in Grecia e poi instradato in Italia). 

Il casale in cui avvenne la sparatoria, e in cui Cimino e i suoi trascorsero le ultime ore di libertà, era poco distante dalla casa di una zia, sorella di mio padre. 

Mio padre, che era un curioso di natura, decise così di portarci (me e mio fratello), il giorno dopo la sparatoria, sul luogo. 

Ho un ricordo estremamente vivido di quel giorno. Il cielo era grigio, pesante. Il casolare era accessibile (evidentemente non era ancora invalsa la pratica di sigillare il luogo del crimine).  Mio padre ci fece entrare all'interno.  

Tutto mi stupiva: la macchina del caffè era ancora sui fornelli.  Ad un tavolino di legno, con le sedie ancora in posizione, c'era una scacchiera, con i pezzi degli scacchi ancora al loro posto

Io ero lì, nella casa dei criminali. E quella casa - a parte la frugalità, a parte il fatto che fosse una casa molto spoglia, povera - era una casa simile, identica, a tante altre case. Nulla di speciale, nulla di strano.   

Gli uomini cattivi la abitavano. Ma gli uomini cattivi non se ne stavano in una parte speciale del mondo. Erano insieme a noi, vivevano insieme a noi. Proprio alla porta a fianco, ed erano (forse) anche come noi. 

Fabrizio Falconi


06/10/15

Il ritorno dell'anima - di Fabrizio Falconi.





Il ritorno dell’anima



“Guidami, anima mia.”
“ Eccomi.”
“ Dunque, ci sei ?”
“ Io ci sono sempre, lo sai.  Anche quando pensi di avermi dimenticato o confinato, o peggio ancora, segregandomi, ritieni di potermi controllare. Sei sempre così ossessionato tu dal controllo. Pensi sempre che niente ti sfugga, la vita non ti ha insegnato che le cose migliori accadono quando abbandoni  la tua smania di considerare tutto, di controllare tutto ? Non ti sei accorto che è propizio lasciare andare ?”
“ Sì, lo so anima mia, ma non ci riesco.”
“ Ti aiuterò”.
“Solo con te, in effetti posso farcela. Il mondo mi appare confuso. Io stesso sono confuso. Non so più chi sono, anzi non l’ho mai saputo. Un momento mi sembra di desiderare una cosa, il momento seguente non la desidero più.  Desidero ciò che non voglio, voglio ciò che non desidero. Tutto mi appare privo di senso.”
“ Lo so. Ma vuoi lasciarti andare alla deriva come fanno tutti ? Vuoi solo lasciarti trasportare dalla corrente come un relitto ?”
“No. Non lo vorrei.  Non penso di essere venuto al mondo solo per questo.”
“Certo che no. Per questo devi sforzarti di essere, prima di tutto. Di avvicinarti al centro. Te ne sei troppo allontanato. Ti ha sovrastato il fragore inutile.  Dovresti fare silenzio.”
“Silenzio per cosa, anima mia ?”
“Il silenzio è il presupposto di ogni cosa.  In mezzo al fragore non puoi pensare di poter percepire un sussurro. Dirai che non esiste. Ma il sussurro c’è. Sei tu che non puoi ascoltarlo perché c’è troppo rumore.”
“Un sussurro ?”
“Sì. Tutte le cose nuove nascono con un sussurro.”
“Insegnami, anima mia.”
“Non ho nulla da insegnarti. Posso solo camminare insieme a te.”
“E’ quel che vorrei fare. Con te mi sento meno solo. Ho scoperto che sognare mi serve a poco.”
“Certo, se si sogna da soli. Ma noi sogneremo in due. Ed è per questo che il sogno diventerà reale.”
“Sono pronto, anima mia. Dove andremo?”
“Andremo dentro una storia di luoghi. Perciò cammineremo. E camminando, parleremo.  Sarà un bel dialogo, vedrai. Scopriremo molte cose insieme. Alcune le troveremo, altre le ri-troveremo.  E vedrai, ritrovare sarà ancora meglio che trovare.” 
“Eccomi anima mia, sono già innamorato di te.”
“Ascolta, anche l’amore nasce con un sussurro.  Non dire più niente, seguimi.”
“Da dove cominceremo ?”
“Cominceremo dalla morte.”
“La morte, anima mia ?”
“Sì.”
“Ne ho paura.”
“Ma è necessario, la morte è la fine di tutto, noi pensiamo, data la nostra mortalità. Tutto finisce. Ma la morte è inizio. E noi cominceremo dalla morte e finiremo con la morte.  Vedrai, sarà un viaggio tutt’altro che mortifero.”
“Dalla morte alla morte?”
“Sì, ma sono due tipi diversi di morte, l’inizio e la fine.  Cominceremo da Roma e finiremo il nostro viaggio in un luogo chiamato Finisterre. Saremo stanchi, la terra sarà finita, e noi potremo riposare.”
“Potremo anche amarci allora, anima mia ?”
“Lo faremo anche prima, vedrai.”
“Conducimi dunque. Perché Roma?”
“Perché da qui inizia la nostra storia. Tutti i luoghi che visiteremo sono magici.  Hanno il segno dell’umano, di chi li ha costruiti, ma rimandano continuamente a qualcosa di altro e di oltre. Per questo sono magici. Perché chi li ha costruiti e chi li ha concepiti è stato soltanto il tramite di un discorso che proveniva da molto lontano.”
“Roma è una città molto grande. Rischio di perdermi.”
“Vieni. C’è un luogo molto particolare, che in pochi conoscono.  Dobbiamo risalire indietro nel tempo, alla metà del 1600 quando c’era, in questa città, una famiglia molto importante. Venivano dalla Toscana e avevano un brutto nome addosso, il nome di un insetto molto fastidioso: il tafano. Un insetto che punge e succhia il sangue.  Forse questo era già il loro destino visto che la Storia oggi li ricorda come quelli che saccheggiarono i tesori di Roma.”
“Nefasti come Tafani ? Cosa abbiamo da imparare da loro ?”
“No, ogni cosa, lo sai non è bianca o nera. Ogni cosa contiene tutte le sfumature dei colori possibili. Ogni cuore umano dispone di tutto. I Barberini, così presero a chiamarsi per cancellare quell’onta di un cognome non proprio nobile,  cambiarono anche il loro simbolo araldico e scelsero le api.  Ce ne sono molte scolpite sui muri di Roma anche oggi, che li ricordano.”
“Sì, ma cosa hanno da insegnarci ?”
“Tutto. Le api sono insetti immensamente utili e produttivi.  Così furono anche i Barberini. Nel 1623 un’ape Barberiniana divenne anche Papa con il nome di Urbano VIII.”
“E cosa fece ?”
“Molte insigni opere, che ancora abbelliscono la città. Ma quella che interessa ora a noi qui è una piccola Chiesa che oggi si trova alla fine di Via Veneto, chiamata Santa Maria dell’Immacolata, che però viene chiamata Chiesa dei Cappuccini.”
“In onore dei Frati ? Ho sempre nutrito interesse per questi strani camminanti, anima mia.  So che hanno cercato il bene e spesso l’hanno sparso per il mondo, partendo dall’umile, dal basso, dal più piccolo.”
“Sì. Seguivano le orme di uno dei più grandi illuminati, San Francesco d’Assisi, che lo ricorderai bene, era anche lui bianco e nero, visto che spese parte della sua vita tra i piaceri mondani, le feste, la fatuità, prima di accorgersi quanto tutto questo non gli bastasse.”
“E perché questa Chiesa, dunque?”
“Ti ho detto che mi interessava la morte. Questo edificio, voluto dai  Barberini per proteggere e dare una casa ai Cappuccini, qualche decennio dopo la sua costruzione divenne una specie di grandioso e spaventoso monumento alla morte. Vi sono contenute le ossa di più di quattromila frati – di uomini che vissero su questa terra – accumulate nei secoli, provenienti da altri conventi e qualcuno, non sappiamo bene chi, si divertì (non credo sia il termine giusto, ma forse sì…) ad allestire cinque cappelle, nella cripta della Chiesa, utilizzando i più disparati frammenti degli scheletri di quegli uomini (ossa del bacino, vertebre, scapole, clavicole, costole, omeri, femori) per realizzare composizioni di tutti i tipi: fiori, rosoni, bilance, clessidre, simboli legati al tempo, figure geometriche, perfino.. lampadari.”
“Qualcosa di macabro.”
“Sì, c’è chi ha visto solo il macabro di questo luogo. Visitatori illustri come il Marchese De Sade o Nathaniel Hawthorne (che vi ambientò il suo romanzo più gotico, Il Fauno di Marmo), rimasero soggiogati dall’elemento sulfureo. Ma se cammini al mio fianco e vedi questa nuda terra che fa da pavimento alle cripte (i francescani la portarono direttamente dalla Terra Santa, di cui erano e sono custodi), potrai ascoltare le voci. Senti niente ? Lo senti ? Come una specie di richiamo.”
“Aspetta… sì.. mi sembra di sentire un sottofondo lontano, come un coro..”
“Sì.”
“Chi sono?”
“Parlano ciascuno con la propria voce, ma insieme compongono una armonia quasi impercettibile. Sono i morti.”
“Cosa dicono?”
“Sono tristi per aver dovuto interrompere il cammino, ma se ascolti bene il loro canto, sono anche molto felici perché vivono ora in una nuova sostanza.”
“E’ il vecchio sogno di noi umani.  Che esista una dimensione dopo la morte. Dunque è così ?”
“Silenzio… non correre. Non è il tempo delle risposte. E’ soltanto il tempo delle domande.  Ed è così importante che le nostre domande siano quelle giuste. E’ così difficile comprenderlo. Dipende soltanto da quello.  Quante domande sbagliate, insulse, inutili ci ripetiamo oggi…”
“E qual è la domanda giusta?”
“La domanda giusta è quella che ci suggeriscono loro. Prova ad ascoltare…”
“…Ascolto… E’ come se indicassero qualcosa… Non capisco bene.. Dicono di cercare, di camminare.”
“ E’ la stessa cosa, camminare e cercare sono la stessa cosa.”
“E’ vero, anima mia, ora che ci penso.”
“Chi non cerca, è fermo. Non ha bisogno di andare da nessuna parte.”
“Dunque, dobbiamo metterci in cammino ?”
“Sì, è necessario.  E guarda, c’è anche qualcuno che ci indica la direzione..”
“Intendi quello scheletro ?”
“Sì… Vedi, sono due piccoli scheletri. Probabilmente di bambini. Quello di sinistra mostra con la destra, chiaramente, un’asta o una freccia che indica una direzione e da quello strumento pende una lamina dove è scritto:                  

LEGI
TIME
DENO
TAT.”

“Si.. vedo. Cosa significa ?”
“E’ abbastanza misterioso.  Legitime denotat.  Significa qualcosa come: Distingue ciò che è legittimo,  oppure Indica a dovere. Ma non sappiamo a chi o a cosa si riferisca. E’ l’enigma che ci accompagnerà nel nostro cammino. Forse il suo contenuto sarà più chiaro, alla fine del viaggio. Ma deve essere legato alla direzione. E la direzione è chiara, come vedi: indica l’Occidente.”
“E’ lì che dovremo andare anima mia ?”
“Sì, è la direzione giusta: è dove il sole va a morire.  E forse noi dovremo scoprire cosa c’è in quella terra dove anche il sole va a morire. Vuoi andare ?”
“Non temo nulla, se tu sei con me.”
“Andiamo allora.”

Fabrizio Falconi -   (C) - 2014 riproduzione riservata
(foto in testa dell'autore). 

05/10/15

Oltre la Mente - Il senso di colpa. Un veleno (solo a volte) necessario.




Il senso di colpa è una forma della mente umana e una sua caratteristica principale. 

Gli animali non provano colpa. La colpa è legata alla nascita della coscienza.  Si potrebbe anzi dire che l'uomo si è differenziato dal resto della creazione naturale quando ha avvertito il senso di colpa per le proprie azioni (come è esplicato in molti racconti fondativi della religione, come la cacciata dall'Eden nel cristianesimo/ebraismo, per la colpa di aver mangiato il frutto proibito, quindi di aver trasgredito all'ordine divino). 

Il senso di colpa è un meccanismo naturale dunque per l'umano.  Colui che non prova mai colpa per il proprio operato, infatti, potrebbe definirsi non-umano o dis-umano. 

Ma c'è un ordine in cui il senso di colpa può diventare o diventa a tutti gli effetti un veleno per la nostra vita. 

Il senso di colpa è un sistema di allarme della coscienza.  Hemingway, semplificando nella sua elegante stringatezza, affermava che egli aveva un metodo infallibile per stabilire la morale dei suoi atti: come si sentiva dopo aver commesso una certa azione. Se si sentiva bene, l'azione era giusta, se si sentiva male (senso di colpa), era sbagliata. 

Certamente un metodo siffatto non può essere garanzia di un metodo universale. 

Molto spesso infatti, il senso di colpa ha a che fare molto di più con noi stessi che con la natura dell'atto che compiamo. 

Sensi di colpa di ogni tipo (giustificati e non) sono instillati infatti in noi sin dai primi o primissimi anni di vita.  Vi sono anzi non rari casi nei quali un intera sistema educativo - di una persona - è stato fondato sui sensi di colpa. 

Vi sono persone nelle quali questo senso è stato inoculato costantemente come un veleno. E da adulti, queste persone non sono più in grado di dire se il frutto delle loro azioni è la causa di ciò che vogliono veramente o di ciò che temono per evitare un senso di colpa divorante. 

E che dunque per riprendere in mano la loro vita hanno bisogno di depurarsi, di liberarsi del fardello che il senso di colpa fa gravare sulla loro vita, paralizzandole.

Vi sono anche persone che gratificate da questa liberazione, giungono al punto di rifuggire, per contrasto, qualunque senso di colpa.  E credono che la chiave per la felicità - ahimé grandemente illusoria - sia sostanzialmente l'infischiarsene della conseguenza dei propri atti. 

Il senso di colpa è, come ogni forma della mente, necessario. Ma è necessario solo se assolve alla sua funzione: quella di limite del libero arbitrio

Il senso del limite è connaturale alla mente.  Quasi subito la mente del bambino si accorge della presenza di limiti, che regolano il suo possibile comportamento (si può forse rifiutare il cibo, ma non si può infilare un coltello nella mano della mamma). 

Questo è dunque il senso ultimo della vita: l'accettazione del limite.  Inteso non come prigione, ma come possibilità di sviluppo. 

Nessuna pianta può svilupparsi, crescendo in orizzontale, nell'ombra. 

Ogni forma di vita ha bisogno di spingersi verso l'alto, osservando i propri limiti. 

Il riconoscimento dei limiti permette dunque anche di scoprire quali sensi di colpa siano inutili e anzi dannosi alla propria crescita.  E quali invece siano le sentinelle del nostro operare. Se abbiamo sbagliato, e siamo in grado di riconoscerlo, ciò è dovuto alla presenza della forma del senso di colpa.  
Se siamo convinti di aver trovato la chiave della nostra vita, anche i sensi di colpa devono essere attentamente valutati (e smontati del loro abito formale - quello che fa paura) per quello che ci chiedono e per quello che esprimono.  Soltanto così l'anima può pienamente ritrovarsi. Solo una com-prensione delle proprie zone erronee garantisce una evoluzione verso la piena consapevolezza.


Fabrizio Falconi (C) - 2015 riproduzione riservata




02/10/15

Il frate artista di San Bonaventura al Foro Romano: Sidival Fila.

Fabrizio Falconi e Sidival Fila

Qualche giorno fa mi sono spinto fino alla piccola e fascinosissima chiesa di San Bonaventura, nel cuore del Palatino e del Foro Romano, da cui si accede unicamente attraverso la Via Sacra. 

La chiesa è tenuta dall'Ordine dei Frati Minori francescani, che vivono nell'attiguo convento, ispirandosi al Vangelo, cercano di seguire le orme di Gesù Cristo nello stile di San Francesco d’Assisi (nel servizio di Pastorale Giovanile e Vocazionale, offrono anche ai giovani spazi di formazione, preghiera e condivisione).

Tra loro, c'è un frate particolare.  
Un vero artista.

Si chiama Sidival Fila, ed è brasiliano, nato nello Stato del Paranà nel 1962. 

Già da adolescente, Sidival comincia ad appassionarsi alle arti plastiche, prediligendo la pittura. Trasferitosi a San Paolo per gli studi, frequenta spesso i musei di questa citta’, e dipinge guardando soprattutto ai movimenti artistici del primo Novecento europeo. 

Dal 1985, alla ricerca della sua identità artistica e personale, Sidival si trasferisce in Italia per approfondire la sua conoscenza della pittura e della scultura. 

Dopo qualche anno dal suo arrivo e varie esperienze lavorative, decide di ascoltare la sua vocazione alla vita religiosa, abbandonando cosi’ tutti i suoi progetti personali, ed entrando nell’Ordine dei Frati Minori di San Francesco d’Assisi. 

Nel 1999 è ordinato sacerdote a Roma, dove esercita il suo ministero al Policlinico Agostino Gemelli, al carcere di Rebibbia come volontario, in seguito nel convento di Vitorchiano e in quello di Frascati. 

Per diciotto anni non si dedica più all’rte, ma gradualmente, attraverso piccoli lavori di restauro, si riavvicina alla creazione artistica. 

Nel 2006 ricomincia a dipingere, guardando specialmente l’ Action Painting di J. Pollock, e sentendo affinità con l’arte Informale europea e con lo Spazialismo. 

In questi primi anni di “vita nuova artistica”, crea opere di grande intensità e rigore formale, tutte realizzate grazie al recupero di materiali poveri o obsoleti: carta, legno, tele, vecchie tele e stoffe, svariati metalli, materassi consunti, gesso. Nello stesso 2006 realizza la sua prima mostra personale nel convento di S. Bonaventura di Frascati e da lì il suo lavoro viene sempre più apprezzato e considerato, con molte mostre collettive e personali, in Italia e all'estero

Oggi le opere di Sidival Fila, realizzate con tecnica mista e cuciture ad ago e filo, fanno parte di importanti collezioni private in Francia, nel Principato di Monaco, in Svizzera, in Brasile e a New York. In Italia sue opere sono presenti, ad esempio, nella collezione della Fondazione Puglisi Cosentino di Catania e nella Collezione d’Arte Contemporanea dei Musei Vaticani.


Opera di Sidival Fila

Visitare lo studio di Sidival Fila è una vera e propria esperienza totale.  Il suo luogo di lavoro infatti, il Convento di San Bonaventura, è già di per sé un'opera d'arte. Dalle finestre del suo laboratorio, si gode una vista impareggiabile a 360 gradi su Roma.

Sidival alterna il lavoro continuo, alla celebrazione delle messe e devolve le somme delle vendite delle sue opere alle missioni francescane nel mondo.

Sidival è anche poeta, e uno sguardo al suo lavoro può essere dato visitando il sito: 

Ho trascorso un pomeriggio memorabile in sua compagnia.  E spero si ripeta presto l'occasione. 

Fabrizio Falconi 



L'atelier francescano di Sidival Fila




01/10/15

Folgoranti citazioni da 'Tipi psicologici' di Carl Gustav Jung






Nulla turba tanto il sentimento quanto il pensiero.
(pag.390)
*
Quanto più i sentimenti sono rimossi, tanto maggiore è l'influenza dannosa che essi esercitano segretamente sul pensiero, il quale altrimenti funzionerebbe perfettamente.
(pag.382)
*
La tendenza monistica appartiene all'atteggiamento introverso, quella pluralistica all'atteggiamento estroverso.
(p.345)
*
Il gran parlare che si fa del progresso umano è infatti divenuto sospetto e non ispira fiducia.
(p.308)
*
Ogni eccessiva "purezza" manca di vita. Ogni rinnovamento della vita passa attraverso zone torbide per procedere verso la chiarezza.
(p.265)
*
Normalmente l'uomo, oltre a uno suo stato deve avere anche lo stato opposto, per trovarsi necessariamente nel mezzo. In omaggio alla sola ragione egli non potrà mai rinunciare alla pienezza di vita e alla ricchezza di sensazioni offertegli direttamente dal suo stato momentaneo.  E' necessario che contro la potenza e il piacere di ciò che è temporale vi sia in lui la gioia dell'eterno, e contro la passione della realtà sensibile vi sia l'estasi del soprasensibile. Come l'uno è per lui innegabilmente reale, così occorre che anche l'altro sia per lui coercitivamente imperante.
(p.246)
*
L'optimum di vita non è rappresentato dal crudo egoismo; né l'uomo raggiungerà mai il suo optimum di vita attenendosi all'egoismo, giacché in fondo egli è fatto in modo che la gioia del prossimo, della quale egli è causa, costituisca per lui qualcosa di indispensabile.
(p.231)
*
Il mondo ha sempre da soffrire a causa delle coppie di opposti. E' quindi un dovere etico di essenziale importanza non lasciarsi influenzare dagli opposti (nirdvanda= libero, non tocco dagli opposti), ma elevarsi al di sopra di essi, giacché la liberazione dagli opposti conduce alla redenzione.
(p.212)
*
"Pensare è così difficile che la maggior parte degli uomini emette giudizi". Riflettere richiede innanzitutto tempo, perciò chi riflette non può continuamente esprimere giudizi.
(p.171)
*
Vi sono non solo verità razionali, ma anche verità irrazionali e le cose umane che sembrano impossibili mediante il ricorso all'intelletto, si sono spesso realizzate mediante il ricorso alle facoltà irrazionali. E infatti i più grandi mutamenti intervenuti nell'umanità non sono accaduti grazie ad un calcolo dell'intelletto , ma per vie che sfuggirono agli occhi dei contemporanei o che essi rigettarono come assurde e di cui l'intima necessità fu compresa solo molto più tardi.
Ma ancor più spesso esse non vengono affatto comprese, giacché per noi le leggi più importanti dell'evoluzione spirituale dell'umanità sono ancora un libro chiuso con sette sigilli.
(p.98)
*
Non l'artista soltanto, ma ogni uomo creativo deve alla fantasia tutto ciò che di più grande gli accade di compiere nella sua vita.
(p.70)
*
La verità non è eterna, è un programma. Quanto più una verità è "eterna", tanto più è priva di vita e di valore in quanto che, essendo divenuta intelligibile da sè, non ci dice più nulla.
(p.67)
*
non bisogna dimenticare che la scienza non è la "summa" della vita, ma soltanto uno degli atteggiamenti psichici, o meglio una forma del pensiero umano.
(p.47)

citazioni tratte da:

Carl Gustav Jung, Tipi psicologici. 2011, XX-584 p., brossuraTraduttore Musatti C. L.; Aurigemma L.Editore Bollati Boringhieri (collana I grandi pensatori).